L’ultimo romanzo di Lucia Guida – Oltre la porta socchiusa – rappresenta un passaggio importante nella produzione di un’autrice che sa rivolgere la propria attenzione a temi e situazioni centrali nelle nostre vite e sa raccontarli con un tono pacato, misurato e senza le “urla” costanti delle nostre forme di comunicazione più diffuse.
La parola letteraria, levigata da Lucia Guida con perizia e cura costante, riesce a offrire al lettore una dimensione altra e riflessiva da cui osservare gli eventi della vita e seguire il ritmo del respiro e della coscienza.
Una storia all’apparenza semplice mostra, nella piccola fatica quotidiana dell’esistere, quanto siano importanti i mutamenti, i progetti e, infine, le speranze. Con Lucia Guida abbiamo conversato intorno al suo nuovo romanzo.
La inviterei prima di tutto a presentarsi ai nostri lettori e ad illustrarci il suo percorso letterario.
Eccomi qui. Attualmente sono una docente della scuola pubblica statale italiana “prestata” alla scrittura, nel senso che dedico a quest’ambito per me molto importante buona parte del tempo extra professionale. Amo altrettanto leggere e lo faccio durante tutto l’anno. Leggo di tutto senza pregiudizi di sorta, con particolare riguardo per la narrativa moderna e contemporanea. Ho iniziato a condividere con un pubblico di lettori virtuali le mie notazioni di cronaca aprendo un blog nel 2007 su una piattaforma nazionale. Ho, poi, pensato di propormi a terzi partecipando a concorsi nazionali e internazionali per “saggiare”, diciamo così, la consistenza della mia scrittura. Dopo aver contribuito ad antologie di AAVV di prosa e poesia (cosa che continuo sporadicamente a fare anche adesso), nel 2012 ho pubblicato da solista una silloge di racconti per Nulla Die, seguita nel 2013 da un romanzo. Nel 2016 ho dato alle stampe un secondo romanzo (il primo di una trilogia intitolata Prospettive urbane) e poi una raccolta di poesie nel 2018 sempre per Amarganta. Ho quindi continuato con la prosa pubblicando un terzo romanzo nel 2021 per Alcheringa. Per i tipi di Arkadia nel luglio 2024 è nato il mio quarto romanzo Oltre la porta socchiusa che è poi la mia ultima fatica letteraria. Ho collaborato con riviste digitali di arte, società e cultura. Curo un blog da autrice su WP e alcune pagine social per mantenere un filo diretto con le persone che hanno scelto di leggermi.
Il nostro compito è dare degli elementi senza svelare troppo. Se lei accetta la mia proposta la inviterei a giocare con il profilo dei personaggi che lei ha creato e con alcuni punti di svolta del suo romanzo, lasciando così la scoperta della trama ai lettori. Ci possiamo affidare anche a qualche citazione dal suo testo.
Con un balzo si inserì nella corsia di sorpasso, dando di sfuggita uno sguardo alla fiancata laterale dell’automezzo che, in un’epoca lontana, doveva essere stata di colore verde tenue, verde speranza. Un attimo fatale per lei.
Stiamo parlando di Alice, la protagonista del suo romanzo, e stiamo parlando del Prologo, quando inizia tutta la vicenda. Come possiamo presentarla?
Gli eventi narrati in Oltre la porta socchiusa, prologo incluso, scaturiscono dalla quotidianità della protagonista, Alice Bellucci, impiegata in una ditta che ha deciso di delocalizzare altrove costringendo i suoi lavoratori a una scelta obbligata: conservare il posto trasferendosi lontano dal proprio entourage o licenziarsi.
Alice è in macchina e sta tornando a casa (potremmo immaginarla alla fine di una giornata di tensione, “tossica” se vogliamo usare una terminologia più recente). Quello scatto in avanti in una corsia di sorpasso in realtà segnerà per lei ben altro, costringendola a vivere un lungo momento di impasse, psicologico e fisico. Che, poi, a ben vedere, è ciò che può succedere (e spesso accade) a ciascuno di noi quando tentiamo di forzare le circostanze della vita nella speranza vana di dimezzare i tempi, allungandoli invece a dismisura o peggio condannando noi stessi ad arretrare in modo inesorabile.
Per sua fortuna l’evento drammatico, in cui verrà suo malgrado coinvolta, avrà comunque la valenza positiva di fare da spartiacque tra un’esistenza piegata a situazioni passivamente subite e un nuovo corso ritmato invece da prese di posizione più vicine al suo sentire e quindi per lei più consone
La telefonata di Betty era arrivata all’improvviso nel bel mezzo del rinvaso, rimandato per mia pigrizia, di una delle mie famose piante di geranio.
Alice ama le piante, i film, le letture. Alice ha bisogno di cambiare lavoro e darsi qualche scossa per progettare il proprio futuro. Tanti piccoli dettagli ci lasciano vedere e sentire una casa, uno spazio, una dimensione del sentire: che cosa ci ha voluto mostrare attraverso la vita di Alice?
Quello che Lucia crede sia importante al mondo: la necessità di crearsi una sorta di luogo privilegiato o forse potremmo chiamarla anche comfort zone in cui riversare la propria umanità partendo da quei momenti altalenanti, che non sempre sono nelle nostre corde, in cui recuperare sentimenti ed energie positive, quelle che ci spingono a fare grandi cose partendo dalle piccole e grandi contrarietà quotidiane.
Se pure ci capita di non riuscire a concretizzare le nostre azioni nel modo in cui avremmo voluto, possiamo sempre provare ad affrontarle in maniera costruttiva e produttiva. Alice è una convinta sostenitrice di quanto bene possa fare all’individuo impegnare le mani in qualcosa di tangibile: per lei la coltivazione di piante da balcone, per Lucia Guida il crochet, per Giacomo (nome di fantasia) il bricolage praticato in garage. In fondo per creare una forma di Bellezza possibile che stemperi una quotidianità talvolta scialba o poco gratificante potrebbe bastare semplicemente rimboccarsi, anche metaforicamente, le maniche e trasformare quello che ci è piaciuto meno delle nostre giornate in atti di fare creativo, operoso.
Una specie di stimolo a fare bene per amore del bene e di noi stessi. Un’ottima via di fuga indispensabile per mantenere il nostro equilibrio psicofisico. Credo che a molti questa tematica (o forse dovrei parlare di leitmotiv?) stia molto a cuore, soprattutto negli ultimi tempi.
Dal canto mio avevo l’impressione che Matias si sforzasse di recarmi meno fastidio possibile pur avendo accettato di buon grado la sua sistemazione.
I legami fra i protagonisti del suo romanzo mostrano diverse possibili relazioni umane: familiari, amorose, perverse, intergenerazionali e così via. Alice, che abbiamo già incontrato, è una donna chiamata a fare delle scelte e a comprendere quali siano per lei i legami importanti e portatori di benessere. Possiamo partire dalla rete dei suoi legami familiari e soffermarci anche sul sorprendente rapporto con il giovane nipote Matias?
Alice è una donna single che fa fatica a tessere relazioni affettivo-sentimentali (ma anche di tipo lavorativo, a ben vedere) efficaci come spesso al giorno d’oggi succede. In famiglia si lascia forse in maniera un po’ passiva guidare da Betty, sua sorella, dotata di senso pratico e impegnata nella missione di collocarla nel mondo in maniera accettabile. A un certo punto il grave incidente, a cui fortunatamente sopravvive, agisce paradossalmente da catalizzatore spingendola a riconsiderare quanto sia importante amarsi realmente vivendo un’esistenza che valga davvero la pena di essere vissuta. E quanto poco tempo abbiamo per poter portare avanti questo progetto di vita e crescita personale. Una tempistica limitata, la nostra, che non ci è dato di sapere e che dovrebbe spronarci ad agire senza cadere e soggiacere a compromessi di varia natura, lavorativa e non.
Matias, nipote amatissimo e di poche parole, personaggio secondario, ma tuttavia essenziale nell’economia dell’intreccio, rappresenta una specie di ponte tra passato e futuro della protagonista oltre a costituire per lei un solido legame col suo presente attuale. Un elemento che costituirà almeno all’inizio anche l’unico contatto di Alice con quella quotidianità di cui lei stenta a riappropriarsi proprio per la richiesta di cura continuativa, anche se non pressante (ciascuno dei due continua comunque autonomamente a fare la propria vita), che una coabitazione, “imposta” da Betty a fin di bene, ma accettata di buon grado da entrambi, come la loro richiede: un pungolo a muoversi nella lentezza della riabilitazione fisica ma anche psicologica di lei. Potremmo, quindi, definirlo una specie di “traghettatore silente”. Una bella immagine piena di potenzialità e di energia vitale
L’altra persona gli apparteneva. Era cosa sua. In fondo lui era un maschio alfa, un prescelto; una personalità elevata ed eccelsa messa dal destino di contrappunto a una controparte che era un riflesso sbiadito della sua assoluta, intrinseca quintessenza di uomo.
C’è, nelle sue pagine e nelle sue scelte lessicali, una costante attenzione alla vita delle donne e alla fatica per essere davvero libere di determinare il proprio cammino. Nella vita di Alice si inserisce un incontro – all’apparenza banale – che si trasforma poi in un pericolo. Esagero con una domanda macroscopica che lei sembra suggerire: che cosa sappiamo davvero delle persone che incrociamo nelle nostre città? Quanto sono chiamate a stare attente persone come Alice per gestire serenamente i propri incontri?
Non esagera affatto. Mi spiego con un esempio tratto dalla mia esperienza di docente. Quando a volte convoco dei genitori per narrare scolasticamente i loro figli, i miei studenti, mi trovo spesso di fronte a persone che di questi sanno poco o nulla o che non li riconoscono attraverso la descrizione che ne faccio. Ciò accade perché talvolta è molto più comodo elaborare un’immagine ideale, foss’anche idilliaca delle persone a cui teniamo invece di impegnarci a sondarne la psicologia correndo il rischio di imbatterci in particolari poco piacevoli che, una volta individuati, vanno riequilibrati per evitare che si cristallizzino e diventino qualcosa di negativo. Cercare di capire chi abbiamo di fronte richiede uno sforzo immane che non tutti hanno voglia di compiere. Alice vede in Carlo ciò che vuol vedere: un uomo rispettabile anche in virtù della patina esteriore di onorabilità socialmente accettata (lui si presenta come un manager di successo e un uomo di cultura, distinto ed elegante) e proposta dai media legata soprattutto a caratteristiche di tipo concreto come l’appartenenza a una certa categoria sociale, per esempio. La loro conoscenza si manterrà estemporanea e non si tramuterà mai in qualcosa di più profondo impedendole di vedere “oltre la porta socchiusa”.
Nella realtà di tutti i giorni ciò avviene con conseguenze drammatiche spesso stigmatizzate nei resoconti giornalistici della cronaca nera. Il marito che accoltella la moglie che voleva separarsi da lui viene descritto come una persona gentile che salutava tutti e amava gli animali, dico per dire. Chiaramente siamo di fronte a più di un problema relazionale: la volontà di avere accanto a sé un partner senza andare troppo per il sottile, perché avere qualcuno al proprio fianco ci rende più simili a tanta gente istituzionalmente parlando e allontana la solitudine. E poi l’idea di una donna vissuta da molti uomini come una sorta di appendice del proprio corpo di cui, anche in presenza di un rapporto disfunzionale, non ci si vuol privare in virtù di un’idea morbosa di possesso che non ha più ragione di essere in un’epoca in cui le donne sono giustamente capaci di diventare artefici del proprio futuro da sole.
Con ciò non voglio dire che non sia possibile instaurare sane relazioni interpersonali tra uomo e donna ma piuttosto porre l’accento su una vera emergenza educativa, spesso minimizzata e banalizzata, affrontata con poca serietà che è presente in più di una generazione se è vero che ciascuno di noi pone in essere e interpreta quei modelli ricevuti nelle famiglie di origine. Se non incontri sul tuo cammino qualcuno che si prende la briga di farti notare che certi atteggiamenti non vanno bene, che il senso di possesso non ha mai ragione di esistere e va sostituito con comportamenti solidali e maggiormente rispettosi ed empatici verso l’altra persona, è tutto inutile.
Il predestinato era una persona su cui per una frazione di secondo aveva avuto potere di vita e di morte sia pure per cause e concause da principio non dipese da una sua precisa volontà. Una farfalla da catturare, riporre ancora viva in una vetrina trasparente osservandone il lento e progressivo spegnimento.
Lentamente si va precisando, con i significativi dettagli che stiamo svelando, che il suo romanzo è una sorta di affresco sull’importanza dei legami e sulla loro qualità: legami che sostengono e rendono liberi; legami che vorrebbero soffocare e imprigionare. Ci siamo troppo allontanati dalle sue intenzioni?
No, affatto. Oltre la porta socchiusa non è la semplice narrazione quotidiana, lineare e priva di mordente, della vita di Alice intesa come “una di noi” tout court. È una proposta di riflessione da parte mia su parecchie sfaccettature della nostra epoca. Come ho già detto in altra sede, semino nel testo degli indizi non soltanto per mantenermi coerente all’impostazione di giallo psicologico che ho voluto conferire a questa terza e ultima storia urbana, ma anche e soprattutto per stimolare attraverso descrizioni o vicende prese dalla vita di ciascuno di noi quei lettori che hanno voglia di leggere anche tra le righe. Tra queste proposte di lettura c’è quella dell’ampiezza di scelta che abbiamo nel momento in cui decidiamo di condividere un pezzo di strada al fianco di qualcuno. Sarebbe bello e consolatorio poter augurare a tutti una buona vita costellata da persone ineccepibili ma sovente ciò non accade. A me basta istillare il dubbio: è giusto andare avanti e accontentarci di false sicurezze, spesso materiali, in cambio del controllo totale della nostra vita da parte di terzi o forse sarebbe meglio vivere giornate più adatte a noi con persone che accettano i nostri difetti e non vogliono conformarci ai loro ideali astratti di perfezione? Che ci amano e rispettano anche e soprattutto per le nostre idee e quelle piccole contraddizioni così umane, quasi cucite addosso che ci rendono ciò che siamo, unici e irripetibili? Me lo chiedo e glielo chiedo.
La viuzza piccola e di passaggio in cui sorgeva aveva acquisito una nuova gioventù. Il locale, frequentato con sistematicità da una clientela affezionata, aveva conservato quell’aria tranquilla e informale a cui Anna e Michele, i suoi proprietari, tenevano così tanto.
Nella vicenda che lei narra appaiono importanti i luoghi di una città: le strade, le piazze e anche i locali e i negozi: vita quotidiana colta nel suo andamento. Che cosa ci vuole dire di questa ambientazione?
Le descrizioni che faccio, e che qualcuno ha definito di tipo filmico, aiutano il lettore a entrare nel vivo delle vicende e a seguire in modo ottimale la storia oltre a consolidare quel senso di quotidianità autentica, vera e vissuta, che come affabulatrice vorrei si respirasse: una specie di appartenenza a un’unica prospettiva esistenziale coniugata in maniera variegata ma pur sempre della stessa provenienza. Intrisa di una umanità che ama, soffre, magari sbaglia ma poi cerca di rialzarsi al meglio delle sue possibilità. Ma non su un palcoscenico in preda ad acrobazie e movenze straordinarie incantatrici e lontane dal mondo che ci circonda. Su un marciapiede di una città di medie dimensioni, su un pianerottolo, nella quiete di un soggiorno immerso nella penombra di fine giornata. Quelle piccole cose di pessimo gusto che rendono accettabile la nostra routine, per quanto ripetitiva e uniforme si prospetti, perché sono connotate dal valore aggiunto della nostra affettività di persone.
Non voglio pensare a quello che poteva capitarmi. Io ero il suo chiodo fisso da prima di conoscerlo di persona. Sapeva ogni minimo particolare che mi riguardava, dal mio indirizzo alle mie frequentazioni.
Alice va incontro alla vita affrontando anche i passaggi più duri e inquietanti. Possiamo dire qualcosa sul sapore, l’odore o la magia che questo romanzo ci lascia mentre ci avviamo al finale?
Se proprio devo pensare a un odore evoco una delle scene finali di Oltre la porta socchiusa. Alice sulla soglia della portafinestra del soggiorno di casa annusa l’aria che sa di neve dopo una nottata sconvolgente e per molti versi tragica di disvelamento di una realtà cruda e inaccettabile.
Quell’evento meteorologico straordinario le porterà novità, vigore e speranza: una minuscola promessa di felicità. In fondo sta a noi riconoscere un piccolo atto di magia nel momento in cui questo si manifesta, facendo in modo che la nostra parte bambina riesca a gioirne per la nostra stessa sopravvivenza emotiva. Per i sapori rimando a quello agrodolce della melagrana, che per me incarna il senso della Vita, punti di forza e punti di debolezza: per me è stato principio di tutto, parlando come scrittrice, oltre a manifestare il senso autentico di un’esistenza che è fatta di elementi contrastanti, ma continua forse per questo a stupirci e a farci sentire vivi, centrati nell’universo piccolo o grande che abbiamo delineato attorno a noi. Grazie per quest’intervista bella e difficile.
Per saperne di più
Lucia Guida, nata a San Severo (Fg), abita e lavora a Pescara, città in cui insegna Inglese. Nel 2012 ha esordito con la silloge di racconti Succo di melagrana – Storie e racconti di vita quotidiana al femminile e nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo La casa dal pergolato di glicine, seguito nel 2016 da Romanzo Popolare e Interlinee (2018), rispettivamente un romanzo e una silloge di poesie per i tipi di Amarganta. Del 2021 il romanzo Come gigli di mare tra la sabbia edito da Alcheringa. Le sue opere hanno ottenuto numerosi riconoscimenti letterari nazionali e internazionali. Già curatrice di rubriche di scrittura su siti di arte, musica e spettacolo, al momento si occupa di un blog sulla piattaforma WordPress e di alcune pagine su Facebook di scrittura e lettura dedicate ai suoi libri e alla propria attività di autrice. Oltre la porta socchiusa (2024) di Arkadia Editore è il suo ultimo romanzo.
Antonio Fresa
Il link all’intervista su Menti in fuga: https://tinyurl.com/37zm53xd
Il piacere della lettura è forse una delle consuetudini umane più belle. È con questo spirito, che mi appartiene da sempre, tipico di ogni lettore, che entro, rispettoso, nel romanzo “Oltre la porta socchiusa”. La nuova scrittura di Lucia Guida affascina e coinvolge. Come suo solito, propone un testo ben scritto e agevole nella lettura. La trama è adeguatamente strutturata, è rapida e ricca di tanti momenti emotivi che investono sia l’universo femminile che quello maschile. Prevale una narrazione in prima persona; quella della protagonista. Alice Bellucci è una donna single di 45 anni alle prese con una “Rinascita” che segue un brutto incidente stradale. Mentre tentava di superare un veicolo lento (un camion) viene investita da un suv che avanzava, nel senso contrario, a folle velocità. La sua macchina viene scaraventata contro il camion. L’impatto è violento e genera conseguenze e danni fisici rilevanti. Chi era alla guida del suv, certamente complice dell’incidente, non si ferma nemmeno e resterà nel pieno anonimato. Alice è costretta a un lungo ricovero necessario per ricomporre le rotture fisiche subite e per partecipare ad un impegnativo percorso riabilitativo. Lucia Guida alterna i capitoli proposti in prima persona (Alice) con passaggi caratterizzati da una narrazione indiretta riguardante un “Uomo”. È un po’ la persona del mistero, il lato “Giallo” del romanzo. Con saggezza letteraria viene mostrato e svelato gradualmente, facendo leva sui suoi vezzi, sulle sue manie, sul suo aspetto caratteriale rivolto alle donne. L’uomo riporta su una Moleskine le sue impressioni, il suo approccio verso il mondo. Una sorta di diario di bordo che lascia intuire un carattere spigoloso, duro, da dominatore seriale. È un “Vedo e non vedo” accattivante; decisamente stimolante per il lettore. È proprio questa alternanza, tra “Narrazione centrale” e passaggi riguardanti “l’Uomo”, che mantiene viva ed attraente una scrittura senza dubbio interessante. Alice ha una bella famiglia su cui fare affidamento. Non è mai sola. C’è sua sorella, minore, Betty e suo cognato Davide. La coppia ha un figlio, Matias, che si trasferirà dalla zia per farle compagnia, per aiutarla, nel periodo post-ricovero. Le due sorelle sono legatissime al punto che Betty, oltre ad avere a cuore la ripresa fisica di Alice, si preoccupa del suo benessere emotivo e sentimentale. La vorrebbe “Sistemata” con un uomo che le dia sicurezza e presenza costante. Del resto Alice è una sorta di single incallita, dotata della capacità di calarsi in storie improbabili. Era stato così anche con Roberto, l’ultimo dei suoi partner. La protagonista si affida a Serena, una psicologa olistica, e ad Irene, amica del cuore, per mettere in ordine il complesso sistema dei suoi flussi emozionali in una sorta di coinvolgimento globale: corpo, mente e spirito. Deciderà anche si lasciare il suo lavoro dimettendosi dalla Marani SpA; un impegno che non sentiva più nelle sue corde. Nel nuovo tempo che vive, Alice incrocerà nuove amicizie. Dapprima Carlo, incontrato casualmente al parco, e poi Paride, amico di Davide, conosciuto in ambito familiare. Resta pur sempre una donna insicura. Speso maschera, con un’eccessiva loquacità, un carattere timido e riservato; un approccio protettivo, una reazione incondizionata per evitare che gli eventi le sfuggano di mano. Sentiva addosso ancora la vecchia relazione con Roberto. C’erano stati alti e bassi, sofferenza, adrenalina, eros e passioni. Poi, di comune accordo, si erano allontanati. I nuovi incontri avranno la capacità di riaccendere, in Alice, antiche e sopite emozioni. È molto che non apre il suo cuore; da tempo non si concede ad un uomo. L’uomo “Misterioso” che appare nei vari capitoli è un vero killer sentimentale. Sembra creato e programmato per fare del male emotivo. Appare sordo a forme di pietà umana, restio ad essere parte di un naturale coinvolgimento. È abile nel suo “Ghosting”… un fuggire silenzioso, un distacco senza spiegazioni. Nella sua vita aveva provato sentimenti solo per un cane (lo aveva chiamato, appunto, “Cane”). La famiglia glielo aveva tolto brutalmente. Da quel momento, aveva giurato che non avrebbe permesso, a nessun essere umano, di sfiorare o entrare nel suo cuore. Il destino di Alice la vedrà alle prese anche con queste dinamiche. Nel romanzo emergono quelle dipendenze affettive, spesso tossiche, in grado di pregiudicare i rapporti umani. Ci sono le ossessioni, quelle che appartengono all’Uomo… l’idea di dominio, di possesso assoluto. La delicata narrazione di Lucia Guida dona spazio ad ogni aspetto, anche a quelli tipicamente interiori che accompagnano le esistenze dei vari attori. Non si può che apprezzare il bel condensato di elementi letterari presenti nel testo: il giallo, i risvolti umani e psicologici, i destini, i tormenti… nel finale, anche una sorta di favola moderna, per nulla scontata, che fa riflettere sul vero senso della vita.
Lucia Guida, di origini pugliesi, abita e lavora a Pescara come docente di lingua inglese. In passato ha pubblicato per diverse case editrici racconti brevi in collane di autori vari, decidendo di cimentarsi da solista,a inizio del 2012, con Succo di melagrana, Storie e racconti di vita quotidiana al femminile, edita dalla Nulla Die. Nel 2013 pubblica La casa dal pergolato di glicine, il suo primo romanzo (Nulla Die edizioni). Romanzo popolare (Amarganta Editrice) è stato pubblicato nel 2016. Nel 2018 pubblica la silloge poetica Interlinee. Nel 2021 ha pubblicato Come gigli di mare tra la sabbia per Alcheringa Edizioni. Con le sue opere è vincitrice di diversi premi letterari. Ha curato rubriche letterarie su alcuni siti. Attualmente si occupa di un blog sulla piattaforma WordPress e cura alcune pagine Facebook dedicate alla scrittura.
Stefano Carnicelli
Il link alla recensione su Il cielo capovolto: https://tinyurl.com/327km8ev
Quale potrebbe essere la procedura più efficace per parlare di sé stessi e delle proprie produzioni letterarie? Forse la stessa utilizzata per descrivere a qualcuno un figlio? Una sorta di orgoglio malcelato, tutto materno e umanamente comprensibile e per certi versi condivisibile, cercando di mantenere una giusta e doverosa patina di obiettività? È quello che ho pensato quando Umberto Braccili mi ha proposto di parlare nel suo blog dedicato alla memoria di suo padre Gigino di “Oltre la porta socchiusa”, mio quarto romanzo e terzo di una trilogia iniziata nel 2016 intitolata “Prospettive Urbane”. Sesto in ordine di arrivo dopo, come già annunciato, altri romanzi e due sillogi, una di racconti e una di poesie. È con questo stato d’animo ambivalente che mi appresto in questo compito per certi versi difficile. Potrei iniziare dicendovi che per una madre un nuovo figlio riceve la stessa quantità di amore destinata a quelli che lo hanno preceduto per nascita e non sbaglierei affatto. Aggiungerei anche che la stesura di “Oltre” è stata assai ponderata, forse più degli esemplari precedenti. Ha risentito della stasi del periodo pandemico. Un lasso di tempo che mi ha privata di idee, entusiasmo e voglia di fare, scrittoriamente parlando, spingendomi istintivamente su altri versanti creativi: quelli caratterizzati da un’operosità concreta, silenziosa, di tipo manuale permeati di pensiero profondo che non necessita di manifestarsi in superficie ma che pure c’è e ha il suo preciso peso specifico. Già da allora sentivo l’urgenza di portare a termine la trilogia di cui sopra iniziata con “Romanzo Popolare” (2016) di Amarganta, una storia di famiglie amiche, di vicissitudini liete e tragiche narrata in un decennio d’antan compreso tra il 1965 e il 1975 e ambientato nel popoloso quartiere di San Donato a Pescara; continuata in un condominio di semiperiferia di epoca contemporanea, una palazzina liberty fulcro delle storie dei suoi abitanti diversi gli uni dagli altri, punti di forza e punti di debolezza, raccontata in “Come gigli di mare tra la sabbia” (2021), Alcheringa. Era arrivato il tempo di stringere ulteriormente il cerchio: di andare in profondità e parlare del microcosmo di Alice Bellucci, 45 anni, di bell’aspetto e belle speranze, donna alla ricerca di un baricentro esistenziale e affettivo-sentimentale. Delle sue giornate lunghe a dismisura ritmate da una lenta opera di riabilitazione psicofisica. Delle sue speranze, delle sue disillusioni, della sua volontà e caparbia nel volersi riappropriare di un’autonomia personale messa a dura prova da un grave incidente automobilistico. Degli uomini da lei incrociati che difficilmente accettano di svelarsi per ciò che sono e sentono realmente, di affetti familiari certi che restano quando tutto il resto svanisce; di lavoro e precarietà; di un paio di occhiali dalle lenti appena scurite, non più rosa, che permettono alla protagonista di percepire il quotidiano per ciò che è e rappresenta in concreto. Certamente con buona dose di resilienza che non è mai accettazione passiva di tutto ciò che ci accade o che ci potrebbe capitare. Potrei dirvi moltissimo altro ancora. In fondo, lo dicevamo poc’anzi, a una genitrice fiera della propria progenie piace parecchio parlarne a terzi. Vi invito, invece, a leggere questa narrazione reperendola in web su uno dei tanti portali librari o, ancora meglio, a richiederla nella vostra libreria preferita. A entrare nella prospettiva di Alice, sopravvissuta e vincitrice laddove è stata ampiamente anche vinta e sopraffatta dalle circostanze dell’esistenza, ha pianto, si è disperata, ha temuto per sé stessa. Soprattutto di venirmi a sentire nelle presentazioni che farò a breve (la più vicina nel tempo è programmata per sabato 7 settembre a Pescara, ore 17,30 al “Ritrovo del Parrozzo”, ma ce ne saranno tante altre a seguire). Per un autore, al di là delle vendite di un libro (che di sicuro “fanno classifica”) la cosa forse più importante, pregnante, è quella di essere ascoltati. Di contraltare con il pubblico di lettori e potenziali lettori. Di incontrarsi sul filo empatico dell’affabulazione: un processo meraviglioso che è fatto di dare e avere in misura eguale. Uno scambio di energia notevole, anche in caso di opinioni contrastanti. Vi avevo promesso di essere poco celebrativa, spero di essermi decorosamente attenuta ai patti e di avervi incuriositi. Confidando di averli prossimamente con me ringrazio di cuore per la pazienza mostrata tutti coloro che hanno scelto di restare in mia compagnia in questi cinque minuti di lettura silenziosa.
Sinceramente vostra,
Lucia
Il link alla recensione su Associazione Culturale “Gigino Braccili”: https://tinyurl.com/4bbsr6t7
Ieri pomeriggio, sabato 7 settembre, presso lo storico locale “Il Ritrovo del Parrozzo” in via Pepe, la scrittrice Lucia Guida ha presentato ufficialmente al pubblico la sua ultima fatica letteraria, il romanzo dall’evocativo titolo “Oltre la porta socchiusa”. La madrina e il padrino dell’evento, rispettivamente Rita Pelusi e Giancarlo Giuliani, hanno edotto i presenti sul contenuto dell’opera, intimista e con un tocco di “giallo”, da leggere d’un fiato per l’attesa di un finale che si preannuncia a sorpresa, con una vera e propria stoccata, a detta della stessa autrice. La protagonista del racconto è Alice, quarantacinquenne miracolosamente sopravvissuta a un incidente stradale, descritta nel suo tortuoso percorso riabilitativo, tanto fisico quanto psicologico. La minuziosa descrizione dei particolari, che fanno da sfondo alla vicenda insieme ad alcuni oscuri personaggi, fra cui il cattivissimo Carlo, rendono quanto mai avvincente il romanzo, contemporaneo e moderno, con il giusto tocco di femminilità, che rendono la sua lettura piacevole e avvolgente.
Fabio Rosica
Il link alla segnalazione su Pescara News: https://tinyurl.com/uh2d67bc
Semplicemente superlativa questa biografia romanzata della vita di Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, più nota come Sissi, di Alessandra Zanelli; ho letto in un soffio le sue 212 pagine che mi hanno affascinato ed emozionato. I primi complimenti vanno alla perfetta e dettagliata ricostruzione storica dei tanti avvenimenti della vita di questa donna, “l’imperatrice che non voleva essere sovrana”, descritti con appassionata, commovente empatia arricchita da una delicata ironia quando l’autrice trova collegamenti con elementi della nostra epoca e, soprattutto, con uno stile narrativo impeccabile: standing ovation! E complimenti meritatissimi per la caratterizzazione dei/lle tanti/e coprotagonisti/e, dal marito, l’imperatore Francesco Giuseppe, alle figlie Gisella e Valeria e al figlio Rodolfo, dalla suocera Sofia alle numerose persone che entrano nella sua vita nel periodo ungherese, in quello inglese e in quello greco e che sono state determinanti per alcune sue scelte; una splendida scoperta la vena letteraria di Elisabetta, le tante poesie che ha creato, il suo amore per Heine e Shakespeare, tanto per citare alcuni autori, e la sua passione per lo sport, dall’equitazione alle camminate, che ha fatto parte in modo preponderante della sua vita fin quasi alla fine. Cito dalle ultime pagine del libro un paragrafo di Zanelli che mi sembra riassuma perfettamente chi è stata Sissi “Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, imperatrice d’Austria e regina di Ungheria e Boemia, ha navigato per quasi mezzo secolo tra i flutti di un impero in declino. Ne ha riconosciuto i segni, veleggiando controcorrente rispetto alle imposizioni di chi la voleva docilmente ingabbiata nella tacita accettazione del proprio dovere, sottomessa a una realtà definita e incontrastabile. Ha scelto di essere non un uccellino in gabbia ma un gabbiano solitario nel progressivo distacco dal consorte e dalla famiglia. Un fiabesco albatro alla ricerca della prossima nave da accompagnare attraverso i mari a lei tanto cari”: grazie per avercela fatta conoscere!
Daniela Domenici
Il link alla recensione su Daniela e Dintorni: https://tinyurl.com/ykd6an2u
La realtà e la verità non vanno nella stessa direzione: ne prende atto Monica, un’adolescente borghese di un’imprecisata città del Sud, appena diventata donna. Lei, insieme a Maria Grazia, una giovane e promettente giornalista, è la protagonista del nuovo romanzo di Anna Di Cagno L’anno della garuffa (Arkadia). Una storia di formazione, ambientata nel 1978 all’indomani del rapimento di Aldo Moro. Mentre tutta Italia è con il fiato sospeso, per un gruppo ristretto di persone un altro rapimento sconvolge le loro vite. È quello di un bambino di dieci anni, Luca Barnaba ha solo dieci anni, figlio di un facoltoso e chiacchierato imprenditore. In un entourage ambiguo e discutibile, tra famiglie nelle quali gli adulti assumono droghe che promettono la felicità e vivono con autisti e personale di servizio, in un luogo in cui il contrabbando di sigarette non è considerato un reato, Monica è una ragazzina ribelle, amica di Dalila, la sorella del bambino rapito. Con il suo sguardo disincantato si insinua nel mondo incomprensibile degli adulti che la circondano, gente a cui non mancano beni materiali ma priva di valori. Monica conosce Maria Grazia quando la giornalista incontra la mamma di Luca per intervistarla e, da allora, tra le due ci sarà una sorta di sintonia che le porterà a cercarsi e confidarsi. Monica si sente importante a passare informazioni e, per Maria Grazia la ragazza è un gancio insostituibile verso quel mondo così denso di zone d’ombra. Tra la prima persona di Monica e una terza persona che di volta in volta offre uno sguardo d’insieme di una vicenda intricata e intrigante, L’anno della garuffa, grazie allo stile ricercato dell’Autrice, avvince il lettore. Monica assiste a una strana inversione delle leggi morali che dovrebbero regolare la vita degli adulti. Se conoscesse il biliardo all’italiana la definirebbe una garuffa – uno dei tiri più difficili del biliardo all’italiana, consiste nel riuscire a imprimere un effetto contro la biglia battente in modo da deviare il suo impatto con la sponda corta – ma lei ha tredici anni e può solo guardare per cercare di capire cosa sta accadendo. Con una ricostruzione dettagliata della fine degli anni Settanta e descrizioni particolarmente evocative, è un romanzo che ci riporta a una stagione intensa della storia italiana, una storia che rilegge il caso Moro come metafora della perdita della fiducia nel “mondo dei grandi” e scava nell’anima pulp della generazione a cavallo tra la guerra e il boom economico. “Siamo la periferia di un regno, non abbiamo mai avuto corti e palazzi reali, un’aristocrazia e un’intellighenzia.”
Come è nato “L’anno della garuffa”?
“Non so identificare un momento preciso in cui è nata l’idea di scrivere L’anno della garuffa. Ma so perfettamente che volevo raccontare quel Sud “minore” in cui gli Anni Piombo non sono mai arrivati realmente. Mi sono trasferita a Torino nel 1988 e la memoria del Terrorismo era ancora vivida, tra i miei compagni dell’università. Lì ho capito di aver vissuto un’infanzia diversa.”
Quanto c’è di te in Maria Grazia e Monica?
“Come Monica ero una ragazzina molto curiosa e attenta al mondo degli adulti, diversamente da Maria Grazia ho avuto una vita professionale costellata di donne meravigliose che mi hanno insegnato tanto e rispettato. Quindi sì, un po’ assomiglio a entrambe, per affinità e differenze.”
Il 1978, anno in cui è ambientato il romanzo, è descritto in maniera minuziosa. Hai un legame particolare con questo periodo?
“Sì. Era l’anno in cui ho finito le elementari e ho dovuto salutare la mia meravigliosa maestra. È stata lei a lasciare in me la traccia indelebile del rapimento di Aldo Moro, perché ogni sabato portava in classe il quotidiano della città e ci leggeva un articolo sul quale, poi, dovevamo scrivere un tema. A Bari, città che non nomino mai, ma in cui è ambientato il romanzo, il caso Moro era molto sentito, perché pugliese d’origine e famoso docente universitario alla facoltà di Giurisprudenza per la generazione dei miei genitori.”
Per il titolo hai preso in prestito il nome di uno dei tiri del biliardo, la garuffa. È un gioco che ti appassiona?
“Non sono una giocatrice di biliardo, ma mi affascina la sua fisica. È il gioco più frequentemente usato per spiegare il principio di causalità Ma come tutti i giochi prevede dei tiri a effetto che sovvertono le leggi della fisica. E questo mi affascina come metafora della vita.”
C’è una particolare tipologia di lettori che vorresti leggesse L’anno della garuffa?
“I lettori sono tutti preziosi e, a ora, ho avuto apprezzamenti sia da uomini che da donne. So che è più facile per un/una over 50 leggere L’anno della garuffa, perché conserva la memoria di quel periodo, ma spero arrivi anche a quelli più giovani che vogliono capirne qualcosa di più. Sono stati anni drammatici e importanti per la storia del nostro Paese, ricordarli può aiutare a capire un po’ meglio il mondo in cui viviamo oggi.” Anna Di Cagno è nata a Bari e vive a Milano. Ha studiato Filosofia a Torino ed è diventata giornalista professionista nella redazione di “Cosmopolitan” nel 1994. Ha lavorato a lungo con magazine femminili occupandosi di tematiche di costume, cultura e attualità e ha collaborato con diverse agenzie di comunicazione. Sei anni fa ha fondato ilblogdimollybrown.com, sito che si occupa di cultura in maniera “spettinata”. Per Morellini Editore ha curato le antologie Lettere alla madre e Lettere al padre e partecipato alla raccolta di racconti Tra uomini e dei. Storie di rinascita e riscatto attraverso lo sport. Per Cairo ha scritto Lettere d’amore per uomini imperfetti, non-romanzo a quattro firme realizzato con Paola Mammini, Maria Di Biase ed Elena Mearini. Nel 2021 ha pubblicato Gala Éluard Dalì. Per interposti uomini, biografia romanzata della collana Femminile singolare che dirige insieme a Sara Rattaro. Molti suoi racconti sono presenti in diverse pubblicazioni.
Rossella Montemurro
Il link all’intervista su TuttoH24: https://tinyurl.com/bdejmju8
Ho letto la terza opera di Lucia Guida e, prima di scriverne, ho voluto scambiare con lei qualche parola.
Lucia, sempre garbata e gentile, ha accettato.
Lucia, ci conosciamo da anni, ma l’ultima volta che ci siamo sentiti “ufficialmente” sul mio blog, è stato circa dieci anni fa. Cosa è successo nel frattempo?
Ciao, Mario. In questo decennio ho pubblicato per altre tre case editrici, (Amarganta, Alcheringa e di recente Arkadia, curioso che inizino tutte per A… ), ho preso un master in italianistica, studiato parecchio per una selezione professionale. Letto tantissimo (secondo me, oltre che un piacere infinito è preciso dovere di un autore farlo in modo sistematico). Scritto tre romanzi: Romanzo Popolare, Come gigli di mare tra la sabbia e Oltre la porta socchiusa) una silloge di poesie in versi sciolti, “Interlinee”. Ho anche accettato di collaborare con piccoli contributi in prosa e poesia per antologie di autori vari. Recensito libri come freelance. Ho soprattutto riflettuto moltissimo sull’editoria contemporanea e sulla strada da quest’ultima di recente intrapresa, idealizzandola molto di meno che agli inizi. Provato a scrivere con maggior cognizione di causa (spero) e con il giusto ritmo, continuando a sondare con attenzione tutto ciò che mi circonda, dalle iscrizioni sul muro di cinta del parco che oltrepasso ogni giorno per andare al lavoro sino a ciò che mi tormenta ad altezza di cuore e di testa. Soprattutto non ho mai dato niente per scontato mettendomi di continuo in discussione; ho con serenità anche valutato la possibilità di continuare a scrivere e di quanto questa cosa potesse ancora incidere nel mare magnum dei libri che continuano a essere stampati.
Da poco è arrivato il tuo Oltre la porta socchiusa, edito da Arkadia, sotto lo sguardo severo e inflessibile di Patrizio Zurru. Prima domanda: l’autrice da che parte guarda rispetto a quella porta? E cosa rappresenta quella porta?
Intanto permettimi di fare un plauso al team di SideKar, la collana per cui ho esordito in Arkadia coordinata da Patrizio Zurru, Mariela Peritore Fabbri e Ivana Peritore Fabbri che mi hanno scelta e continuano a seguirmi con grande e doverosa attenzione anche in questi primi passi del post pubblicazione. Attraverso una qualsiasi porta metaforicamente socchiusa io guardo sempre con diligente circospezione, chiamiamola così. Sono, cioè, sempre d’emblée propensa a cogliere il senso di apertura che una nuova circostanza mi prospetta. Da bravo acquario la cosa mi entusiasma parecchio ma poi nella fase successiva passo tutto con accuratezza al vaglio della ragione. Se, infatti, per me è importante mantenere sempre uno spiraglio di disponibilità è altrettanto però necessario provare a intravedere al di là delle apparenze. Caratterialmente è raro che chiuda in maniera definitiva porte ma quando lo faccio non torno più sui miei passi.
In questo romanzo si muovono due sorelle l’una l’opposto dell’altra e due uomini, anch’essi l’uno l’opposto dell’altro (oltre a un terzo uomo, marito di una delle sue sorelle). Come mai questa scelta?
Senza farne un romanzo corale ho provato a sondare l’animo umano da varie prospettive, da quella più solare e luminosa a quella decisamente più dark. Del resto, la realtà di tutti i giorni ci propone di continuo modelli variegati di comportamento e tipologie di umanità assai differenti le une dalle altre; conoscere significa anche prevenire, come un vecchio slogan un tempo recitava. L’esperienza è una grande maestra, va coltivata. Ed è sbagliato pensare (e concepire anche scrittoriamente) il mondo in termini di bianco in contrapposizione al nero. Il male esiste, è molto più diffuso di quanto non si pensi perché secondo me si nutre e prolifera anche grazie a una certa passività, all’indifferenza e alla superficialità da tanti praticata. Non mi interessa e quindi non vedo. Poi però mi stupisco se la quotidianità è piena di situazioni limite, per me inconcepibili. Dovremmo imparare nuovamente a praticare l’empatia, a provare a metterci poco alla volta nuovamente nei panni degli altri. E invece troppo spesso tiriamo dritto per comodità, per pigrizia.
La tua opera tocca alcuni argomenti, purtroppo, hot di questo periodo: stalking, femminicidio, condizione della donna, e altro. Come ti poni, nella tua vita, di fronte a queste problematiche?
In maniera estremamente assertiva, di manifesta condanna. Lo stalker e il femminicida per me non hanno scusanti né giustificazioni di nessun tipo. Bisognerebbe ricordarlo di più a qualche giornalista malato di benaltrismo che continua con pervicacia a parlare di “drammi d’amore” (sic!) in questioni in cui c’è un palese abuso di questo termine. Chi ti vuol realmente bene vuole per te il meglio a costo di sacrificare sé stesso rinunciando a un sentimento che non ha più rispondenza nella controparte. Limitare a qualsiasi titolo la libertà dell’altro è un delitto. Ciascuno di noi ha il sacrosanto diritto di poter cambiare idea in qualsiasi momento: in amore, in amicizia, nei rapporti di lavoro. I comportamenti debordanti non sono mai indice di equilibrio. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui il voyerismo attraverso il,web e i social ha trovato una sorta di consacrazione. Ciascuno di noi deve, a mio avviso, poter conservare una zona di propria ed esclusiva pertinenza e poter scegliere se permettere a qualcuno di accedervi o no. L’ho già detto e lo ripeto: pensare che una persona possa essere “cosa totalmente nostra” con atteggiamenti marcati di possesso non va bene. Chiedere rispetto per darne altrettanto a chi abbiamo di fronte è un atto dovuto, profondamente umano, e quindi da coltivare e incentivare in qualsiasi ambito.
Cosa ci racconti della genesi di questo romanzo? Senza paura di spoilerare, posso dire che inizia con un brutto incidente stradale, apparentemente “casuale”.
Nel prologo, la protagonista, Alice Bellucci, resta vittima di un incidente che ne mette a repentaglio la vita. Quanto sia di sua responsabilità l’accaduto o debba ascriversi ad altro lo scoprirà il lettore nel prosieguo della storia… Posso soltanto dire che a volte il peggio arriva per aiutarci a sovvertire un ordine percepito e agito negativamente in vista di un bene maggiore futuro. Chiariamo: non è giusto accettare supinamente tutto ciò che di avverso e contrario ci accade, ma forse potrebbe esserci di conforto riflettere sulle potenzialità che anche il momento peggiore della nostra vita in nuce possiede. Oggi vado di adagio in adagio, e quindi potrei dirti che “non tutto il male viene per nuocere”, ad avere occhi per ben vedere…
Le due sorelle: una estroversa, sempre attiva, un po’ invadente, dinamica e sempre di classe; l’altra esattamente l’opposto. Interagiscono e spesso il lettore percepisce un certo fastidio da parte della seconda nei confronto della prima (che, detto fra noi, vorrebbe solo aiutarla). Tu da che parte stai? Voglio dire: l’aiuto di cui una persona, e nella fattispecie una donna, come andrebbe gestito?
Alice trova eccessiva la volontà ferrea di Betty di collocarla sentimentalmente parlando, però poi cede di continuo alle sue profferte e partecipa alle occasioni d’incontro da questa preconfezionate con uomini papabili a ricoprire il ruolo di fidanzati della sorella. A me non è mai capitato che qualcuno si prodigasse in tal senso per me. Sono, quindi, indulgente nei confronti di Betty che per affetto vorrebbe un happy ending affettivo-relazionale per tutti ma strizzo l’occhio in maniera solidale ad Alice. Non è peccato camminare in solitaria se al momento non hai avuto la possibilità di farlo con una persona che ti piaccia davvero, che ti sia affine con cui hai voglia di procedere di pari passo
Abbiamo anche uno stalker, te lo chiedo secco: hai mai avuto a che fare con uno di loro? La tua descrizione di questo personaggio è talmente fatta bene che il lettore rimane perplesso.
Le relazioni vissute a ridottissima distanza non hanno mai fatto per me, probabilmente perché sono stata cresciuta da genitori iperprotettivi che in nome dell’affetto che per me nutrivano pretendevano di conoscere (e per certi versi dirigere) la mia vita. D’istinto scappo da tutto ciò che percepisco come soffocante, eccessivo perché penso che un sentimento autentico non sia fatto di controllo continuo ma di fiducia reciproca e di rispetto reale, come ho già espresso. Una persona a me assai vicina ha avuto a che fare con un’altra persona che le ha rivolto attenzioni eccessive perché non accettava la fine della loro relazione. È stato un periodo pesante e profondamente infelice per tutti coloro legati alla questione più o meno indirettamente legati. Lo stalker di Alice, tuttavia, si muove nell’ombra all’insaputa della sua vittima sino alla fine. Siamo nel patologico conclamato. Per descrivere in maniera accurata questo stato di cose estremo e particolare mi sono andata a documentare leggendo studi scientifici sull’argomento e chiedendo un parere a chi queste dinamiche per professione le affronta quotidianamente. Mi lusinga che il principio di verosimiglianza sia stato pienamente rispettato: volevo provare a mettere nero su bianco i meccanismi che scattano nella mente di un individuo ossessionato da un suo simile. Probabilmente la mia sensibilità anche scrittoria e l’amore per il particolare hanno fatto il resto, ma ti assicuro che di autobiografico c’è davvero poco. Fortunatamente, aggiungo.
Riesci a descrivere scene e situazioni “forti” e “piccanti” sempre senza eccedere nel linguaggio e usando sempre un registro privo di termini volgari. Ci sveli il tuo segreto? E dire che sei insegnante e, anche non volendo, in classe credo che tu senta di tutto (e ti venga da rispondere per le rime).
Io credo che una scena di sesso non abbia bisogno di esser illustrata nei minimi particolari se questi non sono indispensabili all’economia della narrazione, a meno che io non sia un’autrice di narrativa erotica. Deve, quindi, essere funzionale all’intreccio quanto basta, senza esagerazioni. Così anche nelle scene di contrappunto a quelle di Alice dedicate all’operato del suo stalker. Anche in questo caso non penso aggiunga una virgola in più di realismo esagerare nella ”mise en place”, diciamo così. Reputo sia il contenuto a farla da padrone più che il contenitore.
In classe come prof cerco di mantenere sempre un linguaggio e un comportamento ortodossi: se redarguisco una studentessa per un capo di abbigliamento forse più consono per una serata in discoteca o con gli amici che per un’occasione di lavoro a scuola cerco di vestirmi adeguatamente anch’io, altrimenti dal punto di vista educativo la mia richiesta di riflessione da parte sua non avrebbe senso. Ricordo anche di continuo che le imprecazioni peggiori le conosco benissimo e talvolta in privato le uso specie se arrabbiata ma ho troppo rispetto per il luogo in cui mi trovo e per loro stessi per esprimermi così anche in pubblico
Prima di concludere e di dedicarmi a una recensione, ti chiedo a quale fascia di pubblico e di età consiglieresti il tuo libro.
Credo che tutti i miei romanzi, dal primo all’ultimo, siano più adatti a un pubblico maturo, non tanto per le descrizioni elaborate con quello che tu hai definito “garbo” quanto invece per gli argomenti trattati. In ogni caso sottolineerei comunque l’importanza per un ragazzo in crescita del supporto e del filtro di un adulto di riferimento anche in ambito di lettura. Lo dico senza inutili pruderie e in qualità di educatrice, visto che ne abbiamo parlato poco fa. Ricordo con tenerezza di aver letto Flaubert o i romanzi di Colette di nascosto, prendendoli dalla libreria di mio padre a quattordici anni perché sapevo di attingere a qualcosa di artisticamente ineccepibile ma di proibito, di certo non adatto a un’adolescente. Forse mi sarebbe stato di grande aiuto avere accanto una persona di esperienza di famiglia pronta all’ascolto e al dialogo a cui comunicare con fiducia, apertamente, le tante impressioni suscitate in me da entrambi gli autori
Grazie Lucia, ad maiora.
L’autrice
Nata a San Severo, abita e lavora a Pescara, città in cui insegna Inglese. Nel 2012 ha esordito con la silloge di racconti Succo di melagrana. Storie e racconti di vita quotidiana al femminile, menzione speciale al Premio Nazionale “Donne e così sia” (2014). Nel 2013 pubblica il suo primo romanzo La casa dal pergolato di glicine, premiato alla XIV Edizione del Premio Internazionale “Val di Vara-Alessandra Marziale” e al Concorso Letterario Nazionale “Urbe Parthenicum” (2015). Segue Romanzo popolare (2016), vincitore di diversi premi letterari di prestigio. Ha inoltre pubblicato la silloge di poesie Interlinee (2018). Con Come gigli di mare tra la sabbia (2021) è stata tra i finalisti del Premio Internazionale Samnium, riportando la menzione d’onore nei Premi Internazionali Cygnus Aureus e Navarro nel 2022 e la segnalazione nel IV Concorso Letterario Tre Colori per la sezione Bianco Avorio opere edite. Già curatrice di rubriche letterarie su siti di arte, musica e spettacolo, al momento si occupa di un blog sulla piattaforma WordPress e di alcune pagine su Facebook di scrittura e lettura dedicate ai suoi libri e alla propria attività di autrice. Per Arkadia Editore ha pubblicato Oltre la porta socchiusa (2024).
Mario Borghi
Il link all’intervista su Il blog di Stranoforte: https://tinyurl.com/2tmhfmxm
Si terrà sabato 7 settembre 2024 alle ore 17.30 nella storica cornice del caffè letterario Il Ritrovo del Parrozzo in viale Pepe a Pescara la presentazione dell’ultimo romanzo della scrittrice Lucia Guida intitolato “Oltre la porta socchiusa”, edito da Arkadia per la collana SideKar. Introdurranno gli scrittori Rita Pelusi e Giancarlo Giuliani.
L’opera, di ambientazione contemporanea, narra la storia di Alice Bellucci, single quarantacinquenne coinvolta in un grave incidente automobilistico che le causerà una lunga inattività; durante il successivo periodo di riabilitazione la protagonista dovrà fare i conti con una vita lavorativa e personale non più soddisfacenti imparando a volersi maggiormente bene attraverso scelte drastiche. Un romanzo sulla vita, sulla ricerca del proprio destino e della felicità (dalla quarta di copertina). “Un libro intenso che racconta la vita, le sue prove e le sorprese che sa riservare. Possono essere gradite o meno, momenti piacevoli o completi disastri, ma permettono a chi le vive di guardare alla propria esistenza con occhi nuovi, con uno sguardo diverso, capace di individuare l’essenziale e ciò che, davvero, può far stare bene”, (Connie Bandini in Magia nelle Parole).
Lucia Guida vive e lavora come docente di lingua inglese a Pescara. Per Nulla Die ha pubblicato la silloge di racconti “Succo di melagrana, Storie e racconti di vita quotidiana al femminile” (2012) e “La casa dal pergolato di glicine” (2013), seguiti nel 2016 da “Romanzo Popolare” e “Interlinee” (2018) per i tipi di Amarganta. Nel 2021 è stato dato alle stampe il romanzo “Come gigli di mare tra la sabbia”, Alcheringa. “Oltre la porta socchiusa” è il suo quarto romanzo e la sua sesta opera da solista.
Daniela Quieti
Il link alla segnalazione su Logos Cultura: https://tinyurl.com/3s6vkj9p