“Se ritieni che sia giusto” su Glicine
Recensioni: “Se ritieni che sia giusto” di Pasquale Allegro
“Bevo a una casa distrutta, / Alla mia vita brutta, / Alla solitudine quando eravamo in due, / Anche a te, bevo. / All’inganno di labbra che mi hanno tradito, / Al gelo morto degli occhi, / A un mondo crudele e volgare, / A un Dio che non ci ha salvati.”
Mi riemerge nella mente questa poesia di Anna Achmatova durante la lettura di Se ritieni che sia giusto di Pasquale Allegro. Ultimo brindisi è il titolo del componimento della poeta russa, e un ultimo brindisi sulla battigia è quello che, nel suo romanzo appena uscito per Arkadia, solleva lo scrittore e poeta nato in Calabria. Un estremo saluto a un padre scomparso, anche prima del suo effettivo, irreversibile congedarsi dalla vita.
Sulla rena umida del mare c’è un padre da ricordare, un padre che se n’è andato, proprio lì, scomparso nelle onde di quel mondo “lontano e indifferente”, luogo in cui si agitano altre vite, altre gerarchie; un luogo di irrequietezza e di pace. O di riposo eterno. Un padre da capire e da perdonare, per ricostituire un ordine, un nuovo ordine delle cose che possa lenire la ferita.
Questo il proposito – o il desiderio – su cui si impernia Se ritieni che sia giusto di Pasquale Allegro, cultore della parola, e che proprio alla parola si affida per capire la vita e i recessi più inesplorati dell’animo umano. Le parole mai dette, quelle lasciate soltanto intuire o liberate come un respiro.
Nella elaborazione del lutto – una prova in fin dei conti sempre solitaria – la voce narrante dell’opera intraprende una peregrinazione a ritroso, lungo il viale in salita dei ricordi, a scatti aritmici, consumando il tempo a pezzetti, tempo che sovente “diventa qualcosa da interrogare, passa, mi sfiora, ma non capisco il senso del suo messaggio”.
Mentre si affastellano gli interrogativi, l’io narrante scompone la sua identità per ricomporre i frammenti della vita incognita del padre, ritrovando in essa, nelle tracce lasciate qua e là, l’impronta della sua. Ricucire un legame interrotto, riempire il tempo smarrito nel bianco della mancanza, quel bianco che Allegro ha già esplorato col precedente romanzo, Seconda persona singolare, uscito nel ’22.
“Con tutta quella gente intorno, mi mancava sentire la tua mancanza. Ricordavo persino quello che non avevo vissuto con te.”
Pescando in quel mare, sede di espiazione e rinascita, nel suo libro Pasquale Allegro attraversa diverse fasi del dolore della scomparsa. L’autore riordina, con la sua prosa asciutta e delicata, i pezzi della vita nascosta di un padre, vissuta lontano anche dagli abbracci filiali, libera da tutto – una libertà giacobina che non può che basarsi su delle scelte, delle esclusioni estreme –, dando voce a un figlio che cerca, con sforzo supremo, di trasformare in presenza l’assenza, ché “la presenza è l’unico luogo al mondo in cui si può ancora perdonare”.
Antonio Pagliuso
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