In equilibrio sulla linea azzurra
42 km e 195 m all’arrivo
DIETRO LA PORTA
Il mio nome volò nell’aria all’improvviso e rimase cristallizzato in un silenzio troppo denso. Allora con una sensazione indefinita di malessere mi alzai, feci un passo nella minuscola stanza accompagnato dalla macchia di umidità sul muro che sembrava un urlo, e curioso socchiusi la porta.
Quando ero bambino andavo a letto prima di tutti per stare sospeso nel buio ascoltando affascinato il mistero delle voci nella casa, come in una favola, mi lasciavo cullare e accompagnare fino al luogo dei sogni. Cercavo di stare sveglio, aiutandomi con un fumetto o con un libro di quelli regalati da zio Alceste, resistendo e rimandando il sonno, come quando mi capitava di ricevere un regalo, raro, e prima di scartarlo dilatavo l’attesa covando con gli occhi la sorpresa. Sentivo la buonanotte di Davide e la poltrona letto che si apriva, nella stanza di fianco alla cucina. Padre e madre si trattenevano poco ancora. In silenzio. Ma non quella sera. Quella sera le loro voci non volevano dormire, pungenti, così fitte che le parole saltavano una sull’altra senza ascoltarsi, senza produrre un senso.




