“I quaderni del centro studi Salvador Allende” su L’ora di demolire
Il lavoro come diritto universale tra America Latina ed Europa. II quaderno CS Allende
Il secondo quaderno del Centro Studi Allende, “Lavoro, diritti e sfide globali tra America Latina ed Europa”, si presenta come un contributo prezioso in un tempo in cui la questione del lavoro sembra dissolversi nell’orizzonte frammentato della precarietà e della flessibilità. Non è un semplice saggio comparativo, ma un atto politico e culturale: rimettere al centro del dibattito pubblico il lavoro come fondamento della democrazia, come diritto universale e non come variabile economica da adattare alle fluttuazioni del mercato. Il testo prende le mosse dall’esperienza storica dell’America Latina, continente che ha fatto del lavoro il cuore dei propri conflitti sociali e delle proprie speranze di emancipazione. Dal Brasile di Lula alla Colombia di Petro, dall’Uruguay di Mujica al Cile di Boric, emergono esempi concreti di come il lavoro non sia mai stato soltanto produzione o sussistenza, ma strumento di dignità, appartenenza, trasformazione collettiva. È in questo spazio che si sono generate esperienze di autogestione, cooperative, imprese recuperate, politiche redistributive e riforme costituzionali capaci di ridefinire il senso stesso di cittadinanza. Allo stesso tempo, l’Europa, che nel Novecento aveva fondato il suo modello sociale sul lavoro industriale e sulla forza dei sindacati, oggi appare attraversata da un processo di smantellamento: lavoro povero, gig economy, frammentazione contrattuale, nuove disuguaglianze. I rider, i lavoratori della logistica, i precari della cultura e della ricerca, le donne costrette al doppio carico familiare e professionale, sono il volto di un continente che ha smarrito il senso politico del lavoro. Il quaderno insiste su un punto decisivo: la precarizzazione del lavoro non è un destino naturale, ma il risultato di precise scelte politiche maturate nell’alveo del neoliberismo globale. Deregolamentazioni, privatizzazioni, compressione dei salari, subordinazione della dignità alla logica del profitto hanno reso il lavoro insicuro, frammentato, invisibile. L’illusione della “flessibilità” ha prodotto un regime generalizzato di precarietà, aggravato dall’avvento delle piattaforme digitali e dalla logica dell’algoritmo. La crisi climatica e la rivoluzione tecnologica aggiungono ulteriori sfide. Automazione e intelligenza artificiale rischiano di espellere milioni di persone dal lavoro, mentre la transizione ecologica può aprire nuovi spazi occupazionali solo se accompagnata da politiche pubbliche che garantiscano diritti e inclusione. In questo scenario, il quaderno rilancia un’idea coraggiosa: ripensare radicalmente il tempo di lavoro, ridurne l’orario senza ridurre il salario, redistribuire occupazione e valore, riconoscere il tempo libero come bene comune. Il caso italiano, analizzato con attenzione, appare paradigmatico. L’articolo 1 della Costituzione – “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” – ha perso forza materiale sotto i colpi delle riforme neoliberiste dagli anni ’90 in poi. Treu, Biagi, Jobs Act, fino al più recente “collegato lavoro” del 2024, hanno progressivamente smontato il quadro di tutele conquistato nel dopoguerra. Il risultato è un Paese dove si può lavorare ed essere poveri, dove le donne e i giovani subiscono condizioni di esclusione strutturale, dove milioni di lavoratori restano invisibili. Eppure, il quaderno mostra come resistenze e alternative siano possibili: esperienze mutualistiche, cooperative sociali, reti femministe e migranti, lotte dei rider e dei lavoratori della logistica, tentativi di riforma sul salario minimo e sull’orario di lavoro. La sfida è trasformare queste pratiche in un nuovo patto sociale. Il confronto tra Europa e America Latina non è esercizio accademico, ma un invito a ripensare il lavoro in chiave transnazionale. Se da un lato l’Europa discute di salario minimo e diritti digitali, dall’altro il Sudamerica sperimenta riforme radicali, redistribuzione agraria, riconoscimento del lavoro comunitario, nuove forme di cooperazione. Entrambi i continenti, pur da prospettive diverse, si trovano a fare i conti con la stessa domanda: che cos’è oggi il lavoro? Quale posto deve avere nella costruzione democratica e nella cittadinanza? Il quaderno del Centro Studi Allende non si limita a diagnosticare la crisi: propone un lessico nuovo per il lavoro. Non merce, non capitale umano, non mero fattore produttivo, ma diritto umano, strumento di emancipazione, tessuto di solidarietà. Una “utopia concreta”, come la definiscono gli autori, capace di trasformarsi in realtà se accompagnata da coraggio politico e partecipazione popolare. In definitiva, questo secondo quaderno è un manifesto. Ricorda che senza un lavoro giusto non può esserci giustizia sociale; che senza lavoro dignitoso la democrazia si svuota; che senza redistribuzione del tempo e della ricchezza non c’è futuro possibile. È un invito a rimettere il lavoro al centro delle politiche pubbliche, delle costituzioni, della cultura politica. Il Centro Studi Allende rilancia così la lezione del suo omonimo: il socialismo non è solo un’idea di economia, ma soprattutto un’idea di dignità. Il lavoro, in questa prospettiva, non è più condanna o ricatto, ma la base stessa di una società libera, solidale e giusta.
Raimondo Schiavone
La recensione su L’ora di demolire




