“ Cagliari, 13 giugno 1781, chiesa di Sant’Eulalia.
«Evviva gli sposi!» «Lunga vita ad Annica e Gio Maria!»
Gli invitati in festa per il lieto evento lanciavano spighe di grano e rose che, stagliandosi su un cielo vespertino rosato dal tramonto, ricadevano al suolo tappezzandolo di macchie dai colori tenui. Un profumo di petali appena raccolti saturava l’aria lieve e tiepida di quel giugno cagliaritano. […] La tattica della riservatezza che le avevano imposto nei confronti del fidanzato poteva essere abbandonata e la ragazza poteva ora aprirgli il cuore. Era ardente e piena di vita come una bambina da quando si era tolta il peso di dire «Sì».”
Con questo incipit la scrittrice siciliana Adriana Valenti Sabouret ci coinvolge subito nella vicenda della giovane coppia, Annica Belgrano e Gio Maria Angioy, che si appresta a iniziare un viaggio difficile, nonostante l’amore che li unisce. Avranno tre figlie: Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Dopo la morte improvvisa della madre le tre sorelle perderanno anche il padre che diventò sempre più insofferente al regime totalitario dei Savoia che governavano l’isola e abbracciò gli ideali democratici per difendere i contadini dagli abusi dei feudatari. A causa delle sue idee libertarie, fu bollato come traditore e fuorilegge. Dovette fuggire per evitare la condanna a morte.
Visse gli ultimi suoi anni a Parigi, solo e malato, assistito da Madame Dupont, una locandiera, fino al giorno della morte. Nel secondo romanzo “Le nobili sorelle Angioy”, la scrittrice, continua con un lavoro investigativo e capillare sulle vicende legate al patriota sardo e alla sua famiglia, dove racconta e spiega perché le figlie si rifiutarono di incontrare Madame Dupont. Giovanni Maria Angioy, ebbe una brillante carriera accademica, che lo portò a far parte della Real Udienza, il massimo organo giurisdizionale dell’epoca. Fu il cardine nella Sardegna di fine Settecento, rimasto simbolo di uniformità e di patriottismo ancora oggi. Un intellettuale arguto e intelligente: le sue idee politiche erano, già allora, all’avanguardia: la sua visione realistica sull’economia della Sardegna è ancora motivo di riflessione e di discussione.
“Il suo impeto di gioia alla vista della figlioletta era stato offuscato dalla famiglia Belgrano, moralmente troppo distante da lui. I loro due mondi incompatibili: legati alle apparenze e attaccati ai beni i Belgrano; idealisti, spirituali e liberali gli Angioy, degnamente rappresentati da Giovanni Maria. Non che l’uomo non badasse al materiale: sapeva essere concreto e occuparsi di finanze ma non tanto da farsene abbagliare. Il denaro era per lui mezzo e non il fine.”
Traspare dal romanzo tutta la forza di quel periodo di dure lotte. Il ruolo radicato profondamente nella nobiltà feudataria iniziò a sgretolarsi già sul finire del ‘600 e continuò la sua lenta decadenza per tutto il ‘700 fino alla rivoluzione francese. La contestualizzazione storica del romanzo indica che le ragioni della decadenza feudale furono l’economia e la politica, la mancanza di uno spirito imprenditoriale e l’assenza di quella visione nuova, auspicata da Giovanni Maria Angioy, necessaria per gestire un feudo. Nel sottofondo c’era la Cagliari ancora avviluppata nelle proprie tradizioni arcaiche: tradizioni che furono i punti nevralgici della ribellione, spianando la strada alla “Sarda rivoluzione.” I sudditi rivendicavano una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia alla classe dirigente locale: al rifiuto, da parte del governo Piemontese, la borghesia cittadina con l’ausilio del resto della popolazione incitò all’insurrezione; le idee di autonomismo e indipendentismo isolano iniziarono a prendere forma, esprimendosi apertamente contro la tirannide del feudalesimo difeso dai Savoia a danno dei sudditi sardi: infatti l’imposizione fiscale era molto pesante.
La lotta iniziata già negli anni Ottanta del Settecento, proseguì negli anni Novanta attraversando tutta l’isola. Pesò molto il rancore che la Sardegna fosse chiamata in causa nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e di conseguenza contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese tentò di sbarcare a Carloforte e a Cagliari. I Sardi opposero resistenza con ogni mezzo a loro disposizione, in difesa della loro terra e dei piemontesi. Questa vittoria contro i francesi diede fervore alla popolazione, che si aspettava una ricompensa per la fedeltà alla Corona, la quale ricompensa non arrivò mai. L’arresto comandato dal viceré di due membri del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor, fu la scintilla che diede inizio all’insurrezione. Proprio il 28 aprile del 1794, la popolazione esasperata decise di allontanare il viceré e tutti i piemontesi. Sono i giorni “de s’aciapa”(la caccia ai piemontesi ancora in città). Incoraggiati, gli abitanti di Alghero e Sassari, fecero altrettanto. “Sa die de sa Sardigna” è la festa del popolo, per i “Vespri Sardi”, ovvero la rivolta popolare del 28 aprile 1794, che ricorda, appunto, l’allontanamento da Cagliari dei Piemontesi e del viceré.
“Gio Maria, se solo riusciste a comprendere il bene che vi voglio…ma la vita che conducete non è la mia. Le vostre lotte non soltanto mi lasciano indifferente ma m’infastidiscono e disturbano la mia famiglia. Potremmo vivere bene, insieme siamo una forza. […] Occupate un incarico di prestigio.[…] Perché con i vostri atti vi ponete a rischio di offendere il governo sabaudo? Perché non mettete a tacere le idee che vi spingono a lottare per gente che neanche conosciamo? Il popolo Sardo…Come fate a preferirlo alla vostra famiglia?”
Annica lo amava, ma non riusciva a capire le sue idee né i suoi pensieri. Prigioniera nella gabbia dorata di quell’ambiente nobiliare e aristocratico. Lei e le loro figlie soffriranno di questo abbandono e lo vivranno come un tradimento coltivando a lungo sentimenti contraddittori. L’amore incondizionato di un padre viene travolto dagli eventi con conseguenze devastanti; l’oppressione di un’infanzia logorata dalla precoce morte della madre accompagneranno la vita di Speranza, Giuseppa e Maria Angela. Intorno alle tre sorelle ruotano personaggi realmente vissuti sullo sfondo dei progressi societari significativi del secolo dei Lumi, che porrà le basi della nuova Sardegna. Le frasi, i dialoghi, le descrizioni di volti, di strade, di chiese, di cieli, di natura, svelano una presenza che commuove, che alimenta un misterioso fuoco all’interno della scrittura: questa è la Libertà. Voci di uomini che si distinsero con coraggiose idee di modernità, rimasti profondamente coinvolti nella grande storia contemporanea; essi sono ancora vivi, come la loro passione. Uomini e donne non più sconfitti, ma colpevolmente dimenticati in fosse comuni.
Pro
Uno stile ricco di neologismi e di sinestesie, danno colore alla narrazione.
Contro
Alcuni passaggi troppo prolissi rallentano una brillante scrittura.
Trama
Tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi sono lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà? La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata.
Raffaelina Di Palma
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Trama – La Sardegna a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento è lo scenario de Le nobili sorelle Angioy di Adriana Valenti Sabouret. Uno scenario maestoso, in cui le sorelle Angioy – Speranza, Giuseppa e Maria Angela, protagoniste del romanzo, come il titolo ci suggerisce – si muovono con grazia e nobiltà d’animo tra gioie e dolori, amori e lutti, complicità e tradimenti, nella loro bella Cagliari scossa da continui fermenti che sembrano far pensare a imminenti stravolgimenti sociali, salvo poi concludersi puntualmente con la repressione. Inizia con la descrizione di una scena di un matrimonio Le nobili sorelle Angioy, ed è indicativo che ne seguiranno molti altri. Adriana Valenti Sabouret sembra rispondere a un’esigenza di far fede alla verità storica, ma anche a quella di soddisfare il lato rosa di questo romanzo. In cui il mondo femminile, con l’educazione sentimentale dell’epoca, riveste un ruolo centrale e ben si contrappone alle analisi puntuali del narratore sui fatti storici e politici del tempo. Il matrimonio in questione è quello tra Annica Belgrano e Gio Maria Angioy. Annica proviene da una famiglia ricca e borghese, con idee monarchiche e conservatrici; Gio Maria, invece, è orfano, di origini nobili e di carattere rivoluzionario. Dall’unione, non priva di conflitti, di questa coppia (mal)assortita nasceranno 3 bambine, le nobili sorelle Angioy, per l’appunto. Le 3 sorelle rimarranno ben presto orfane di madre, e il padre, chiamato dal re a ricoprire un importante incarico come Alter nos a Sassari, è costretto ad imporre un ulteriore dolore alle bambine affidandole alle cure delle suore. In questo istituto, forti solo della loro inossidabile sorellanza, si formeranno nella severità e austerità del monastero, secondo le regole conservatrici e repressive delle religiose, le quali abborriscono il carattere dissidente del padre delle ragazze. All’uscita dal monastero le tre sorelle saranno prese in cura dalla nonna materna, che per quanto riguarda le idee sul padre non si discosta molto da quelle delle suore, ma per il resto offre alle ragazze la tanto desiderata casa, in cui sentirsi coccolate e amate. Una nuova vita inizia, perciò, per le sorelle Belgrano Angioy. Fatta di amori e ricchezza, da cui non è esente una certa frivolezza e gusto per la moda. La nonna si incarica di trovare marito alla prima delle sorelle, Speranza, e da qui sarà un matrimonio dopo l’altro. Man mano che le giovani entrano nelle loro vite di giovani spose, il lontano ricordo del padre e delle sue idee egualitarie si farà sempre più remoto e sfocato.
Chi era realmente Gio Maria Angioy?
Un galantuomo che aveva rinunciato alla sua vita per il benessere del proprio popolo? Un sognatore? Un condottiero? Un predestinato a compiere un’alta missione in Sardegna?
O era forse un capo ribelle? Un traditore del re? Un irresponsabile o addirittura un brigante?
Le nobili sorelle Angioy avevano udito, dai tempi del monastero, un caleidoscopio di versioni discordanti, malgrado il tentativo di proteggerle operato dalla famiglia.
Il padre intanto è sempre più irraggiungibile, anche fisicamente; si trova, infatti, in esilio a Parigi e le figlie sono costrette a ricacciare la pena per l’assenza del padre, poiché non sarebbe comunque socialmente accettata. Le sorelle Angioy, lontane anni luce dalla politica, come era consuetudine per le nobildonne, o meno, dell’epoca, si consacreranno a costruire le loro famiglie, nel solo ruolo che è loro concesso, quello di moglie e madre, visto che figlie non possono più esserlo. Ma anche qui, i dolori e i lutti non le risparmieranno.
Le nobili sorelle Angioy – un romanzo storico
Adriana Valenti Sabouret ci racconta una Sardegna in cui l’aristocrazia è arroccata nei suoi privilegi e il popolo si ritrova in uno stato di tumulto costante, schiacciato dalla fame e dal malcontento verso un sistema feudale ormai obsoleto. È la Francia con la sua Rivoluzione a portare un vento di nuove idee liberali, il germe delle nuove speranze si insidia soprattutto negli intellettuali. Primo fra tutti Gio Maria Angioy. Un eroe postumo che la società del suo tempo non seppe riconoscere, tranne poche eccezioni, impegnata come era a renderlo vittima di ostracismo. Le battaglie di Napoleone in Italia, l’epidemia di febbre gialla che decimò la popolazione sarda, i progressi della medicina anatomica sono altri elementi che contribuiscono a tracciare un quadro completo della società dell’epoca e a conferire, allo stesso tempo, uno spessore storiografico a Le nobili sorelle Angioy. Adriana Valenti Sabouret, ricostruendo una storia lontana e dimenticata, ha il grande merito di riportare l’attenzione su un uomo che sacrificò la propria vita per la giustizia sociale del suo popolo e di mostrare così le conseguenze che queste sue idee ebbero nell’intimità dei rapporti umani con le persone a lui più care: le sue figlie.
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La vita corre e se non l’acchiappi ti lascia indietro. E’ imprevedibile. Devi adattare le emozioni ai cambi repentini di rotta, ai vorticosi giri di boa, alle situazioni che si creano inaspettatamente. Accade soprattutto con le perdite, quelle importanti, legate alla famiglia e all’amore. Quando succede ti senti perso, vuoto, solo. Nei momenti di sconforto e di disordine, ti serve coraggio. E’ l’unico elemento che restituisce vigore alla forza, altrimenti rischi di rimanere immobile nel dolore. Tutto, così, passa lento e senza colori. Il legame dei figli verso i genitori e viceversa resta saldo anche quando si spezza. Si impara, addirittura, ad amare in silenzio, senza rumore. E se la vita sconvolge le esistenze perché consegna un carico di preoccupazioni e di sofferenze, bisogna sapere da che parte stare. E’ necessario comprendere anche come affrontare i tormenti che ruotano attorno alle cose di famiglia. Non hai scelta se vuoi appianare i problemi che toccano i sentimenti. Spesso diventi ruvido, secco. Capita, finanche, che ti inaridisci nel trovare la parte dritta di questioni contorte, complicate. Allora, prendi la vita per quello che essa stessa ti offre ricavandone il meglio, se puoi. In Le nobili sorelle Angioy di Adriana Valenti Sabouret conosci la storia di tre nobili ragazze cagliaritane, orfane di madre, figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi. Le sorelle sono in difficoltà perché hanno un forte dilemma: continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono, oppure imporsi di dimenticarlo sino ad ignorare le sue ultime volontà. Giuseppa, Speranza e Maria Angela Angioy sono sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per la loro età. Il romanzo si basa su una storia vera. La narrazione si fonda sull’amore, la perdita, il dolore, il tradimento, la forza, delle tre sorelle che sono al bivio della loro esistenza per delle scelte importanti da prendere. La scrittura è intensa.
Lucia Accoto
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ALGHERO – Giunta alla sua terza pubblicazione, questo nuovo romanzo storico narra di tre nobili fanciulle cagliaritane orfane di madre e figlie di un eroe rivoluzionario in esilio a Parigi, lacerate dal dilemma se continuare ad amare il padre, contro il suo apparente abbandono e il tessuto sociale reazionario in cui evolvono, oppure imporsi di dimenticarlo sino a ignorarne le ultime volontà. La prima opzione, in accordo con il cuore, le condurrebbe alla perdita. La seconda, salvando le apparenze, garantirebbe loro onore e rispetto in una Sardegna monarchica e conservatrice. L’amore incondizionato di un padre, le conseguenze devastatrici della sua perdita, dopo un’infanzia minata dalla morte precoce della madre e la chiusura in monastero, accompagnano le vite di Speranza, Giuseppa e Maria Angela Angioy sopraffatte da un carico emotivo troppo pesante per le loro spalle. Attorno alle tre sorelle brulica un universo di personaggi realmente vissuti nel Settecento sardo, sullo sfondo dei progressi societari tipici del secolo dei Lumi che porrà le basi della Sardegna moderna. Le nobili sorelle Angioy è una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole societarie schiaccianti e i contrasti quasi insolubili che condurranno le sorelle a una scelta delicata. Nata a Siracusa e laureata in Lingue e letterature straniere, per via della grande passione per la letteratura francese Adriana Valenti Sabouret si trasferisce presto in Francia diventando docente presso l’Istituto Statale Italiano Leonardo da Vinci a Parigi e il Liceo Internazionale di Saint-Germain-en-Laye. Dopo aver svolto diversi incarichi per conto del Ministero degli Affari Esteri italiano, si cimenta nell’ambito della traduzione e inizia la collaborazione con alcune riviste. Nel 2019 esordisce in Francia con il romanzo Le rêve d’Honoré (Éditions du Panthéon). Con Arkadia Editore ha pubblicato Madame Dupont (2021), La ragazza dell’Opéra (2023) e Le nobili sorelle Angioy (2024). Ha al suo attivo numerosi articoli e interventi di carattere letterario.
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Torno di sorpresa sorpresissima con un post di consigli per l’estate che poi alla fine è diventato anche un piccole recensioni tra amici.
Incredibili miracoli che accadono in una torrida serata di luglio!
Non mi dilungo troppo e vi lascio con le recensioni prima che questo post esca in tempo per la prossima estate!
DOPPIO. IL MIO VIAGGIO NEL MONDO SPECCHIO di Naomi Klein ed. La nave di Teseo:
Stranissimo che si sia parlato così poco di questo saggio di Naomi Klein, un saggio che sicuramente come è stato fatto notare non brilla per la traduzione sin dal titolo (l’originale era “Doppelganger”, incomprensibile perché sia stato cambiato), eppure tocca in modo inquietante praticamente tutti i punti delle derive politiche distopiche a cui stiamo assistendo da qualche anno a questa parte.
Naomi Klein, autrice di “No logo”, parte da un suo diciamo problema personale: la gente la confonde con Naomi Wolf.
E voi direte, e vabbeh, sai quante volte capita a me di essere confusa a caso (tipo, a me sbagliano regolarmente il cognome in Mangano, forse perché è più comune)?
E beh, nel suo caso è un problema bello grosso perché Naomi Wolf è il suo esatto opposto: è nata come studiosa del femminismo (suo il famoso “Il mito della bellezza”) e poi ha preso una strana deriva.
In un rapido giro di walzer, condito anche da libri piuttosto dubbi, ha sposato tesi novax, ha iniziato a condurre ricerche universitarie in modo controverso e poco scientifico, e si è trasformata in filobannoniana, trumpiana, complottara e insomma è assurta sorta ad amata intellettuale di questa destra che flirta con la fantascienza facendo credere a molti che è la realtà.
Da questo problema (perché lo è visto che la gente le fonde in un’unica entità attribuendole affermazioni e scritti che non le appartengono e sono anzi la cosa più lontana da sé), la Klein fa una lunga e dettagliata e inquietante serie di considerazioni che vi faranno dire a più riprese: ma allora non sono pazza, DAVVERO c’è qualcosa che non va.
Sostanzialmente Klein spiega per filo e per segno come l’attuale destra eversiva abbia creato, per usare le loro parole, “un mondo al contrario” che lei definisce “mondo specchio”.
Ossia una sorta di realtà parallela dove complotti sanitari e politici si mischiano a fanatismo ed eversione spacciata per tradizione, ritorno ai valori di una volta, disciplina e ordine (per gli altri ovviamente, per i “nemici”, agli amici è concessa ogni libertà, spacciandola per rivoluzione contro poteri misteriosi).
Tutto, letteralmente tutto, compreso lo sconcerto che prova lei nel non capacitarsi di come la gente creda praticamente agli asini che volano, sembrerà uscito dalla vostra testa.
In più, Klein fa una serie di considerazioni interessantissime su come, volenti o nolenti, internet sia diventato un luogo in cui siamo costretti a stare.
E’ stata infatti la scarsa cura della sua immagine in internet che ha permesso che il suo “brand” (fa un’analisi anche su come TUTTI adesso siamo dei brand anche se non vogliamo vendere nulla perché brand e identità personale si stanno fondendo ANCHE se non vogliamo) si confondesse con quello della sua omonima. Klein ha voluto rimanere ai margini del gioco e il gioco ha deciso per lei.
Riappropriarsi della propria identità quando qualcuno, il suo doppelganger in questo caso, te l’ha rubata, è davvero difficile.
Mi fermo qui perché questo libro ha dentro davvero tante tante cose e avrebbe meritato una diffusione e un dibattito degno di “No logo” (e sì, lo so, una traduzione migliore).
Cercatelo, leggetelo e davvero vi sentirete meno soli, meno pazzi e, se non altro, avrete nuove chiavi di lettura per leggere tanti fenomeni del nostro tempo.
LA SERIE DEL VICEQUESTORE NIGRA di Paolacci e Ronco:
Ogni anno cerco qualche nuova serie di gialli a cui appassionarmi e, devo dire, ho collezionato ormai una lunga serie di buchi nell’acqua anche quando i migliori presupposti sembravano esserci tutti (Ilaria Tuti sigh, grandissima per me delusione).
Questo luglio un’inattesa sorpresa è giunta per assoluto caso. Dolcemetà mi aveva chiesto un giallo da leggere e io avevo tipo 10 minuti di tempo per fare un giro all’usato (praticamente io ormai leggo grazie al mio fornitissimo negozio dell’usato di fiducia).
Presa dall’ansia, ho afferrato un libro dalla sezione dei gialli quasi a caso e ho visto che il protagonista era un vicequestore gay dichiarato che indagava su un delitto di matrice omofoba alla vigilia dell’approvazione delle unioni civili.
Prima mi sono chiesta perché non ne avessi mai sentito parlare, poi l’ho comprato e infine in neanche 2 pomeriggi l’ho letto.
Allora, mi è piaciuto TANTISSIMO. L’indagine non è particolarmente complessa (io devo dire che amo avere il trick del capire chi è l’assassino, ma non amo le trame talmente contorte che a un certo punto non ti ricordi manco più chi ha parlato con chi), ma non è quello l’importante.
L’importante, come anche nei gialli di De Giovanni, è tutto il resto: ambientazione, personaggi, dialoghi, gusto del racconto e della lettura.
Il protagonista è fantastico. Un personaggio originale, poliziotto gay dichiarato in un ambiente non proprio friendly che mena come un fabbro, affronta il pregiudizio, lo rigira verso chi lo sbandiera. Io mi sono rivista in praticamente tutti i dialoghi, nella stanchezza di dover ripetere le stesse cose, nell’assurdità di vivere in un mondo dove ogni 3 secondi o devi fare il wikipedia lgbt di etero pigri o devi adattarti a un contesto che non è nato per prevedere chi non fa parte dello standard.
E la narrazione è arguta, intelligente, vispa. L’orientamento sessuale di Nigra è trattato in modo credibilissimo ed è al contempo fondamentale EPPURE non viene usato in modo furbo e pigro.
Ossia Nigra è una persona gay non è il personaggio gay la cui unica peculiarità è quella.
C’è una differenza fondamentale che in troppi, se non in tutti, faticano a capire. Leggetela in questo libro gustosissimo e intelligente. Voglio trovare al più presto tutti gli altri della serie, purtroppo solo 3 (e spero all’usato).
CINQUECENTO ANNI DI RABBIA di Francesco Filippi ed. Bollati Boringhieri:
Ci sono tutta una serie di argomenti (è uno dei post che vorrei fare da mesi, ma rimane lì nel mondo delle idee) che incomprensibilmente vengono ignorati dall’editoria. O meglio, non so se vengano ignorati dall’editoria o non si producano saggi interessanti al riguardo, ma comunque si tratta di lacune nel dibattito pubblico piuttosto vistose.
L’analisi approfondita dei processi comunicativi alla base di internet e/o dei social è una di queste. Da brava laureata in archivistica e biblioteconomia non ho mai capito perché non venga fatto un parallelismo approfondito tra l’invenzione della stampa a caratteri mobili e internet.
È di recente uscita questo saggio che non sposa la mia tesi, ma almeno un po’ ci si avvicina o sembra tentare un’analisi di ciò che sta alla base della propagazione incontrollata delle informazioni.
L’autore vede un parallelismo tra stampa e social basandosi sul sentimento della rabbia che io sarei meno propensa ad avallare, ma è comunque interessante e comunque è un inizio.
Non proprio una lettura da ombrellone, ma non si sa mai.
LA MIA COSA PREFERITA SONO I MOSTRI 2 di Emil Ferris ed. Bao Publishing:
Non esattamente un libro da spiaggia data la mole, ma sicuramente un libro da estate data la mole.
Finalmente dopo anni esce il seguito di questa storia prodotta da Emil Ferris interamente con penne bic (o non so se bic, comunque penne).
Una storia di fantasmi della storia e fantasmi reali in cui una ragazzina orfana di padre (e presto anche di madre), appassionata di horror di serie z e innamorata di altre ragazzine, indaga sull’omicidio vicina di casa che forse era una vittima del nazismo o forse ne era complice e carnefice.
Siamo nel 1963, in un sobborgo americano e la ragazzina, come suo fratello maggiore, è di origine anche messicana e non è quindi in cima alla lista dei cittadini di serie A.
Tutti nascondono molti segreti e lei si aggira con le sue fattezze di piccolo mostro in un mondo più spaventoso dei suoi amati film. Finalmente in questa seconda parte scopriremo la verità?
Sì e no. Nel senso che si scoprono molte cose e appaiono molti altri bei personaggi, ma i fili, se posso dirlo, non vengono tirati insieme a dovere.
Si poteva disperdere meno e si poteva rendere il tutto più epico. Più che altro perché visivamente il libro è talmente incredibile, sontuoso, fantastico ed enorme, che i cedimenti della storia spiccano vistosamente.
Lato positivissimo: il queer accennato nella prima parte qui esce fuori in modo chiaro e gioca una parte importante.
In ogni caso un libro stupefacente: da comprare.
LA SCRITTRICE NEL BUIO di Marco Malvestio ed. Voland:
Segnatevi bene questo titolo per due motivi:
1) Ne riparleremo approfonditamente a ottobre, nei pressi di Halloween.
2) È, secondo me, uno dei romanzi italiani migliori degli ultimi anni.
Non esagero, nessuno mi ha pagato, nessuno mi ha spedito il libro, l’autore non è amico mio (anche se l’ho riconosciuto e inseguito alla Fiera del Libro per congratularmi del romanzo), e io, come sapete, non grido al genio ogni volta che una casa editrice mi invita a un aperitivo e mi invia un gadget carino (cosa che comunque non accade).
Siamo di fronte a un libro gotico letterario in piena regola, scritto benissimo e con un’idea originale e tradizionale al tempo stesso.
Un giovane ricercatore universitario di letteratura italiana, Marco, vive una competizione/attrazione con Federico, un collega più bello, ricco e capace di lui.
Un giorno il collega/rivale/papabile oggetto del desiderio svanisce nel nulla e decide di indagare.
Tutte le piste portano a una misteriosa scrittrice italiana degli anni ’60, tale Maria Zanca, che era stata attiva tra il veneto e Roma per poi sparire dai radar letterari e mondani alla misteriosa morte del compagno, anch’egli scrittore e deceduto in circostanze misteriose.
Ma chi è davvero Maria Zanca?
Attorno a questo interrogativo, più perturbante e inquietante di quel che può sembrare in principio, gira un romanzo raffinato e tenebroso che costruisce e inserisce all’interno del panorama italiano una figura letteraria in modo talmente convincente che è impossibile (ve lo dico) non controllare se essa sia esistita realmente e la storia abbia un fondo di verità.
Leggetelo, inquietatevi e poi a ottobre se ne riparla.
LE NOBILI SORELLE ANGIOY di Adriana Valenti Sabouret ed. Arkadia:
Ah, quanto mi manca la Sardegna!
In estate mi sento sempre un Cavalcanti qualunque che pensa “Poiché non spero di tornar giammai, ballatetta mia, in Sardegna!”.
Certo, tecnicamente, e conto in banca permettendo, posso tornarci quanto voglio, ma la Sardegna della mia infanzia e gioventù non esiste più perché siamo cambiate entrambe, nostro malgrado.
Questo però non impedisce all’estate di farmi venire ogni santo anno una nostalgia acutissima, difficile da tenere a bada.
I libri possono venire in aiuto. Ecco quindi individuato questo romanzo storico su tre sorelle nobili cagliaritane, figlie di un rivoluzionario in esilio a Parigi, in una Sardegna settecentesca.
Il padre le ha abbandonate e loro, orfane di madre, sono divise tra i fervori rivoluzionari del genitore e lo status quo sardo.
Consiglio sulla fiducia e sulla nostalgia per la Sardegna. Spero sia all’altezza delle aspettative.
Buone letture!
Il link alla segnalazione su I dolori della giovane libraia: https://tinyurl.com/2z5x8csy
Una biografia romanzata davvero splendida questa che la scrittrice Adriana Valenti Sabouret dedica alla figura di Giovanni Maria Angioy che è stato un rivoluzionario e politico sardo, funzionario del Regno di Sardegna, poi ribelle ai Savoia dopo i vespri sardi, considerato un patriota dall’autonomismo e indipendentismo isolano ma, soprattutto, alle sue tre figlie, le nobili sorelle Angioy che danno il titolo al libro: Speranza, Giuseppa e Maria Angela. I primi complimenti vanno alla perfetta contestualizzazione storica del romanzo che si svolge tra la seconda metà del 18esimo e l’inizio del 19esimo; ecco cosa dice a proposito l’autrice nei ringraziamenti finali “come per Madame Dupont (il libro precedente dell’autrice focalizzato sulla figura di Giovanni Maria Angioy, NrR) i personaggi principali del romanzo sono realmente esistiti e i fatti raccontati accaduti” e aggiunge “le piccole lacune concernenti le loro vite sono state colmate dalla mia creatività, sempre attenendomi a un criterio di veridicità storica”. E noi la ringraziamo per la sua inesauribile e variegata creatività perché è riuscita magicamente a dar vita alle tre sorelle, all’ambiente in cui sono vissute, ai matrimoni contratti, alla prole, alle morti e ai dubbi che hanno attraversato le loro vite anche grazie all’utilizzo della lingua che si parlava in quel periodo; semplicemente perfette le descrizioni con verbi e aggettivi ad hoc che talvolta divengono neologismi: bravissima!
Daniela Domenici
Il link alla recensione su Daniela e Dintorni: https://tinyurl.com/bdz498kc
Tre eventi tra i mesi di giugno e luglio accompagneranno la mostra “Ti sei vestita di bianco”, attualmente allestita al MURATS-Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda di Samugheo: un percorso impegnato e di rottura su alcuni concetti cari al museo e importanti a livello sociale, quali il ruolo della donna, la violenza di genere, il rovesciamento degli stereotipi, la guerra, le emarginazioni, il riscatto. Il primo appuntamento si svolgerà sabato prossimo, 30 giugno, alle 11. I visitatori avranno la possibilità di partecipare a una visita esperienziale e immersiva denominata”. “Sotto il velo” intende offrire un’esperienza di carattere empatico-partecipativa atta a modificare la percezione dell’opera d’arte e a consentire all’osservatore di entrare in connessione con la stessa. Le opere che costituiscono il percorso espositivo non saranno semplicemente osservate ma vissute attraverso un’interazione di carattere sperimentale. “Sotto il velo” intende focalizzare l’attenzione su pensieri, sensazioni ed emozioni del pubblico, non semplice spettatore ma protagonista attivo del museo e dei suoi spazi. È gradita la prenotazione (al numero 0783 631052, o via mail all’indirizzo museomurats@gmail.com Costo 12 euro). Il secondo appuntamento è in programma venerdì 12 luglio, alle 18. Quando Rachele Tatti presenterà la sua tesi di laurea dal titolo ” . “. Un’analisi di come le pratiche musicali possano essere influenzate da aspetti culturali, sociali e storici legati al genere, con particolare attenzione al contesto di Samugheo. Diverse interviste a donne anziane e giovani del paese sono state la base per ricostruire un percorso evolutivo delle pratiche musicali dall’antichità fino alla contemporaneità. Il lavoro ha infine messo in luce determinate tipologie di canto femminile. Il terzo appuntamento è fissato per domenica 21 luglio, alle 18, con la presentazione del libro di Adriana Valenti Sabouret ” ” (Arkadia editore). Dialogherà con l’autrice Maria Elena Sini. Il libro racconta “una storia vera di umanità fondata sulla famiglia, l’amore, la perdita, il dolore e il tradimento ma anche di forza, quella di tre ragazze al bivio la cui scelta di vita celerà una sofferenza interiore non indifferente. Una storia che evidenzia personaggi anche imperfetti, regole sociali opprimenti e contrasti quasi insolubili che condurranno le protagoniste a una scelta delicata”, spiega l’assessora alla cultura del Comune di Samugheo, Elisabetta Sanna. “Ti sei vestita di bianco” è il passo tratto dal componimento “A Pippa” che la poetessa Alda Merini scrisse in memoria di Giuseppina Pasqualino di Marineo, in arte Pippa Bacca, precocemente strappata alla vita nei pressi della cittadina di Gezbe, in Turchia, durante il viaggio-performance in autostop “Brides on tour”(2008) che avrebbe dovuto condurla da Milano a Gerusalemme. Il verso diventa il titolo di una mostra che intende indagare il valore polisemico dell’abito, del velo e del corredo della sposa, attraverso le opere di Oreste Pipolo, Pietruccia Bassu e della stessa Pippa Bacca di cui quest’anno, in occasione dei 50 anni dalla nascita, il Museo MURATS celebra il ricordo e la ricerca artistica attraverso l’esposizione di una selezione di opere capaci di evocare riti e simboli archetipici afferenti alla sacralità della natura e al culto della Mater Matuta. Nelle narrazioni fotografiche di Oreste Pipolo, il velo da sposa diventa carezza, sudario, protezione, ma anche simbolo di denuncia e sensibilizzazione; il suo progetto “Napoli Velata” giunge al Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda – MURATS – di Samugheo, dopo essere stato esposto nelle prestigiose sale del Pio Monte della Misericordia di Napoli. L’abito bianco di Pippa Bacca è emblema di un’energia antitetica, conservatrice e dinamica, silenzioso testimone di un’assenza e al contempo metafora visiva di fiducia negli altri e nell’altrove. La memoria della marcia nuziale intrapresa da Pippa Bacca tra Regioni prostrate da conflitti bellici e miseria è un inno alla vita, all’Idea di viaggio inteso come volontà di porsi in ascolto e in dialogo, come capacità di condividere il proprio cammino con il prossimo. Il corredo matrimoniale è la matrice tessile delle nozze mai celebrate evocate all’installazione site-specific di Pietruccia Bassu, un’opera in attesa, incapsulata nel limbo dell’inadempiuto, nel tempo sospeso in cui dimora ciò che non ha finalizzato la propria funzione e adesso è altro. Le opere dei tre artisti, pur nella diversità dei media espressivi di riferimento, sono l’esito di processi osmotico-relazionali innescati dagli autori e attivati dalle persone, dalle esperienze, dai luoghi attraversati, vissuti e condivisi. Il viaggio di Pippa Bacca non si è interrotto in un bosco nei pressi di Istanbul, prosegue in Sardegna, a Samugheo, grazie alla volontà di chi crede ancora nei valori che hanno guidato il suo cammino. Sarà possibile visitare la mostra fino al prossimo 21 luglio. “Sono le ultime settimane per visitare la mostra alla quale teniamo particolarmente”, commenta la direttrice del Murats, Anna Rita Punzo. “È legata al tema del femminicidio, purtroppo sempre attuale e penso sia importante continuare a parlarne. Questa mostra vuole raccontare la storia di Pippa Bacca, celebrandone la vita”.
Lunedì, 24 giugno 2024
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