LA LAGUNA DEL DISINCANTO colpisce dalle prime pagine innanzi tutto per la scrittura, elegante, raffinata e di qualità. Subito dopo è la trama ad attirare il lettore in un vortice di abusi e violenze ai danni dei minori, che si sviluppa nel dark web e in processi e perversioni malate. Ancora una volta, il protagonista delle vicende narrate dal romanzo è il fotografo ed ex reporter di guerra Alessandro Onofri, che questa volta si muove tra la Toscana, Bologna e Venezia per indagare su una misteriosa setta satanica.
Una storia di abusi
Viene infatti chiamato a Firenze da un’amica, sconvolta dal particolare e apparentemente inspiegabile comportamento dei figli. Alessandro scoprirà che nella scuola che i due bambini frequentano è stata istituita una classe speciale, che dovrebbe aiutare i ragazzini con qualità superiori a svilupparle. Invece, Alessandro scopre che la misteriosa maestra che gestiva la classe speciale abusava dei bambini, esercitando su di loro violenze psicologiche terribili, che nessun alunno aveva il coraggio di confessare apertamente ai genitori. Da questo caso parte l’indagine di Alessandro: la classe di Firenze non è l’unica, e simili abusi e violenze sono state esercitate anche in altre scuole italiane, e in particolare in un istituto di Bologna.
Un mondo di perversione e dolore
Il male e l’orrore sembrano ramificarsi seguendo un disegno prestabilito, e il protagonista dovrà immergersi in un mondo di perversioni e dolore, che segnerà il suo animo. Senza raccontare altro della storia, per lasciare ai lettori il piacere di gustare il romanzo, resta da ribadire la bravura dell’autore sia per quanto riguarda lo stile che per l’intreccio. La trama si rivela fin da subito molto originale, raccontando un mondo inedito e sommerso, ancora poco scandagliato dai romanzi noir. Una lettura sicuramente consigliata!
Pierluigi Porazzi
Il link alla recensione su Sugarpulp: https://tinyurl.com/2hsm39a5
Impossibile. Alcune storie sono impossibili da accettare e da comprendere. Hanno dentro una crudeltà agghiacciante, inaudita, che ti chiedi come sia possibile una cosa del genere. Il male non conosce limiti. Esercitarlo, poi, su persone indifese, fragili, sui minori, è ancora più raccapricciante. I bambini si raggirano con la dolcezza, con le parole dai toni suadenti, con il gioco. Sono in molti a cadere nella rete dei cattivi, ma non è detto che non abbiano paura. Forse, ne hanno di più in quanto avvertono il pericolo nascosto nei sorrisi troppo compiacenti. A volte, non lo danno a vedere per evitare di finire ancora più malamente nelle loro grinfie. Spesso si chiudono in un mutismo stoico, diventano agitati, sofferenti, cupi, tristi. Cambiano comportamento lanciando degli inequivocabili segnali di aiuto. Sanno anche che ogni passo sconveniente e ogni parola fuori posto potrebbero metterli in ulteriore grave pericolo. Gli esseri malvagi annusano la paura delle prede che circuiscono mettendo a nudo i loro punti deboli. Si impossessano della loro bellezza ed innocenza. In La laguna del disincanto di Massimiliano Scudeletti conosci una storia inquietante. Alessandro Onofri, reporter di guerra, si addentra in una scuola dove succedono delle cose agghiaccianti. Una sua amica è disperata: i due figli hanno cambiato atteggiamento. Il più grande sembra un secondino crudele con il più piccolo. La donna mostra all’amico il filmato del primogenito che terrorizza il fratellino mimando una lezione di scuola dagli orrendi rituali. Onofri scoprirà che nella stessa scuola altri bambini hanno gli stessi gravi traumi, alcuni addirittura hanno abbandonato l’istituto. I bambini sono vittime di insegnanti malati, crudeli, pervertiti. Esiste una mafia internazionale che vende immagini pedopornografiche oppure si nasconde qualcosa di più tremendo?
Lucia Accoto
Il link alla recensione su M Social Magazine: https://tinyurl.com/yc7dd9pu
“La laguna del disincanto” è un thriller oscuro e implacabile che esplora i lati più tenebrosi della società. Massimiliano Scudeletti guida il lettore in un’indagine profonda nel Male assoluto, senza offrire consolazioni o sconti, attraverso gli occhi del fotografo ed ex reporter di guerra Alessandro Onofri. Ambientato tra Firenze, Bologna e Venezia, il romanzo intreccia elementi noir con una riflessione esistenziale sul degrado morale e la manipolazione dell’innocenza. Quando Alessandro Onofri si imbatte in una serie di episodi inquietanti che coinvolgono alcuni bambini, la sua sensibilità da reporter lo spinge a indagare. Dietro quei comportamenti insoliti si cela una verità oscura: un’organizzazione segreta sfrutta il Dark Web per traffici aberranti. Le tracce lo conducono in un viaggio che si snoda da Firenze a Bologna, fino a raggiungere Venezia, dove l’orrore si manifesta in tutta la sua spietata complessità. Mentre il confine tra giustizia e vendetta si fa sempre più sottile, Alessandro è costretto a confrontarsi con un male che sembra infinito, mettendo a rischio la sua sanità mentale e la sua stessa vita. Fin dalle prime pagine, il romanzo cattura con la sua scrittura elegante e incisiva, rendendo la narrazione intensa e avvolgente. Alessandro Onofri si trova a indagare su un caso inquietante: il comportamento inspiegabile di alcuni bambini lo porta sulle tracce di un’organizzazione occulta che opera nell’ombra, sfruttando il Dark Web per traffici aberranti. Le scoperte di Alessandro lo immergono in un incubo in cui realtà e perversione si confondono, in un viaggio attraverso il lato più oscuro della natura umana. La sua ricerca lo conduce da Firenze a Bologna, fino a Venezia, in un’escalation di orrore che sembra non avere fine. Qui, il Male non è solo un antagonista, ma una presenza radicata, difficile da estirpare e ancora più difficile da comprendere. Scudeletti tesse una trama avvincente e carica di tensione, dove ogni indizio porta a nuove domande anziché a risposte definitive. Il ritmo serrato e le ambientazioni realistiche, descritte con un occhio attento ai dettagli, fanno de “La laguna del disincanto” un romanzo che lascia il segno. Il lettore condivide il senso di smarrimento e impotenza del protagonista, costretto a confrontarsi con un orrore che va oltre la sua comprensione. Non è un thriller convenzionale: è un’opera disturbante che porta il lettore a riflettere su quanto il male possa radicarsi nelle strutture della società. La prosa di Scudeletti è raffinata e potente, capace di evocare immagini vivide e sensazioni profonde. Un libro consigliato a chi cerca un thriller che vada oltre l’intrattenimento, spingendo a interrogarsi sulla natura della corruzione e della violenza nell’epoca contemporanea.
Lo scrittore:
Massimiliano Scudeletti nasce e vive a Firenze. Dopo gli studi si dedica alla realizzazione di documentari e spot televisivi, prima come sceneggiatore, poi come regista. Nel passaggio dall’analogico al digitale abbandona l’attività per collaborare con un’agenzia assicurativa che opera prevalentemente nella comunità cinese. Continua a viaggiare nel Sud-est asiatico per passione. Compiuti i cinquant’anni, decide di dedicarsi completamente alla cultura tradizionale cinese e alla scolarizzazione di adulti immigrati. Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo, un giallo con protagonista il videoreporter di guerra Alessandro Onofri, Little China Girl (Betti Editrice), giunto secondo al premio “Tramate con noi” di Rai Radio1, vincitore del premio Emotion al “Premio Letterario Città di Cattolica”. Dopo numerosi racconti, alcuni con protagonista sempre Alessandro Onofri, nel 2019 pubblica il suo secondo romanzo, L’ultimo rais di Favignana. Aiace alla spiaggia (Bonfirraro). Con Arkadia Editore ha pubblicato il fortunato romanzo La laguna dei sogni sbagliati (2022) e La laguna del disincanto (2024). I suoi reportage di viaggio sono apparsi sulla rivista “Erodoto 108”.
Matteo Bordoni
Il link alla recensione su Contorni di Noir: https://tinyurl.com/4ukuh4sx
Ecco che siamo a febbraio! Il mese più corto dell’anno, ma anche quello più denso di “eventi”. Su tutto aleggia San Valentino, la festa degli innamorati. Cuori, cioccolatini, cene a lume di candela… tutto molto romantico, magari un po’ stucchevole, se non fosse che il giorno dopo i ristoranti sono di nuovo vuoti e i cioccolatini finiscono nel dimenticatoio. Ma almeno abbiamo una scusa per spendere un po’ di soldi! E poi c’è il Festival di Sanremo, l’evento che divide l’Italia in due: quelli che lo guardano e lo criticano, e quelli che lo criticano senza averlo guardato. Cinque serate di canzoni, look improbabili e polemiche a non finire. Ma in fondo, chi non ama Sanremo? È un po’ come il calcio, tutti dicono di odiarlo, ma poi lo guardano tutti. E per finire, il Carnevale. Coriandoli, maschere, carri allegorici… un tripudio di colori e divertimento, soprattutto per i bambini. Ma anche per gli adulti, se non fosse che dopo un po’ ti ritrovi con coriandoli ovunque, anche nei posti più impensabili. E poi c’è sempre il rischio di incontrare qualcuno vestito da banana che ti lancia una torta in faccia. Ma fa tutto parte del gioco, no? Insomma, febbraio è un mese un po’ così, un mix di romanticismo, musica, divertimento e… follia. Ma in fondo, è proprio per questo che ci piace, o no? Ah, dimenticavo, per fortuna a febbraio approdano in libreria anche dei libri accattivanti da leggere in santa pace. Ecco quelli che hanno attirato la mia attenzione.
PER CHI AMA I VIAGGI NON CONVENZIONALI
Socotra. Viaggio sentimentale in un’isola impossibile è il nuovo libro di Eleonora Sacco in uscita il 14 febbraio per Enrico Damiani Editore. Socotra, da poco riemersa agli occhi del mondo dopo essere stata isolata per anni a causa della guerra civile che tutt’ora divide loYemen, è un luogo senza eguali. Questo scoglio gettato in mezzo all’oceano, quasi inaccessibile eppure sfiorato dalle rotte commerciali più trafficate del pianeta, è fatto di bellezze straordinarie e contraddizioni insanabili. Con la sua terra impervia battuta dal vento, la sua lingua unica e uno stile di vita arcaico dato in pasto alla globalizzazione, racchiude in sé l’inizio e la fine della storia dell’umanità. Se da un lato offre paesaggi ancestrali– con piante mai viste, deserti e foreste rigogliose – e attira l’attenzione di botanici, linguisti, antropologi, dall’altro è preda di nuovi flussi di turismo e denaro, che ne minacciano l’integrità.
A raccontarlo, muovendosi fra il diario di viaggio e il reportage, è Eleonora Sacco, che a Socotra ha vissuto e lavorato tra il 2021 e il 2023 e ne ha scandagliato gli angoli più nascosti, incontrando la sua gente, ascoltando le sue voci, intessendo amicizie profonde. Tra dune di sabbia e scoglierecalcaree, villaggi remoti e antiche leggende, ci svela dal di dentro un’isola apparentemente impossibile ma molto reale, che scalpita e canta nel suo difficile percorso verso l’emancipazione.
Eleonora Sacco (Milano, 1994) lavora come guida in Caucaso, Asia Centrale e in alcuni Paesi arabofoni. Ha viaggiato molto e vissuto in Italia, Portogallo, Russia e Georgia. Dal 2015, con painderoute.it promuove un approccio consapevole e rispettoso a luoghi e culture ingiustamente marginalizzate. Vi consiglio anche il suo precedente libri di viaggio Piccolo alfabeto per viaggiatori selvatici (2020).
PER CHI AMA GLI SPORTIVI NON CONVENZIONALI
Quando nasce a Livorno nel 1946, Monica è la terza figlia dopo due gemelle di una famiglia benestante, che presto la indirizza al tennis. Il padre quando non ha ancora sei anni le dice che un giorno solcherà i campi in erba più belli del mondo, quelli di Wimbledon, e le consiglia di aggredire sempre l’avversaria, di sorprenderla. Il suo fisico minuto e scattante e questi consigli segnano la sua infanzia e la sua carriera.
Doppista più che singolarista, è precocemente riconosciuta come talento, anche se – poco più che adolescente, in seguito alla morte del padre – deve spesso sacrificare il tennis, la sua vera passione, per il lavoro che serve a mantenere se stessa e la madre. Sui campi in terra battuta nascerà la sua amicizia con Lea Pericoli, la stella del tennis italiano di quegli anni, che ascolta ammaliata i suoi discorsi sui libri e sulla società.
Accanto al tennis, infatti, Monica mantiene sempre lo studio e proprio grazie alla filosofia si avvicina ai movimenti non violenti, a Gandhi e Martin Luther King, agli anarchici livornesi con cui comincerà una campagna in difesa dei diritti dei carcerati con la fondazione della rivista Niente più sbarre.
Nel 1972, per protesta contro l’Apartheid, Monica Giorgi si presentò in campo, a Johannesburg, in Sudafrica, indossando una provocatoria maglietta con due piedi bianchi e due neri sovrapposti come in un rapporto sessuale. Al ritorno, a seguito di un esposto della federazione sudafricana, fu squalificata per un certo periodo
Quando ormai il tennis ha poco ancora da darle, arriva nel 1980 l’arresto come basista di un rapimento di matrice politica: l’accusa è quella di aver partecipato al rapimento del figlio di un imprenditore livornese. Da qui inizia un susseguirsi di vite che porteranno Monica verso nuovi impensati orizzonti. Scritto dalla penna della giornalista Serena Marchi, Domani si va al mare racconta l’incredibile vita senza sconti di Monica Giorgi che ha fatto dei propri principi etici e morali la chiave di volta della propria esistenza. Costi quel che costi, a qualsiasi prezzo.
PER CHI AMA LE VITE NON CONVENZIONALI
Settembre 1928. Durante un’escursione sulle Alpi tirolesi, un dentista ebreo cade in una scarpata. Il figlio Philippe corre a chiedere aiuto, ma quando torna con i soccorsi il padre è morto, ucciso da alcuni colpi alla testa incompatibili con una caduta. Per il ragazzo inizia un’altra vita, la seconda, in cui viene arrestato e condannato per parricidio. Sembra la trama di un film, ma è una storia vera che sarà ricordata come «l’affare Dreyfus austriaco». Numerose personalità tra i tanti, Einstein, Freud, Thomas Mann – sottolineano come le incongruenze nelle indagini e l’assenza di movente riflettano un clima fortemente intriso di antisemitismo, rinfocolato dal nazismo che inizia a bruciare l’Europa.
Il giovane, graziato ma segnato dallo stigma della colpa, modifica il proprio nome, si trasferisce a Parigi e dà inizio alla sua terza vita, diventando uno dei fotografi più famosi al mondo: Philippe Halsman.
Con l’abilità del romanziere e la perizia dello psichiatra, Corrado De Rosa ricostruisce gli eventi che hanno trasformato uno studente di ingegneria processato per un tragico reato in un artista innovativo che ha saputo rialzarsi e immortalare l’anima dei suoi soggetti – Dalí e Chagall, Marilyn Monroe e Grace Kelly; ma anche gli insospettabili Oppenheimer, Steinbeck, Nixon – convincendoli a spiccare un salto per liberare la loro essenza più vera e la loro anima giocosa, quella a cui forse Philippe, con lo sguardo malinconico di chi ha bisogno di placare il passato, aveva dovuto rinunciare troppo presto.
Outsiders racconta le storie di cinque romanziere – Mary Shelley, Emily Brontë, George Eliot, Olive Schreiner, Virginia Woolf – e dei loro famosi romanzi. Conosciamo da tempo la loro grandezza individuale, ma questa biografia di gruppo getta nuova luce sul genio che condividono.
Outsider, fuorilegge, emarginata: la reputazione di una donna era la sua unica certezza. Come scrittrici, hanno fatto propria quest’identità, approfittando della lontananza dall’ordine dominante per scrivere le loro opere. Tutte e cinque sono cresciute senza madre. Senza un modello femminile a portata di mano, hanno imparato dai libri e, se fortunate, da un uomo illuminato.
Complesse, contraddittorie, difficili, combattute ma eccezionalmente determinate e capaci di esercitare un’influenza nella sfera pubblica, hanno dovuto immaginare un modo di essere donna per inventare una propria voce. Capivano il desiderio femminile: la passione e la trasgressione della vita reale permeano le loro narrazioni. Ancora oggi facciamo più che leggerle; le ascoltiamo e viviamo con loro. Cinque biografie per cinque scrittrici dalle identità decisamente originali e fuori dai canoni.
PER CHI AMA LE SAGHE FAMILIARI
Il nuovo romanzo di Marisa Salabelle è il seguito de Gli ingranaggi dei ricordi; in queste pagine ritornano i giovani Felice e Maria Ausilia nel periodo del loro fidanzamento e poi del lungo matrimonio. Mentre la figlia Carla rievoca la malattia e la morte del padre, Kevin, suo figlio, studente universitario, dedica la propria tesi magistrale alle vicende della famiglia del nonno materno, ricostruendo intrecci tra casate più o meno nobili del napoletano e dell’avellinese e indagando sul legame di parentela tra il nonno Felice e il santo Giuseppe Moscati. In questa nuova puntata di una saga famigliare che si dipana nel periodo tra il dopoguerra e i giorni nostri, attraverso plurime voci narranti, conosceremo sempre più a fondo i personaggi di questo potente e sapiente affresco. Ancora una volta Marisa Salabelle riesce a costruire un’epopea di affetti affascinante e ricca di profondità.
PER CHI AMA I ROMANZI IN CUI LE VICENDE STORICHE E I PERSONAGGI VEROSIMILI SI UNISCONO CON ELEMENTI FANTASTICI
Cosa può accadere quando in un piccolo paese sloveno come Cepovan, il maestro di scuola indossa una divisa fascista e porta con sé una pistola? Quando il pastore non sa difendere il suo gregge? Quando agli abitanti viene ordinato di rimuovere gli scuri dalle finestre e la lingua madre dalle loro bocche? Attraverso gli abitanti di Cepovan si entra in un mondo “altro”, fatto di leggende e fatti storici, di azioni coraggiose e prepotenze in una lettura che è anche mistero, sogno, visione. Un borgo sloveno diventa, quindi, microcosmo dove una serie di personaggi meravigliosi danno forma a una storia “nera”, e dove si narra anche la vicenda di un bambino e di una madre che si è “trasformata” in lupa: un romanzo testimonianza sul confine orientale.
C’è un gran bisogno di romanzi come questo, dove le vicende storiche, i documenti d’archivio e i personaggi verosimili s’incontrano con elementi fantastici, che esistono soltanto in letteratura. Ce n’è bisogno per ribadire che l’invenzione, il sogno e la meraviglia sono indispensabili per capire il mondo, e cogliere il senso degli avvenimenti. In questo caso, la violenza e la quotidianità del regime fascista in un villaggio della Slovenia, la fatica di resistere ai soprusi, la tentazione di cedere, la frattura che si apre nelle famiglie, nelle amicizie, nel futuro. (Wu Ming 2).
PER CHI AMA IL REALISMO GOTICO, LE ATMOSFERE DARK
Fiaba nera d’età edoardiana firmata dalla penna lunare di una maestra del genere, Le sedie crudeli dispiega pienamente il repertorio di bizzarrie e personaggi memorabili che i lettori hanno imparato ad amare nei romanzi ormai celebri di Barbara Comyns, come Chi è partito e chi è rimasto.
Quando il padre muore improvvisamente Frances si trova ospite degli zii materni, i Lawrence – sinistramente somiglianti ai cavalli da loro tanti amati – ostaggio delle loro fredde stravaganze in una contea a lei sconosciuta. In attesa che la famiglia, improvvisamente precipitata nella povertà, la raggiunga da Londra per iniziare una nuova vita nella campagna inglese sotto l’ala (protettrice?) della famiglia dall’aspetto cavallino, Frances scoprirà che la magione più lugubre del villaggio cela un segreto tanto sorprendente quanto malvagio: alcune sedie rivestite di pelle umana dimorano infatti nel cuore oscuro della villa del Generale – celate allo sguardo dei più, ma presenti nei sussurri di tutti gli abitanti.
PER CHI AMA I ROMANI DI FORMAZIONE
Ostia, estate del 1994. Kamil e Beatrice, sedici e diciassette anni, tornano in Italia dalla madre dopo un anno in Polonia, dal padre. Kamil ha sentito la mancanza di Roma, la mancanza degli amici e della madre. Donna volubile, inquieta: l’anno precedente ha fatto qualcosa di cui poi si è pentita, qualcosa per cui l’ex marito le ha tolto la custodia dei figli, ma adesso sembra pronta a riprendere in mano la propria vita. A Beatrice invece dell’Italia non mancava nulla, lei che a Roma non è mai stata capace di farsi delle amiche, innamorarsi. Ma l’adolescenza è un’età che riserva molte sorprese – amori, amicizie, rabbie – e tutto sta per cambiare.
Con stile misurato, l’autrice allarga il campo d’indagine alla ricerca di sé stessi e al desiderio, che in adolescenza esplodono, ai rapporti famigliari e ai primi amori. L’estate di questo romanzo è il percorso necessario a consolidarsi come adulti.
PER CHI AMA I PERSONAGGI IMPERFETTI, LE STORIE DI VITA QUOTIDIANA RACCONTATE CON UMORISMO E UN PIZZICO DI MALINCONIA
Walter Schmidt è a suo modo un uomo d’altri tempi. Era un tecnico quando ancora gli elettrodomestici venivano riparati invece che buttati via e ora che è arrivato alla pensione le sue giornate sono fatte di passeggiate con il cane, giovedì sera al pub con gli amici, insofferenza per gli immigrati che assediano le palazzine vicino alla stazione, per il distacco del figlio Sebastian e per le scelte di sua figlia Karen, che ha deciso di trasferirsi a Berlino con la sua “migliore amica” Mai. Walter ha vissuto l’intera esistenza senza doversi prendere cura di troppe cose e a pensarci bene non ha mai imparato nemmeno a prepararsi una zuppa o a passare l’aspirapolvere. Aveva sempre potuto contare sulla moglie Barbara. Un giorno però Barbara non riesce più ad alzarsi dal letto e per lui la vita cambia inesorabilmente. Con il solito umorismo e lo sguardo amorevole che la contraddistingue, Alina Bronsky ci racconta come Walter, proprio nella parte finale della sua vita, sia improvvisamente costretto a reinventarsi badante, marito, cuoco, “casalingo” e a diventare il partner premuroso che non è mai stato. Un romanzo agrodolce e divertente su un matrimonio che vede la propria routine sconvolta e sulla possibilità (involontaria) di un nuovo inizio.
PER CHI AMA I ROMANZI CHE ESPLORANO L’IMPATTO DELL’UOMO SULL’AMBIENTE
Libro vincitore del Booker Prize 2024; ho letto pareri discordanti e questo mi incuriosisce ancora di più.
Orbital è un romanzo breve, delicato, è un’elegia alla bellezza dell’universo e del nostro pianeta, una fotografia nitida e luminosa delle relazioni tra esseri umani in cerca di salvezza. Rientra in quella che viene definita Climate Fiction, cioè quei romanzi che si interrogano sulle questioni legate al “climate change” e alle azioni per preservare il pianeta.
La trama ruota attorno ad una giornata – ognuna delle 16 orbite del giorno è un capitolo – di sei astronauti che viaggiano in orbita attorno alla terra, nell’ultima missione da compiere a bordo della stazione spaziale prima che venga smantellata. Vengono dall’America, dalla Russia, dall’Italia, dalla Gran Bretagna e dal Giappone, e hanno lasciato le loro vite dietro di sé per osservare la terra muoversi sotto di loro. Li vediamo nei brevi momenti di intimità in cui ricevono notizie da casa, contemplano le loro foto, preparano pasti disidratati, dormono a mezz’aria in assenza di gravità. E soprattutto, siamo con loro mentre studiano il silenzioso pianeta blu, su cui scorre intensa la vita da cui sono esclusi.
La scrittura di Samantha Harvey è stata elogiata per la sua capacità di creare immagini evocative e di esplorare le emozioni in modo sottile e intenso.
Per ora è tutto, ma continuerò a scandagliare i cataloghi… Nel frattempo, se cercate spunti di lettura, non vi resta che scorrere le mie recensioni. Buone letture!
Il link alla segnalazione su Il mestiere di leggere: https://tinyurl.com/4a3d5m4p
Alessandro Onofri è un reporter stanco di guerra, quasi dimentico della propria infanzia tra Venezia e il petrolchimico di Porto Marghera, dove è rimasto invischiato in una brutta storia tra sette e delinquenti comuni, ma quando un’amica disperata gli mostra il filmato del figlio che terrorizza il fratello mimando una lezione di scuola dai macabri rituali, non riesce a tirarsi indietro. Scoprirà che altri bambini della stessa scuola presentano gravi traumi. Le loro foto circolano nelle bacheche di Silk Road, il mercato illegale di droga, armi e pornografia celato nel Dark Web, la parte di Internet più nascosta. Forse lì, tra le pieghe della rete anonima, antiche credenze hanno trovato una nuova collocazione. Se quei bambini sono solo vittime di insegnanti malati come tutti sostengono, perché i massimi livelli della Polizia Postale e dell’Interpol se ne stanno interessando? Cosa si cela nella scuola? L’agire di isolati pervertiti? Una mafia internazionale che vende immagini pedopornografiche o, ancora una volta, qualcosa di più oscuro? Per scoprirlo Alessandro sarà costretto a mettere in dubbio le certezze con cui ha sopito i terrori dell’infanzia e a perdersi in un viaggio che lo riporterà verso il suo passato di tenebra.
Massimiliano Scudeletti
Nasce e vive a Firenze. Dopo gli studi si dedica alla realizzazione di documentari e spot televisivi, prima come sceneggiatore, poi come regista. Nel passaggio dall’analogico al digitale abbandona l’attività per collaborare con un’agenzia assicurativa che opera prevalentemente nella comunità cinese. Continua a viaggiare nel Sud-est asiatico per passione. Compiuti i cinquant’anni, decide di dedicarsi completamente alla cultura tradizionale cinese e alla scolarizzazione di adulti immigrati. Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo, un giallo con protagonista il videoreporter di guerra Alessandro Onofri, Little China Girl (Betti Editrice), giunto secondo al premio “Tramate con noi” di Rai Radio1, vincitore del premio Emotion al “Premio Letterario Città di Cattolica”. Dopo numerosi racconti, alcuni con protagonista sempre Alessandro Onofri, nel 2019 pubblica il suo secondo romanzo, L’ultimo rais di
Favignana. Aiace alla spiaggia (Bonrraro). Con Arkadia Editore ha pubblicato il fortunato romanzo La laguna dei sogni sbagliati (2022) e La laguna del disincanto (2024). I suoi reportage di viaggio sono apparsi sulla rivista “Erodoto 108”.
Livio Partiti
Il link al podcast su Il posto delle parole: https://tinyurl.com/3px57vrs
“Nulla d’importante tranne i sogni” (Arkadia Editore) è l’ultima fatica letteraria di Rosalia Messina, della quale il nostro giornale si è spesso occupato: giudice in pensione di origine palermitana, in “esilio volontario” a Bologna, come ama dire, scrive poesia, narrativa e testi per il teatro; più volte premiata, affianca l’attività di scrittrice a quella di lettrice acuta che poi confluisce in recensioni su vari siti letterari; ultimamente si cimenta anche nelle videointerviste e recensioni di autori. In esergo Rosalia Messina cita Anne Sexton. E davvero forse uova e parole sono impossibili da riparare una volta rotte: un’interruzione della comunicazione, una frattura nei rapporti, un silenzio o una frase in eccesso o in difetto possono davvero mandare in frantumi legami che pensavamo indissolubili, ma che forse erano formali e tenuti insieme solo dall’abitudine, dalla convenzione, da obblighi sociali. Ro conosce il potere delle parole: pensa scrive e vive da scrittrice. E in quanto tale redige lettere, documenti, messaggi. Come per conferire autorità alle parole, anzi il loro potere quasi sciamanico, magico, del far accadere le cose: Ro afferma la propria volontà non solo tramite i suoi romanzi ma anche e soprattutto attraverso le parole, che al contrario di lei hanno una sorta di privilegiata immortalità e possono sopravviverle rendendola libera e realizzando i suoi desideri al di là della malattia e della morte, i limiti estremi alla libera espressione del proprio io, del proprio essere. Come la casa che fa ristrutturare e in cui va abitare, Ro costruisce per se stessa e per chi ama davvero una casa di parole. Non anticipiamo il finale, ma davvero le parole costituiscono le vere protagoniste – forse – di questo romanzo: parole di lettere, di atti giuridici, di diario, didascalie, dialoghi… tutte concorrono a definire il mondo di Ro, plasmato come se fosse la sua opera postuma, da editare prima che sia tardi, e il cui effetto sui “lettori”, sui destinatari, Ro pensa (o forse si illude?) di prevedere. E da scrittrice Ro si attornia di persone come di personaggi dei suoi libri, a partire dalla segretaria Anita Attanasio, che però brilla di una luce propria, ungarettianamente di quiete accesa: complementare a Ro negli impeti e negli atteggiamenti, smussa gli angoli, fa da collante e filtro tra Ro e la sua famiglia e troverà un suo spazio personale nel fondale da Ro pensato per lei. Amici e parenti – alcuni preziosi, altri proverbialmente serpenti – contrappuntano la narrazione, che vive dei conflitti palesi e sotterranei fra i personaggi, descritti con disincanto, senza infiorettamenti, senza concessioni al patetismo o al buonismo, con un realismo asciutto e una lingua aderente alle cose. Amore e interesse, scrittura sogni illusioni, realtà e concretezza, questi i temi del racconto, intrecciati e dipanati da Ro-Rosalia, che pure tenta di orchestrare un (lieto) fine almeno per i personaggi “positivi” del racconto (non esenti da ombra, dubbi, esitazioni) e un destino educativo per gli altri, che comunque sono forse destinati alla cecità, all’incomprensione, all’inconsapevolezza, personaggi-pupi, maschere più che esseri a tutto tondo. La verità profonda di Ro resta intatta e inspiegata, eppure lo sguardo sulle colpe proprie e altrui, severo sempre, lascia forse uno spazio di salvezza, quanto meno di misericordia. Come un tributo doveroso alla Sicilia – così tipico dei narratori isolani, divenuto ormai quasi un topos o peggio un cliché –, Rosalia Messina evoca le delizie culinarie della sua terra d’origine, eppure colori effluvi sapori ricette sono connaturati alla narrazione e non sovrapposizioni folkloristiche per conferire colore regionale al racconto: fratini e stoviglie, consigli culinari, olio e pane, pescatori e banchi di mercato, tavole imbandite, cuccume di caffè, tutto fluisce nel dire, nel vivere, nell’agire dei personaggi. C’è una sorta di implacabilità in una scrittura pure così quieta, senza sussulti e barocchismi stilistici eppure così precisa, efficace, a tratti tagliente. Descrizioni essenziali, dialoghi teatrali (sarebbe interessante una riduzione del romanzo per le scene), sequenze narrative efficaci.
Maria Lucia Riccioli
Il link alla recensione su La Civetta: https://tinyurl.com/5n6rzz8k
Sabato 25 gennaio abbiamo avuto l’onore di incontrare lo scrittore Massimo Granchi e di potergli fare qualche domanda sulla sua vita da scrittore e di scoprire tante curiosità che troverete solo nel nostro podcast!
Cosa aspettate? Venite ad ascoltarlo!
Il link al podcast: https://tinyurl.com/aa8tvvhx
Giorgia Olmo
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “I giorni pari” di Maria Caterina Prezioso, Arkadia, 2024
Roma, il ghetto ebraico e il quartiere popolare di Val Melaina; Sara e Silvana, due ragazze che crescono negli anni peggiori del Novecento; un paesino, un sanatorio e la quotidianità con le sue gioie e i suoi dolori. Sono i punti cardine del romanzo “I giorni pari” di Maria Caterina Prezioso, ambientato tra il 1940 e il 1955. Quindici anni in cui il Bel Paese fu travolto dalla catastrofe delle leggi razziali, dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla ricostruzione della Repubblica. Ma come si sa, la Storia è una serie di conquiste e di sconfitte che non è in grado di raccontare sempre, con dovizia di particolari, la vita degli esclusi e degli emarginati. Prezioso parte da loro, dagli ultimi, e lo fa con mano delicata, senza calcare o sbiadire alcuni passaggi, ma mettendo sullo stesso piano emozioni, sentimenti e accadimenti. Ciò che è avvenuto non può essere cancellato, tantomeno può essere revisionato o rimodellato secondo il nostro pensiero. Il nostro dovere è apprendere e fare tesoro della lezione che ci giunge dal passato. Sospeso ogni giudizio, la scrittrice romana dà vita a personaggi “eroici”, perché prima di reagire si guardano intorno. Ma si badi bene, il loro non è un atteggiamento arrendevole, bensì dettato dalla necessità di sopravvivere. Non è neanche “resilienza”, parola così in voga in questi decenni di furbi parallelismi, ma è azione meditata, vera rivoluzione della coscienza. “I giorni pari” infatti non è solo un romanzo che narra di due ragazze capaci di riscattarsi attraverso le vicissitudini della storia, ma è la voce di una generazione che ha saputo creare un ribaltamento di prospettiva. Sara e Silvana sono donne che reagiscono, che sanno vedere la luce in fondo al tunnel, che si sacrificano in prima persona. La storia non cambia: ci saranno sempre ricchi e poveri, disuguaglianze, ingiustizie, guerre, estremismi che annichiliscono, uomini di potere isterici che vengono amati dalle masse. Perciò non possiamo definire questo romanzo l’ennesimo “libro dalle tinte storiche che vuole scuotere le coscienze”. Qui siamo di fronte a un’opera che ha per tema la “rivolta interiore”, la ricerca del senso di esistere. La storia, in quanto prodotta dagli uomini, è la somma di una sequenza di aporie su cui è inutile continuare a discutere, proprio perché ciascuna di esse è irrisolvibile. La rivoluzione che avviene nelle coscienze di ognuno è il dato fondamentale, ed è ciò che stimola la nascita di nuove categorie di pensiero. Questo avvenne in quegli anni? Sicuramente, ma sempre grazie a un movimento spontaneo che ha prima ragionato e poi aggirato il “male”. Sara e Silvana sapranno essere “malattia” e “medicina” per loro stesse; come tutti cadono e si rialzano, gioiscono e patiscono, sanno rispondere alla volontà di vita con una speranza attiva.
Martino Ciano
Il link alla recensione su Border Liber: https://tinyurl.com/4arb29ut
Massimo Granchi, scrittore e antropologo, celebra le relazioni umane, mettendo al centro delle sue opere la famiglia e, in particolare, la figura del padre, come nel suo ultimo romanzo “La memoria della vite”. Nei suoi lavori intreccia narrazione e ricerca, dando vita a storie che scavano nelle dinamiche affettive e nelle parentele. Il suo studio non è solo accademico, ma anche profondamente personale: attraverso la scrittura, Granchi indaga il proprio vissuto, riflettendo sul ruolo di padre e sul percorso di figlio. I suoi libri non raccontano solo storie, ma diventano spazi di confronto e introspezione, offrendo ai lettori l’opportunità di riconoscersi e interrogarsi sulle complesse sfumature dei legami familiari.
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a creare laboratori di scrittura creativa dedicati a bambini, ragazzi e adulti nelle scuole e all’università, oltre a percorsi specifici rivolti ai detenuti nelle carceri?
<<Sono molte le ragioni, considera che per me la scrittura è uno strumento terapeutico, attraverso il quale compio innanzitutto una crescita personale. Poi, una volta che mi rendo conto dell’arricchimento raggiunto grazie alla mia esperienza, ritengo importante, e anche doveroso, condividere ciò che rappresenta per me. Riconoscendone anche gli aspetti sociali, mi sono reso disponibile nel momento in cui sono arrivate proposte per supportare e seguire adulti o giovani che vogliono avvicinarsi alla narrazione. Fortunatamente ho avuto l’opportunità di farlo nelle scuole e nelle carceri, qui nel territorio senese, con ottimi risultati. In queste occasioni svolgo il ruolo di mediatore, perché anche io ricevo molto da chi partecipa>>.
Il romanzo
Puoi citare un esempio tratto da “La memoria della vite” che evidenzi la capacità dei personaggi di rinnovarsi e di rimettersi in gioco?
<<Tutti e tre i personaggi, Sole, Gabriel e Liliana, attraversano momenti di profonda difficoltà legati a esperienze traumatiche e significative, sia nel passato che nel presente. Sole è l’unica molto giovane, vive in un condominio di Roma ed è figlia di un milanese e di una donna di Napoli. Gabriel, il suo migliore amico, è un ragazzo di origine colombiana con una famiglia segnata dall’assenza del padre. Liliana, la madre di Sole, è una donna autonoma ed emancipata, ma vive un matrimonio in crisi e sogna di tornare dov’è cresciuta, a Procida. Soprattutto di fronte a un evento drammatico che coinvolgerà uno dei tre, la vita di tutti cambierà radicalmente. Ne descrivo il percorso emotivo ed evolutivo e il rinnovamento necessario quando la vita ci mette fortemente alla prova>>.
C’è un filo conduttore che unisce i protagonisti del tuo romanzo, Gabriel e Sole: il profondo senso di vuoto lasciato da un genitore. Nel caso di Gabriel, un’assenza totale e misteriosa, mentre per Sole si tratta di un rapporto da ricostruire. Come si intrecciano queste due esperienze nel racconto?
<<Nella vita spesso ci avviciniamo alle persone con le quali pensiamo di avere qualcosa in comune, perché, nel vivere certe esperienze, abbiamo bisogno di riconoscere dei codici famigliari. Questo accade anche nell’amicizia. Gabriel e Sole si vogliono molto bene, perché il loro legame è sincero infatti non c’è alcun tipo di coinvolgimento sentimentale come coppia. Si riconoscono nei turbamenti, nei traumi, nelle difficoltà e nella costruzione del rapporto con la figura paterna. Hanno la necessità di colmare un’assenza fisica: il papà di Gabriel è sparito senza dare alcuna spiegazione, mentre quello di Sole, nonostante sia presente fisicamente in casa è come se non ci fosse a causa di vicende riferite al passato>>.
La figura del padre è centrale sia in “La memoria della vite” che in “Se/dici”, un’altra delle tue opere degne di nota. Quali sono le principali differenze nel modo in cui questo tema è affrontato nei due lavori?
<<Sì, è vero, è un tema centrale nella gran parte dei miei romanzi, come in “Occhi di sale” e in “Il principe delle arene candide”. Quando scrivo dedico uno studio molto approfondito alle relazioni familiari, perché per me comprendere la famiglia, le parentele e i legami affettivi è fondamentale. C’è senza dubbio anche una componente di ricerca personale, legata al mio vissuto: al modo in cui ho sperimentato la paternità, essendo padre anch’io, ma anche al mio percorso di figlio. Probabilmente, attraverso la scrittura, cerco di dare risposte a un ruolo che al giorno d’oggi è più complesso che mai. In un’epoca piena di sfide e difficoltà, crescere è difficile, ed essere genitore lo è ancora di più>>.
Tra febbraio e marzo presenterai il tuo libro durante il “Tour Toscana 2025”. Puoi ricordarci alcune delle tappe principali? Sono previste anche date in Sardegna?
<<Certo, il tour toscano sarà solo la prima fase, perché poi mi sposterò in altre regioni d’Italia e tornerò il prima possibile in Sardegna. La prima tappa sarà a Scansano in provincia di Grosseto, seguita da Monteroni d’Arbia, Siena, Certaldo, Murlo e Firenze. Molte date sono ancora in fase di definizione, ma sarà possibile consultare l’intero calendario tramite i social, la mia pagina Instagram, la mia pagina Facebook e naturalmente attraverso il mio sito personale www.massimogranchi.it>>.
Isabella Murgia
Il link all’intervista su La Voce Dei Protagonisti: https://tinyurl.com/yvbrf3vm