“Se ascolti il vento” su “L’Unione Sarda”

L’Unione Sarda
13 luglio 2016

Aldianoa, quel tempo ritrovato. L’esordio nella narrativa di Franco Mannoni: il ritorno di un uomo al suo paese d’origine diventa un’occasione per ritrovare sé stesso

I pensieri, dice, sono come scimmie impazzite. Solo la scrittura riesce a trasformarli in un racconto ricco di senso. Per questo scrive. Per questo, dopo essersi dedicato a una intensa attività pubblicistica, ha deciso di pubblicare un romanzo. Si intitola Se ascolti il vento (Arkadia, 128 pp. 13 euro), ed è l’esordio nella narrativa di Franco Mannoni, che è stato uomo di scuola, convinto socialista, politico e amministratore della cosa pubblica. Per risvegliare la sua memoria non si è nutrito delle madeleines proustiane ma delle più familiari canestre galluresi, e ha costruito un percorso all’indietro – in un microcosmo chiamato Aldianoa ed è Santa Teresa – che non è (soltanto) nostalgia, ma esercizio, a tratti doloroso, della costruzione di sé. Una comprensione che partendo dalla esperienza personale, della storia della sua famiglia e da quella del paese, riesca a dare un orizzonte di senso a tutto: anche a un futuro che ne appare privo. Se Disincanto e speranza (Edizioni Rosa Rossa) era il titolo di una raccolta di saggi e interventi del 2008, oggi sono ancora il disincanto e la speranza l’orizzonte esistenziale di questo intellettuale che per spiegare il suo approccio al racconto si rifà a Italo Calvino: «Noi non possiamo raccontare se non spezzoni di vita, possiamo solo scrivere capitoli autonomi che poi, riconsegnati a un insieme, danno l’idea di una biografia frantumata». Ed eccolo il pezzetto di storia del nostro autore: dice di Attilio Serra, un dirigente scolastico reduce da un malessere cardiaco, che in attesa della pensione si concede una sorta di anno sabbatico e decide di ripercorrere i suoi passi. Il ritorno al paese d’origine diventa l’occasione per ritrovare sé stesso, riallacciare i fili aggrovigliati della sua famiglia, rievocare storie dimenticate, riscoprire quel dialetto che fu l’unica complicità affettiva con una madre troppo riservata, ora perduta. Ricostruire, infine, una storia che appartiene a tutti: le guerre mondiali, il fascismo, la ripresa, il sogno della Rinascita, la crisi, lo sradicamento, la perdita di una patria di senso. Alla gioia del tempo ritrovato – quello più intimo e personale – fa da contraltare la disillusa constatazione che nulla è come prima. Il paese di vento e mare non è più il paradiso. È un non-luogo senza radici, stravolto dall’imbarbarimento. Il segno tangibile del “nuovo” è quella colata di cemento che ha cancellato il canneto della sua infanzia (bello quello di Foiso Fois, proposto in copertina). La scrittura di Mannoni ha il gusto di un linguaggio colto, sa rendere vivi i paesaggi di mare e di vento, penetra nella psicologia dei personaggi, propone riflessioni che il lettore sente sue. Ha soprattutto, l’amara lucidità di chi sente di appartenere a una generazione (quella del 1938) costantemente fuori tempo. Lo hanno ben sottolineato giorni fa, nella presentazione del libro alla Fondazione di Sardegna di Cagliari, i giornalisti Egidiangela Sechi e Giacomo Mameli, che ha citato, per raccontare il disincanto dell’autore e del suo alter ego, i non-luoghi cari a Marc Augè. Quanto alla speranza, Mannoni la identifica con i bambini. Sono loro quel futuro che non abbiamo saputo costruire. A instradarli, e a concedere anche a noi un’ultima possibilità, c’è quel suggerimento che dà titolo al libro. Se ascolti il vento (e il vento, ad Aldianoa, è tutto), forse riesci a prendere il mare per il verso giusto e a ricondurre la tua nave in porto.

Maria Paola Masala


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