Volevo soltanto salvare le mie parole
Una prosa che scende nell’inferno del poeta russo Osip Mandel’štam, attingendo al dramma dell’esistenza con una lingua che si muove tra i suoi versi, bellissimi e intensi, che il poeta ha regalato al mondo pur messo in ginocchio dinanzi alla storia. “Avrai soltanto il mio cadavere, la mia poesia sarà più forte di te”. Questa è la risposta che rivolgerà a Stalin quando sarà oramai minato nel corpo e nella mente e perduto in un labirinto di ossessioni, ricordi e fantasmi che affollano i suoi pensieri. La poesia si salva, il poeta sprofonda nel baratro. Sono gli ultimi mesi, Osip Mandel’štam vive sull’orlo della fame, segnato dal dramma della deportazione. Sorretto dalla moglie Nadežda, che cercherà con la forza della memoria di fare di quei versi una cassaforte dentro di sé per salvarli dall’oblio postumo, entriamo nel microcosmo della vita letteraria di quel periodo con intellettuali che al nemico del regime negano anche il minimo sostegno e altri, pochissimi, che all’amico perseguitato e in miseria cercano di dare aiuto. Il dramma di un’epoca, nel passaggio dall’entusiasmo rivoluzionario all’ansia quotidiana di una vita emarginata con l’angoscia e il terrore del sospetto, dove anche il più caro amico, il vicino di casa, può tradire dentro un sistema che colpisce a casaccio e può prendere chiunque.