“Onora il figlio” su GlobeToday’s
Intervista a Roberta Poggio per “Il salotto letterario di Daniela”
Incontro e intervista alla scrittrice, adattatrice di dialoghi e traduttrice, Roberta Poggio
Incontriamo Roberta Poggio
Roberta Poggio
Incontriamo Roberta Poggio, scrittrice, adattatrice di dialoghi e traduttrice. Nata a Genova, vive attualmente a Torino. Ha studiato sceneggiatura alla SDAC di Genova, regia alla NUCT di Roma e ha partecipato come sceneggiatrice alla realizzazione di diversi cortometraggi – tra i quali il pluripremiato Il vampiro (regia di Marco Speroni e interpretato da Andrea Bruschi). Ha lavorato come traduttrice, adattatrice di dialoghi per il doppiaggio per RAI, Mediaset e BBC Knowledge e come redattrice di testi per pubblicazioni a fascicoli (Fabbri, Hachette, De Agostini).
Si è occupata dell’edizione italiana di molti manga giapponesi. Scrive testi per blog e app. Ha frequentato la Bottega di narrazione di Giulio Mozzi, partecipando al Laboratorio annuale con Giorgia Tribuiani e Simone Salomoni. Ha pubblicato diversi racconti fra i quali Don Giuseppe (Almanacco Guanda) e (Ma) poi la sera (in L’olmo e i suoi racconti, 2023, Fusta Editore). Onora il figlio (Arkadia Editore, 2025) è il suo primo romanzo.
Sempre con il sorriso Roberta Poggio
Ciao Roberta, grazie per aver accettato di partecipare al mio salotto letterario. Leggo nella tua biografia che hai studiato e partecipato come sceneggiatrice a diversi cortometraggi. Come è nato questo tuo interesse? Di quali cortometraggi hai curato la sceneggiatura? Raccontaci il mondo dietro alle quinte!
Ciao Daniela, è un vero piacere. La passione per il cinema è nata insieme a quella per i libri: ho sempre avvertito il bisogno di immergermi nelle storie, di raccoglierle ovunque trovassi una voce autentica. Col tempo ho capito che conta non solo cosa raccontiamo ma anche come. Ho iniziato scrivendo cortometraggi per amici, poi ho osato di più, soprattutto nell’horror. Eppure il mio titolo più noto, Il vampiro, al contrario di quanto sembrerebbe non parla di paura ma di disagio relazionale. In seguito ho studiato regia, ma ho capito ben presto che non era il mio campo. Porto ancora dentro il rigore del set, la disciplina di chi si avvicina alla macchina da presa e il rispetto di ciascun ruolo, elementi che sempre mi accompagnano nella scrittura.
Ti sei dedicata all’adattamento di dialoghi per il doppiaggio presso televisioni importanti. Come hai cominciato? È un lavoro interessante? In che lingue traduci? Vedo inoltre che hai lavorato per Hachette e De Agostini come redattrice di testi, ma anche che hai curato l’edizione italiana di molti manga. Parlaci di queste tue esperienze.
Un distributore di Bologna cercava adattatori di dialoghi, e io avevo i requisiti giusti. Per oltre quindici anni ho diretto una società di servizi per audiovisivi ed editoria, Ad Libitum: ho lavorato con un team straordinario, tra cui diversi traduttori dal giapponese, ci siamo occupati di anime e manga: da Code Geass a Puella Magi Madoka Magica, e poi Saiyuki, Inuyasha e molti altri. Poi sono arrivati film, reality, documentari – io traducevo dall’inglese – e i fascicoli per editori come Hachette e De Agostini: che gioia curare Mila e Shiro! È stata un’esperienza bellissima, ho imparato tanto, ma a un certo punto ho sentito l’esigenza di dare finalmente voce a personaggi miei. Ed eccomi qui.
Scrivere è sempre stato il tuo sogno nel cassetto, fin da bambina? Da piccola eri una lettrice compulsiva? Vorremmo sapere: come e perché hai cominciato a scrivere?
Scrivere è sempre stato il mio modo per non esplodere, fin da piccola. Vivo ogni momento con un’intensità che rischia di travolgermi, se non scrivessi stenterei a reggere le emozioni che mi arrivano dalla musica, dalla lettura famelica, dalla gioia e dalla sofferenza delle persone che incrocio ogni giorno. Diverso è stato far leggere i miei testi: ci sono arrivata tardi, con grande fatica emotiva. Ringrazio la Bottega di narrazione e gli amici scrittori, che con l’esempio più che con le parole mi hanno mostrato quanto condividere alleggerisca il peso di ciò che portiamo dentro.
Nel tuo primo romanzo, Onora il figlio, narri la storia di un paese immaginario, Follero, e di diversi personaggi ad esso collegati. Fra questi due donne con lo stesso nome, si chiamano entrambe Caterina Rambaldi, che non potrebbero essere più diverse. Sembra che fra loro non ci sia alcun legame, tranne il fatto che i loro genitori provengono proprio da quel paese. Una storia che nasconde un mistero, un antico anatema, scagliato contro alcune famiglie del paese in un passato oscuro e per lungo tempo dimenticato. Una trama che incuriosisce subito… Come ti è venuta l’idea di scrivere questo romanzo e quanto c’è di Roberta in questa storia?
Io sono genovese ma da decenni frequento un paese dell’entroterra sardo che amo molto. Lì gli schemi che ovunque si ripetono, quei fili invisibili che legano le persone e vengono presi per miracoli o maledizioni, si mostrano più che in città. Un giorno ho scoperto che le linee tracciate in pietra di trachite davanti al municipio ricordano l’ingombro di un’antica chiesa demolita. Da quella memoria è nata la storia di Santa Croce, il primo nucleo del romanzo. Il resto viene dal mio immaginario, dal mio modo di osservare la realtà e trasformarla; forse per questo ho scritto una storia corale che in qualche modo richiama la tragedia greca e a tratti scivola nel perturbante. Ognuno dei miei personaggi porta con sé qualcosa che mi appartiene: Caterina Rambaldi di Roma condivide il mio bisogno di guardare sempre la verità, anche quando fa male; Caterina Rambaldi di Genova si sente come me, periferica rispetto a ogni centro. Onora il figlio non è autobiografico, eppure chi mi conosce sa dove trovarmi.
Che progetti hai per il futuro? Stai già scrivendo un altro romanzo?
Onora il figlio è il primo di tre romanzi autonomi che trovano nel legame con Follero il loro filo conduttore. Ho appena finito di revisionare il secondo e sto iniziando la stesura del terzo, i nomi dei protagonisti e le strade ormai mi sono familiari. Intanto mi godo gli incontri coi lettori, che mi emozionano molto più di quanto mi aspettassi. Spero che anche la mia novella horror Avevi ragione, mamma, in uscita con Eris nella collana “I Tardigradi”, trasmetta a chi legge lo stesso affetto con cui l’ho scritta.
Ci lasci una citazione da uno dei tuoi libri preferiti? Giusto un assaggio!
C’è un libro che mi accompagna da sempre: prima di scrivere, da tanti anni, prendo un pensiero dalla mia ormai consunta copia de I diari di Tolstoj. Apro adesso una pagina a caso e leggo: «Lo scopo della vita dell’uomo è l’impiego di tutte le possibili facoltà per lo sviluppo multilaterale di tutto l’essere». Tolstoj non delude mai. Ogni giorno io cerco di esplorare tutte le possibilità che ho, pur sapendo che non mi basterà una vita.
Grazie di cuore, Roberta.
Daniela Mencarelli Hofmann
L’intervista su GlobeToday’s




