TORINO – È stata inaugurata ieri, giovedì 15 maggio, la 37ª edizione del Salone internazionale del libro di Torino. La Regione Sardegna ha aperto ufficialmente lo “Spazio Sardegna” all’interno del Lingotto, alla presenza dell’assessora regionale alla Cultura, Ilaria Portas, che ha dato il via a una fitta agenda di appuntamenti tra letture, laboratori, incontri editoriali e proiezioni cinematografiche. A rappresentare in lingua sarda il tema di quest’anno, “Le parole leggere”, è stata scelta la parola “Lebias”, simbolo dell’identità linguistica e culturale dell’isola. Il primo evento in programma è stato il laboratorio di lettura “Anime in viaggio nel giorno del giudizio”, dedicato a Salvatore Satta nel 50° anniversario della sua scomparsa. L’iniziativa, a cura del Club Jane Austen, ha visto protagoniste Giuditta Sireus, Lia Caporin e Viviana Porru. «Negli anni lo stand Sardegna è diventato un punto di riferimento», ha commentato l’assessora Portas. «Questa inaugurazione molto partecipata dimostra il valore del lavoro di squadra. Celebriamo tre figure fondamentali per la cultura sarda come Salvatore Satta, Emilio Lussu e Sergio Atzeni, anche con contributi cinematografici e opere editoriali che approfondiscono le loro vite e il loro lascito». Durante la giornata inaugurale, Portas ha anche preso parte alla presentazione del volume “Rivoluzionari sardi in Francia” di Adriana Valenti Sabouret (Arkadia), dedicato alla figura di Giovanni Maria Angioy. Ampio spazio anche alla riflessione sul giornalismo con la presentazione de “Le verità”, curato da Giulia Giornaliste. Tra gli ospiti che si sono alternati nello stand regionale, Gherardo Gherardini con L’isola (im)possibile (Edizioni Della Torre), Giulia Pizzolato e Francesco Pongiluppi con Non solo mamme (Abbà), e Gianni Ibba con L’ordito e la trama. Due esuli sardi nell’Europa di Napoleone (Aipsa), accompagnato da Martino Contu. La giornata si è chiusa con il primo appuntamento della rassegna cinematografica “Sardegna frame by frame”, con la proiezione del film Emilio Lussu – Il processo, diretto da Gianluca Medas. In sala anche l’attore Enrico Lo Verso, protagonista della pellicola, insieme all’assessora Portas. La rassegna è organizzata in collaborazione con Aes e Fasi.
La segnalazione su Telesardegna
Dieci capitoli, dieci sostantivi astratti che non costituiscono una semplice raccolta di racconti, ma un romanzo vero e proprio, dalla struttura complessa e dall’impianto narrativo stratificato.
Le storie si rincorrono e si intrecciano, ognuna contiene un frammento dell’altra, mentre i personaggi appaiono, si sfiorano, si perdono di vista. Tutti legati da fili sottilissimi e ingovernabili destinati a spezzarsi per l’irrompere di uno scenario inedito, di un nuovo crinale esistenziale.
Nell’ingegnoso “Il lato nascosto delle storie” di Roberta Di Pascasio (Arkadia, 2024) un palazzo sembra rappresentare l’epicentro simbolico attorno al quale ruotano le vite narrate. Ma si tratta di un luogo mentale più che fisico, perché ciò che tiene insieme le vicende non è un perimetro spaziale. E quando sembra che i fatti rispondano a precise leggi di causa-effetto, dentro i medesimi scenari, gli esiti puntualmente si sottraggono alla volontà, andando dove devono, dove possono, dove capita.
Il romanzo, perché è così che si configura nella sua interezza, più che come una semplice antologia, esorta implicitamente a una riflessione sul caso e al contempo sulle cause complesse e non lineari che determinano le svolte dell’esistenza. Ed è procedendo in questa direzione che risulta inevitabile il richiamo a Stuart Mill, secondo il quale tutto ciò che accade sembra discendere da ciò che è stato, dalla pluralità di cause non connesse che ontologicamente generano il caso.
Del resto, se ci si fermasse all’apparenza, anche dentro alle pagine di Roberta Di Pascasio, si resterebbe invischiati in un fatalismo tanto inverosimile quanto infecondo. È piuttosto il lato nascosto degli eventi, il retro della superficie, a restituire la verità: quella delle cause profonde, delle motivazioni sommerse, degli impercettibili snodi che hanno fatto deviare irrimediabilmente i destini. Mentre la penna scava dovunque, persino nelle colpe. In cerca di alibi, di assoluzioni, di agevoli parafrasi dell’errore.
La prosa è asciutta, rigorosa, essenziale, priva di orpelli e, nel rispondere a una precisa esigenza espressiva, rivela la piena padronanza degli strumenti linguistici e narrativi. Così che dentro ai margini di un equilibrio formale consapevole, le sequenze risultino sapientemente calibrate e l’alternanza tra i dialoghi, cuciti su misura sui personaggi, e i momenti di riflessione, che mai cedono alla retorica, cadenzino con grande dimestichezza il ritmo alla narrazione. È in quei momenti intimi che la scrittura, senza mai derogare alla sobrietà, scava negli avvallamenti delle coscienze, cogliendone l’essenza e restituendo al lettore un’interiorità che si fa riconoscibile, universale.
La galleria umana affrescata dall’autrice è ampia e articolata, tanto sul piano generazionale quanto su quello socio-culturale. A tenere uniti i personaggi è tuttavia un comune denominatore di sofferenza, declinata in forme diverse ma sempre ravvisabili. Talora alcuni tendono verso l’altro in un gesto di apertura, lasciandosi attraversare da un’effimera tensione solidale, traendone conforto temporaneo. Eppure nessuno – e forse è questo l’esito più amaro – riesce a varcare la soglia dell’autenticità, della personale compiutezza.
Si rimane come sospesi, in bilico tra il desiderio di tentare e quello di consegnarsi alla confortevole immobilità, comunque prigionieri di una vita che mai si lascia interamente governare.
L’autrice attraversa con lucidità e sensibilità la vasta gamma delle esperienze emotive e le consequenziali implicazioni morali: dall’innocenza alla colpa, passando per le molteplici sfumature dell’agire individuale e delle contingenze interiori. Ogni personaggio si confronta con la propria zona d’ombra, è costretto a rispondere in prima persona della propria inadeguatezza, un territorio inafferrabile, benché universale, in cui si annidano limiti, reticenze, mancanze. E qualche sporadico desiderio.
Quando però si allarga lo sguardo sull’insieme, su questa umanissima fiera dell’Est reinterpretata narrativamente, ci si accorge che il destino altro non è che l’esito di scelte impulsive, di inciampi, di frenate all’ultimo secondo e di accelerazioni insensate nel traffico cittadino delle ore di punta. Ci si accorge che a dominare è molto spesso la paura: quella che blocca, che pregiudica il finale più del coraggio incauto.
E in questo romanzo che è un ritratto insieme di fragilità, di occasioni mancate e di ambizioni spente, la paura di sbagliare sembra dunque il principale ingombro da cui liberarsi prima che sia troppo tardi, prima che non resti più tempo per fregarsene e tentare.
Giusi Arimatea
La recensione su Le conseguenze del teatro
Potersi esimere dal giudicare, ecco la vera libertà. Peccato che nessuno ne approfitti. Giudicano tutti in continuazione, a vanvera, senza prima aver raccolto gli elementi necessari. Giudicano nell’ignoranza più assoluta, per assolvere se stessi dalle cattiverie di cui incolpano gli altri.
– Josh in fuga di Olivia Crosio
Trama – Lo si percepisce subito che Josh è un corpo estraneo, sbucato da chissà dove, gettato nel sistema omologante della metropoli. Alle facce stressate che incontra nella metro risponde con gentilezza, alla tensione e gravità che pervade l’atmosfera risponde con la leggerezza – ma non sconsideratezza – di chi sa planare sulla durezza della vita – nonostante i jeans troppo stretti –.
A questa serata, una qualunque di fine Novembre, questo giovane uomo di bell’aspetto, che per un concetto di normalità mediamente accettato si potrebbe definire “strano”, in fondo non sembra chiedere altro che mangiare una pizza e bere una coca-cola. Non è chiedere tanto. Josh ha a disposizione il tempo di una serata, ma la sua “missione” si rivelerà più complicata del previsto. Innanzitutto Josh non sembra molto familiare con la pratica di pagare per quello che si consuma.
Quando Miranda, la bella e scontrosa cameriera del locale “Chiesetta”, mette in chiaro che deve pagare, Josh, che non ha soldi con sé, non si lascia scoraggiare ed è ben determinato a procurarseli. La prima impressione di innocenza che Josh suscita, non viene smentita. Seppur strambo il metodo che vuole usare per procurarsi i soldi non prevede niente di criminale.
Josh “prende in prestito” un taxi con la promessa di riportarlo. Una piccola parte dei soldi della corsa, che ha intenzione di effettuare, dovrebbe bastare a raggiungere il suo obbiettivo. Quando la persona a salire sul taxi è la famosissima influencer Susi fashion, ecco che le cose sembrano prende una curiosa direzione. Senz’altro imprevedibile. E si sa, un evento tira l’altro… Basteranno le poche ore a sua disposizione a portare a termine la sua missione? Forse ci sarà anche il tempo di aprire uno spiraglio nel cuore di Miranda.
Olivia Crosio con Josh in fuga ci regala una novella metropolitana dalle forti tinte contemporanee, dove il qui e ora della società attuale, così accuratamente tratteggiato, emerge attraverso i personaggi, delle maschere di quello che siamo diventati.
Il sapore di fondo però rimanda ad un tempo senza tempo, ad un luogo che un luogo non è. Quella leggera aura che fin dall’inizio della narrazione gravita attorno a Josh, sembra farsi sempre più intensa fino ad avvolgere il racconto tutto nella sua eterea luce di rivelazione.
Uno stile fresco e pieno di umorismo
Josh è in fuga. Ma da cosa? Lo si capirà nel corso della narrazione. Indizi sapientemente sparsi qua e là, lasciano ben presto intravedere la soluzione dell’enigma che è l’identità di Josh. Intanto Olivia Crosio ci intrattiene con una narrazione che non affanna, non si inceppa, ma scorre, piuttosto, rapida e avvincente come la serata dal ritmo serrato che Josh si appresta a esperire. Il tutto è pervaso da un umorismo gioviale, quasi quello suscitato dall’ingenua innocenza di un bambino, a cui fanno da contrappunto le profonde riflessioni sulla società, sulle sue derive su quella eterna lotta fra il bene e il male che da sempre impegna l’Uomo.
Anche i personaggi sono costruiti secondo il principio del sapere andare al di là delle apparenze. Soprattutto il personaggio di Miranda si rivelerà sorprendente. Dietro la corazza che si è costruita, si nasconde un’anima sensibile e pervasa da una profonda solitudine. Come avrete modo di scoprire, è in Miranda che si concentra il fine ultimo di Josh in Fuga.
Gli altri personaggi: Susi Fashion, Fabio, Christian, Assunta sono un ottimo contorno.
La recensione su Giochi Linguistici
Consiglio
Enrico Criaco, scrittore di successo, dopo cinquant’’anni torna a Leuta, una piccola isola adagiata nel Mar Mediterraneo tra Malta e Lampedusa, dove è nato e cresciuto. Appena diciottenne se n’era andato in seguito alla morte prematura dei genitori. Ora è convinto che l’isola natia possa essere il suo “buen retiro” per gli anni che gli restano da vivere. Ritrova l’affetto di ciò che rimane della sua famiglia e dei vecchi amici. Nonostante il successo che continua a riscuotere come scrittore, Enrico è un uomo stanco e disilluso in perenne conflitto con se stesso. Deve comunque rimettere insieme i cocci di una vita di successi ma anche di errori, scelte sbagliate, rinunce e perdite dolorose come la morte del figlio. Tuttavia sull’isola si scontra con una serie di eventi che daranno una svolta inattesa ai suoi progetti iniziali e sarà costretto, ancora una volta, a fare i conti con l’imprevedibilità della vita.
Clara Domenino
La segnalazione su Perfect Book
Andrea Alba racconta, nel romanzo L’ombra di Kafka, di recente edito da Arkadia, una storia di formazione ambientata a Roma, in un piccolo appartamento nel quale vivono, sognano, maturano tre coinquilini, Fabio, Giulia, Cristina. I tre giovani formano un triangolo non convenzionale; le alleanze, le attrazioni, l’eros che circola fra loro sono quelli dell’età più avventurosa della vita. L’età della scoperta di sé e degli altri, delle infinite possibilità di relazionarsi con il prossimo. Età di scelte, di grandi interrogativi: chi voglio essere, chi sono, chi vogliono che io sia gli altri (famiglia, amici)?
Tre personalità differenti, tre ragazzi aspettative diverse, tre percorsi che camminano paralleli a volte, divergenti altre volte, per intrecciarsi e intersecarsi in alcuni punti nodali.
Il personaggio maschile, Fabio, che a un certo punto si scuote dalla sua letargia e trova lavoro in una videoteca, è ossessionato dal millennium bug. Cosa sarà esattamente? Si chiede. Come funzionerà? Cosa succederà nel mondo già dominato dalla tecnologia digitale?
Fino a un certo punto la narrazione abbraccia simultaneamente le vite dei tre coinquilini, soffermandosi sulle relazioni fra loro e aprendo spiragli sul mondo esterno all’appartamento che condividono: le rispettive famiglie, il relatore della tesi di Cristina, un giovane studioso – l’ambiguo Daniele – di cui Cristina si innamora. Dalla metà in poi, all’incirca, fa la sua comparsa Kafka.
Cosa c’entra Kafka? Cristina, laureanda, sta scrivendo la sua tesi proprio sull’autore boemo e sulle sue opere e, durante il lavoro di ricerca necessario, si imbatte in un mistero che la incuriosisce. Si appassiona alla questione delle prime traduzioni di Kafka in italiano: ciò che scopre la scombussola e cambia la sua vita.
“Non sapeva che cosa la aspettasse, non aveva idea di cosa potessero nascondere le infinite possibilità di traduzione di Kafka o di qualsiasi altro autore, le sue implicazioni nel reale, la pagina che prepotentemente si fa viva, il perturbante del quotidiano che diventa letteratura e il suo contrario”.
Tra amori che si accendono e svaniscono, rapporti amicali che si rafforzano, sbiadiscono, tornano a fiorire, si insinua una storia di libri, di verità e finzione. La scrittura ha un timbro giovanile, le vicende e i personaggi sono accattivanti. L’indagine su Kafka e sulle traduzioni delle sue opere, inserendosi con naturalezza nella trama, risulta avvincente e forse costituisce la parte più interessante del romanzo:
“Un’opera di Kafka è come una casa che ha molteplici porte, finestre, ingressi, balconi. Ma la complessità maggiore non è districarsi tra questa moltitudine di vie di fuga, quanto comprenderne le leggi che la regolano, le ragioni per cui entrare da un punto x ci conduca a y. Forse serve un architetto, più che un traduttore. E che cosa sia una traduzione nessuno lo sa con precisione e infatti non è nostro obiettivo tentare di stabilirlo qui e ora con assoluta certezza. Anzi, che il concetto di traduzione rimanga quanto più indefinito possibile è tra i nostri obiettivi non celati”.
Le vicende diventano kafkiane e surreali, fino allo scioglimento di tutti gli intrecci che l’autore ha abilmente costruito.
* * *
La scheda del libro: L’ombra di Kafka di Andrea Alba (Arkadia, 2025)
Roma, 1999. Cristina, giovane laureanda in Lingue, lavora a una tesi sulle opere di Kafka e le sue traduzioni italiane, ma la ricerca prende una piega inaspettata quando scopre un’edizione apocrifa de La metamorfosi, firmata da un misterioso traduttore. Seguendo le tracce dell’enigmatico curatore, Cristina scopre che è un falsario, autore di una lunga serie di inganni editoriali. La rivelazione manda in frantumi la sua tesi e la sua autostima. Inizia così per Cristina un viaggio che non solo mette in discussione le sue convinzioni, ma la costringe a riflettere sulla verità e sull’autenticità delle storie che raccontiamo, su chi decide cosa sia reale e su come la finzione possa talvolta prendere il posto della realtà. Quando tutto sembra ormai perduto, una sorpresa arriva all’alba del nuovo millennio.
Rosalia Messina
La recensione su Letteratitudine News
Il Caffè Letterario si appresta a salutare il suo pubblico, concludendo un percorso ricco di parole, ascolto e partecipazione. Domenica l’ultima puntata della stagione vedrà come ospite Ilario Carta, scrittore cagliaritano di grande sensibilità
Con un appuntamento dal sapore intenso e carico di emozione, il Caffè Letterario guidato da Margherita Musella si appresta a salutare il suo pubblico, concludendo un percorso ricco di parole, ascolto e partecipazione. Domenica 11 maggio, presso l’ex blocchiera Falchi di Tortolì, l’ultima puntata della stagione vedrà come ospite Ilario Carta, scrittore cagliaritano di grande sensibilità e profondità narrativa. Autore di quattro romanzi pubblicati con Arkadia, tra cui il fortunato “I giardini di Leverkusen”, vincitore del Premio Osilo 2017, e l’irriverente “Lo scorpione nello stomaco”, Carta ha saputo raccontare il presente con intelligenza e ironia, senza rinunciare allo sguardo umano e attento che lo contraddistingue. In questa occasione si parlerà della sua ultima opera, “Japanischer Garten” (2024), un libro che, come suggerisce il titolo evocativo, apre le porte a riflessioni intime e complesse. Il tema scelto per l’incontro — “Io e mio padre” — sarà il filo conduttore di una serata che si preannuncia coinvolgente e profonda. Il libro sarà punto di partenza per affrontare un argomento delicato, universale e capace di toccare corde profonde. «Sono fiduciosa nella partecipazione attiva e coinvolgente del pubblico, con poesie e riflessioni», afferma Margherita Musella, anima del Caffè Letterario, che con passione e delicatezza ha condotto questo progetto sin dalle sue origini. «È arrivato il termine di questo cammino insieme vissuto in un’aria leggera e affettuosa, che ha fatto, e farà nel tempo — mi auguro — molto bene all’anima». In effetti, il Caffè Letterario ha rappresentato, anche in questa stagione, molto più di una semplice rassegna culturale. È stato un luogo di incontro tra generazioni, tra lettori e autori, tra pensieri e parole. Un presidio di umanità e dialogo, capace di costruire relazioni e senso di appartenenza attraverso la cultura. Le tematiche affrontate, spesso profonde e attuali, hanno stimolato il pensiero critico e l’introspezione, contribuendo in modo concreto alla crescita culturale e sociale della comunità. L’appuntamento è quindi per l’11 maggio, con accoglienza alle ore 17.30 e inizio alle 18.00, per chiudere insieme il ciclo 2024/2025 con un incontro che promette di lasciare il segno nel cuore dei partecipanti.
La segnalazione su Vistanet
“Avete idea di come si possa entrare nel complesso edificio letterario di Kafka? Stiamo parlando di una planimetria impossibile, di uno spazio tanto irreale quanto verosimile, funzionante. Un’opera di Kafka è come una casa che ha molteplici porte, finestre, ingressi, balconi. Ma la complessità maggiore non è districarsi tra questa moltitudine di vie di fuga, quanto comprenderne le leggi che la regolano, le ragioni per cui entrare da un punto x ci conduca a y. Forse serve un architetto, più che un traduttore.”
All’alba del tanto temuto Millennium Bag, Cristina, Fabio e Giulia si trovano ad affrontare una storia densa di mistero che avvolge un’edizione apocrifa de La metamorfosi di Kafka ma soprattutto del suo fantomatico traduttore, Gregorio Boemo. Andrea Alba firma così una storia fatta di carta, di polvere di biblioteche, di finzione e verità, perché nella letteratura c’è soprattutto finzione, quella che viene narrata ma che è tanto fragile nell’immenso universo degli apocrifi dove il vero si mescola con il falso d’autore. L’ombra di Kafka, edito da Arkadia editore, ci catapulta in questo strano eppure affascinate mondo della scrittura e del suo potere persuasivo.
“Erano le biblioteche i luoghi della conoscenza da consultare per avere delle risposte, c’era poco da girarci intorno, tra le vecchie polveri e gli schedari. Solo lì, qualora ci fosse stata, si poteva trovare una qualche risposta.”
Cristina è alle prese con la sua tesi di laurea sulle opere di Kafka e dei suoi traduttori italiani, figlia di divorziati sente il peso e l’ansia di non riuscire a portare a termine il suo progetto e di non assecondare i desideri di sua madre, un’integerrima professoressa di chimica che la spingeva a perseguire la strada dell’insegnamento. Cristina divide un’appartamento a Roma con Fabio, il suo pigro coinquilino con cui ha una relazione all’occorrenza, e l’ultima arrivata in casa, Giulia, una talentuosa scenografa, di poche parole ma sempre dette al momento giusto. La vita dei tre “cuori in affitto” procede senza troppi scossoni, fino a quando un’edizione inedita de La metamorfosi di Kafka tradotta da un certo Gregorio Boemo del 1925, non entra prepotente nelle loro vite. I tre si lanciano a capofitto per rintracciare il fantomatico Gregorio Boemo, e già dal nome, l’autore gioca con le parole attorno alla figura del protagonista kafkiano, come aver ambientato la storia nell’anno del Millennium Bag e del misterioso quanto bizzarro narratore. Come scrive l’autore questa è anche e soprattutto la storia di come nasce un libro, l’idea che spinge la sua creazione fino alla pubblicazione, ma nell’infinita moltitudine di parole che riempiono pagine e pagine di narrazioni, si insinuano menzogne date per vero, un intreccio affascinante in un disordine universale che frantuma ogni certezza.
Andrea Alba. Siciliano di nascita e torinese d’adozione, ha trentanove anni e insegna materie letterarie negli istituti superiori all’ombra della Mole. Laureato in Filologia Moderna all’Università degli studi di Catania e in Scienze Storiche presso l’Università degli studi di Torino, prova a tenere insieme la passione per le narrazioni con quella per la ricerca storica indipendente. Ha esordito con il romanzo La solitudine dell’orso (2019) e nel frattempo è diventato papà di Federico e non ha mai smesso di frequentare archivi e biblioteche, cinema, librerie, negozi di giocattoli e mercatini delle pulci. Suoi articoli e racconti sono apparsi nel corso degli anni su riviste online e cartacee.
Loredana Cilento
La recensione su Mille Splendidi Libri e non solo