“Il caso letterario dell’anno” su Senzaudio

Marco Visinoni – Il caso letterario dell’anno

Di Marco Visinoni lessi anni fa il suo libro su come diventare uno scrittore di successo e mi ero divertito molto. Al punto da scambiare qualche parola con lui su Twitter. Ne è passata di acqua sotto i ponti, ora Marco Visinoni esce con un nuovo libro e mi sembra di poter dire che rispetto al saggio precedente ha mantenuto una certa coerenza. Anche in questo libro non si contano i buoni suggerimenti.

In breve. Non è importante la qualità di quello che uno scrittore produce è importante che quello scrittore sia famoso (qualsiasi cosa significhi) e che faccia parlare di sé. A me pare che sia questa la triste conclusione a cui arriva il protagonista di questa storia. Quel Leifur che vive a Bologna, ha scritto un libro di modesto successo intitolato “Uno” e poi si è incagliato in una serie di romanzi iniziati e mai terminati. Leifur che vende idee per romanzi agli altri aspiranti scrittori, ma che dice di non saper più scrivere. Fa una vita normale quest’uomo amante dell’Unicum e incapace di portare avanti una relazione a lungo termine.

Poi all’improvviso suonano alla porta e Leifur si trova davanti a se stesso. Il se stesso di un po’ di anni dopo venuto dal futuro con un almanacco pieno dei risultati delle lotterie. Ora vi confesso due cose, anzi tre. La prima è che ciò che avete letto non è uno spoiler. Succede nella prima pagina del romanzo. La seconda è che lo so io, lo sapete voi e lo sa anche l’autore, l’almanacco l’hanno già usato in “Ritorno al futuro” e la terza è che siccome credo di aver visto “Ritorno al futuro” almeno un centinaio di volte (e lo riguardo ogni volta che lo danno in TV) avevo il timore che Marco Visinoni me lo rovinasse. Però non è successo. Quindi non devo uccidere nessuno.

La storia parte da qui e ci porta da Bologna all’Islanda, dai pub felsinei al club dove Leila  mostra le sue doti da dominatrice, da Boris a Jack Nuance. Già, Leila. Uno si innamora anche solo a sentirla descrivere. Ha scritto un libro di grande successo con un contenuto molto molto striminzito. Boris, detto il matto del porto non abbandonerà mai per tutto il libro l’aura del personaggio utilizzato come espediente comico, uno scarico dalla tensione, ma verso la fine compie un passo, un’evoluzione funzionale alla crescita di Leifur.

Quindi, chiederete voi, è questa la storia di uno scrittore che ha smarrito l’ispirazione e che poi la ritrova? Può essere, se guardi da molto vicino. Se ti sposti di qualche passo e consideri il quadro generale “Il caso letterario dell’anno” è, a mio modestissimo parere, una critica all’editoria così come è progettata ora. Non tutta, ci mancherebbe, solo quell’editoria che non pubblica scrittori ma fenomeni. Quell’editoria che prima di accettare un manoscritto conta i like, i follower, guarda la faccia dell’autore e dell’autrice e decide se di quel materiale riuscirà a farne un’icona. Quell’editoria che spesso sfocia nella creazione di fascette apocalittiche che ti spiegano che il libro ha venduto settemila miliardi ci copie e che se non lo compri anche tu l’inferno spalancherà le sue porte e ti accoglierà.

A me pare che questo libro racconti questo. Si arriva fino in fondo, ma se pensi alla gloria, ai soldi, forse nulla di tutto questo vale veramente la pena di essere vissuto. A me sembra che Leifur, verso la fine lo capisca. Si può anche non scrivere. A meno che scrivere non sia la cosa che ti dà più gioia al mondo. In quel caso, martellate sulla tastiera come non ci fosse un domani.

Gianluigi Bodi


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