E’ tornata a “trovarmi” Marisa Salabelle, scrittrice pistoiese di origine sarda della quale ho già recensito due opere: “La scrittrice obesa” e “Gli ingranaggi dei ricordi”
https://danielaedintorni.com/2023/02/18/la-scrittrice-obesa-di-marisa-salabelle-arkadia-editore-2022-recensione-di-daniela-domenici/
https://danielaedintorni.com/2024/05/19/gli-ingranaggi-dei-ricordi-di-marisa-salabelle-arkadia-editore-2020-recensione-di-daniela-domenici/
ed è stato ancora un grande piacere immergermi nel suo nuovo libro che mi ha emozionato e commosso come i precedenti.
Questa volta Salabelle sceglie di far narrare la storia da lei immaginata a quattro protagonisti/e, Felice, Maria Ausilia, Carla e Kevin, e grazie ai flashback temporali che vanno dagli anni Trenta ai Cinquanta fino ai nostri giorni, in particolare tra il 2010 e il 2020 (anche la pandemia), ci immergiamo nelle loro variegate, non sempre facili vite che possiamo apprezzare da quattro punti di vista diversi e che si disvelano lentamente. Felice e Maria Ausilia sono i genitori di Carla e i nonni di Kevin. Carla è la terza figlia della coppia e Kevin frequenta l’università. Complimenti per la loro caratterizzazione grazie anche ai tanti, perfetti dialoghi: non possiamo non innamorarci di Felice e di sua moglie Maria Ausilia: standing ovation!
Commuove la profonda “anima sarda” di Salabelle che emerge in ogni angolo della storia sia perché parte delle vicende si svolgono a Cagliari che viene descritta con dettagli densi di affetto sia perché inserisce frasi in puro dialetto senza traduzione: bravissima!
Daniela Domenici
Il link alla recensione su Daniela e Dintorni: https://lc.cx/tKeoNq
Prende il via a Cagliari l’XI edizione del Festival Premio Emilio Lussu, organizzato dall’associazione culturale L’Alambicco. Il primo appuntamento è in programma venerdì 14 febbraio alle 18:30 nella sala Stampace dell’hotel Regina Margherita, dove la scrittrice Paola Musa presenterà il suo ultimo romanzo, “La vita in più di Marta S.” (Arkadia, 2024). A dialogare con l’autrice sarà la giornalista e operatrice culturale Lorella Costa. Il libro affronta il tema della lussuria e delle implicazioni sociali del cybersesso attraverso la storia di Marta Scacchi, ingegnera attiva nell’industria del sesso. La protagonista è convinta di aver vissuto più vite, tutte segnate da desiderio e passione. Stabilitasi a Torino, dopo un evento dedicato all’eros che l’ha profondamente turbata, si trova immersa in un gioco di specchi tra presente e passato.
Paola Musa, già vincitrice di una Menzione speciale per la narrativa nell’edizione 2024 del Premio Lussu con “Umor vitreo”, è scrittrice, traduttrice e paroliera. Ha collaborato con numerosi musicisti e firmato canzoni per Nicky Nicolai, oltre a scrivere testi per il teatro e la televisione. Il suo romanzo d’esordio, “Condominio occidentale” (2008), è stato adattato per il teatro e poi trasformato nel tv movie “Una casa nel cuore” per Rai 1.
Il Festival Premio Emilio Lussu proseguirà con nuovi appuntamenti letterari. Intanto, nei prossimi giorni sarà pubblicato il bando per l’edizione 2025 del concorso di Narrativa e Saggistica edita, con scadenza fissata al 1° giugno.
Il link alla segnalazione SH Magazine: https://lc.cx/UXptix
Paola Musa a Cagliari presenta “La vita in più di Marta S.”
Il 14 febbraio con il romanzo edito da Arkadia prendono il via le anteprime cagliaritane della XI edizione del Festival Premio Emilio Lussu.
Tra pochi giorni sarà online il bando di concorso per opere di Narrativa e Saggistica edita, con scadenza il 1 giugno 2025.
Paola Musa a Cagliari presenta “La vita in più di Marta S.”
CAGLIARI. Prendono il via le anteprime cagliaritane della XI edizione del Festival Premio Emilio Lussu organizzato dall’associazione culturale L’Alambicco. Venerdì 14 febbraio l’appuntamento è nella sala Stampace dell’hotel Regina Margherita (viale Regina Margherita 44), dove alle 18.30 la scrittrice Paola Musa presenta il romanzo “La vita in più di Marta S.” (Arkadia, 2024). A dialogare con l’autrice sarà la giornalista e operatrice culturale Lorella Costa.
Il romanzo tratta una tematica piccante sul vizio più antico del mondo, sull’immaginario che ha prodotto in varie epoche e latitudini, nella letteratura e nell’arte, una riflessione sulle implicazioni sociali del cybersesso. La protagonista è un’ingegnera che lavora per l’industria del sesso, Marta Scacchi, fin da adolescente preda di visioni che la convincono di avere vissuto altre vite, tutte contraddistinte da libidine e oscure passioni che si riconoscono tra loro in un gioco di specchi. Anche se di alcune non ha chiara memoria. Conduce un’esistenza solitaria e abita a Torino da quando, terminata la kermesse dedicata all’eros, ha fatto un incontro che l’ha turbata. Ulteriore capitolo sui vizi capitali, a fare da protagonista è la lussuria, in una vertiginosa giostra di desiderio e rovina, eros e thanatos, estasi e conoscenza di sé, magistralmente descritta da una donna che attraversa i tempi.
Nell’edizione X del FPEL 2024, Paola Musa ha ricevuto la Menzione speciale per la narrativa con il suo “Umor vitreo”. Scrittrice e traduttrice, ha ottenuto svariati riconoscimenti in ambito poetico. Vive a Roma e collabora da anni con numerosi musicisti come paroliere. Ha firmato diverse canzoni per Nicky Nicolai insieme a Stefano Di Battista e Dario Rosciglione. Ha composto le liriche per la commedia musicale Datemi tre caravelle (interpretata da Alessandro Preziosi, con musiche di Stefano Di Battista) e per La dodicesima notte di William Shakespeare (regia di Armando Pugliese, musica di Ludovico Einaudi).
Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo, Condominio occidentale (Salerno Editrice), selezionato al Festival du premier roman de Chambéry e al “Premio Primo Romanzo Città di Cuneo”. Ha scritto con Tiziana Sensi la versione teatrale del suo romanzo d’esordio, portato in scena da attori vedenti e ipovedenti in importanti teatri romani, e al Festival internazionale Babel Fast di Târgovişte (Romania). Nel 2015 il libro è diventato un tv movie per Rai 1 con il titolo Una casa nel cuore e con protagonista Cristiana Capotondi. Nel giugno 2009 è uscito il romanzo Il terzo corpo dell’amore (Salerno Editrice) e nel marzo 2012 la sua prima raccolta di poesie Ore venti e trenta (Albeggi Edizioni). Per Arkadia Editore ha pubblicato i romanzi Quelli che restano (2014), Go Max Go (2016), L’ora meridiana (2019), La figlia di Shakespeare (2020), Nessuno sotto il letto (2021), Umor vitreo (2023) e La vita in più i Marta S. (2024).
Per quanto riguarda la partecipazione al Premio Lussu 2025, tra pochi giorni sarà online il bando di concorso per opere di Narrativa e Saggistica edita, con scadenza l’1 di giugno.
Il link alla segnalazione su Sardegna Reporter: https://lc.cx/Gm2sBy
“Mi insegni a scrivere bene? Così faccio bella figura a scuola. Se m’insegni, non te ne pentirai, ti mostro un posto che non hai mai visto di sicuro”.
Ci porta così, in un posto visitato mille volte eppure inedito, Maria Caterina Prezioso con il suo romanzo I giorni pari, edito da Arkadia. Già autrice di narrativa, poesia e teatro, Prezioso ci regala forse la sua narrazione più intima, aprendo una finestra sulla vita di due adolescenti, Sara e Silvana che vivono i loro anni più fulgenti con il riverbero delle bombe, la paura dell’oppressore e quel costante senso annichilimento che solo la guerra può portare.
Sara è una ragazzina ebrea che sfugge la deportazione trovando riparo in un piccolo borgo di Sperlonga presso una famiglia che l’accoglierà e nella quale, inaspettatamente, troverà l’amore passionale che la porterà ad essere una donna. Silvana invece è di Val Melaina, una borgata romana, ma vede trascorrere il tempo dalle vetrate del Forlanini, il sanatorio di Roma, nel quale si trova a causa del secondo flagello che accompagna ogni conflitto, la malattia.
Le avventure di una sono lo specchio delle esperienze e dei riti iniziatici dell’altra, i passi ineludibili di ogni adolescenza. La guerra irrompe ma è vissuta con la percezione di un suono di ritorno, ovattato e lontano.
“Una settimana dopo gli Alleati bombardarono Roma. 19 luglio 1943. Nel pomeriggio Pio XII si recò di persona a consolare e benedire la popolazione del quartiere San Lorenzo, devastato dalle bombe. La paura mi prese, non sapevo come mettermi in contatto con i miei. Pregai Giuseppe di trovare un modo, ma lui alzò le spalle e si chiuse in un cupo silenzio.”
Sara.
“Quei mesi del 1941. Il mio primo anno di sanatorio. L’Italia era in guerra, ma di quella guerra al Forlanini se ne parlava di rado. Tutti noi eravamo impegnati in un’altra guerra. Ada la chiamava – la guerra di tutte le guerre. Combattiamo per la vita. La guerra del Duce lasciamola a quelli di fuori. Lasciamola a loro, a loro che si pensano sani e hanno paura di noi”.
Silvana
Sara e Silvana, Silvana e Sara, due esistenze marginalizzate nel periodo più feroce della storia moderna ma che con le loro voci in alternanza danno i contorni delle vite che in quegli anni combattono, cedono, si spezzano, si arruolano nella Brigata Ebraica, diventano partigiane.
“Una mattina dei primi di maggio del 1948, erano passati tre anni, arrivò in paese un uomo che chiese di incontrarmi, lo aveva portato Italo via mare da Gaeta”.
Ci vedemmo al Belvedere. Al suo fianco c’era una donna molto bella. Gli occhi di Rodolfo brillavano finalmente di felicità.
“Sara, prima di andare te la volevo presentare. Lei è Ada Sereni. Ada ha coordinato in questi anni l’immigrazione clandestina ebraica verso Israele.” La donna mi abbracciò come fossimo sorelle. Ci sedemmo a guardare il mare. “Sì Sara, e partenze per Israele sono cominciate da aprile dello scorso anno. Alcune navi partono dal molo di Gaeta, altre dall’altra estremità del golfo, verso Gianola. Abbiamo dovuto fare molta attenzione, gli inglesi sono contrari ovviamente, ma presto, molto presto, è questione di giorni, forse solo di ore diventeremo una Nazione e non potranno più opporsi”.
Una stagione che torna con la puntualità dell’esistere e del morire, scelte che non vivono come un’eco lontana, ma che si concretizzano nel qui e nell’ora. Oggi per l’appunto.
A mezzo di una lingua asciutta e priva di sbavature, Prezioso ci regala una, anzi due storie destinate forse ad incrociarsi a mezzo di una lettura fluida, che ripercorre i grandi eventi, i nomi che li hanno determinati e i sogni infranti e poi riacciuffati di due vite ancora acerbe che hanno calcato gli anni più bui del secolo breve. Nei giorni in cui si è consumato tutto, il genocidio e la resistenza, la burocratizzazione delle deportazioni e la rivoluzione, la morte inflitta e la vita alla quale ci si aggrappa. Sempre e nonostante tutto.
“La mattina del 20 giugno 1960 mi alzai come sempre. Cominciava ad albeggiare, lui mi raggiunse e mi riportò a letto, era ancora presto, facemmo l’amore mentre il sole spuntava davanti a noi.”
Angela Vecchione
Il link alla recensione su Ex Libris 20: https://lc.cx/Ksizze
“Il cibo – assurge a elemento etnografico, antropologico, attraversa le preghiere, le imprecazioni, le poesie – diventa identità di una comunità ristretta ma universale nella sua elementarità” è questa la Sardegna che anima e pervade, Grazia Deledda e il Cibo da Omero ai giorni nostri, il libro di Giovanni Fancello e Sara Chessa, in libreria, edito da Arkadia Edizioni. Il libro è un racconto intenso, ricco di rimandi e citazioni di tutto ciò che è cibo nella prolifica produzione letteraria di Grazia Deledda, premio Nobel della letteratura nel 1926. Gli autori hanno riletto l’intera opera letteraria della scrittrice, partendo dalle prime novelle, arrivando sino ai romanzi pubblicati postumi, scoprendo che il cibo è un “personaggio” essenziale del narrare deleddiano. Il libro è un viaggio avvincente nella produzione agricola, nell’allevamento, negli usi, nelle abitudini, nelle contaminazioni culinarie di un’isola che è al centro del bacino del Mediterraneo. Non ci sono solo tavole imbandite, ma curiosità e aneddoti che sono la storia della gente di Sardegna. Grazia Deledda, donna della fine dell’Ottocento, descrive il cibo comune, quello di tutti i giorni: le zuppe di pane d’orzo, condite con formaggio filante, sos macarrones dalle diverse forme e nomi, fatti in casa insaporiti da un pesto di noci e pomodoro secco, la lattuga impreziosita con un filo di miele; ricette, preparazioni di una tradizione spesso dimenticata. E se la cucina sarda di tutti i giorni, può sembrare parca, a volte addirittura frugale, nei giorni solenni diventa regale. Grazia Deledda narra, che nei giorni di festa si sacrificavano le bestie dalle carni pregiate, come l’agnello, il cinghialetto, il maialetto e si cucinavano arrosto, irrorate di lardo fuso. Si faceva il pane e lo si decorava come un vero gioiello. Anche i dolci venivano preparati con ricercati e golosi ingredienti, perché sono, soprattutto loro a santificare le feste: s’aranzada, sas sevadas, sas tericas, sos coricheddos, sos papassinos. La tavola diventava simbolo di accoglienza, di condivisione e per il dì di festa si allungava ulteriormente e diventava luogo di socialità, di convivialità. Come sociali e condivisi erano i riti del fare il pane. Per più giorni le donne del vicinato si riunivano mettendo le mani in pasta, condividevano conoscenza, tempo e senso della vita, infornando carasau, poddine, pane de sapa e pane ammodicadu. Per non parlare del rito dell’uccisione del maiale che coinvolgeva un intero paese. Era una festa per grandi e piccoli; partecipare significava saziarsi e tramandare gesta che sanno di memoria preomerica, come quella di cucinare il sanguinaccio sulla viva fiamma. Alcuni di questi rituali rivivono pressoché intatti, ancora oggi in quella terra considerata antica e laboratorio antropologico incontaminato. Leggere le pagine di Grazia Deledda e il cibo, da Omero ai giorni nostri, è tuffarsi nella memoria di un popolo, è riscoprire le gesta, le abitudini dei Sardi. Sorprende invece, quanto sia ricco di storia, di contaminazioni e di analogie quel cibo ritenuto erroneamente arcigno e sconosciuto. Quanto sia simile e universalmente riconosciuto da tanta gente che popola il grande bacino del Mare Mediterraneo. E ben venga il libro di Fancello e di Chessa, perché oltre a dare la giusta dignità ai cibi dal sapore ancestrale, recupera e colloca in un preciso contesto ricette che si sarebbero perse e dimenticate.
Il link alla recensione su City & City: https://lc.cx/PbQBZu
Intervista, Italia, MasticadoresItalia, news, rifflesioni
La vita in più di Marta S. è il quinto romanzo che la scrittrice Paola Musa dedica ai sette vizi capitali: questo ha come tema la lussuria. Si tratta di un romanzo molto articolato, le cui vicende si svolgono su diversi piani temporali e coinvolgono molti personaggi, alcuni storici, altri di fantasia. Ma andiamo con ordine. Marta Scacchi è un’ingegnera informatica e lavora per l’industria del sesso: sviluppa programmi e app per il sesso virtuale e la realtà aumentata. Conosce bene tutto quanto riguarda eros, lussuria, passione e seduzione, sa con quali accorgimenti si può stimolare il desiderio e raggiungere il piacere: lei, però, da parte sua se ne tira fuori. È vergine e ritiene che tenersi alla larga dal sesso praticato sia l’unica possibilità, per quanto la riguarda, di mantenere il controllo sulla sua vita. Marta non l’ha mai detto a nessuno, ma è convinta di aver vissuto parecchie vite: di essere stata Diotima, una cortigiana nella Versailles di Luigi XVI; Eufronia, monaca vissuta nel XII secolo e allieva della celebre Eloisa, legata da ambiguo amore ad Abelardo; Gretel, vissuta a Fulda nel Seicento, all’epoca della caccia alle streghe; pensa di aver vestito anche i panni di un uomo, Matteo Bonaveri, allievo del pittore Giulio Romano, in pieno Rinascimento. Nei panni di tutti questi personaggi, Marta ha vissuto vite dominate e stravolte dal sesso: praticato per piacere o per interesse, cercato o subito, sublimato o imbestialito. Le immagini delle sue vite precedenti le compaiono davanti in seguito a svenimenti che spesso la colgono e la turbano: per questo ha deciso, nella sua attuale incarnazione, di astenersi da ogni pratica sessuale. Ma in seguito a un incidente nel quale viene coinvolta incontra un gentile infermiere, Virgilio, che con la sua presenza garbata e le sue domande inespresse provoca in lei un grande cambiamento. Come finirà la parabola di Marta? E cosa vuol dirci Paola Musa, in questo libro sorprendente, ricco di colpi di scena ma anche di acute riflessioni, riguardo a noi, ai sentimenti che proviamo o crediamo di provare, alle passioni cui siamo soggetti, alle pulsioni che crediamo di poter dominare e cha a loro volta ci dominano? E chi sono i fantasmi che ci appaiono, vite che abbiamo già vissuto o solo proiezioni della nostra fantasia? «Forse, tutti, ci accucciamo ogni tanto, senza rendercene conto, nelle vite di altri credendole nostre. O forse ogni persona contiene le storie di tutte le altre, anche se non sempre le percepisce. Magari i fantasmi di altre vite ci attraversano, senza che noi ne sappiamo niente.»
Marisa Salabelle
Il link alla recensione su Masticadores Italia: https://lc.cx/BQn8L9