Storia della diffusione del Cristianesimo


Il Cristianesimo e l’Impero romano

Mentre i romani festeggiavano il settecentocinquantatreesimo Natale della propria città, nel piccolo paese di Betlemme, vicino a Nazareth, un anonimo evento si preparava a scuotere l’identità che i vari popoli avevano adottato: la nascita di Gesù Cristo. L’Impero romano si estendeva per l’intera Europa, fino all’Africa settentrionale e al Medio Oriente. Erano anni nei quali la cultura fioriva prepotentemente e la scrittura si diffondeva tra le classi meno abbienti, dopo essere stata per secoli patrimonio esclusivo della classe aristocratica alfabetizzata, formata dai membri dei collegi sacerdotali e dai funzionari dell’apparato politico e amministrativo imperiale.
La cultura divenne un elemento essenziale dello stile di vita dei nuovi ricchi, per i quali il vanto maggiore era quello di possedere, nelle loro ville signorili, una biblioteca privata con testi greci e latini. Contemporaneamente, la religione ufficiale di tipo politeistico risultava sempre più inadeguata nel soddisfare i cambiamenti che il nuovo mondo ellenistico-romano stava producendo. Le nuove correnti filosofiche, come lo Stoicismo e il Neoplatonismo, offrivano ai propri adepti pratiche di espiazione, la redenzione e la salvezza individuale. Mentre i vecchi dèi venivano dimenticati, i nuovi filosofi monoteisti raccontavano che il Dio dell’Antico Testamento aveva promesso al popolo d’Israele un messia, un liberatore che avrebbe restaurato le sorti della sua gente.
Un gruppo di giudei, chiamati apostoli, lo indicavano in Gesù di Nazareth, chiamato il Cristo Salvatore. Aveva sparso la sua parola nella provincia romana della Giudea e dopo la sua morte, i suoi discepoli, non limitarono la propagazione del messaggio di colui che si definiva il figlio di Dio al solo popolo d’Israele, ma si rivolsero a tutti i popoli. Gesù era diverso dagli altri messia, dai condottieri forti e risoluti che intendevano liberare gli uomini dall’oppressione di un popolo straniero. Era figlio di un falegname e in vita si era circondato della gente più umile; predicava il distacco dai beni terreni, la mitezza, la pazienza e la pace. Proponeva un ideale di vita difficile e prometteva come ricompensa la beatitudine per l’eternità in un’altra vita.
Questa nuova religione, il cristianesimo, non si impose come culto accanto ad altri, ma sostituì tutte le vecchie credenze millenarie. Nel libro “Storia della diffusione del cristianesimo nell’Impero romano” (Arkadia editore, pp. 140, euro 12,00), lo storico Gianluca R.P. Arca riflette sulle dinamiche di contrasto e contaminazione che hanno caratterizzato i rapporti tra la cultura romana, ricca di filosofia e letteratura greca, e il cristianesimo. Un viaggio all’interno di quel mondo che ha costituito la base del mondo Occidentale che noi abbiamo ereditato. Come scrive l’autore, “la religione, come forza capace di polarizzare idee e di costituire l’identità di singoli e di popoli, ha plasmato e continua a mantenere in fermento interi mondi. Se questo è vero per il nostro tempo, a maggior ragione lo è stato nelle civiltà del passato da cui deriviamo la nostra identità”.

Stefano Poma



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