Prima di concederci qualche giorno di relax per Pasqua, tuffiamoci in un mare di novità lettararie davvero entusiasmanti. Torna infatti in libreria Tove Ditlevsen, per Fazi, con Dipendenza, l’ultimo capitolo di questa trilogia capolavoro dedicata a donne, working class culture, ambizione. Torna anche un’autrice che abbiamo amato moltissimo, Tiffany McDaniel con Sul lato selvaggio, sempre per Atlantide. Un romanzo duro e sincero, come i precedenti, che non vi lascerà scampo. Torniamo invece nel XVII secolo con Arkadia e la sua prossima uscita: Il cavaliere senza onore di Nicolò Migheli. Un’affascinante storia di briganti e nobili. Un’anticipazione per fine mese: per Mimesis arriva Le prigioni rendono la società più sicura e altri venti miti da sfatare sull’incarcerazione di massa, un saggio di Victoria Law, a cura di Arabella Soroldoni. Dall’abolizione del carcere all’abolizione della struttura di polizia. Ne parla Derecka Purnell in Come sono diventata abolizionista, in uscita per Fandango. Passiamo ora alla poesia con Giulio Perrone e la nuova raccolta di Gilda Policastro, La distinzione. Versi che racchiudono memorie, disfunzioni e altre bizzarrie della vita.
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Il gesuita Andrés Febrés protagonista del romanzo di Nicolò Migheli
Capita che la storia sia spesso avara di dettagli e costringa a ruoli marginali personaggi che hanno contribuito in modo determinante all’emancipazione dei popoli e alle loro vicende politico-culturali. È allora che la finzione, muovendo dalle fonti e integrandone lacune, può farsi strumento della restituzione della memoria. “La grammatica di Febrés”, terzo romanzo storico del sociologo Nicolò Migheli (Santu Lussurgiu, 1950), da oggi in libreria con Arkadia, sfrutta appieno il potere risarcitorio della letteratura. Senza mai tradire il rigore della ricerca documentaria che governa le trame, sottrae dall’oblio la luminosa figura del gesuita Andrés Febrés. «Nato in Catalogna nel 1734, missionario in Cile e morto a Cagliarinel 1790», ricorda Migheli, riconoscendo all’amico bibliofilo Emanuele Pes la genesi dell’ispirazione, «fu autore della prima grammatica del sardo, progetto coraggioso (di cui resta solo l’indice) edito negli anni in cui i Savoia imponevano alla Sardegna, isola eponima del Regno acquisito nel 1720, l’italiano».
La storia
Il primo motivo d’interesse dello scrittore, intellettuale impegnato nella difesa del principio di autodeterminazione dei popoli, voce autorevole nel dibattito su economia, lingua e cultura sarda, non sovrasta la narrazione; si coglie in filigrana, dietro un intreccio che appassiona sin dall’incipit. Ambientato in un povero alloggio della Cagliari del 1790, spazio in cui si muove il misterioso personaggio di Bonifacio d’Olmi, introduce il lettore nell’avventurosa esistenza di Febrés, vissuta perlopiù tra gli sterminati confini dell’Impero spagnolo, di cui anche l’Isola era parte.
Le Indie
Grazie a un potente flashback, la storia risale al 1756. È a Lima, capitale del vicereame del Perù da cui dipende la provincia del Cile, che si delinea il ritratto del protagonista, animato dalla passione per le lingue, strumento di evangelizzazione ed emancipazione politica. Proprio la richiesta di imprimatur per la Grammatica del mapudungun, «idioma dei Mapuche, gli indios che abitavano il Cile», è la ragione della spedizione del religioso oltre i villaggi della missione, tenace obiettivo prima dell’espulsione dei gesuiti dai territori della Corona di Spagna (1767) e della soppressione della Compagnia da parte del Papa (1773). Accompagnando Febrés in esilio, il lettore affronterà un lungo viaggio, itinerario descritto sulla mappa del mondo che si prepara alla Rivoluzione francese. Doppierà Capo Horn, varcherà l’Oceano, toccherà l’Italia, Torino e infine Cagliari.
La patria
Ci sono anche approdi di quiete nelle vicende tumultuose in cui il grammatico, ritenuto pericoloso per via dei suoi scritti polemici, viene coinvolto. La bussola è Diego Cherchi, novizio conosciuto in Cile, rientrato a Cagliari e fattosi uomo di legge. Personaggio di finzione, è legato intimamente al suo creatore. Accostato a figure monumentali del ’700 sardo (Giovanni Maria Anjoy e don Michele Obino), eroi delle istanze libertarie che segnarono il tramonto del secolo, è originario di Uràssala. Toponimo letterario già usato da Migheli nei romanzi “Hidalgos” e “La storia vera di Diego Henares de Astorga”, da oggi tasselli di una trilogia, è nella realtà Santu Lussurgiu, «il paese in cui sono nato – dice l’autore – e verso cui nutrio amore “patrio”», lo spazio sicuro e certo da cui procedere alla lettura della storia, del progresso e del mondo.
La prima
Nicolò Migheli, ospite del festival Éntula, presenterà il libro domani a Cagliari, ore 18, Fondazione di Sardegna. Interverranno Maria Antonietta Mongiu e Pietro Picciau.
Manuela Arca
Ispirato a una storia autentica, un romanzo storico ricco di mistero sulle vicende di un uomo caduto nell’oblio
Sociologo, ha al suo attivo diverse pubblicazioni di carattere scientifico, molte delle quali dedicate alla cultura e alle tradizioni dei vari territori della Sardegna. Ha esordito come scrittore con il romanzo Hidalgos (Arkadia Editore, 2011), finalista al Premio Alziator 2012, al Premio Chambéry, al Premio Città di Cuneo 2013, e tradotto in Bulgaria nel 2014. Sempre per Arkadia ha partecipato con altri autori all’antologia La cella di Gaudí (2012) e pubblicato i romanzi La storia vera di Diego Henares de Astorga (2013) e La grammatica di Febrés (2019). Un suo racconto è stato inserito nella raccolta Storie barocche (Piemme, 2021). Ha scritto per il quotidiano “L’Unione Sarda” e attualmente collabora con “La Nuova Sardegna” e la Rai. Nel 2023 ha pubblicato Il cavaliere senza onore (Arkadia Editore).