“La laguna del disincanto” su Satisfiction
Massimiliano Scudeletti. La laguna del disincanto
“Io sono qui, nel mondo reale di tutti i giorni e in quello desiderato, con un mandato pieno. È questa la forza che io servo: il desiderio. Onoro le più antiche forze del capitale nelle mie cupe sataniche officine: il profitto e l’egoismo, e anche le più nuove emerse tra pubblicità e psicologia. Vecchie e nuove divorano i più giovani con denti d’acciaio e veleno. Io sono solo il crogiolo alchemico, tutto il resto è ipocrisia. Tutto il resto è guadagno.”. Una dichiarazione fatale e incombente del manifesto esistenziale, una condizione estrema di pericolo, un sospetto complice e infernale di tutto ciò che incarna la malvagità e l’universo parallelo di un’umanità depravata. “La laguna del disincanto” di Massimiliano Scudeletti (Arkadia Editore, 2024 pp. 272 €17.00) è un perverso e spaventoso precipizio verso una visione deformata della realtà, un tenebroso e mostruoso pertugio intorno al male, disseminato diabolicamente attraverso la rete e la sua diffusione nascosta in un sistema intenzionalmente occulto e macabro. Massimiliano Scudeletti compone una storia enigmatica e cupa, esplora il mondo nefando fatto di azioni terrificanti, la trama inspiegabile e impenetrabile dell’orrore lungo l’indagine orribile e atroce della violenza sui minori, in una dimensione narrativa che incute una tremenda e paurosa angoscia intorno alla congiura del brivido dell’inquietudine, alimenta le ombre di un rituale emotivo alle prese con il coinvolgimento di personaggi tormentati, intreccia la crudezza delle vicende cruente e violente con l’impressionante padronanza letteraria di chi riconosce la minaccia che sovrasta intorno alla densità misteriosa delle pagine del libro e riformula la maestria delle parole e delle emozioni. L’autore decifra il devastante e impenetrabile maleficio del crimine, interpreta la pratica ipnotica del sortilegio di un groviglio fortemente deviato e spietato che analizza gli elementi allarmanti, sconvolgenti e irrisolti dell’animo umano. Accompagna il lettore in un’inchiesta incalzante e in una continua e inesorabile tensione psicologica introspettiva, di fronte agli abissi dell’efferatezza, nel carattere distruttivo e maligno di un’entità invisibile e inafferrabile ma evidente in ogni esitazione morale, dona allo sguardo del protagonista, Alessandro Onofri, la direzione affilata e intensa della propria ricerca introspettiva e nell’orientamento verso le relazioni e le attività del mondo etico e sociale. “La laguna del disincanto” affonda lo specchio d’acqua della dissolutezza nella molestia e nel turbamento dei comportamenti umani, imprigiona il naufragio dell’anima, immerso nella paludosa e traumatica osservazione immediata e consapevole degli avvenimenti, saturi di un’ossessiva, sospettosa e degenerata coscienza, riversa l’inclinazione morale devastata, annoda la componente evocativa di un thriller noir con la considerazione impulsiva e irrefrenabile sul decadimento morale e sulla crudeltà degli inganni contro l’integrità. Massimiliano Scudeletti racconta una pungente e responsabile realtà, riferisce l’abilità e l’astuzia della colpevolezza, rivela la discesa vertiginosa verso la dannazione e il disorientamento della sofferenza, la persecuzione ripugnante di un passato che mostra ancora l’eco dell’implacabile, accanita ritorsione del destino. Insegue una verità indecifrabile e inesplicabile, nascosta dietro la stranezza circospetta degli atteggiamenti umani, la devianza raccapricciante dei traffici illeciti e delle organizzazioni segrete. La lancinante e persistente presenza del male abbraccia la brutale e insondabile trama in tutte le sfaccettature della corruzione, dove il sentimento della rivalsa e la ragione della giustizia sovrappongono luci e ombre lungo il cammino tortuoso delle indagini, nel limite perfido e sfumato tra i codici di un richiamo all’esoterismo iniziatico e alla pratica arcana della sua decodificazione. Massimiliano Scudeletti regala al lettore un libro coinvolgente, dal contenuto spettrale e sinistro, ambienta il sottosuolo dell’inconfessato e dell’ipocrisia nelle radici disorientate della distorsione percettiva, eredita la perdita dolorosa dell’infanzia, nella disillusione e nell’ambiguità degli itinerari interiori, nell’avvallamento opaco e destabilizzante dei territori sconosciuti.
Rita Bompadre
La recensione su Satisfiction




