Il Festival di SquiLibri, che sarà dal 20 al 22 giugno a Francavilla al Mare, scalda i motori: si parte domani giovedì 12 giugno con una piccola anticipazione che vedrà protagonisti tre eventi e dunque tre libri per “Aspettando SquiLibri”. Gli incontri si svolgeranno al Foyer del Palazzo Sirena: alle ore 16.30 Antonella Caggiano e Monica Ferri parleranno di “Sassi di parole” (Edizioni Mondo Nuovo), in dialogo con il giornalista Daniele Astolfi; alle ore 17.30 Lucia Guida parla di “Oltre la porta socchiusa” (Arkadia Editore), in dialogo con il giornalista Antimo Amore. L’ultimo appuntamento ci sarà alle ore 18.30 con Daniela Musini che racconta il suo “Vite incendiarie” (Edizioni Piemme), in dialogo con Cristina Mosca. L’anteprima di SquiLibri, invece, Festival del Direttore artistico Peppe Millanta ed organizzato dalla Scuola Macondo di Pescara con il Comune di Francavilla al Mare guidato dalla sindaca Luisa Russo e con l’assessora alla Cultura Cristina Rapino, ci sarà giovedì 19 giugno alle ore 21.00 sul palco dell’Auditorium Sirena con Valerio Aprea e lo spettacolo “Gola e altri pezzi brevi”, in cui l’attore legge alcuni dei monologhi scritti da Mattia Torre. Prevendite su www.ciaotickets.com.
La segnalazione su Chieti Today
“L’amore nell’età grande”
Arkadia Editore
www.arkadieditore.it
Dopo una lunga serie di libri dedicati alla scoperta di terre lontane e personaggi particolari, Tito Barbini affronta il suo viaggio più difficile, quello interiore, nel piacere e nella sofferenza di una relazione d’amore tra un uomo e una donna di età molto diverse. La storia d’amore tra Paolo e Matilde, al di sopra del tempo e dello spazio, si fa paradigma di tutte quelle relazioni in cui la differenza anagrafica potrebbe apparire, a prima vista, un problema incolmabile. Nelle pagine di questo romanzo, in cui ogni capitolo diventa la cartina di tornasole di un rapporto bellissimo e al contempo difficilissimo, si coglie la necessità di raccontarsi, ma anche di dare un senso al trascorrere del tempo, al rispetto reciproco, al tentativo di costruire un futuro condiviso. E, ogni ricordo, aneddoto, storia diventa momento di riflessione. Un intreccio delicato, profondo, ricco di contraddizioni, cadute e risalite. E c’è la giovinezza, incarnata da Matilde, capace di dare nuovo slancio a una vita immaginata sul viale del tramonto. Con una scrittura incisiva, forte, Barbini regala ai suoi lettori una storia dei nostri tempi, fatta di speranza e di crescita.
Tito Barbini
Ex sindaco di Cortona e per molti anni nel governo della Regione Toscana, oramai da più di venti anni è a tempo pieno un acclamato scrittore di viaggi. I suoi libri, accolti sempre con favore dal pubblico, coniugano storie di luoghi e persone che si intrecciano indissolubilmente. Ha pubblicato Le nuvole non chiedono permesso (2006), Antartide (2008), Caduti dal muro (2009, con Paolo Ciampi), racconto epistolare a metà tra il reportage e la memorialistica, I giorni del riso e della pioggia (2010), sull’itinerario fluviale compiuto in Asia risalendo il Mekong, Il cacciatore di ombre. In viaggio con Don Patagonia (2011), Le rughe di Cortona (2013), Parole in viaggio (2014), L’amico francese (2021), sulla sua amicizia con F. Mitterrand, L’isola dalle ali di farfalla (2020), Il treno non si fermò a Kiev (2022). Per Arkadia Editore ha pubblicato Il fabbricante di giocattoli (2021), Storie di amori e migrazioni sull’isola dalle ali di farfalla (2024) e L’amore nell’età grande (2025).
Livio Partiti
Il podcast su Il posto delle parole
Blog Salvatore La Porta racconta il confine tra crimine e scienza aperto per la salvezza degli uomini da Demichov, Massimo Cracco riporta in auge i rischi di una società violenta che richiama la follia intellettuale degli anni ’80. Tra le novità sui libri, nasce “Scaffale” sarà distribuito in 2000 librerie italiane: a plasmarlo il gruppo Bibliotheka. Nella cinquina finalista dello Strega ci sono la messinese Nadia Terranova e, finalmente, una indipendente fuori dalle major, TerraRossa, con il libro di Michele Ruol
Nuova puntata per il nostro blog con le novità editoriali nelle librerie dal 10 al 23 giugno. Svetta il talentuoso Salvatore La Porta: l’autore ed editore siciliano, con “Demichov” (Il Saggiatore), mette in crisi l’etica scientifica che tanto onore riconosce a chi riesce a salvare la vita altrui non dimenticando che il tutto inizia dalle torture che subiscono altri: gli animali! È inevitabilmente il #librocopertina di questa puntata.
#Librocontrocopertina per un ritorno che dista cinque anni dal precedente successo. Un autore che escava nelle profondità sociali, pubblicato per Italo Svevo Edizioni esce “Corpi di Cristo“, dello scaligero Massimo Cracco. Due amici, sullo sfondo la città di Verona d’inizio anni Ottanta, in cui prevale una mentalità torbida e giudicante che disprezza ogni forma di marginalità, al punto da generare atti di violenza efferata contro reietti, senzatetto, omosessuali, tossici, e che arriva a travolgere entrambi gli amici in un’escalation di brutalità e follia. Così presentato sembrarebbe riportare alla memoria il duo killeristico della Verona bene, Ludwig.
Altro siciliano è il messinese Francesco Musolino, che per E/O Edizioni, pubblica “Giallo Lipari“: un giallo che inaugura il primo commissariato nella bellissima isola eoliana, guidato dall’Ispettore Garbo. Interessantissimo il nuovo lavoro di Giorgio Bona in uscita per Arkadia: in “Volevo soltanto salvare le mie parole“, l’autore si immerge nella complessa articolazione della lingua russa che si intreccia con la vita infernale del poeta Osip Mandel’stam e i racconti inediti di Michela Murgia per Einaudi. Non di meno tutti gli altri titoli che vi consigliamo per questa prima ondata di caldo afoso del 2025! Ma il caldissimo giugno di quest’anno è da ricordare anche per chi crede nel progetto “libro”: è infatti un colpo grosso e nuovo, quello del gruppo romano Bibliotheka che lancia “Scaffale”, giornale periodico su carta per duemila librerie italiane. Novità riassunte in breve, barcode e QR code per prenotare in modo veloce, informazioni per gli incontri con gli autori. Tutto questo viene riassunto in quattro pagine che usciranno con periodicità trimestrale. Destinato ai librai e ideato dal gruppo editoriale romano Bibliotheka, che riunisce tre marchi – Bibliotheka, il Millimetro e Arcadia – e la rivista di racconti Barrio, promossi da EmmePromozione e distribuiti da Messaggerie; e per chi ci crede a metà: se al Premio Strega nella dozzina semifinalista emergevano tante case editrici indipendenti, nella cinquina finalista sono tornate le major dove anche se pubblichi le pagine vuote vai in finale. Campanilisticamente comunque tifiamo per chi le pagine le riempie di emozioni, la siciliana Nadia Terranova (le proiezioni la danno seconda, ma ci auguriamo che possa sovvertirle) e per l’unica indipendente che è giunta nella cinquina, TerraRossa Edizioni che ha pubblicato Michele Ruol
Arrivederci al 24 giugno!
Libro copertina, Demichov di Salvatore La Porta, Il Saggiatore
Benefattore dell’umanità. Mostro senza cuore. Inventore visionario. Torturatore di animali. Eroe del progresso. Nemico del popolo. Quante vite possono esserci dentro quella di un singolo uomo? Salvatore La Porta racconta la controversa esistenza di Vladimir Demichov, il padre della medicina dei trapianti. Con uno stile che riecheggia Limonov di Emmanuel Carrère, questo libro dà voce a una figura estrema e dimenticata, restituendole il dramma e la grandezza di un’esistenza fuori norma. È il 3 dicembre 1967 quando il chirurgo sudafricano Christiaan Barnard riesce a compiere il primo trapianto di cuore su un essere umano. È un evento rivoluzionario: finalmente una parte di noi può sopravvivere nel corpo di qualcun altro, salvandogli la vita. Ciò che quasi nessuno sa però è che quel passo fondamentale è stato possibile solo grazie alle ricerche di un anonimo chirurgo russo, che nel sottoscala di un istituto medico dell’Unione Sovietica aveva per anni fatto raccapriccianti operazioni sui cani, dando vita alla trapiantologia: Vladimir Petrovic Demichov. Questo libro narra la sua incredibile storia: dalla prima giovinezza spesa a lavorare in fabbrica ai geniali esperimenti da borsista universitario; dai primi tentativi di trapiantare la testa di un cane sul corpo di un altro fino al successo delle sue teorie; dall’entusiasmo della stampa internazionale all’imbarazzo e alle rappresaglie del potere sovietico, che lo bollò come pericoloso ciarlatano da baraccone; fino alla censura, all’ostracizzazione dalla comunità scientifica e alla damnatio memoriae, che ancora oggi accompagna buona parte delle sue azioni. Demichov è una biografia impossibile, un racconto fatto di documenti perduti e testimonianze incerte su che cosa significa offrire davvero tutto se stesso – la propria salute, la propria serenità, la propria reputazione – per ciò che si crede giusto: per capire dove finisce il nostro corpo e iniziamo a essere “noi”. In libreria da martedì 10 giugno
L’autore
Salvatore La Porta è uno scrittore e editore catanese. È il fondatore della casa editrice Villaggio Maori Edizioni e dell’Accademia delle Editorie. I suoi saggi, Less is more. Sull’arte di non avere niente (Il Saggiatore, 2018) ed Elogio della rabbia (Il Saggiatore, 2019), il romanzo Judo (Giulio Perrone Editore, 2021) e L’ isola del capitano Almeida (San Paolo Edizioni, 2023) hanno avuto l’apprezzamento di critica e lettori.
Le uscite di martedì 10 giugno
Michela Murgia, Anna della pioggia, Einaudi
In “Anna della pioggia” si trovano racconti inediti di Michela Murgia mai raccolti in un libro prima d’ora. La Sardegna e i suoi miti, il potere delle donne, l’identità queer e le sfide sociali sono alcuni degli aspetti dell’immaginario murgiano e che emergono da queste narrazioni inedite. Le storie spaziano tra personaggi eccentrici e figure mitiche, come Elena di Troia e Beatrice Cenci. Curato da Alessandro Giammei, il libro restituisce una vibrante miscellanea di stili e registri, e offre uno spaccato della passione di Murgia per il mondo in generale e le sue contraddizioni. Ogni racconto si rivela un’incantevole riflessione sull’esistenza e sulle scelte che facciamo. Un’opera che conferma il prodigioso talento dell’autrice di Accabadora.
Mario Sughi, Oscillazione, Hoppipolla
Oscillazione racconta incontri, abbandoni e ritorni che si intrecciano nonostante l’incertezza e la distanza. I personaggi si muovono tra realtà e sogno, destino e scelta, in una trama fatta di silenzi, memorie e occasioni mancate. Le illustrazioni che accompagnano il testo ne amplificano la sospensione emotiva, nonché il senso di smarrimento, inquietudine e desiderio. Un romanzo intimo e introspettivo, in cui ogni relazione è una soglia e ogni momento può trasformarsi in un nuovo inizio o nella fine di qualcosa.
Le uscite di mercoledì 11 giugno
Francesco Musolino, Giallo Lipari, E/O Edizioni
Il ritrovamento di un cadavere e un caso di cyber stalking accolgono l’ispettore Garbo a Lipari. Mentre il paese si appresta a festeggiare San Bartolo, Garbo si trova invischiato tra yacht di lusso e un traffico di Fentanyl. Un giallo perfetto per l’estate. Ambientato a Lipari, è il primo romanzo di una serie che avrà come ambientazione le varie isole Eolie. A Lipari viene istituito il primo Commissariato Lipari-Isole Eolie, affidandone la direzione al neo Ispettore di Polizia Giorgio Garbo, 33 anni. Testardo, ma dotato di un grande intuito, Garbo viene trasferito direttamente da Milano in un’isola che si trasformerà ben presto nel suo inferno personale: Garbo ama viziarsi, vestirsi bene e odia i tempi morti, il caldo e l’estate. Il suo arrivo, però, coincide con il ritrovamento di un cadavere sulla spiaggia dinnanzi ai Faraglioni di Lipari, un luogo bellissimo quanto inaccessibile. Negli stessi giorni la famosa influencer italiana Fatimah Boufal diventa bersaglio di cyber-stalking. Le Eolie si rivelano un ambiente ostile per Garbo, che, oltre a cercare di ambientarsi, deve occuparsi di due indagini complesse, che lo porteranno tra yatch di lusso e un traffico di Fentanyl. Garbo si trova, così, invischiato in una drammatica storia di revenge porn, razzismo e stupri. Mentre la rabbia repressa lo spinge sempre più a fondo, il suo passato e i suoi incubi tornano a galla, facendo emergere una storia inaspettata.
Le uscite di venerdì 13 giugno
Giorgio Bona, Volevo soltanto salvare le mie parole, Arkadia
Una prosa che scende nell’inferno del poeta russo Osip Mandel’stam, attingendo al dramma dell’esistenza con una lingua che si muove tra i suoi versi, bellissimi e intensi, che il poeta ha regalato al mondo pur messo in ginocchio dinnanzi alla storia. “Avrai soltanto il mio cadavere, la mia poesia sarà più forte di te”. Questa è la risposta che rivolgerà a Stalin quando sarà oramai minato nel corpo e nella mente e perduto in un labirinto di ossessioni, ricordi e fantasmi che affollano i suoi pensieri. La poesia si salva, il poeta sprofonda nel baratro. Sono gli ultimi mesi, Osip Mandel’stam vive sull’orlo della fame, segnato dal dramma della deportazione. Sorretto dalla moglie Nadežda, che cercherà con la forza della memoria di fare di quei versi una cassaforte dentro di sé per salvarli dall’oblio postumo, entriamo nel microcosmo della vita letteraria di quel periodo con intellettuali che al nemico del regime negano anche il minimo sostegno e altri, pochissimi, che all’amico perseguitato e in miseria cercano di dare aiuto. Il dramma di un’epoca, nel passaggio dall’entusiasmo rivoluzionario all’ansia quotidiana di una vita emarginata con l’angoscia e il terrore del sospetto, dove anche il più caro amico, il vicino di casa, può tradire dentro un sistema che colpisce a casaccio e può prendere chiunque.
Pierre Zaoui, Bellezza dell’effimero. Un’apologia delle bolle di sapone, Il Saggiatore
Che cosa può insegnarci una bolla di sapone? Nulla, apparentemente. E invece, secondo il filosofo Pierre Zaoui, in questa fragile sfera trasparente si riflette il mistero dell’esistenza: il gioco e il desiderio, l’illusione e il tempo, la gioia e la morte. Bellezza dell’effimero è una celebrazione della leggerezza: di ciò che, proprio nella sua fugacità, rende possibile una felicità autentica. In un mondo che idolatra la solidità ed esalta il superamento dei limiti biologici, Zaoui ci invita a un atto rivoluzionario: amare ciò che finisce, desiderare senza possedere. Questo libro è un’esplorazione nei regni della filosofia, dell’arte e dell’infanzia per capire come le bolle di sapone abbiano assunto nei secoli significati molteplici e contrastanti, dal memento morial sogno d’evasione, dalla vanitas barocca alla semplicità di uno svago alla portata di tutti. In queste pagine dense di riflessioni e suggestioni Zaoui ci invita a ribaltare il punto di vista sul mondo, privilegiando l’esperienza dei bambini alla sapienza degli adulti, e cercando l’incanto là dove questi vedono il monito di una fine incombente: la bolla di sapone, infatti, nella sua levità, ci insegna a vivere senza peso, a godere dell’attimo senza temere la sua fine. Non lascia traccia, e proprio per questo ci invita a un rapporto diverso con il tempo e con la fine. Bellezza dell’effimero è un inno a un’esistenza senza zavorre mentali, alla libertà dall’imperativo di perdurare a tutti i costi. Come una bolla di sapone, che vive sempre nell’istante prima di esplodere, così, sembra dirci Zaoui, anche noi possiamo affrontare il nostro quotidiano con nuova pienezza, consapevoli che nell’effimero risiede una saggezza immortale.
Rachele Salvini, Pelli, Nottetempo
In una cittadina dell’Oklahoma, il presunto avvistamento di un puma fa riemergere antiche paure e leggende legate all’omicidio irrisolto di tre giovani scout. Ma per Zelda, la protagonista, questo richiamo riapre soprattutto ferite personali: il matrimonio infelice e violento con Tom, il rapporto con un figlio ormai troppo distante, e quello con la nipote, la piccola e impenetrabile Grace. Nel confronto con il passato, Zelda intraprende un percorso di consapevolezza e riscatto; si interroga sul potere, la memoria e la possibilità di liberarsi dai ruoli imposti dalla società. Un romanzo intenso che esplora il trauma, il coraggio e la possibilità di una trasformazione interiore.
Juhani Karila, Pesca estiva in Lapponia, Fazi
Ogni estate, Elina torna in Lapponia, la sua terra natale, sospesa tra mito e natura. Solitaria e sfuggente, è legata da un misterioso rituale a un luccio che deve pescare, come ogni anno, entro il 18 giugno. Ma stavolta qualcosa non va: il pesce non si fa trovare e una figura mitica, il tritone Näkki, sembra ostacolarla. L’arrivo della detective Janatuinen in paese, per indagare proprio su Elina, complicherà ulteriormente le cose. Pesca estiva è un romanzo dalle atmosfere suggestive, a metà fra noir nordico e fiaba contemporanea.
Le uscite di mercoledì 18 giugno
Alia Trabucco Zerán, Quando le donne uccidono. Quattro storie vere, Sur
Attraverso le storie vere di quattro donne accusate di omicidio nel Cile del Novecento, Quando le donne uccidono indaga da un punto di vista femminista i confini tra senso di colpa e condizionamento sociale. Senza cedere al sensazionalismo, Alia Trabucco Zerán ricostruisce casi giudiziari controversi per riflettere sul modo in cui il sistema penale, i media e la società trattano il crimine quando a commetterlo è una donna. Un saggio narrativo che intreccia ricerca d’archivio e analisi critica.
Alessandro Mantovani, Geografia sommersa, Mar dei Sargassi
Nel suo esordio letterario, Alessandro Mantovani ci guida in un viaggio visionario attraverso luoghi che sfidano le coordinate del tempo e dello spazio. Geografia sommersa è un atlante immaginifico dove passato e futuro, reale e fantastico, si fondono in una narrazione corale fatta di voci, memorie e utopie. Creature paradossali e figure solitarie in un mondo di soglia, sospeso tra l’angoscia e la possibilità. Un’epica intima e dolente che riflette la condizione del nostro presente.
Le uscite di venerdì 20 giugno
Mark Thompson, La guerra bianca. Vita e morte sul fronte italiano. 1915-1919, Il Saggiatore
La guerra bianca è il racconto documentato degli anni della Prima guerra mondiale sul fronte italiano del Nordest: un’«opera-mondo», per citare l’espressione usata da Carlo Greppi nella sua prefazione, che tocca ogni aspetto – dalla quotidianità in trincea all’impreparazione tecnica, dagli errori degli alti comandi alle difficoltà logistiche – di un momento storico in cui per migliaia di persone la vita e la morte sono state ogni giorno distanti solo pochi attimi. Agli albori del 1915 l’Italia è una nazione ancora da forgiare: non c’è una lingua, non c’è un sentimento comune, non c’è un’idea diffusa di patria. Per le classi dirigenti del paese è l’ora che gli italiani si temprino in una solida unità nazionale, e con l’uccisione di Francesco Ferdinando d’Austria la soluzione è a portata di mano: la guerra. La fucina, il campo di battaglia. A pagarne il prezzo saranno i giovani costretti in un fronte lungo seicento chilometri, dalle Dolomiti all’Adriatico; giovani che, uniti nella paura e nell’angoscia, combatteranno in un biancore costante di pietre e di neve, uccideranno e saranno uccisi. Grazie ai diari dell’epoca, alle interviste ai reduci e alle esperienze di scrittori come Ungaretti, Hemingway, Musil e Gadda, Mark Thompson delinea con lucidità il panorama socio-culturale e politico-economico di un’epoca spartiacque non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa, la cui fisionomia verrà stravolta dalla dissoluzione degli imperi centrali che aprirà la strada ai totalitarismi. Questo libro mostra in modo evidente come le illusioni e le attese evocate dalla retorica nazionalista furono sconfessate dalla brutalità della guerra di logoramento. Un monito che, a distanza di più di cento anni e di fronte a guerre sempre nuove, continua a supplicarci affinché la prossima «inutile strage» possa essere evitata.
Virion Graçi, Il paradiso dei folli, Bibliotheka
Nei primi anni Novanta del secolo scorso un trentenne albanese emigra clandestinamente in Grecia. A casa la situazione precipita: il figlio Tori inizia a scrivergli lettere (che non gli invierà mai) per raccontare i continui tradimenti della madre Lora. Tori muore improvvisamente e la voce che gira in paese è che la madre abbia ucciso il figlio conficcandogli nel sonno un ago rovente in testa. Il protagonista rientra in Albania; la moglie è ricoverata in manicomio e lui si sposa con una ragazza bella e molto giovane, che si trova presto incinta e lo tradisce. Feroce realismo di matrice americana ed epopea balcanica, cruda rapsodia e narrazione incalzante si intrecciano nel romanzo Il paradiso dei folli dello scrittore albanese Virion Graci. Il padre si occupò seriamente del figlio dopo quattro anni, quando Ana, la sua seconda moglie, molto più giovane e bella di lui, aveva perfezionato l’arte della cucina. I cento e cinquantacinque partecipanti alla cerimonia della traslazione delle ossa ebbero il raro privilegio di provare l’abilità della nuova donna di casa coi sette piatti tradizionali, cucinati da lei, per il pranzo della sepoltura. L’uomo addetto alla sepoltura non rivelò al padre che dalla superficie del cranio di suo figlio emergeva la punta di un ago, giusto dello spessore che occupava prima la pelle. Il tanatoprattore, amico del padre, aveva strofinato con le sue mani tozze, coperte da guanti pesanti da muratore, il cranio macchiato, ma si era fermato sull’ago… un frammento libero… sì, era davvero un ago… lo aveva estratto con attenzione per non provocare danni o rumori strani… un ago lungo sette centimetri, un ago comune come quelli che usiamo tutti per cucire.
Le uscite di lunedì 23 giugno
William Le Queux, Il Ministro del male. La storia segreta di Rasputin, Lorenzo de Medici Press
Per la prima volta in italiano, la traduzione di un classico della narrativa sensazionalistica inglese. Con una sapiente inventiva romanzesca, Le Queux raccoglie in questo libro l’insieme delle rivelazioni scritte – quasi in forma di resoconto storico – dal giovane Feodor Rajevski, il segretario e servitore personale di Rasputin. Pagine e pagine di segreti, tradimenti e sotterfugi sconvolgenti attorno alla figura di una delle più inquietanti personalità della Russia moderna. I colpi di scena si susseguono in una vertiginosa cavalcata storica dove si intrecciano truci passioni, smodata ambizione e tragedia umana. Le Queux, da maestro dell’invenzione, traccia di Rasputin un profilo ipnotico e agghiacciante al tempo stesso, nel cuore della corte imperiale russa e sullo sfondo di uno dei più drammatici momenti della storia: dalla prima guerra mondiale alla rivoluzione.
Libro controcopertina, Corpi di Cristo di Massimo Cracco, Italo Svevo Edizioni
Questa è la storia dell’amicizia tra due ragazzi, il protagonista dal nome tedesco e Nilo:un’amicizia che nasce al liceo e finisce nel sangue. Sullo sfondo la città di Verona d’inizio anni Ottanta, in cui prevale una mentalità torbida e giudicante che disprezza ogni forma di marginalità, al punto da generare atti di violenza efferata contro reietti, senzatetto, omosessuali, tossici, e che arriva a travolgere entrambi gli amici in un’escalation di brutalità e follia. Con una scrittura che trova il suo ritmo nell’ossessione, Massimo Cracco racconta l’inquietudine della provincia, la sua mescolanza di politico, religioso e sociale, la sua vocazione a opprimere, manipolare e frantumare l’individuo anche attraverso il linguaggio. Il giorno dopo il fatto è in prima pagina su «L’Arena». Dentro il bastione ci dormiva un senzatetto, è riuscito a mettersi in salvo ma è conciato male, è uscito acceso dalle gambe al tronco, il giornale dice che il lucchetto era aperto; non torna, il lucchetto era chiuso, non importa, la notizia mi sconvolge, penso al tempo di Planck, tornare indietro, riavvolgere il nastro, 10-44 secondi, quel fuoco non ha mai avuto inizio, 10-44 secondi; invece Nilo non ha paura, non ha mai paura, deve esserci un motivo importante per cui Nilo non ha mai paura. In libreria da venerdì 20 giugno
L’autore
Massimo Cracco è nato a Verona nel 1965. Nel 2005 fonda la Brillosto, CE che pubblica il fumetto Mamba. Nel 2015 debutta nella narrativa con Restare senza un lavoro non è per sempre (Scripta Edizioni). Nel 2018 esce Mimma (L’Erudita). Si afferma nel firmamento letterario con Senza (Autori Riuniti, 2020), col quale ha vinto il premio della critica alla II edizione del Premio Letterario “Etnabook – Cultura sotto il Vulcano”, dello stesso anno. Lavora come ghostwriter.
Scaffale, un nuovo magazine in libreria
Nelle librerie il primo numero di “Scaffale” del gruppo Bibliotheka
Nel primo numero, “Scaffale” annuncia alcune delle principali uscite autunnali di Bibliotheka: una conversazione sui viaggi in treno tra Andrea Camilleri e Gaetano Savatteri e la vicenda, ancora sconosciuta, di un film con Mastroianni e Piccoli boicottato dalla diplomazia italiana negli anni Ottanta, firmato dal giornalista Rai Antonio Caiazza; la ricostruzione della domenica bolognese in cui Achille Occhetto aprì alla possibilità di cambiare nome al più grande Partito comunista dell’occidente (con testi di Walter Dondi, Luca Bottura e Michele Serra). Tra le uscite autunnali compaiono anche la riscrittura in lingua italiana del Cunto de li cunti di Basile, a cura del poeta Elio Pecora, e uno scritto di Pontiggia sulla narrativa. In estate usciranno invece un testo di Marinetti su “come si seducono le donne”, la storia di una spia tedesca negli anni della guerra fredda, tradotto dal tedesco, e, per la prima volta in Italia, un libro di Virion Graci, tra i maggiori scrittori albanesi contemporanei (Il paradiso dei folli). Scaffale racconta inoltre le prime uscite del nuovo marchio editoriale il Millimetro, dedicato a inchieste giornalistiche e reportage, che pubblica il 23 maggio il primo libro (un bilancio del pontificato di Papa Francesco scritto dal vaticanista Marco Politi e intitolato La rivoluzione incompiuta) e, nei prossimi mesi, un viaggio nelle carceri minorili italiane a cura di Raffaella di Rosa, giornalista de La7, e una ricognizione sulla vita quotidiana nell’America di Trump a cura di Stella Saccà, giornalista romana che vive a New York. A inizio estate esce anche il secondo numero della rivista di racconti Barrio, dedicato al True crime, il genere che racconta fatti di cronaca nera con un taglio che si avvicina all’intrattenimento. I fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo propongono un pezzo di sceneggiatura del loro Dostoevskij, mentre la giornalista messicana Annabel Hernández offre uno dei ritratti più sorprendenti di una regina del narcotraffico. Infine, la casa editrice Arcadia, espressione del mondo sindacale, propone la nuova collana Letteratura e lavoro, con opere di Edmondo De Amicis, Francesco Jovine, Cesare Pavese, Rocco Scotellaro e Federigo Tozzi.
Strega 2025: nella cinquina anche la messinese NadiaTerranova
La cinquina del Premio Strega 2025: tra questi titoli il 3 luglio sapremo chi si aggiudicherà l’edizione n. LXXIX. Tra i finalisti ci sono la messinese Nadia Terranova con “Quello che so di te”, edito da Guanda, e, finalmente, una indipendente fuori dalle major, TerraRossa, con il libro di Michele Ruol.
Salvatore Massimo Fazio
La segnalazione su SicilyMag
Osip Mandel’štam (Varsavia, 1891 – Vladivostok, 1938) è stato uno dei poeti più importanti del Novecento. Voce libera, venne subito isolata dal regime sovietico che lo perseguitò e arrestò due volte. Nel 1938 fu condannato ai lavori forzati. Nello stesso anno morirà in un gulag. Ma la sua poesia è sopravvissuta al gulag del pensiero comunista ed è arrivata fino a noi carica e viva di quell’autentico fervore di libertà. «Viviamo senza più fiutare sotto di noi il paese, /a dieci passi le nostre voci sono già bell’e sperse, /e dovunque ci sia spazio per una conversazioncina/eccoli ad evocarti il montanaro del Cremlino». Sono alcuni versi di Osip Mandel’ štam, il più grande poeta in lingua russa del secolo delle idee assassine. In tutta la sua produzione intensamente lirica per Osip Mandel’štam la parola della poesia doveva necessariamente avere una sua totalità. Egli definiva il poeta colui che è capace di scuotere i significati, di svegliare le parole per mettere in atto una rivolta contro i luoghi comuni. Se oggi conosciamo l’opera di questo straordinario poeta, che considerava la parola poetica un eterno assoluto in cui credere, dobbiamo ringraziare Nadežda, la sua adorata compagna di una vita intera, che dopo essere stata la spettatrice impotente della sua fine ha cominciato ad imparare a memoria tutti i versi di suo marito, rimanendo fedele al suo insegnamento: «in poesia tutto si avvera». Giorgio Bona con Volevo soltanto salvare le parole scrive un romanzo che è prima di ogni cosa un grande atto d’amore nei confronti del grande poeta russo. Bona racconta l’inferno dell’uomo e del poeta, la crudele discesa nel baratro concentrazionario. In queste pagine troveremo Osip Mandel’štam, il poeta delle moltitudine che con i suoi versi ha lasciato uno spiraglio aperto, un lasciapassare, un visto d’ingresso. Osip che non era rivoluzionario e nemmeno un cospiratore, era soltanto un poeta, un umile cantore di versi che si era trovato a interpretare una parte che non era sua e che gli altri gli avevano cucito addosso. Così Bona scrive di Mandel’štam mentre ci parla della sua dedizione assoluta alla poesia. Quella poesia che forse domani tornerà in possesso del paradiso, della vita immediata, del colloquio con il mondo, darà vita a grandi passioni, da vivere e sentire profondamente gli spazi della Terra e dell’universo. La poesia che lo tiene in piedi e gli dà la forza di sopravvivere, nonostante gli abusi del potere e le ingiustizie che lui subisce, il divieto di scrivere e pubblicare, praticamente di esistere. Bona ricostruisce il clima del terrore sovietico di quegli anni: la polizia segreta di Stalin seduta sul cadavere della poesia che dava la caccia ai poeti, inseguiva i liberi pensatori e le anime belle. Nonostante questo enorme sfacelo, Osip non perde fiducia nella parola, scrive di nascosto perché anche se tutto sta precipitando intorno a lui, la poesia resta oltre il mondo La sua fine è segnata dalla pubblicazione di Epigramma a Stalin, nel 1933. «Mandel’štam definirà Stalin «il montanaro del Cremlino», – scrive Ottavia Pojaghi Bettoni – le cui «tozze dita» sono «come vermi». La sua, oltre a essere un’invettiva contro il leader sovietico, è una critica al regime comunista nel suo complesso, che il poeta definisce «colpevole» di numerosi, imperdonabili, errori. Uno tra questi è la collettivizzazione forzata in Ucraina, che aveva procurato solo grande carestia. Verrà arrestato, a seguito di una perquisizione che lo incolpa di aver scritto «versi antisovietici». Passa poco più di un anno. Viene riaccusato e riarrestato per «attività controrivoluzionaria» e condannato a cinque anni di lager. Vittima delle purghe staliniane, morirà durante un campo di transito, in prossimità di Vladivostok, nell’estremità orientale della Siberia, dove venne trasferito e costretto ai lavori forzati, per l’ennesima volta. Il suo corpo non venne mai trovato, le sue poesie sì. Anche grazie alle memorie della moglie che, nel ritracciare la loro vita insieme, ne ricordava alcuni versi. Le sue opere verranno scoperte e amate in tutto il mondo: in Italia, le sue poesie verranno tradotte già dagli anni ’60». Leggendo oggi i fogli di poesia di Osip Mandel’štam, ci troviamo davanti un poeta assoluto che non si è mai sentito contemporaneo di nessuno. La sua voce, seppure annientata dalla malvagità totalitaria, continua a fare rumore nel nostro tempo che continua a essere dilaniato dai lupi che hanno sempre fame e sete di sangue. L’atto d’amore di Giorgio Bona nel romanzo Volevo soltanto salvare le mie parole riporta ai giorni nostri la voce del grande poeta russo. Possiamo con dire con assoluta certezza che Osip è riuscito a salvare le sue parole e la sua poesia è sopravvissuta al terrore di Stalin. Noi oggi le sue parole salvate le leggiamo ancora e le leggeremo anche domani e nei suoi versi ritroveremo sempre l’uomo che aveva vissuto per scrivere, soltanto la scrittura lo aveva spinto ad attraversare una vita di stenti, abusi e privazioni. Ritroveremo il più grande poeta del secolo scorso («Lui era considerato una delle voci più rappresentative della poesia della Russia. La sua popolarità era pari a quella di Vladimir Majakovskij, Sergej Esenin e con Marina Cvetaeva esprimeva grandi e nobili valori con la profondità e la bellezza dei suoi versi») che ha imparato la scienza degli addii, nel piangere notturno della poesia (che è come la leucemia perché avvelena il sangue»), a testa nuda.
Nicola Vacca
La recensione su Gli Amanti dei Libri
Una donna sta facendo un viaggio in treno, lungo la linea che costeggia il mar Tirreno, verso Livorno. Un imprevisto costringe il treno a fermarsi lontano da ogni stazione e imprevedibilmente la donna scende, inizia a camminare lungo i binari, indispettita per la sosta non prevista ma soprattutto attratta da una struttura che vede stagliarsi…
Anna Bertini, Marisa Salabelle, Prima Pagina
Una donna sta facendo un viaggio in treno, lungo la linea che costeggia il mar Tirreno, verso Livorno. Un imprevisto costringe il treno a fermarsi lontano da ogni stazione e imprevedibilmente la donna scende, inizia a camminare lungo i binari, indispettita per la sosta non prevista ma soprattutto attratta da una struttura che vede stagliarsi in alto, sulla sommità di una rupe a picco sul mare. In questo modo suggestivo inizia il romanzo di Anna Bertini, Il tema di Ethna, recentemente pubblicato da Arkadia. La donna si chiama Ethna Sarfatti, l’edificio, Castel Sonnino, un tempo appartenuto a Sidney Sonnino, uomo politico vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento: fu lui a concordare con la Gran Bretagna l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale. Il castello, in seguito, era stato trasformato in un albergo, ed Ethna vi aveva soggiornato per un breve, intenso periodo nel 1997. Ora invece siamo nel 2004 e la donna, presa da un impulso incontrollabile, approfitta della sosta imprevista per tornare a Castel Sonnino e per rievocare molte vicende della sua vita. Il romanzo prosegue avanti e indietro negli anni, non seguendo un ordine cronologico ma il filo dei pensieri e dei ricordi di Ethna: un romanzo che insiste, come il precedente Le stelle doppie, al quale alcuni personaggi e situazioni fanno riferimento, sull’importanza dei legami, sia familiari che amicali e affettivi, sul cambiamento, e sul potere della musica che pervade ogni istante dell’esistenza. Sono diversi i fili che si intrecciano, sia nel passato che nel tempo presente: l’amatissima figura del padre, Enzo Sarfatti; la scoperta di non essere sua figlia biologica ma di avere per genitore un uomo che Ethna ha deciso di disprezzare e di non voler mai avere nella sua vita; l’amore appassionato vissuto molti anni prima, in occasione del primo soggiorno a Sonnino, con un uomo affascinante e misterioso, poi coinvolto in vicende poco chiare legate al traffico di droga e alla sparizione di una cliente dell’albergo; la musica, elemento fondamentale nella vita di Ethna che è una violoncellista e compositrice; una vita spesa tra l’Irlanda, dove è nata, Firenze, dove è cresciuta e vissuta, e poi Livorno, New York… Amici, colleghi, persone care di diverse età, nazionalità ed estrazione costellano la vita di Ethna e la riempiono di affetti, ma due sono i nodi irrisolti che ancora deve sciogliere, e che riguardano la sua famiglia biologica e l’uomo che ha amato lì, a Castel Sonnino, sulla scogliera a picco sul mare.
La recensione di Marisa Salabelle
Il romanzo di Maria Caterina Prezioso affronta la storia attraverso due differenti punti di vista: il Ghetto e la periferia di Roma. Come a segnalare l’andamento binario della realtà stessa
I giorni pari (Arkadia, 200 pagine, 16 Euro), romanzo di Maria Caterina Prezioso, è racconto di una vicenda dall’andamento binario: le vite delle due protagoniste, Sara e Silvana, coronate dalle rispettive costellazioni di persone, corrono ciascuna lungo il suo tra(gi)tto e paiono incrociarsi (ma è un’amena fola o l’illusorio coronamento di un desiderio dei lettori) solo alla fine, al di qua del guado. A libro chiuso viene naturale ragionare proprio su quel sintagma: i giorni pari. E dopotutto, scorrendo le indicazioni temporali che segnano, su un ipotetico calendario, le tappe salienti dei quindici anni in cui si svolgono le storie, e intanto si dipana la Storia del nostro Paese, si fa caso al fatto che si tratta sempre di giorni pari. Ma sentiamo che non basta. Le pagine sono lì, sotto il nostro sguardo che divora le vite di queste due donne di cui seguiamo l’evoluzione: da bambine a ragazze a giovani adulte, e subito abbiamo la tentazione di sostituire i giorni pari con vite parallele, anche se non alla stessa maniera in cui Plutarco intendeva questa espressione. E poi sentiamo che l’altalena tra le loro vite alterna centro e periferia a Roma; e Roma alla costa tirrenica; il mare e la sua aria salubre alla cittadella infettiva del Forlanini; la resistenza al nazifascismo e le storie di chi è in mezzo alla Storia che tutti travolge. portando allo scoperto la vera grana umana di ognuno. In un senso leggermente spostato rispetto alla lezione di Levi, troviamo tra quanti brulicano nei due teatri fondamentali del romanzo un’alternanza tra sommersi e salvati. È duale anche il senso della parola dono, in questo libro. Sara, rifugiata a Sperlonga quasi ancora bambina grazie ai genitori, Gino e Miriam, che pagano una famiglia del posto per sottrarla al clima di odio razziale abbattutosi sul ghetto di Roma, ha doti quasi di sensitiva, ereditate da nonna Ada. Silvana, che proviene da Val Melaina, quartiere nuovo tirato su da Mussolini per alloggiare i nuovi proletari romani, e spaccato internamente tra Pechino e Shangai, le due neo-realtà suburbane che faziosamente la animano, avrà il suo dono, inatteso e fino a poco prima del tutto improbabile, e sarà un frutto che maturerà su quest’albero lieve e robusto, tenace e tenero. Giusto nella prima parte del romanzo, nel ghetto romano al Portico d’Ottavia, si fa avanti, subito, l’altra faccia dell’amicizia, la delazione – il lato viscido e oscuro dell’animo umano che si desta e prende forza dall’ambiguità dei tempi incerti, sguaiati, violenti, volgari, perfidi, sottili, alimentati da un clima di propaganda che tutti stana e espone al pubblico ludibrio senza rispetto, masticando e risputando la dignità dimessa di chi è additato. C’è un personaggio, che pur senza vilipendio né dileggio verso il colpevole conclamato, racchiude tutto ciò scivolando tra le pieghe dei fatti con tutto l’opportunismo del caso. E non è l’unico. Questo però è anche un romanzo che sa coniugare armoniosamente Palestina ed ebraismo riportando a zero, cioè alle fasi fondanti che avrebbero potuto generare coesistenza e non opposizione, l’intera questione del ritorno dalla diaspora alla Terra Promessa, senza alimentare l’odio etnico peraltro specioso e ingiustificato. Il libro racconta l’attraversamento della Storia da due sponde che corrono parallele quasi mai guardandosi e, pure, sensibili al fiume che le divide e le accompagna, e quasi le trascina per tutto il proprio corso come sorelle connesse da mani tese verso loro due, termini opposti – due tragitti speculari, a volte rischiarati dal mare dal sole dall’aria fine, altre volte avvolte da una nebbia reale e simbolica, che un po’ confonde ma molto nasconde e dà riparo. Perché dopotutto qui incontriamo anche la clandestinità, che può essere esclusione ma può anche offrire rifugio, protezione, senza per questo tagliare fuori da funzioni civili attive: qui viene subito in mente Giusto Fegiz, grande medico, mago del pneumotorace al Forlanini, e subito dopo, a guerra finita e a dopoguerra sfrenato avviato, perplesso rispetto all’uso smodato degli antibiotici – grande dono (eccolo) della Liberazione portata dagli Americani ma poi troppo abusati e a rischio di essere resi inefficaci. Una figura reale, Fegiz, come molte altre, incrociate dagli eroi anonimi del romanzo: tra loro anche gli estensori del Manifesto di Ventotene e Vittorio De Sica che gira Ladri di biciclette a Val Melaina. Capisco anche come l’autrice, che pure conferisce il compito del racconto in prima persona alle due protagoniste, si sia concessa a volte delle sintesi dimostrative fin troppo didascaliche su alcuni passaggi storici o in qualche spiegazione troppo elementare, per esempio sul cinema: forse pensando che, e non le do torto, mentre fino a qualche generazione fa i passaggi e le nozioni in questione erano parte della dotazione culturale, per i molto giovani forse questa eredità non è né così nota e familiare, né così scontata. Buon ultimo il dualismo del cambiamento radicale di Roma, portato non solo dai palazzinari del dopoguerra ma anche da un urbanismo sociale voluto da Mussolini. Fa specie leggere in queste pagine, non certo per la prima volta in assoluto, cosa fossero certe borgate che oggi sono aree di lusso: si pensa spontaneamente alla lettura altra di certi quartieri romani, oggi, dettata, e da tempo, ormai, dallo scriteriato mercato immobiliare. I giorni pari, romanzo che in certi punti può richiamare il bianco e nero del neo-realismo (più quello del colore trattenuto di C’è ancora domani che del cinema di De Sica e Rossellini), è illustrato da una bella foto di copertina che, una volta letto il romanzo, sprigiona vigorosamente tutti i suoi significati.
Daniela Matronola
La recensione su Succedeoggi
“Una delle prime e più famose scrittrici di romance fu Jane Austen, ai tempi guardata con sufficienza dai suoi colleghi ma in seguito osannata e universalmente riconosciuta da tutti come una grande scrittrice”.
La notizia mi arriva via telefono, Giovanni Lucchese è diventato direttore di collana per una casa editrice, conosco Giovanni da diverso tempo e mai avrei pensato di vederlo passare dalla sua scrivania di autore a quella di un ufficio editoriale. Ma la sua energia è proverbiale. Come scrittore ha pubblicato diversi libri (in altalena tra un genere e l’altro, ma con uno sguardo fisso sul pop), nei quali spesso ho messo lo zampino anch’io nel mio abituale abito di accompagnatore di scrittori: Pop toys, Questo sangue non è mio, L’uccello padulo (tutti e tre pubblicati da Alter Ego), La sete (d editore) e infine Un bambino sbagliato (Arkadia). Proprio Arkadia ha offerto a Giovanni di guidare una collana di genere romance e inoltre ha organizzato un concorso letterario di quel genere per autori che amano cimentarsi in questo genere. Qui trovate tutte le informazioni. Adesso cercherò d’intervistarlo mettendo da parte la nostra antica frequentazione per rimanere professionale e farmi spiegare da lui come funzionano questa nuova collana e questo concorso. Per suggerire a voi autori di Genius di provare il concorso e magari di inviare un romanzo alla collana, se avete un romance nel cassetto (o tra le lenzuola). Ah, lo so che è un genere che in genere viene preferito dal genere femminile, ma se siete maschietti, ricordatevi che anche uno pseudonimo può andare bene per buttarvi in un genere che in questo momento è al top delle classifiche dei generi, tanto per non risparmiare la parola genere (dovrei contare quante volte l’ho usata in questa introduzione).
Come funziona il concorso letterario LOVER? Il vincitore verrà pubblicato?
LOVER è un concorso che Arkadia ha deciso di lanciare per inaugurare una nuova collana di genere romance. Selezioniamo voci di qualsiasi sesso, età e nazionalità per dare la possibilità a tutti di vedere realizzarsi il proprio sogno. Il vincitore verrà pubblicato all’interno della collana e riceverà un anticipo di 500 Euro.
Vuoi dare qualche indicazione su che tipo di romanzi preferireste ricevere?
Il romance oggi è diviso in una miriade di sottogeneri. School romance, sport romance, fantasy romance, dark romance, new adult e così via. Io stesso fatico a stare dietro a tutte le definizioni. Di sicuro l’amore deve stare al centro di ogni storia, ma l’ambientazione, così come la realizzazione di un innamoramento, possono essere le più molteplici. Mi aspetto di venire sorpreso, anche se il mio genere preferito resta la chick-lit, dove la protagonista attraversa mille peripezie tragicomiche per realizzarsi in ambito sentimentale, professionale o quant’altro. Chissà, forse potrebbe arrivare qualcosa che declinerà un nuovo sottogenere.
Comincia quindi una nuova avventura editoriale, che impressione ti fa essere direttore di una collana?
Se me lo avessi chiesto un paio di mesi fa ti avrei risposto di smettere di bere. La cosa è nata all’improvviso dopo una lunga chiacchierata con Riccardo Mostallino (il nostro boss supremo).
Eravamo al Salone di Torino e scherzavamo sul successo che sta avendo il romance ultimamente. Io sono sempre stato un sostenitore accanito di questo genere, Riccardo deve aver colto il mio entusiasmo, o aver visto i miei occhi a forma di cuore e mi ha fatto la proposta di getto, facendomi cadere dallo sgabello su cui ero seduto. Credimi se ti dico che per me è un vero e proprio sogno che si avvera. Uno di quelli che neanche osavo sognare.
Come ci si sente a essere finito dall’altra parte della barricata? Ora non potrai più lamentarti degli editori come fanno in genere tutti gli autori…
Potrò sempre lamentarmi, ma lo farò con me stesso, così resta tutto in famiglia. Sarò la causa e la soluzione di tutti i miei problemi. Scherzi a parte, vorrei trarre ispirazione dalle persone che ho sempre ammirato in questo ambiente. Cercare di non fare alcuni errori che ho visto fare in passato, evitare atteggiamenti che possano far sentire un autore messo da parte, o poco valorizzato. Ci riuscirò? Vediamoci tra un anno e saprò dirtelo.
Cos’è per te il rosa, o il romance, o come vuoi chiamarlo?
Un genere di cui sono sempre stato follemente innamorato. Sottovalutato dagli intellettualoidi mainstream, a mio avviso erroneamente, è uno dei generi di intrattenimento più validi che ci siano. Ci sono autrici di romance famose in tutto il mondo i cui romanzi dovrebbero essere presi come esempio di struttura, costruzione dei personaggi, gestione dei colpi di scena, e così via.
Quindi ne hai letti tanti di romance?
Io e te ci conosciamo?
Faccio finta di non aver sentito, passiamo a una domanda più letteraria. Che rapporto hai con l’intrattenimento, lo preferisci ai poderosi romanzi esistenziali?
Il fatto è che tutto è intrattenimento. Letteratura, cinema, musica, arte in generale, nascono con quel preciso scopo. Intrattenere lanciando messaggi di rilevanza sociale e offrendo nuove chiavi di lettura del mondo in cui viviamo. L’importante è avere la consapevolezza di ciò che stai leggendo. Appassionarsi a un romance pensando di paragonarlo a un classico russo è un errore madornale, così come cercare un divertimento frivolo in un romanzo di spessore. Detto questo, ho letto alcuni romance che, con la scusa di un divertimento immediato, offrivano ottimi spunti di riflessione, soprattutto a lettori molto giovani.
Questa del rosa, o del romance, con tutte le sue sfumature, è una moda che non passa mai di moda. Secondo te, perché?
Chi non ha voglia di sognare il grande amore? Chi lo ha trovato vuole rivivere le emozioni dei primi tempi, quando il cuore scoppiava e lo stomaco era tutto uno sfarfalleggiare. Chi lo sta ancora cercando si immedesima nei personaggi sperando che un giorno capiti anche a lui, o a lei. Chi soffre per amore ha la scusa per potersi commuovere. Insomma, l’amore vince sempre, anche in letteratura. Considera che una delle prime e più famose scrittrici di romance fu Jane Austen, ai tempi guardata con sufficienza dai suoi colleghi ma in seguito osannata e universalmente riconosciuta da tutti come una grande scrittrice.
Scriverai anche tu un romanzo LOVER, è nel cassetto?
Stai di nuovo fingendo di non conoscermi? Scherzo dai, se ti ricordi ai tempi in cui ero un tuo allievo (il preferito ovviamente) erano più di una le idee che avevo su questo genere. Il problema è che vanno molto le autrici, dovrei trovare uno pseudonimo, ma ce lo vedi un egocentrico come me a pubblicare sotto falso nome? Io no.
Paolo Restuccia
L’intervista su Storygenius