“I giovani e la crisi del Covid-19” su la Repubblica

I giovani e la crisi del Covid 19: “Siamo smarriti, bisogna cambiare rotta. Bene la didattica a distanza, ma solo nell’emergenza”

Un’inchiesta effettuata in tutta Italia proprio nei giorni del lockdown. I risultati in un volume scritto da Mauro Tuzzolino con sociologi, docenti e psicologi

Come hanno reagito i giovani italiani al lockdown? Un fatto così straordinario, che impatto avrà nella testa di ragazzi poco più che adolescenti? Aver perso, da un giorno all’altro, la scuola, gli amici, gli abbracci, la socialità evoca scenari apocalittici ma, a sorpresa, uno studio ci restituisce un pizzico di speranza: “Abbiamo scoperto una generazione molto diversa dallo stereotipo che generalmente le si affibbia”, spiega Mauro Tuzzolino, coordinatore del progetto e autore de I giovani e la crisi del Covid-19. Prove di ascolto diretto, una raccolta ragionata di dati alla quale hanno prestato il proprio contribuito 567 giovani di tutta Italia. L’inchiesta, che contiene interventi di Albino Gusmeroli, Claudio Onnis, Vittorio Lo Verso, Matteo Massa, Maria Pia Pizzolante e Francesca Tuveri, si è svolta dal 18 aprile al 5 maggio, proprio nel pieno dell’“implementazione” del piano pandemico, e dall’analisi è emerso che la comunità nazionale ha resistito, nonostante le difficoltà, a questa complessa fase dell’esistenza: “Dalla ricerca effettuata – continua Tuzzolino – si evince una grande capacità di adattamento della comunità educante che ha dimostrato di reagire a un avvenimento traumatico come la pandemia ricorrendo alla didattica a distanza”. E proprio la famigerata “Dad” è al centro dello studio che nel frattempo è diventato un ebook pubblicato da Arcadia Editore: dall’inchiesta emerge un giudizio abbastanza positivo da parte della maggioranza degli intervistati: il 44% la valuta ottima o buona, il 35% si attesta su un giudizio medio (sufficiente), soltanto il 21% attribuisce un giudizio negativo alla sua personale esperienza. Il dato è leggermente più solido nella fascia di età 24-35 anni nella quale c’è ovviamente una maggiore abitudine allo studio autonomo e alla distanza dal docente. Il nord e il centro esprimono giudizi decisamente più positivi del sud, legati anche al fatto – rileva l’autore – che la connessione a Internet da quelle parti è sicuramente più complicata: “All’universo di coloro che hanno dato un giudizio negativo della didattica a distanza – scrive Tuzzolino – abbiamo chiesto di indicarci le motivazioni: il 39% lo attribuisce all’assenza di relazione umana, il 32% a una scarsa predisposizione dei docenti all’utilizzo di queste nuove modalità, il 19% a problemi di connessione, l’8% a tecnologia inadeguata”. Per il 64% degli studenti, comunque, la didattica a distanza è solo un modo temporaneo per sostituire la didattica tradizionale, cioè soltanto una risposta all’emergenza. C’è un non trascurabile 21% che ribadisce, invece, che si tratta di una modalità utile ed efficace (è una formula intelligente ed efficace per il 10%, fa risparmiare tempo per l’11%). Per il 12% del campione, infine, serve a poco perché non si riesce a seguire. “Il momento di criticità ha spinto i ragazzi a serrare le fila – spiega l’autore – ma lo studio ribadisce la domanda di scuola da parte dei giovani. Paradossalmente grazie alla pandemia i nostri studenti hanno riscoperto il valore della scuola come luogo comunitario. E hanno riconosciuto il ruolo di mediazione, spesso trascurato, del docente”. E dopo questa esperienza, per certi versi traumatica, cosa chiedono i ragazzi al mondo degli adulti? Essenzialmente un cambiamento, specialmente nell’approccio con certi temi come l’inquinamento e alle responsabilità dell’uomo. Si percepisce insomma un processo di colpevolizzazione dell’organizzazione sociale, come se la crisi costituisse un campanello di allarme per le scelte e i comportamenti da adottare in futuro. “La pandemia – scrive nella prefazione del volume il sociologo Francesco Bonomi – ha aperto una finestra di fiducia, che forse per i millennials cresciuti nella crisi post 2008 rappresenta un’esperienza nuova, sul fatto che le grandi questioni del nostro tempo possono essere affrontate in maniera più efficace quando ognuno è chiamato a dare un contributo, a partecipare alla vita della polis”. “A suo modo – continua Bonomi – questa finestra era stata aperta dalla figura di Greta Thunberg, ma l’esperienza del Covid-19 ha contribuito a scavare non poco il solco della consapevolezza. Che va accompagnata, da insegnanti, genitori, dalla fragile comunità educante, perché rappresenta l’antidoto a uno scenario nel quale si addensano le nuvole grigie delle paure della pandemia, della crisi ecologica, della crisi economica. Questa generazione è nata e cresciuta in un paese che attraversa una metamorfosi dolorosa, rispetto alla quale il Covid ha agito come un grande dispositivo di accelerazione del cambiamento”. “Forse siamo riusciti a fotografare un istante – conclude Tuzzolino – ci auguriamo unico e non ripetibile, un istante che probabilmente avrà un peso nelle dinamiche del prossimo presente”.

Lucio Luca

 

Il link all’articolo su la Repubblica: https://bit.ly/3bSX6Yw

 


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