Susanna scrive e mangia
Susanna scrive e mangia, scrive e mangia. Scrive #romanzi, racconti e soprattutto #lettere che spedisce, nell’ordine, e senza alcun pudore, a:
De Gregori,
Mondadori,
Natalia Ginzburg,
Woody Allen,
Guccini,
Tolkien,
Grossman,
Roth,
Alfred Nobel.
E nelle lettere si lamenta, piagnucola, si propone e si promuove, si autoincensa, è aggressiva (Editore, né caro, né gentile), insegue, vanta i suoi scritti, confonde il reale con i personaggi che affollano la sua camera.
Susanna è una donna sola, pedante, grottesca, delirante, maniacale, non suscita simpatia né commiserazione, ma solo fastidio.
Il ritmo del libro è quello della sua vita, farneticante, ossessivo.
Nessuno pubblica i suoi scritti, niente, neppure un raccontino, nessuno neppure li guarda, i #manoscritti unti di cibo, e Susi non si capacita che altri possano riuscirci, altri falliti, altri incompetenti, come il collega che manda in stampa il poema della scarpa.
Neppure #Dio interviene in suo soccorso. Eppure Susanna lo sa, lavoricchia presso un piccolo #editore, i meccanismi afferma di conoscerli,e i complotti, i magheggi.
Anche un noto concorso nazionale la esclude, “chissà che merdose opere avevano iscritto, bastava scorrere i titoli”. Aveva vinto un romanzo UCRONICO DISTOPICO.
E così frequenta assiduamente I sentieri del carma, il ristorante-rosticceria, gastronomia, prodotti-da asporto-cucina-indiana-pakistana-cingalese, e si ingozza di olive, zemi di zucca, noccioline, biscotti, merendine, panini con il salame, focaccine all’olio, pizzette, noci, mandarini, patatine fritte, gelato.
L’#incipit del romanzo è anche la sua fine. Che qui non anticipiamo, né l’una né l’altro.
Marisa Salabelle regala al lettore un libro ironico, brutale, commovente. Un #libro sul male di scrivere e sulla smania di farsi leggere, di vivere negli occhi dei lettori. Un’analisi coraggiosa sugli ingranaggi implacabili, non più tanto oscuri, dell’#editoria.
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Che imbarazzo, sembrava parlasse a me. Non mangio tanto e non ho mai scritto a Woody Allen. Però. Però certe volte alcune idee sembrano brillanti e i film ambientati a Manhattan fanno credere che le botte di fortuna esistano, e allora uno ci prova.
Scrivo senza dire il nome, ma non è certo Alfred Nobel.
Su un manifesto pubblicitario di quelli da convegno, avevo letto il nome di un noto figlio di #Taranto che vive ormai nella capitale ed è diventato importante.
Gli scrissi una mail per chiedergli di leggere #Winday, il mio romanzo che parlava della città e della #Settimana Santa, e magari un consiglio, un suggerimento e, senza ipocrisia, pure due righe da qualche parte.
Ovvio che non può occuparsi di tutti i libri dei tarantini, peggio ancora di tutti quelli che scrivono di #Settimana Santa. Io lo so che quando uno diventa importante chissenefrega degli altri.
Ma ci avevo provato, sull’indirizzo privato, e adesso, ripensandoci, mi sento un po’ Susanna scribacchina.
A ogni modo non rispose mai, manco per educazione.
Eppure lo so per certo che alla città lui è legato, quindi deve essere stata un’altra, la ragione del silenzio.
È che io sono #romanista e lui #laziale e secondo me questa cosa, senza saperla, l’ha percepita nell’anima. Deve essere stato questo, altrimenti mi rispondeva.
Tutti quelli che scrivono libri sono, almeno per una volta, una Susanna obesa.
Daniela Stallo
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