L’amicizia è uno dei legami più preziosi e significativi che possiamo coltivare nella vita. È un rapporto basato sulla fiducia, sul rispetto reciproco e sull’autenticità. Gli amici sono quei compagni di viaggio che scelgono di camminare al nostro fianco, condividendo gioie, dolori, successi e sfide. Un vero amico non è solo una presenza nei momenti di festa, ma una luce nelle ore più buie. È su questo tema che ripartiamo in questo 2025 tra libri che hanno affrontato l’amicizia anche nelle branche più inaspettate: l’esempio è il #librocopertina in uscita il 10 gennaio di August Kubizek dal titolo “Il giovane Hitler che ho conosciuto“, pubblicato Bibliotheka Edizioni. Il direttore d’orchestra e scrittore austriaco, scomparso nel 1956, è noto soprattutto per essere stato l’amico fraterno di Adolf Hitler nel periodo adolescenziale. E in questo libro si chiede e descrive quel “simpatico amico”, che riusciva a fallire ovunque, se non nell’arte (dipingeva cartoline), per poi giungere a un successo personale, venedo fuori con una personalità devastante che è costata la vita di milioni di esseri umani. E sempre sulla scia dell’amicizia dove si intravede un’opportunità per crescere insieme, per ispirarsi a vicenda e per costruire ricordi che dureranno tutta la vita, non manchiamo con i nostri flashback dove il filo invisibile di questo sentimento, unisce i cuori, rendendo il cammino più dolce e il mondo un luogo meno solitario. #Librocontrocopertina, in libreria da fine dicembre, è un gioiello di rara bellezza, che il giornalista Giuseppe Laganà, insieme con il protagonista Pierino Cieno, hanno pubblicato per Hi_Qu Books: “Papà non torna”, storia del non capire perché dalla nascita, per 39 anni Pierino Cieno fu internato in Albania. Sul fronte siciliano molte novità, tra queste inganni e verità degli etnei Consuelo Consoli e Luigi La Rosa per Algra, il ritorno per i tipi di Guanda della peloritana Nadia Terranova e un frame di storia sardo-francese narrata dall’aretusea Adriana Valenti Sabouret, per Arkadia.
In libreria da dicembre
Teresio Asola, L’alba dei segreti. Storie della città vecchia, Araba Fenice
Ècapitato a tutti di ritrovare su ritagli ingialliti vicende così strambe da sembrare inventate, di origliare sussurri di osteria e mormorii familiari resi a fiato sospeso, col groppo in gola e un sorriso sul viso, e di accantonarli nella memoria senza mai approfondirli né svelarli per una sorta di antico pudore. Questo libro, nell’indagare sulla scomparsa di un tesoro e di tre quarantacinquenni in una città che assomiglia ad Alba, dà voce a segreti di un vecchio Piemonte quasi dimenticato: destini e misteri di paese, intrighi di famiglia, tragedie della storia, drammi e illusioni della vita, tra Turrita Piemonte, Rosasca Langhe, Valerigi, Rusiletto Tanaro e Roveglio. Paesi inventati ma più che mai veri, luoghi dove la vita reale può giocare a rimpiattino con la finzione cinematografica.
Fantasmi del passato introducono sorprese tratte dai drammi della vita o, forse, dalla fantasia di chi ha abitato quel territorio, precipitando verso un imprevedibile finale.
Ma non è la fine. Il romanzo cammina verso una chiusa inaspettata, capace di rovesciare il già inatteso epilogo e di dare al lettore il privilegio di sbrogliare qualche filo della storia e – chissà – della propria esistenza.
Guy Chiappaventi, Il portiere di Ceaușescu, Bibliotheka Edizioni
Èuna storia lunga quasi quarant’anni e undici metri. La storia di quando una squadra di sconosciuti strappò, fuori casa, il titolo più importante del calcio europeo – la Coppa dei campioni – a una superpotenza, il Barcellona. Era la notte magica del 7 maggio 1986 e, nello stadio di Siviglia, Helmut Duckadam, allora ventisettenne, riuscì nell’impresa di parare tutti e quattro i rigori dei giocatori catalani, in mondovisione e davanti a 60 mila spettatori e al Re di Spagna. La biografia di questa autentica leggenda del calcio, morto il 2 dicembre scorso all’età di 65 anni, viene ricostruita dal giornalista Guy Chiappaventi, inviato speciale del tg La7 e premio Ilaria Alpi nel 1998, nel libro “Il portiere di Ceaușescu”. L’autore immagina che Duckadam – incarnazione del blocco comunista, “muro rosso”, “saracinesca romena” – racconti la sua storia in prima persona: “Non avevamo neanche le magliette per giocare, né l’energia elettrica per allenarci la sera a Bucarest e non potevamo accendere i riflettori dello stadio. Facevamo luce con i fari delle auto”. Il Partito comunista romeno aveva promesso ai calciatori un premio prestigioso in caso di vittoria della Coppa dei campioni, una somma di denaro e una moto oppure un’automobile. “Da noi non era facile avere un’auto. Facevi domanda per una Dacia 1300 e poi aspettavi mesi, e qualche volta anni, prima che te la consegnassero. Quindi era un buon incentivo. Ma non avevamo bisogno di motivazioni oltre la posta in palio. Tutti volevamo giocare e vincere la finale, per noi stessi e per la patria. Insomma ci sentivamo pronti, sapevamo che sarebbe stata dura ma volevamo vendere cara la pelle”.
Quando la Steaua rientrò in Romania, all’aeroporto 15 mila persone accolsero i giocatori e almeno altrettante scesero in strada per seguire il tragitto del pullman fino a Bucarest. Fu un fatto insolito per il Paese comunista, dove le manifestazioni spontanee di piazza erano vietate, ma il regime volle capitalizzare la vittoria. Il presidente Nicolae Ceaușescu invitò la squadra a palazzo e Duckadam diventò per sempre l’eroe di Siviglia, l’uomo che era stato capace di regalare una notte di felicità a un popolo che viveva con le luci spente, senza riscaldamento e con il frigorifero vuoto.
Adriana Valenti Sabouret, Rivoluzionari sardi in Francia, Arkadia
Adriana Valenti Sabouret, grazie a una meticolosa ricerca d’archivio e alla rivisitazione di nuove e inedite fonti storiche, traccia in questo saggio non solo un bilancio complessivo del periodo ma illumina di nuova luce la caratura dello stesso Angioy e di coloro che ruotarono intorno al suo mondo, ricostruendo con minuzia di particolari fatti e vicende sepolti nei recessi di carteggi impolverati e oramai dimenticati.
Giusy Scandurra be Agatino Catania, La vela magica, Algra
Gioia, Samyra e la mamma diventano davvero marinai di un equipaggio, su splendide barche a vela che, con l’aiuto della Lega Navale Italiana, raggiungono un porto sicuro in cui essere di nuovo “libere” di guardare l’orizzonte.
Maria Luisa Jetti e Pedro Escamilla, Il paese di un ventaglio e altri racconti, Algra
Iracconti di Pedro Escamilla hanno in comune un personale modo di presentare il fantastico, dove l’insolito e il fatidico tendono più verso il giocoso che verso il terrificante.
Guglielmo La Cognata, La filosofia raccontata ai ragazzi… e non solo!, Algra
«Mi chiamo filosofia, risolvo problemi. O almeno ci provo». In queste pagine si troverà l’avvincente storia della filosofia, una storia di idee, avventure e sogni, l’ideale per chi vuole assaporare la più grande impresa dello spirito umano e fare il pieno di carburante psichico.
A cura di Consuelo Consoli e Luigi La Rosa, Inganni e verità, Algra
Succede di credere in qualcosa che non esiste, di costruire mondi artefatti nella convinzione di seguire la direzione giusta. Succede o è successo a tutti. Quando però la verità irrompe inaspettata, travolgendo come una valanga, occorre fare i conti con la cecità che ha impedito di scorgere cosa celi la linea tremolante dell’orizzonte. Sono trentaduele voci di “Inganni e verità”, racconti di Angela Allegria, Francesca Battaglia, Franzina Bilardo, Ivana Cammà, Massimiliano Cantalupo, Tina Casto, Margherita Cinelli, Consuelo Consoli, Loredana Cristina, Lucilla Dammino, Rosa Anna Genovese, Daniela Ginex, Patrizia Grasso, Maria Grazia Guerini, Lucia Imprescia, Pinella Leonardi, Adriana Marciante, Daniela Marra, Raffaella Mastroiacovo, Antonella Panarello, Flavio Prestifilippo, Adriana Privitera, Milena Privitera, Gabriella Rossitto, Marisa Rotella, Maria Salerno, Federico Salvo, Sonia Ternullo, Giovanna Trimarchi, Nicolò Tuttolomondo, Laura Ventimiglia e Gabriella Vergari. Sono epifanie deludenti, traditrici, rivelatorie, definibili con i mille aggettivi di chi, persa la fiducia, deve rimboccarsi le maniche e decidere di andare incontro alla realtà nuda, cruda, dolorosa a volte, ma l’unica che vale la pena di perseguire.
Libro copertina, Il giovane Hitler che ho conosciuto di August Kubizek, Bibliotheka
«Per quanto la memoria mi ha concesso, ho tracciato il ritratto del giovane Hitler. Ma alla domanda, allora sconosciuta e inespressa, che pendeva sopra la nostra amicizia, ancora oggi non ho trovato una risposta: Quali erano le intenzioni di Dio quando creo quest’uomo?»
August Kubizek (1888-1956), direttore d’orchestra e scrittore austriaco, è stato l’amico fraterno di Adolf Hitler durante l’adolescenza. I due si conobbero nel 1904 ed entrambi frequentarono il Conservatorio a Vienna; gli studi vennero portati a termine solo da Kubizek, che vide la carriera interrompersi allo scoppio della prima guerra mondiale. I due si ritrovarono a metà degli anni Trenta, durante l’annessione dell’Austria alla Germania. Fu proprio in quel periodo che Hitler, divenuto Cancelliere, chiese a Kubizek di scrivere sulla loro amicizia. Il risultato è il libro “Adolf Hitler, mein Jugendfreund” (“Il mio amico di gioventù”), che l’editore austriaco Stocker pubblicò nel 1953 e che ora l’editore romano Bibliotheka manda in libreria il 10 gennaio, nella traduzione di Alessandro Pugliese (372 pagine, 16 euro), col titolo “Il giovane Hitler che ho conosciuto”. Si tratta di uno dei più importanti testi per comprendere la figura del dittatore. Kubizek descrive in che modo si formarono il carattere feroce, l’impareggiabile forza di volontà e l’implacabile sistematicità mentale del più ingombrante, scomodo e crudele personaggio del Novecento. Durante l’adolescenza, Hitler è un ragazzo alla deriva: ha fallito a scuola, è disoccupato, è stato respinto dall’Accademia d’Arte di Vienna, vive miseramente dipingendo cartoline. Ma dietro quest’apparente inettitudine, Kubizek mostra il carattere di un individuo che, da questi inizi, facendo leva su una personalità magnetica, diverrà il conquistatore più potente e terribile della storia moderna, riuscendo a mobilitare i peggiori istinti di rivalsa del popolo tedesco. Il #Librocopertina esce venerdì 10 gennaio
Le uscite di giovedì 9 gennaio
S. J. Naudé, Padri e fuggitivi, E/O Edizioni
Considerato l’astro nascente della letteratura sudafricana, lo scrittore e avvocato S.J. Naudé racconta la storia di un uomo omosessuale sudafricano, che si trova a vivere a Londra e a fare esperienze ambigue e spesso inquietanti, come quella con due uomini serbi, conosciuti in una galleria d’arte. Tra una disavventura e un’altra, l’azione si sposta a Belgrado, a Città del Capo, in Sudafrica e, infine, in Giappone. Personaggi inaspettati e avventure imprevedibili spingeranno il protagonista a esplorare i suoi rapporti familiari e a confrontarsi con lo stigma, senza frontiere, della discriminazione e delle tensioni razziali.
Le uscite di venerdì 10 gennaio
Giorgio Ghiotti, Casa che eri, Hacca
Casa che eri è una storia di abissi sentimentali, di tradimenti reali e percepiti, e soprattutto di un’amicizia, quella tra l’io narrante Aldo e Luisa. Un legame, quello fra i due, che si spezza all’arrivo di Alessio Patriarca, ua figura tanto carismatica da suscitare nei due amici gelosie e tensioni. Giorgio Ghiotti torna in libreria con un romanzo sui Millenial, oramai quarantenni, costretti inevitabilmente a un confronto col proprio sé e con gli altri.
Maria Costanza Boldrini, Gli anni dell’abbondanza, Nord
“Gli anni dell’abbondanza” è una saga generazionale che racconta di un’umile famiglia, originaria di un paesino del Centro Italia, le cui vicende attraversano un secolo di Storia italiana, a partire dalla fine dell’Ottocento fino all’occupazione nazista. Protagoniste di questa storia sono le donne della famiglia Contini: Beata, sua figlia Clarice e la nipote Antonia, le quali custodiscono un dono eccezionale, che le contraddistingue da chiunque altro: quello dell’abbondanza. Un prodigio che segnerà le loro vite, nel bene e nel male, e che le accompagnerà nelle avversità che la grande Storia gli porrà di fronte.
Benjamin Jacobs, Il dentista di Auschwitz, Bibliotheka
«I nostri nomi diventarono numero. E con il tempo capimmo perché. I numeri non avevano volto. Erano molto più facili da affrontare»
Il 5 maggio 1941 tre vecchi camion attraversano una strada sterrata polacca con a bordo centosettanta ebrei del villaggio di Dobra. Sono uomini di età compresa tra i sedici e i sessant’anni. Tra loro anche Berek Jakubowicz e suo padre, autorizzati a portare con sé solo un piccolo fagotto ciascuno. Il ragazzo non sa che quei pochi strumenti odontoiatrici utilizzati nel primo anno di formazione universitaria gli salveranno la vita. La sua storia viene narrata dai lui stesso nel libro “Il dentista di Auschwitz”, firmato con il nuovo nome (Benjamin Jacobs) assunto negli Stati Uniti, dove emigrò dopo la liberazione (Bibliotheka, 376 pagine, 16 euro, dal 10 gennaio in libreria nella traduzione di Alessandro Pugliese). Nei cinque anni di privazioni trascorsi nei campi di sterminio nazisti, tra cui Buchenwald, Dora-Mittelbau, e Auschwitz (dove entrò in contatto con il famigerato Josef Mengele, medico e criminale di guerra), ha visto morire il padre ed è stato costretto ad esercitare la professione dentistica su prigionieri e ufficiali e ad estrarre i denti d’oro dei cadaveri appena usciti dalle camere a gas. Accolto con favore unanime dalla critica alla sua comparsa negli Stati Uniti, Il dentista di Auschwitz indaga sulla proliferazione del male dalla prospettiva di chi ha vissuto a stretto contatto con un orrore assoluto e onnipervasivo. Una lettura che meglio di qualsiasi libro di storia riesce a rendere un tempo in cui «i nomi divennero numeri senza volto» e in cui chi subì la deportazione «pur avendo il cuore pieno di lacrime, dimenticò per sempre come piangere».
Le uscite di martedì 14 gennaio
Giuseppe Antonelli, Il mago delle parole, Einaudi
Il mago delle parole è un’opera intelligente che trasforma la nostra percezione della lingua italiana e della sua grammatica, attraverso la storia di un professore di italiano che se ne inventa sempre una, e facendo della sua ora di lezione il momento più entusiasmante di tutta la giornata. Un insegnante anticonformista che rifiuta i metodi tradizionali d’insegnamento, che non assegna voti e che pone l’ascolto e la curiosità dei propri studenti al primo posto. Un libro che dimostra come spesso la scuola, e coloro che rappresentano questa istituzione, possono davvero cambiarci la vita e trasformare l’esperienza scolastica in un’avventura unica e affascinante.
Rob Perry, Dog, Mondadori
“Dog” è un romanzo potente sul coraggio, l’empatia e la capacità di affrontare le proprie peggiori paure. La vita del diciottenne Benjamin Glass, ragazzo ipocondriaco, introverso e incapace di prendersi cura persino di sé stesso, viene stravolta quando un giorno, mentre passeggia in una spiaggia, si imbatte in un cane randagio che lo segue fino a casa. A questo punto, Benjamin non sarà più in grado di rimandarlo indietro. Questo nuovo ingresso nella sua vita ridisegnerà i contorni del suo destino, ponendolo di fronte a sfide inattese e ad abbandonare la propria zona di comfort. Attraverso situazioni ironiche e surreali, si raccontano di aspetti universali come: la solitudine, la paura di vivere e il desiderio di entrare in relazione con gli altri.
Pietro Grossi, Qualcuno di noi, Mondadori
Pietro Grossi, vincitore già di numerosi premi letterari, dopo sette anni di silenzio consegna ai suoi lettori un profondo romanzo di formazione sulla tormentata ricerca di sé, la scoperta del mondo e dell’amore. Un viaggio personale e un’indagine interiore in cui il “noi” si intreccia con l’io narrante, il passato con il presente, e ci racconta di un viaggio di trasformazione che attraversa prima gli anni di un’infanzia, tranquilla e protetta, e poi quelli burrascosi ed eccessivi dell’adolescenza. Una scoperta dolorosa, contraddittoria e al tempo stesso appassionante, che si interfaccia con gli interrogativi universali dell’esperienza umana.
Lisa Marie Presley e Riley Keough, Da qui fino all’ignoto, Piemme
Uno straordinario memoir che ripercorre la vita di Elvis Presley, icona musicale e culturale fra le più celebri in grado di segnare la storia della musica. A raccontarne le vicende private la figlia Lisa Marie Preslely.
Nadia Terranova, Quello che so di te, Guanda
Quello che so di te è un romanzo personale e intenso che si interroga sul potere e l’importanza della memoria per ricostruire il proprio presente. La protagonista della storia intraprende infatti un viaggio fisico e mentale, che indaga nella propria storia familiare per arrivare a Venera, la sua bisnonna che, un giorno di marzo, è stata internata nel manicomio di Messina, il Mandalari. Giunta sino a lì, inizia il suo cammino a ritroso nelle pagine del passato e interroga una Mitologia Familiare che spesso si rivela inattendibile. In questa sua notevole opera, Nadia Terranova riflette anche sulla follia, ed esprime l’urgente bisogno di comprendere chi siamo e da dove veniamo attraverso le storie di chi ci ha preceduto.
Le uscite di mercoledì 15 gennaio
Stig Dagerman, L’uomo che non voleva piangere, Iperborea
Sperimentatore e inventore della prosa svedese, erede della grande tradizione del romanzo sociale e maestro del racconto realistico, Stig Dagerman con L’uomo che non voleva piangere riscopre la luce ancora una volta, anche dopo la sua morte, consegnando ai suoi lettori racconti mai pubblicati, dove l’autore con grande versatilità e ricerca di nuovi mezzi espressivi coniuga aspetti ricorrenti della sua prosa con i grandi enigmi dell’esperienza umana, come: il terrore che scaturisce senza un perché, i sensi di colpa ossessivi e il desiderio di un amore indispensabile e allo stesso tempo irraggiungibile.
Le uscite di venerdì 17 gennaio
Buffy Cram, C’ero una volta, NNE
Vancouver, 1980. Elizabeth ha diciannove anni e ha trascorso gli ultimi dieci in un istituto psichiatrico. Soffre di allucinazioni e non riesce a distinguere del tutto la fantasia dalla realtà. Cerca di rimettere insieme i pezzi e i fantasmi del suo passato, a partire da quando, nel 1969, viveva con la madre Margaret in una roulotte in Ontario. A quei tempi Margaret, incapace di badare a se stessa e incurante della figlia, sogna di diventare una cantante famosa a Woodstock. Per aiutarla a realizzare i suoi desideri, Elizabeth a soli otto anni commette il suo primo reato: ruba le chiavi di uno scuolabus e, insieme alla madre, si avventura in un viaggio dal Canada agli Stati Uniti, vivendo di espedienti, fingendosi indovina e leggendo la mano ai passanti in cambio di pochi spiccioli. Quando però le due entrano a far parte di una comunità hippie che attende la fine del mondo, la madre l’abbandona per unirsi a un gruppo di Hare Krisna e la ragazzina farà di tutto per ritrovarla e portarla a coronare il suo sogno. C’ero una volta, il primo romanzo di Buffy Cram, è una storia di crescita e rinascita in grado di toccare picchi di dolore e gioia con ironia e leggerezza. Un’avventura folle e lucidissima, magica e reale, intrisa di psichedelia e visioni attraverso l’America degli anni Settanta, tra controcultura e teorie del complotto, sbarco sulla luna e rock ‘n’ roll.
Sebastiano Martini, Il desiderio imperfetto, Arkadia
Fabrizio ed Enrico vivono a Montemarcello, in un borgo tra la Liguria e la Toscana affacciato sul mare. I due ragazzini sono amici fraterni e con le idee chiare sul loro futuro: Enrico farà l’artista, mentre Fabrizio, per una vicenda familiare, finisce per amare la letteratura e da grande vorrebbe fare lo scrittore. Una volta adulti, mentre Enrico sembra concretizzare il suo sogno di artista, lo stesso non accade per Fabrizio che dovrà confrontarsi con la complessità del mondo editoriale e con un carattere più introverso e meno intraprendente dell’amico.
Alessandro Fantin, Dio mi deve chiedere perdono. La storia di Luciano Battiston, un ragazzo di campagna deportato a Mauthausen, Nuovadimensione
Un romanzo sull’amicizia, la crudeltà umana e la spirito di resistenza che si dispiega nella drammatica cornice del secondo conflitto mondiale. Il protagonista, Luciano, è un giovane ragazzo di provincia della campagna pordenonese, che nel 1945 viene arrestato dai nazisti durante un rastrellamento notturno. La sua vita è appesa a un filo, fino a quando incontra nel lager tedesco in cui è prigioniero un compaesano, Luigi «Vigi» Belluz, con il quale condividerà questa esperienza disumana, alla quale alla fine sopravviveranno, grazie al soccorso delle truppe americane. Ma l’inferno non è ancora finito. Numerose saranno le difficoltà che incontreranno sulla strada di casa.
Cristina Chiuso, Con la testa sott’acqua. Il mondo visto da chi nuota, add editore
Cristina Chiuso, capitana della nazionale italiana femminile di nuoto, insegnante e giornalista, spiega attraverso questa biografia il suo rapporto con l’acqua, da un punto di vita personale e professionale, e affrontando aspetti come l’agonismo, il femminismo, la solitudine e la depressione, la Storia del nuoto, e il rapporto con il proprio corpo. Una realtà complessa, e spesso sconosciuta, che prende forma attraverso rivelazioni personali, racconti e aneddoti di campioni e campionesse che hanno trovato nell’acqua silenzio e rifugio dal frastuono del mondo.
Libro controcopertina, Papà non torna di Giuseppe Laganà e Pierino Cieno, Hi_Qu Books
Era sera, la redazione era vuota, squilla il telefono, rispondo, e una voce dice: “Mi chiamo Pierino Cieno, ho 54 anni, sono nato a Tirana nel 1951 ma sono italiano. I miei genitori sono italiani. Mio padre, ingegnere, lavorava per la ricostruzione del paese balcanico. Nel 1951, avevo poco meno di un anno, scoppia una bomba nell’ambasciata sovietica di Tirana. Viene accusato mio padre insieme ad un gruppo di italiani…Vengono rimpatriati dopo un processo sommario. Erano tutti innocenti. Io e mia madre avremmo dovuto seguirli dopo circa una settimana. Invece, mentre il traghetto, con il suo carico umano, si staccava dal porto di Durazzo, io e mia madre venivamo condotti a Saver. Un campo di internamento disperso nelle campagne d’Albania. Ne siamo usciti solo nel 1989, dopo 38 anni. C’erano centinaia di civili italiani. Si erano semplicemente dimenticati di noi… Mi sono sposato in un gulag, ho avuto dei figli in un gulag, mi sono aggrappato all’unica immagine che avevo di mio padre e sono sopravvissuto con un unico obiettivo…riabbracciarlo un giorno. Ho sognato l’Italia ogni notte della mia vita…”.
Salvatore Massimo Fazio
Il link alle segnalazioni su SicilyMag: https://tinyurl.com/4z6k6mvb
In una Europa teatro di sconvolgimenti politici, guerre e rivoluzioni che muteranno per sempre il volto e il futuro del Vecchio continente, a cavallo tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, una miriade di personaggi – chi più, chi meno conosciuto – ha affollato la scena della storia, contribuendo ognuno con il proprio agire a tale cambiamento. Tra questi ecco emergere la figura di Giovanni Maria Angioy, figlio della piccola nobiltà terriera sarda, postosi a capo di un movimento che chiedeva per la sua isola eguaglianza sociale e progresso. Finirà, la sua avventura, con un esilio doloroso, il distacco dalla famiglia, l’oblio politico. Accanto a lui tanti grandi e piccoli protagonisti della sua epoca, dal cardinale Joseph Fesch, ecclesiastico di spicco nella Francia napoleonica e zio di Napoleone Bonaparte, a Francesco Sanna Corda, da Gioacchino Mundula e Michele Obino a Letizia Ramolino. Adriana Valenti Sabouret, grazie a una meticolosa ricerca d’archivio, alla rivisitazione di nuove e inedite fonti storiche, traccia in questo saggio non solo un bilancio complessivo del periodo ma illumina di nuova luce la caratura dello stesso Angioy e di coloro che ruotarono intorno al suo mondo, ricostruendo con minuzia di particolari fatti e vicende sepolti nei recessi di carteggi impolverati e oramai dimenticati.
Adriana Valenti Sabouret, nata a Siracusa, laureata in Lingue e letterature straniere, si appassiona in particolar modo al francese e alla sua vasta produzione letteraria. Insegnante, a 25 anni decide di trasferirsi in Francia diventando docente presso l’Istituto Statale Italiano Leonardo da Vinci a Parigi e il Liceo Internazionale di Saint Germain-en-Laye. Dopo aver svolto diversi incarichi per conto del Ministero degli Affari Esteri italiano, si cimenta nell’ambito della traduzione e inizia la collaborazione con alcune riviste. Nel 2019 esordisce in Francia con il romanzo Le rêve d’Honoré (Éditions du Panthéon). Con Arkadia Editore ha pubblicato i romanzi storici Madame Dupont (2021), La ragazza dell’Opéra (2023), Le nobili sorelle Angioy (2024) e il saggio Rivoluzionari sardi in Francia (2024). Ha al suo attivo numerosi articoli e interventi di carattere letterario.
La segnalazione su La biblioteca di Sergio Albertini
“ Cagliari, 13 giugno 1781, chiesa di Sant’Eulalia.
«Evviva gli sposi!» «Lunga vita ad Annica e Gio Maria!»
Gli invitati in festa per il lieto evento lanciavano spighe di grano e rose che, stagliandosi su un cielo vespertino rosato dal tramonto, ricadevano al suolo tappezzandolo di macchie dai colori tenui. Un profumo di petali appena raccolti saturava l’aria lieve e tiepida di quel giugno cagliaritano. […] La tattica della riservatezza che le avevano imposto nei confronti del fidanzato poteva essere abbandonata e la ragazza poteva ora aprirgli il cuore. Era ardente e piena di vita come una bambina da quando si era tolta il peso di dire «Sì».”
Con questo incipit la scrittrice siciliana Adriana Valenti Sabouret ci coinvolge subito nella vicenda della giovane coppia, Annica Belgrano e Gio Maria Angioy, che si appresta a iniziare un viaggio difficile, nonostante l’amore che li unisce. Avranno tre figlie: Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Dopo la morte improvvisa della madre le tre sorelle perderanno anche il padre che diventò sempre più insofferente al regime totalitario dei Savoia che governavano l’isola e abbracciò gli ideali democratici per difendere i contadini dagli abusi dei feudatari. A causa delle sue idee libertarie, fu bollato come traditore e fuorilegge. Dovette fuggire per evitare la condanna a morte.
Visse gli ultimi suoi anni a Parigi, solo e malato, assistito da Madame Dupont, una locandiera, fino al giorno della morte. Nel secondo romanzo “Le nobili sorelle Angioy”, la scrittrice, continua con un lavoro investigativo e capillare sulle vicende legate al patriota sardo e alla sua famiglia, dove racconta e spiega perché le figlie si rifiutarono di incontrare Madame Dupont. Giovanni Maria Angioy, ebbe una brillante carriera accademica, che lo portò a far parte della Real Udienza, il massimo organo giurisdizionale dell’epoca. Fu il cardine nella Sardegna di fine Settecento, rimasto simbolo di uniformità e di patriottismo ancora oggi. Un intellettuale arguto e intelligente: le sue idee politiche erano, già allora, all’avanguardia: la sua visione realistica sull’economia della Sardegna è ancora motivo di riflessione e di discussione.
“Il suo impeto di gioia alla vista della figlioletta era stato offuscato dalla famiglia Belgrano, moralmente troppo distante da lui. I loro due mondi incompatibili: legati alle apparenze e attaccati ai beni i Belgrano; idealisti, spirituali e liberali gli Angioy, degnamente rappresentati da Giovanni Maria. Non che l’uomo non badasse al materiale: sapeva essere concreto e occuparsi di finanze ma non tanto da farsene abbagliare. Il denaro era per lui mezzo e non il fine.”
Traspare dal romanzo tutta la forza di quel periodo di dure lotte. Il ruolo radicato profondamente nella nobiltà feudataria iniziò a sgretolarsi già sul finire del ‘600 e continuò la sua lenta decadenza per tutto il ‘700 fino alla rivoluzione francese. La contestualizzazione storica del romanzo indica che le ragioni della decadenza feudale furono l’economia e la politica, la mancanza di uno spirito imprenditoriale e l’assenza di quella visione nuova, auspicata da Giovanni Maria Angioy, necessaria per gestire un feudo. Nel sottofondo c’era la Cagliari ancora avviluppata nelle proprie tradizioni arcaiche: tradizioni che furono i punti nevralgici della ribellione, spianando la strada alla “Sarda rivoluzione.” I sudditi rivendicavano una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia alla classe dirigente locale: al rifiuto, da parte del governo Piemontese, la borghesia cittadina con l’ausilio del resto della popolazione incitò all’insurrezione; le idee di autonomismo e indipendentismo isolano iniziarono a prendere forma, esprimendosi apertamente contro la tirannide del feudalesimo difeso dai Savoia a danno dei sudditi sardi: infatti l’imposizione fiscale era molto pesante.
La lotta iniziata già negli anni Ottanta del Settecento, proseguì negli anni Novanta attraversando tutta l’isola. Pesò molto il rancore che la Sardegna fosse chiamata in causa nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e di conseguenza contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese tentò di sbarcare a Carloforte e a Cagliari. I Sardi opposero resistenza con ogni mezzo a loro disposizione, in difesa della loro terra e dei piemontesi. Questa vittoria contro i francesi diede fervore alla popolazione, che si aspettava una ricompensa per la fedeltà alla Corona, la quale ricompensa non arrivò mai. L’arresto comandato dal viceré di due membri del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor, fu la scintilla che diede inizio all’insurrezione. Proprio il 28 aprile del 1794, la popolazione esasperata decise di allontanare il viceré e tutti i piemontesi. Sono i giorni “de s’aciapa”(la caccia ai piemontesi ancora in città). Incoraggiati, gli abitanti di Alghero e Sassari, fecero altrettanto. “Sa die de sa Sardigna” è la festa del popolo, per i “Vespri Sardi”, ovvero la rivolta popolare del 28 aprile 1794, che ricorda, appunto, l’allontanamento da Cagliari dei Piemontesi e del viceré.
“Gio Maria, se solo riusciste a comprendere il bene che vi voglio…ma la vita che conducete non è la mia. Le vostre lotte non soltanto mi lasciano indifferente ma m’infastidiscono e disturbano la mia famiglia. Potremmo vivere bene, insieme siamo una forza. […] Occupate un incarico di prestigio.[…] Perché con i vostri atti vi ponete a rischio di offendere il governo sabaudo? Perché non mettete a tacere le idee che vi spingono a lottare per gente che neanche conosciamo? Il popolo Sardo…Come fate a preferirlo alla vostra famiglia?”
Annica lo amava, ma non riusciva a capire le sue idee né i suoi pensieri. Prigioniera nella gabbia dorata di quell’ambiente nobiliare e aristocratico. Lei e le loro figlie soffriranno di questo abbandono e lo vivranno come un tradimento coltivando a lungo sentimenti contraddittori. L’amore incondizionato di un padre viene travolto dagli eventi con conseguenze devastanti; l’oppressione di un’infanzia logorata dalla precoce morte della madre accompagneranno la vita di Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Intorno alle tre sorelle ruotano personaggi realmente vissuti sullo sfondo dei progressi societari significativi del secolo dei Lumi, che porrà le basi della nuova Sardegna. Le frasi, i dialoghi, le descrizioni di volti, di strade, di chiese, di cieli, di natura, svelano una presenza che commuove, che alimenta un misterioso fuoco all’interno della scrittura: questa è la Libertà. Voci di uomini che si distinsero con coraggiose idee di modernità, rimasti profondamente coinvolti nella grande storia contemporanea; essi sono ancora vivi, come la loro passione. Uomini e donne non più sconfitti, ma colpevolmente dimenticati in fosse comuni.
Pro
Uno stile ricco di neologismi e di sinestesie, danno colore alla narrazione.
Contro
Alcuni passaggi troppo prolissi rallentano una brillante scrittura.
Trama
Tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi sono lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà? La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata.
Raffaelina Di Palma
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Trama – La Sardegna a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento è lo scenario de Le nobili sorelle Angioy di Adriana Valenti Sabouret. Uno scenario maestoso, in cui le sorelle Angioy – Speranza, Giuseppa e Maria Angela, protagoniste del romanzo, come il titolo ci suggerisce – si muovono con grazia e nobiltà d’animo tra gioie e dolori, amori e lutti, complicità e tradimenti, nella loro bella Cagliari scossa da continui fermenti che sembrano far pensare a imminenti stravolgimenti sociali, salvo poi concludersi puntualmente con la repressione. Inizia con la descrizione di una scena di un matrimonio Le nobili sorelle Angioy, ed è indicativo che ne seguiranno molti altri. Adriana Valenti Sabouret sembra rispondere a un’esigenza di far fede alla verità storica, ma anche a quella di soddisfare il lato rosa di questo romanzo. In cui il mondo femminile, con l’educazione sentimentale dell’epoca, riveste un ruolo centrale e ben si contrappone alle analisi puntuali del narratore sui fatti storici e politici del tempo. Il matrimonio in questione è quello tra Annica Belgrano e Gio Maria Angioy. Annica proviene da una famiglia ricca e borghese, con idee monarchiche e conservatrici; Gio Maria, invece, è orfano, di origini nobili e di carattere rivoluzionario. Dall’unione, non priva di conflitti, di questa coppia (mal)assortita nasceranno 3 bambine, le nobili sorelle Angioy, per l’appunto. Le 3 sorelle rimarranno ben presto orfane di madre, e il padre, chiamato dal re a ricoprire un importante incarico come Alter nos a Sassari, è costretto ad imporre un ulteriore dolore alle bambine affidandole alle cure delle suore. In questo istituto, forti solo della loro inossidabile sorellanza, si formeranno nella severità e austerità del monastero, secondo le regole conservatrici e repressive delle religiose, le quali abborriscono il carattere dissidente del padre delle ragazze. All’uscita dal monastero le tre sorelle saranno prese in cura dalla nonna materna, che per quanto riguarda le idee sul padre non si discosta molto da quelle delle suore, ma per il resto offre alle ragazze la tanto desiderata casa, in cui sentirsi coccolate e amate. Una nuova vita inizia, perciò, per le sorelle Belgrano Angioy. Fatta di amori e ricchezza, da cui non è esente una certa frivolezza e gusto per la moda. La nonna si incarica di trovare marito alla prima delle sorelle, Speranza, e da qui sarà un matrimonio dopo l’altro. Man mano che le giovani entrano nelle loro vite di giovani spose, il lontano ricordo del padre e delle sue idee egualitarie si farà sempre più remoto e sfocato.
Chi era realmente Gio Maria Angioy?
Un galantuomo che aveva rinunciato alla sua vita per il benessere del proprio popolo? Un sognatore? Un condottiero? Un predestinato a compiere un’alta missione in Sardegna?
O era forse un capo ribelle? Un traditore del re? Un irresponsabile o addirittura un brigante?
Le nobili sorelle Angioy avevano udito, dai tempi del monastero, un caleidoscopio di versioni discordanti, malgrado il tentativo di proteggerle operato dalla famiglia.
Il padre intanto è sempre più irraggiungibile, anche fisicamente; si trova, infatti, in esilio a Parigi e le figlie sono costrette a ricacciare la pena per l’assenza del padre, poiché non sarebbe comunque socialmente accettata. Le sorelle Angioy, lontane anni luce dalla politica, come era consuetudine per le nobildonne, o meno, dell’epoca, si consacreranno a costruire le loro famiglie, nel solo ruolo che è loro concesso, quello di moglie e madre, visto che figlie non possono più esserlo. Ma anche qui, i dolori e i lutti non le risparmieranno.
Le nobili sorelle Angioy – un romanzo storico
Adriana Valenti Sabouret ci racconta una Sardegna in cui l’aristocrazia è arroccata nei suoi privilegi e il popolo si ritrova in uno stato di tumulto costante, schiacciato dalla fame e dal malcontento verso un sistema feudale ormai obsoleto. È la Francia con la sua Rivoluzione a portare un vento di nuove idee liberali, il germe delle nuove speranze si insidia soprattutto negli intellettuali. Primo fra tutti Gio Maria Angioy. Un eroe postumo che la società del suo tempo non seppe riconoscere, tranne poche eccezioni, impegnata come era a renderlo vittima di ostracismo. Le battaglie di Napoleone in Italia, l’epidemia di febbre gialla che decimò la popolazione sarda, i progressi della medicina anatomica sono altri elementi che contribuiscono a tracciare un quadro completo della società dell’epoca e a conferire, allo stesso tempo, uno spessore storiografico a Le nobili sorelle Angioy. Adriana Valenti Sabouret, ricostruendo una storia lontana e dimenticata, ha il grande merito di riportare l’attenzione su un uomo che sacrificò la propria vita per la giustizia sociale del suo popolo e di mostrare così le conseguenze che queste sue idee ebbero nell’intimità dei rapporti umani con le persone a lui più care: le sue figlie.
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La vita corre e se non l’acchiappi ti lascia indietro. E’ imprevedibile. Devi adattare le emozioni ai cambi repentini di rotta, ai vorticosi giri di boa, alle situazioni che si creano inaspettatamente. Accade soprattutto con le perdite, quelle importanti, legate alla famiglia e all’amore. Quando succede ti senti perso, vuoto, solo. Nei momenti di sconforto e di disordine, ti serve coraggio. E’ l’unico elemento che restituisce vigore alla forza, altrimenti rischi di rimanere immobile nel dolore. Tutto, così, passa lento e senza colori. Il legame dei figli verso i genitori e viceversa resta saldo anche quando si spezza. Si impara, addirittura, ad amare in silenzio, senza rumore. E se la vita sconvolge le esistenze perché consegna un carico di preoccupazioni e di sofferenze, bisogna sapere da che parte stare. E’ necessario comprendere anche come affrontare i tormenti che ruotano attorno alle cose di famiglia. Non hai scelta se vuoi appianare i problemi che toccano i sentimenti. Spesso diventi ruvido, secco. Capita, finanche, che ti inaridisci nel trovare la parte dritta di questioni contorte, complicate. Allora, prendi la vita per quello che essa stessa ti offre ricavandone il meglio, se puoi. In Le nobili sorelle Angioy di Adriana Valenti Sabouret conosci la storia di tre nobili ragazze cagliaritane, orfane di madre, figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi. Le sorelle sono in difficoltà perché hanno un forte dilemma: continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono, oppure imporsi di dimenticarlo sino ad ignorare le sue ultime volontà. Giuseppa, Speranza e Maria Angela Angioy sono sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per la loro età. Il romanzo si basa su una storia vera. La narrazione si fonda sull’amore, la perdita, il dolore, il tradimento, la forza, delle tre sorelle che sono al bivio della loro esistenza per delle scelte importanti da prendere. La scrittura è intensa.
Lucia Accoto
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ALGHERO – Giunta alla sua terza pubblicazione, questo nuovo romanzo storico narra di tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi, lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà. La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della madre e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata. Nata a Siracusa e laureata in Lingue e letterature straniere, per via della grande passione per la letteratura francese Adriana Valenti Sabouret si trasferisce presto in Francia diventando docente presso l’Istituto Statale Italiano Leonardo da Vinci a Parigi e il Liceo Internazionale di Saint-Germain-en-Laye. Dopo aver svolto diversi incarichi per conto del Ministero degli Affari Esteri italiano, si cimenta nell’ambito della traduzione e inizia la collaborazione con alcune riviste. Nel 2019 esordisce in Francia con il romanzo Le rêve d’Honoré (Éditions du Panthéon). Con Arkadia Editore ha pubblicato Madame Dupont (2021), La ragazza dell’Opéra (2023) e Le nobili sorelle Angioy (2024). Ha al suo attivo numerosi articoli e interventi di carattere letterario.
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