Bea Buozzi


Segnalazioni Letterarie | “Luoghi letterari. Sardegna” a cura di Giulio Pisano | Le recensioni di marzo 2023 | a cura di Alberto Raffaelli | Recensione di Alberto Raffaelli

Questa prestigiosa antologia si propone come uno dei casi letterari dell’anno, riunendo nomi di primo piano accomunati da soggiorni in piccole località della Sardegna lontane dal turismo di massa, in seguito ai quali sono stati chiamati a stendere racconti sul tema destinati a confluire qui. L’isola è terra dove il vecchio (anzi, l’antico) e il nuovo con-vivono come raramente altrove, in un connubio visibile specialmente a distanza dalle strade più battute ed effimere. Ed è proprio nelle destinazioni desuete in cui sono stati accolti che le scrittrici e gli scrittori hanno potuto cogliere – con sfumature e modi diversi – le compresenze armoniose (cosa ben diversa dai contrasti) di una regione dove la rarefazione di buona parte degli ambienti sprigiona agli sguardi più attenti spunti al limite del “misterico”. Da essi possono nascere, letterariamente parlando, pure piacevoli “allucinazioni” che ispirano in mani scrittorie slittamenti tra piani di realtà intesi come tentativi non di alterare ma di comprendere meglio la realtà proprio all’insegna della persistenza temporale, perché in Sardegna “le cose di prima non si gettano, devi solo imparare a conviverci”. L’impostazione a più strati può riguardare la rielaborazione di un lutto (Ciarapica), o il racconto stesso di un trauma speziato di sottili polisemie anagrammatiche (Tanfoglio, la quale – dopo un’intensissima e assai premiata opera a capo dell’agenzia letteraria Editreal – fa il suo esordio ufficiale nella fiction, poche settimane prima dell’attesa biografia picassiana); o ancora il gioco di reminiscenze letterarie e ironia con cui Bea Buozzi inscena una rivisitazione in costume procacciatrice di gustosi equivoci nei quali – pur senza trascurare il fascino dei luoghi visitati – dà sfogo alla grande passione per Jane Austen. Non manca un frangente meta-narrativo, con la comparsa di alcuni dei mentori di questo libro (Giulio Pisano, Gianmarco Murru, Cristiana Sarritzu) nella storia romantica (ma non troppo…) proposta da Galdino. Gioca con i codici e gli stereotipi di meccanismi narrativi apertamente esposti pure Roversi, che intride di gradevole umorismo nero – coniugato anch’esso a descrizione d’ambiente – un abile racconto in cui esibisce gli strumenti del crime. Lo scarto d’originalità proposto da Gargiullo consiste nell’adozione del punto di vista animale (equivalente felino dello sveviano “Argo e il suo padrone”), dove però la prospettiva fiabesca, più che indagare su contraddizioni e ipocrisie dell’umano, sottolinea nuovamente il leit-motiv del libro, una Sardegna la cui “purezza” è da rintracciarsi nelle coesistenze che la caratterizzano: quella preziosa tra ciò che è stato e ciò che è, espressa in pressoché tutti i racconti da riferimenti al folklore e all’archeologia locale (in primis, ovviamente, quella nuragica); e quella – maggiormente sottintesa ma proprio per questo ancor più emblematica della civiltà isolana – tra natura e cultura, omologa della continuità tra un passato che ha le sue radici nei più che millenari sommovimenti geologici e un presente la cui armonia con la storia e il contesto risalta agli occhi dei visitatori continentali, sotto forma anche di squisita ospitalità. Penetra mirabilmente questo spirito il pezzo di Martigli, unico della silloge ad accantonare la fiction a favore di un diarismo antropologico che rende la chiave di volta dell’intera operazione dei “Luoghi letterari” (i quali, in un certo senso, si scoprono non solo tali). Spedito nel centro della Sardegna, ai piedi del Gennargentu, egli ripercorre quasi introiettandola (operazione alquanto ardua per un non autoctono) l’osmosi tra la Grande Cima e gli abitanti dei paesi attigui: “È gente, come la montagna, che non ha bisogno di dire ‘Lei non sa chi sono io’, è gente, come la montagna, che dice a se stessa ‘So io chi sono’, il resto non ha importanza”; parole che richiamano qualcosa di più di un reciproco rispetto (modernamente ecologico, si sarebbe tentati di dire), configurando un quid ancora più sostanziale, una comunanza di linguaggi reciproca, inclusi quelli che partono dall’inanimato verso gli uomini. Le diramazioni attraverso cui la natura si fa civiltà e senso di appartenenza si manifestano con divagazioni di vario genere (storiche, etimologiche, giuridiche) che fanno capire come lo scrittore abbia penetrato perfettamente la quintessenza dell’isola, e forse non casualmente dal posto più centrale di essa. In definitiva questo libro rappresenta un omaggio assai riuscito – grazie alla lungimirante sinergia tra Arkadia, l’Associazione culturale Mediterranea capitanata da Murru e le generose amministrazioni locali –, il quale oltre a stimolare i lettori ad andare al di là dei percorsi prestabiliti e delle rotte massificate lascia l’auspicio che il format sia esportabile ad altre regioni della nostra bellissima Penisola.

 

Alberto Raffaelli

 

Il link alla recensione di Alberto Raffaelli: https://bit.ly/3JZ7DUL

 



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