“Il principe di Algeri” su Mangialibri

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Il principe di Algeri

21 maggio 2018

Vienna, 8 giugno 1815. Il principe di Talleyrand, chiamato il camaleonte, è orgoglioso del risultato diplomatico che ha raggiunto. Sale le scale del castello di Schönbrunn e ripensa agli eventi dell’anno passato, al clima cupo con cui si apprestavano a combattere Napoleone Bonaparte. Solo grazie al suo enorme lavoro di eloquenza, all’organizzazione di sontuosi ricevimenti era riuscito a far digerire il principio di legittimità della sovranità anche allo scaltro principe di Metternich e al barone Wessenberg, suo delegato. Con la sua capacità di negoziatore aveva anche evitato il pericolo che il congresso riunito a Vienna si trasformasse in un assalto all’arma bianca contro la Francia. In questo giorno si stavano per ridefinire i confini dei vari regni, ma tra i tanti documenti da firmare c’è la “Dichiarazione contro la tratta degli schiavi”, ma quello che interessa di più a Talleyrand non è il destino di quelle persone rapite dai corsari, quanto fermare i saccheggi dei bastimenti francesi. Si ripropone di parlarne con Vitec. Circa sei mesi dopo, a Marsiglia, nella foschia notturna una carrozza trasporta con due passeggeri arriva al porto e salgono su una barca ormeggiata comandando al marinaio di portarli al Castello d’If e di attraccare al pontile Colombier, dove deve aspettare il loro ritorno. I due uomini non parlano, entrano nella fortezza e chiedono di parlare immediatamente con il governatore…
Il Principe di Algeri è il libro che chiude la trilogia che comprende Le carte del re (2014) e Il marchese di Palabanda (2016), ambientata in Europa tra la Rivoluzione Francese e la Restaurazione. Il Principe di Algeri affronta il tema della tratta degli schiavi a opera dei pirati barbareschi che in quegli anni si spostavano con i loro sciabecchi lungo il litorale sardo per fare razzie di uomini. Pietro Picciau, scrittore e commediografo, racconta nuovi eventi ancora come personaggi principali l’ex corsaro maltese Delbac e l’agente parigino De Barras. Una protagonista importante della storia è Cagliari, dove si organizza la missione oggetto della storia, che l’autore descrive attraverso le strade, gli odori, i suoni e i sapori della cucina. Una città martoriata dalle epidemie di colera, pandemia che spinge, proprio in quel periodo, Carlo Felice ha abbandonare il Regno di Sardegna per paura del contagio, lasciando campo libero a figure poco rassicuranti. Attraverso la sua narrazione Picciau ricostruisce con dovizia di particolari un periodo misterioso e affascinante in cui troviamo giannizzeri e aguzzini, odalische e eunuchi, bagni penali, rinnegati, quartieri nobili e miseri sobborghi, intrighi, spietati corsari, eleganti figure femminili, che si muovono tra Algeri, Cagliari e altre città del mediterraneo dove si compiono tradimenti e si ordiscono raffinate trame di palazzo. Pagine ricche di riferimenti storici, dalle quali emerge l’approfondito lavoro di ricerca dell’autore, una trama intensa che si appoggia saldamente su documenti storici, abbondanti riferimenti storiografici che in alcune parti prendono il sopravvento sulla parte narrativa disorientando un po’ il lettore meno informato.

Maria Cristina Coppini


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