Michela Capone su Sardegna Quotidiano

da: Sardegna Quotidiano
Sardegna Quotidiano
2 marzo 2013

 

Prima l’inferno, poi il deserto, ma il passato è ombra eterna

Una storia così è oltre l’immaginabile ”. Michela Capone, cagliaritana, giudice del tribunale minorile, nei ringraziamenti finali inquadra in questi termini le vicende narrate nel suo ultimo romanzo “Per sempre lasciami” (edizioni Arkadia, 206 pagine). Si racconta di abusi sessuali subiti all’interno delle mura domestiche dalla tredicenne Lucia, «che vive come da morta, come tutte le vittime di questo genere di crimine», spiega l’autrice.«Tutti i fatti riportati nel libro, nella loro oggettività, sono realmente accaduti. Anche i particolari più terribili sono veri. La mia immaginazione è stata ben sollecitata, ma ha avuto poco spazio» racconta Michela Capone, già vincitrice del premio Alziator 2010 con “Quando impari a allacciarti le scarpe”. Il racconto è stato scritto su richiesta e con la partecipazione della reale protagonista della vicenda: «Non è stato facile», ammette l’autrice. «Ho scritto in brevissimo tempo. Tale era il carico emozionale che scrivevo per smaltirlo il più presto possibile. Provavo rabbia, incredulità, dolore e, alla fine, si è fatto spazio dentro di me un profondo senso di pietà che non mi ha fatto più capire chi erano i buoni e chi i cattivi». La Capone ha avuto in mano gli scritti autentici della protagonista. «Li ho riportati quasi fedelmente. Hanno suggellato il mio profondo senso di sgomento e sofferenza per lei, e non solo per lei».“Tra le tue braccia che mi torturavano mi sentivo preda di un destino che nessuno voleva fermare”. L’orrore prende forma nelle parole di Lucia, e si moltiplica quando vieni sfiorato dal pensiero che qualcosa di simile possa accadere ovunque, forse anche dietro la porta accanto. «Le storie di violenza domestica, di maltrattamento, di abuso intrafamiliare sono figlie del silenzio. Sono storie difese dalle stesse vittime, che le vivono con il senso di vergogna sociale che le spinge a soffrirle nelloro privato» spiega Michela Capone. «Non ti hanno insegnato cosa è giusto e cosa è sbagliato. A tuo modo mi amavi, ma il tuo amore era al di là del bene del male. Per questo devo perdonarti, lo devo fare per vivere e pregherò per te». Come può la vittima di un reato tanto abominevole rivolgere un pensiero quasi d’amore al padre-aguzzino? «Giocano un ruolo decisivo i sentimenti di amore e fiducia della vittima nei confronti del carnefice», risponde la scrittrice. «Sono sentimenti che resistono e che si oppongono al riconoscimento di un pericolo crescente, pericolo che si spera cessi o non esista. Il meccanismo di negazione e rimozione che accompagna queste storie è fisiologico, anche per chi da esterno magari le percepisce e tira dritto».Vorrei sfogarmi, piangere, gridare. Chi potrà ascoltarmi, chi darmi la serenità per vedere le cose che mi circondano nella giusta luce? Nessuno ci è ancora riuscito, anzi per aiutarmi mi stanno distruggendo. «La povera Lucia ha sofferto l’infer – no in famiglia, ha sofferto l’inferno durante le indagini e il processo, perché fu sostenuta al solo scopo di farle dire la verità. Infine, dopo il processo, ad appena diciannove anni, si è ritrovata in strada, sola, senza più affetti, senza soldi e senza una casa», racconta l’autrice. Chenon fa sconti a nessuno: «È inammissibile che chi ha subito violenza e ha avuto il coraggio di denunciare si sia sentita non ascoltata nel suo dolore dalle istituzioni e sia stata abbandonata a un triste destino una volta calato il sipario sul processo» dice Michela Capone. «Alle vittime come Lucia lo Stato non garantisce un sostegno psicoterapeutico che, sono convinta, sarebbe l’unica strada in grado di salvarle, affrancandole dal loro terribile passato», aggiunge. A che scopo, dunque, un libro come “Per sempre lasciami”? Quale il messaggio? Michela Capone sceglie di rispondere con le parole della ragazza che l’ha pregata di far conoscere la propria storia: «Questo libro è per quelle come me, quelle che hanno conosciuto l’inferno e poi il deserto » .
Firmato Lucia.

(di Fabio Marcello)


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