La vita altrove. Memorie a dorso d’asino di un’isola fa

da: L'Unione Sarda
L’Unione Sarda
29 maggio 2011

Chi conosce Nino Nonnis e i suoi libri è abituato ad aneddoti gustosi e veloci come un aperitivo ben riuscito, storie e personaggi più cagliaritani che mai, vicende che odorano di burrida e suonano secche come lo schiocco della palla a biliardino.
Ma questo “La vita altrove” che arriva domani in libreria (Arkadia editore, 208 pagine, 15 euro) è tutt’altra storia. È una storia di famiglia, per l’esattezza: le vicende, le emozioni, le parole e le facce che i maggiori di Nonnis ebbero in sorte nella Sindia della prima metà del Novecento. Ma anche e soprattutto certi sapori, certi odori, i ritmi lenti del trotto a cavallo all’asino, il sole all’uscita da una messa domenicale, un gioco di sguardi intrecciato con una ragazza col terrore che i genitori disapprovino, o che gli amici ti prendano in giro.
È un po’ come chiedere l’età a una signora, ma quanto c’è di autentica storia di famiglia e quanto di inventato in “La vita altrove”?
«C’è molto di vero. E così poco di inventato che non è facile individuarlo»
Perché inventate toponimi e lasciate tutti Marcello Fois da solo a parlare di Nuoro chiamandola “Nuoro”? Perché scrivere di Sindia chiamandola “Banzu”?
«È una domanda giusta, diciamo che Sindia è dei sindiesi mentre io volevo che volevo che il paese del mio libro appartenesse a tutti, quindi ho scelto il nome di una fonte (che poi unu anzu è una sussa , una gragnuola di colpi, quandi il nome ha più di una suggestione). E poi se vogliamo Fois è stato preceduto da molti, nel chiamare Nuoro con il suo nome: la Deledda, Satta … Io mi sono sentito più libero, diciamo».
Decenni di dibattiti pensosi sull’identità sarda, poi arriva Nonnis e avverte: “L’identità è un artificio della memoria”.
«Ormai ho un’età tale che ripercorro continuamente i ricordi, e questo libro in un certo senso è un modo di andare contro me stesso: mi serve a scoprire come e quanto avevo falsificato le cose. Ma è stato soprattutto un modo per rivivere, ritrovare certi momenti … Triste chi non le ha, queste emozioni, triste chi non si commuove per un ballo sardo. Io ce l’ho dentro questa emozione, e me la tengo. Poi mio figlio mi prende per i fondelli, chiaro, ma spero che ce l’abbia anche lui un ballo che prima o poi lo farà intenerire».
“La vita altrove” è un atto d’amore verso i paesi e la loro vita quieta. Ma il villaggio spesso è il luogo della noia, dei pettegolezzi, del controllo sociale asfissiante…
«Nella dedica ho scritto ai miei paesani, dei quali condivido con orgoglio pregi e difetti , ed è vero, sono fatto come loro. A cominciare dal fatto che tanto più la vita del paese sembrava immobile e inamovibile tanto più si cercava di scuoterla. E poi i racconti del paese, le storie… quello mi appartiene totalmente. La voglia di sentirle ancora una volta o altre cento, e non per l’episodio in sé ma per l’emozione che hai provato e che ogni volta vuoi riprovare. Come quando vedi un film per la decima volta e dici: ah, che bel calcio che gli ha dato, ha fatto proprio bene, come l’altra volta, bravo! Ecco, l’oralità è questo, è far godere all’altro quel che tu hai goduto. È come sei io raccontassi queste cose a mio figlio: se non si diverte, se non sorride è colpa mia. Quanto al controllo sociale, alla sanzione per chi, ad esempio, non puliva la sua parte di strada o era una padrona di casa sciatta, era una cosa importante che oggi è scomparsa: questo è un tempo che per certe cose non ha più tempo. Oh, con quest’intervista mi vengono fuori dei concetti mica male. Poi se passa uno e mi sente dire queste cose così serie… Meno male che già non passa nessuno».
Che differenza c’è tra le burle di Tiu Serracu e lo humor cagliaritano?
«Cagliari ha l’umorismo della città di mare dove ci si interseca, ci si incrocia, ci si scambia al volo una battuta che dev’essere efficace, pungente, immediata. Il sindiese è più di testa, la stoccata la fa arrivare alla fine di un giro dialettico complesso … ecco, non voglio dire che siamo allo humor ebraico, ma di certo è un ridere più cerebrale».

Celestino Tabasso


Arkadia Editore

Arkadia Editore è una realtà nuova che si basa però su professionalità consolidate. Un modo come un altro di conservare attraverso il cambiamento i tratti distintivi di un amore e di una passione che ci contraddistingue da sempre.

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