Massimo Granchi, scrittore e antropologo, celebra le relazioni umane, mettendo al centro delle sue opere la famiglia e, in particolare, la figura del padre, come nel suo ultimo romanzo “La memoria della vite”. Nei suoi lavori intreccia narrazione e ricerca, dando vita a storie che scavano nelle dinamiche affettive e nelle parentele. Il suo studio non è solo accademico, ma anche profondamente personale: attraverso la scrittura, Granchi indaga il proprio vissuto, riflettendo sul ruolo di padre e sul percorso di figlio. I suoi libri non raccontano solo storie, ma diventano spazi di confronto e introspezione, offrendo ai lettori l’opportunità di riconoscersi e interrogarsi sulle complesse sfumature dei legami familiari.
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a creare laboratori di scrittura creativa dedicati a bambini, ragazzi e adulti nelle scuole e all’università, oltre a percorsi specifici rivolti ai detenuti nelle carceri?
<<Sono molte le ragioni, considera che per me la scrittura è uno strumento terapeutico, attraverso il quale compio innanzitutto una crescita personale. Poi, una volta che mi rendo conto dell’arricchimento raggiunto grazie alla mia esperienza, ritengo importante, e anche doveroso, condividere ciò che rappresenta per me. Riconoscendone anche gli aspetti sociali, mi sono reso disponibile nel momento in cui sono arrivate proposte per supportare e seguire adulti o giovani che vogliono avvicinarsi alla narrazione. Fortunatamente ho avuto l’opportunità di farlo nelle scuole e nelle carceri, qui nel territorio senese, con ottimi risultati. In queste occasioni svolgo il ruolo di mediatore, perché anche io ricevo molto da chi partecipa>>.
Il romanzo
Puoi citare un esempio tratto da “La memoria della vite” che evidenzi la capacità dei personaggi di rinnovarsi e di rimettersi in gioco?
<<Tutti e tre i personaggi, Sole, Gabriel e Liliana, attraversano momenti di profonda difficoltà legati a esperienze traumatiche e significative, sia nel passato che nel presente. Sole è l’unica molto giovane, vive in un condominio di Roma ed è figlia di un milanese e di una donna di Napoli. Gabriel, il suo migliore amico, è un ragazzo di origine colombiana con una famiglia segnata dall’assenza del padre. Liliana, la madre di Sole, è una donna autonoma ed emancipata, ma vive un matrimonio in crisi e sogna di tornare dov’è cresciuta, a Procida. Soprattutto di fronte a un evento drammatico che coinvolgerà uno dei tre, la vita di tutti cambierà radicalmente. Ne descrivo il percorso emotivo ed evolutivo e il rinnovamento necessario quando la vita ci mette fortemente alla prova>>.
C’è un filo conduttore che unisce i protagonisti del tuo romanzo, Gabriel e Sole: il profondo senso di vuoto lasciato da un genitore. Nel caso di Gabriel, un’assenza totale e misteriosa, mentre per Sole si tratta di un rapporto da ricostruire. Come si intrecciano queste due esperienze nel racconto?
<<Nella vita spesso ci avviciniamo alle persone con le quali pensiamo di avere qualcosa in comune, perché, nel vivere certe esperienze, abbiamo bisogno di riconoscere dei codici famigliari. Questo accade anche nell’amicizia. Gabriel e Sole si vogliono molto bene, perché il loro legame è sincero infatti non c’è alcun tipo di coinvolgimento sentimentale come coppia. Si riconoscono nei turbamenti, nei traumi, nelle difficoltà e nella costruzione del rapporto con la figura paterna. Hanno la necessità di colmare un’assenza fisica: il papà di Gabriel è sparito senza dare alcuna spiegazione, mentre quello di Sole, nonostante sia presente fisicamente in casa è come se non ci fosse a causa di vicende riferite al passato>>.
La figura del padre è centrale sia in “La memoria della vite” che in “Se/dici”, un’altra delle tue opere degne di nota. Quali sono le principali differenze nel modo in cui questo tema è affrontato nei due lavori?
<<Sì, è vero, è un tema centrale nella gran parte dei miei romanzi, come in “Occhi di sale” e in “Il principe delle arene candide”. Quando scrivo dedico uno studio molto approfondito alle relazioni familiari, perché per me comprendere la famiglia, le parentele e i legami affettivi è fondamentale. C’è senza dubbio anche una componente di ricerca personale, legata al mio vissuto: al modo in cui ho sperimentato la paternità, essendo padre anch’io, ma anche al mio percorso di figlio. Probabilmente, attraverso la scrittura, cerco di dare risposte a un ruolo che al giorno d’oggi è più complesso che mai. In un’epoca piena di sfide e difficoltà, crescere è difficile, ed essere genitore lo è ancora di più>>.
Tra febbraio e marzo presenterai il tuo libro durante il “Tour Toscana 2025”. Puoi ricordarci alcune delle tappe principali? Sono previste anche date in Sardegna?
<<Certo, il tour toscano sarà solo la prima fase, perché poi mi sposterò in altre regioni d’Italia e tornerò il prima possibile in Sardegna. La prima tappa sarà a Scansano in provincia di Grosseto, seguita da Monteroni d’Arbia, Siena, Certaldo, Murlo e Firenze. Molte date sono ancora in fase di definizione, ma sarà possibile consultare l’intero calendario tramite i social, la mia pagina Instagram, la mia pagina Facebook e naturalmente attraverso il mio sito personale www.massimogranchi.it>>.
Isabella Murgia
Il link all’intervista su La Voce Dei Protagonisti: https://tinyurl.com/yvbrf3vm
Settimane di titoli introspettivi e ricercati quelle che vanno dal 21 gennaio al 4 febbraio con le case editrici indipendenti a primeggiare sulle major. Due i titoli pubblicati da Bibliotheka e Arkadia e tre da Graphe.it e Morellini. Armando Editore festeggia quarant’anni di attività. Subito il #librocopertina firmato dal genio Francesco Salvi: lo scrittore, attore, cabarettista e architetto firma “Tegucicalpa” per Morellini. #Librocontrocopertina al ritorno del leggendario Massimo Granchi con “La memoria delle vite” per Arkadia dove l’intreccio tra amicizie e misteri nella vita dei protagonisti consegnano la meraviglia d’alto stile narrativo. Da attenzionare il ritorno in NN Editore di Roberto Camurri con “Splendeva l’innocenza“; le fiabe di Elio Pecora per Bibliotheka; il catalogo lettero- fotografico di Ludovica Gatta e Franco Zappitelli, “Ventisei tombini a Vasto” per Graphe.it e, nuovamente in casa Morellini “Gli eroi della Shoah” di Sara Rattaro e in casa Vallecchi “Il movimento del volo” di Antonella Sbuelz.
Libro copertina, Tegucigalpa di Francesco Salvi, Morellini
In un futuro dove il teletrasporto ha reso obsoleto il concetto di viaggio, l’eccentrico agente Tegucicalpa si trova coinvolto in una missione apparentemente impossibile. Incaricato di cercare la misteriosa LaKràudoclo, si ritrova a navigare in un mondo caotico e assurdo, popolato da personaggi bizzarri come il filosofico Machu Picchu e il criminale Don Cromatico. Tra colpi di scena esilaranti e situazioni al limite del paradossale, Tegucicalpa dovrà destreggiarsi tra organizzazioni segrete, tecnologie avanzate e complotti galattici. Ma mentre cerca di svelare il mistero che circonda LaKràudoclo, scoprirà che la realtà è molto più contorta di quanto immaginasse.
Le uscite di martedì 21 gennaio
Sara Rattaro, Gli eroi della Shoah, Morellini
Diciannove storie straordinarie di uomini e donne comuni che, durante la devastante morsa della Seconda guerra mondiale, si sono trasformati in fari di speranza e umanità. I Giusti tra le Nazioni hanno compiuto atti di incredibile coraggio e altruismo, mettendo a rischio la propria vita per salvare quella degli ebrei perseguitati dal regime nazista.
Giorgio Di Bernardo, Sui fiumi di Babilonia, Armando
Perché intitolare Sui fiumi di Babilonia un libro che parla di Bibbia? Perché è lì che, 2.600 anni fa, tutto ebbe inizio: gli ebrei, deportati, sedevano lungo l’Eufrate, piangendo al pensiero di Sion (Salmo 137) ed entrando al contempo in contatto con la cultura, le riflessioni e i miti del mondo sumerico e assiro-babilonese. Lungo le rive di quel fiume nacquero così alcune delle pagine più belle della letteratura di tutti i tempi, quelle della Bibbia, pagine che parlano di un Dio unico, Yahweh, e del suo amore per l’uomo. Ma questo avvenne attraverso la mediazione linguistica e culturale del luogo: miti e riflessioni si trasformarono in racconti e messaggi, significanti e significati, che dobbiamo imparare a decriptare, se vogliamo attribuire loro il giusto valore e comprenderli. Questo testo ripercorre le lezioni tenute in ambito universitario facendone una sintesi il più possibile intrigante e scorrevole, indirizzata a tutti gli appassionati e a chi vuole aprirsi a nuove interpretazioni della Bibbia nel mondo cattolico, ebraico e musulmano, con la speranza di offrire spunti di riflessione coerenti e stimolanti.
Simone Lanza, L’attenzione contesa, Armando
L’intensificazione del tempo schermo in età infantile rischia di pregiudicare lo sviluppo delle piene potenzialità di apprendimento umano in sempre più bambine/i a partire dalla capacità cognitiva e relazionale di prestare attenzione. Benché le neuroscienze non riescano a descrivere esattamente l’attenzione, essa resta pedagogicamente essenziale per l’apprendimento e si sviluppa soprattutto in modo congiunto e relazionale. Perché oggi essa sembra essere distratta, spezzettata, disgiunta o contesa? Siamo così sicuri che le generazioni future debbano essere educate sempre più precocemente e in modo sempre più intenso dagli schermi a scapito di sonno, gioco libero e lettura? Siamo così sicuri che l’economia dell’attenzione possa continuare a trasformare l’attenzione infantile in moneta sonante? Sulla base delle ricerche scientifiche disponibili, si danno qui validi motivi a genitori, nonni, docenti ed educatori per evitare gli effetti negativi del tempo schermo sull’attenzione.
Daniele Scotto Fasano, Cristiano Rocchi, Livio Boni, AfrichE, Armando
Tre psicoanalisti, cimentandosi con un esperimento inedito, sollecitano un’interlocuzione al contempo intima e critica con una serie di personalità – artisti, scrittori, attivisti e studiosi africani o «afropei» (africani europei) –, allo scopo di illustrare la pluralità delle figure soggettive, delle aspirazioni e delle forme di «disagio della civiltà» in un continente troppo spesso concepito e anche fantasticato come omogeneo e indistinto. Incentrata sul Corno d’Africa e il Magreb, questa piccola raccolta di saggi si concentra sul lascito del colonialismo e le vie, anche contorte, inaugurate dalle decolonizzazioni. Composto essenzialmente di interviste e di letture critiche di opere contemporanee, il saggio scommette su una metodologia condivisa tanto dalla psicoanalisi quanto dall’antropologia contemporanea e dagli studi postcoloniali: lasciare la parola all’altro, accettando di essere spiazzati da un’enunciazione talora provocatoria, altre volte sfumata, comunque aperta al dialogo e al confronto.
Franco Ferrarotti, Elogio della vecchiaia. La vita ripensata e ricomposta, Armando
Nel testo Franco Ferrarotti esplora la vecchiaia non come una malattia, ma come un periodo di salvezza e riflessione profonda. L’Autore rifiuta l’idea tradizionale che la vecchiaia sia sinonimo di declino, sostenendo che è invece un’opportunità per ripensare e ricomporre la vita con serenità e saggezza. Attraverso ricordi personali, riflessioni filosofiche e culturali, Ferrarotti celebra la solitudine scelta come momento di contemplazione, il ritorno alla natura e il ritrovamento di un senso di continuità tra infanzia e vecchiaia, tra inizio e fine.
Francesco Piccolo, Son qui: m’ammazzi, Einaudi
Francesco Piccolo torna in libreria e questa volta con un saggio d’autore, personale e sorprendente, in cui analizza tredici capolavori della letteratura che hanno segnato in modo indelebile l’immaginario dell’uomo e hanno contribuito a dare legittimazione alla mascolinità tossica e al patriarcato.
Sven Holm, Termush, il Saggiatore
Termush è un hotel di lusso costruito alla fine del mondo. Qui gli unici ospiti sono i ricchi che molto tempo prima hanno prenotato il proprio soggiorno in caso di disastro nucleare. La realtà di questo luogo, in attesa di un mutamento dell’universo, è artificiosa, fatta di pasti abbondanti, musica e giri in barca, mentre fuori di lì si profila sempre più un mondo post apocalittico. Ma dentro non v’è traccia della fine, il personale e la direzione fanno di tutto per cancellare ogni possibile traccia su ciò che accade fuori. In una società corrotta dal materialismo, Termush rappresenta una parabola inquietante sull’alienazione umana. Traduzione di Eva Kampmann. Postfazione di Jeff VanderMeer.
Eleonora Daniel, La polvere che respiri era una casa, Bollati Boringhieri
Il romanzo d’esordio di Eleonora Daniel è la storia di una relazione come tante, ma allo stesso tempo eccezionale nel suo genere, dal momento che, senza scontati romanticismi, affronta interrogativi relazionali ed esistenziali di una giovane coppia che progetta un futuro e una vita insieme. Scelte decisive da intraprendere, come il desiderio di avere un figlio, metteranno alla prova la solidità del sentimento che unisce i due protagonisti della storia. Il canto di un amore umano, e quindi imperfetto, intonato dalla voce unica dell’autrice che, con questo notevole debutto, si inserisce nel panorama della migliore letteratura contemporanea italiana.
Madeleine Gray, (Non) disponibile, Mondadori
Accolto a livello internazionale come uno dei migliori esordi dell’anno, “(Non) disponibile” è un romanzo sulla ricerca di sé. Assunta da un giornale on line come moderatrice di commenti, sperimenta per la prima volta la vita in ufficio. Esperienza che conferma tutte le sue paure di inadeguatezza sociale. Qui tuttavia incontra Arthur, un collega più grande di lei, di cui inaspettatamente si invaghisce, nonostante abbia avuto fino a quel momento relazioni con sole ragazze. Un romanzo che con sarcasmo racconta di una generazione sfiduciata e smarrita, che ritarda finché possibile il proprio ingresso nel mondo degli adulti.
Le uscite di mercoledì 22 gennaio
Antonio Galdo, Il mito infranto, Codice
Non c’è sostenibilità se non vi è una riduzione delle disuguaglianze e una distribuzione più equilibrata delle ricchezze. Al contrario il modello di sviluppo green che si è imposto negli ultimi anni non ha fatto altro che aumentare certi divari a vantaggio di ristretti gruppi. Con Il mito infranto, Antonio Galdo, giornalista ed ex collaboratore televisivo di Enzo Biagi, torna in libreria per affrontare con questo i rapporti tra economia e ambientalismo.
Oscar Wilde, Il delitto di Lord Arthur Savile. Uno studio sul dovere, Bibliotheka
Lord Arthur Savile, in procinto di sposarsi con la bellissima Sibilla, si ritrova nell’incresciosa situazione di farsi leggere la mano da un famoso chiromante nel corso di un sontuoso ricevimento londinese. L’uomo gli annuncia una minaccia imminente: Lord Savile sarà l’artefice di un omicidio. Per evitare che il presagio possa pregiudicare la felicità della futura vita domestica, l’aristocratico decide di anticipare i tempi, trafficando con pasticche avvelenate e orologi esplosivi. Ma la soluzione non sarà quella che egli ha previsto. Un capolavoro di cinismo, in cui veleni, esplosivi e infine l’omicidio, precedono la felicità coniugale del protagonista. Una riflessione sul dovere scritta con ironia.
Rossana Campo, Libere e un po’ bastarde, Bompiani
Un intenso romanzo d’amore ed eros che esplora l’universo personale di Betti, sceneggiatrice appassionata del suo lavoro. Ma anche le amiche, ognuna delle quali è invischiata in una rete ingarbugliata di problemi e dinamiche relazionali, spesso tossiche e tormentate.
Le uscite di venerdì 24 gennaio
Giovanna Strano, Vermeer, Il tempo perduto, Morellini
Un amore proibito. Un genio incompreso. La lotta per preservare un’eredità artistica. Giovanna Strano dipinge un ritratto appassionante di Vermeer e del suo mondo. Nel cuore della Delft del XVII secolo, il genio tormentato di Jan Vermeer prende vita attraverso gli occhi della sua devota moglie Catharina. La guerra e la crisi economica minacciano di distruggere tutto ciò che hanno costruito. Catharina, determinata a proteggere l’eredità del marito, si trova ad affrontare scelte difficili e pericoli inaspettati. Secoli dopo, il critico d’arte Théophile e la sua amante Apolline intraprendono un viaggio appassionante sulle tracce di Vermeer, scoprendo segreti sepolti e verità nascoste. La loro ricerca si intreccia con quella del falsario Han van Meegeren, il cui straordinario talento lo porta a sfidare il mondo dell’arte con audaci inganni. Il fascino salvifico dell’arte coinvolge anche lo scrittore Marcel Proust la cui opera è intrisa dell’influenza di Jan Vermeer.
Paolo Mantegazza, L’arte di prender marito, Bibliotheka
“Se il matrimonio può darci la massima felicità, è anche la più instabile delle combinazioni chimiche; il più delicato, il più intricato, il più fragile di tutti i meccanismi”
Sin dalla fine dell’Ottocento, con il loro linguaggio concreto e colorito, i manualetti sulle cosiddette “arti coniugali” hanno conquistato un successo europeo. Vivaci e ironiche testimonianze dei pregiudizi sessuali e sentimentali del tempo, sono stati anche voce di un pensiero riformatore a sostegno dell’educazione sessuale, del divorzio, del controllo delle nascite. Ne è un esempio “L’arte di prendere marito” del medico e scrittore Paolo Mantegazza. Se il matrimonio può trasformare la vita in inferno, in purgatorio o in paradiso – sostiene Mantegazza in questo testo del 1894 – resta in ogni caso la “meno peggio” tra le relazioni che legano un uomo e una donna. È con questa convinzione e questo spirito che l’autore scrive un saggio per facilitare alle donne la scelta del partner.
Matteo Quaglia, Volevamo magia, nottempo
Il narratore, trentenne impiegato in una compagnia di assicurazioni di Trieste, ha oggi una vita all’apparenza equilibrata e gratificante. Eppure, non riesce a scacciare un pensiero fisso, Ludovica. Il romanzo si muove sulle tracce di questa misteriosa ed evanescente figura femminile.
Le uscite di domenica 26 gennaio
Carlos García Gual, Breve apologia del romanzo storico, Grape.it
Un’appassionata difesa del romanzo storico, che esplora il delicato equilibrio tra verità e finzione, offrendo una guida per comprendere e apprezzare questo genere letterario.
Quello del romanzo storico è un genere amato da molti, e che incuriosisce altri, spesso in cerca di consigli per un buon titolo. Difficile può essere trovarne uno davvero buono.
I questo volume l’autore, con la “scusa” di dimostrare i punti di forza offre un’ampia prospettiva ripercorrendone le caratteristiche. In questa appassionata arringa si riflette sulla differenza fra il romanziere e il cronista.
Alessandro Pacini, Passeggiate nell’orto metallurgico, Graphe.it
Un’immersione nelle antiche tecniche metallurgiche, dove la riproduzione di manufatti storici diventa un ponte tra passato e presente, unendo sapienza artigianale e conoscenza archeologica La memoria minerale; il pugnale portato da un uomo dell’età del Bronzo testimoniano ciò che possiamo sapere su un’era. L’archeologia e la storia ci aiutano a capire e contestualizzare, ma possono peccare di un eccesso di astrazione. Un archeometallurgo, quale è l’autore di questo libro, è in grado di compiere quel passo che scavalca i secoli, riportando in vita quella memoria.
Ludovica Gatta e Franco Zappitelli, Ventisei tombini a Vasto, Graphe.it
Esiste una visione contemporanea per la quale questo volume non è nulla di più che un oggetto. Sono fotografie volutamente antiartistiche di Francesco Zappitelli. Le immagini compaiono circondate dal bianco della pagina, accompagnate solo dal numero progressivo e dall’indicazione del luogo, come a dirci: qui non c’è altro. A precederle, il breve saggio di Ludovica Gatta fornisce la giusta chiave di lettura che ci permette, al contrario, di concludere: eppure, c’è tutto.
Le uscite di venerdì 31 gennaio
Ramón Julian Meza y Suárez Inclán, Mio zio l’impiegato, Arkadia
Uno dei romanzi capisaldo della letteratua cubana, tradotto per la prima volta in italiano. Una storia affascinante che riporta nella Cuba del XIX secolo.
Elio Pecora, La ragazza con il vestito di legno e altre fiabe italiane, Bibliotheka
“Un figlio di re s’innamorò di una povera ragazza, ma questa lo fece patire a lungo prima di accettarlo come fidanzato. Quando furono sposati il figlio di re volle vendicarsi”. Amori e incantesimi, stratagemmi e crudeltà si intrecciano nel vasto deposito delle storie popolari del nostro Paese. «Mi è accaduto anni fa, per un lavoro radiofonico, di avvicinarmi allo sterminato patrimonio delle fiabe italiane», racconta l’autore.
Antonella Sbuelz, Il movimento del volo, Vallecchi Firenze
Scegliere, vivere, rischiare, amare. E prendere il volo. Dalla Prima guerra mondiale agli anni di piombo, quattro figure femminili ci accompagnano lungo il Novecento: storie di donne dentro la Storia, per affermare il diritto al presente e al futuro, alla dignità e all’utopia. Rachele, Livia e Anna crescono e maturano durante le drammatiche e complesse stagioni della grande guerra, del fascismo, della Resistenza e poi della Liberazione, mentre Emma compie la sua scelta nel periodo più cupo della Repubblica. Quattro donne forti – colte in fasi drammatiche e cruciali, ma anche di grandi passioni e tensioni ideali – che testimoniano l’incrollabile volontà di essere padrone del proprio destino. Volare talvolta richiede sofferenza e sacrificio, talvolta appare impossibile, eppure non ci si deve arrendere mai: è questa è l’eredità ideale che verrà trasmessa da Rachele, Livia, Anna ed Emma alle generazioni che guardano al futuro.
Antonella Sbuelz ci trasporta in un viaggio indimenticabile, dall’esito emblematico e inaspettato, intrecciando le microstorie con la Storia del Novecento europeo. Un potente affresco narrativo che esplora, interroga, coinvolge e commuove, riconciliando con la grande tradizione del romanzo italiano.
Roberto Camurri, Splendeva l’innocenza, NNE
Luca ha quarant’anni e conduce una vita senza attese, ancorata al passato. Vive e gestisce a Monterosso, il bar di famiglia. Ha una relazione instabile con Giulia e non riesce a dimenticare Valentina, il primo amore di gioventù. Un giorno il suo amico Alessio, in preda all’abuso di alcol e droga, scompare. Spinto da un vecchio senso di colpa nei confronti dell’amico Luca si mette sulle sue tracce. “Splendeva l’innocenza” è una canzone d’amore alla gioventù e all’amicizia, e a ciò che rimane di noi quando lasciamo ogni rimpianto e ricominciamo a vivere.
Libro controcopertina, La memoria delle vite di Massimo Granchi, Arkadia
Gabriel è un ragazzo di origine colombiana che vive con la mamma e il fratello minore in un condominio di Roma. Nello stesso palazzo vive Sole. I due diventano migliori amici. La madre di Sole è Liliana. Ha fondato un’agenzia di badanti nella capitale. Il suo matrimonio è in crisi. Ha un legame profondo con l’isola di Procida dove ha trascorso le estati da bambina ed è lì che vorrebbe tornare. Le vite di Gabriel, Sole e Liliana sono intrecciate molto più di quanto possano immaginare. Un drammatico incidente le cambierà. I tre protagonisti percorreranno traiettorie esistenziali inaspettate. “La memoria della vite” è un romanzo sul significato delle relazioni umane, il coraggio, la speranza e la capacità di rinnovarsi.
Salvatore Massimo Fazio
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Mercoledì 27 novembre, a partire dalle ore 17,30, presso il centro culturale e residenza letteraria “Itaca”, in Via di San Domenico 22, si terrà un evento che raccoglierà la maggior parte degli autori toscani della casa editrice sarda Arkadia, che parleranno dei loro libri con la conduzione del direttore della residenza (e autore e co-curatore della collana arkadiana “Senza rotta”) Paolo Ciampi e, nella seconda parte, dello scrittore e traduttore Giovanni Agnoloni. Saranno presenti Tito Barbini (con Il fabbricante di giocattoli e Storie di amori e migrazioni sull’isola dalle ali di farfalla), Anna Bertini (con Le stelle doppie), Mauro Caneschi (con La chimera di Vasari, Le figlie dell’uomo e Il codice Stradivari), Paolo Codazzi (con Lo storiografo dei disguidi e Lo specchio armeno), Carlo Cuppini (coautore con Giovanni Agnoloni e Sandra Salvato del concept-book Da luoghi lontani), Massimo Granchi (con Il principe delle arene candide e Se/dici) e Marisa Salabelle (con Gli ingranaggi dei ricordi e La scrittrice obesa). Giovanni Agnoloni, oltre a parlare del suo romanzo Viale dei silenzi, intervisterà la “special guest”, la scrittrice e nota traduttrice milanese Olivia Crosio, con la sua nuova uscita Josh in fuga e con la precedente pubblicazione La mentalità della sardina, ampiamente ambientata in Toscana. Lo scrittore e traduttore fiorentino Alessandro Gianetti, autore del romanzo La ragazza andalusa e di numerose traduzioni della collana arkadiana di lingua spagnola “Xaimaca”, interverrà in collegamento video da Siviglia, e con lui l’editore di Arkadia Riccardo Mostallino. Interverrà in video anche il presidente dell’Associazione Sardi in Toscana.
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Un nuovo cartellone culturale a Poggibonsi. Prende infatti consistenza la rassegna ’Linguaggi (altri), parole, musica, immagini’, ideata dall’associazione culturale ’La Ginestra’. L’intento è creare un appuntamento annuale. In agenda incontri quindicinali con autori, artisti, attori e musicisti della Valdelsa durante i quali sarà possibile anche consumare un aperitivo. Momenti di convivialità e di contaminazione artistica intorno ai libri ogni giovedì dalle 18,30. L’evento sarà accompagnato da letture di brani, ascolto di musica e improvvisazioni artistiche di autori locali. Si parte il 16 novembre con la presentazione della raccolta di racconti, di Massimo Granchi, ’SeDici’, Arkadia editore. Il 30 Giancarlo Petri con ’Ripartenze’, Nardini editore e infine il 14 dicembre Flavia Taccori con il suo ’Speculari inversi’, Amicolibro editore, e Claudio Cencetti con ’Valdelsane e altre poesie’, Betti editore, letture a cura della compagnia ’I comici ritrovati’. Le illustrazioni sono di Domitilla Marzuoli, Dalet Illustrolibreria di San Gimignano. L’ingresso è libero. Info: laginestrapoggibonsi@gmail.com oppure WhatsApp 3298606133.
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“Puoi sempre decidere di stare da solo Alfredo, ma con il passare degli anni è difficile trovare una buona compagnia. Se ti fai degli amici, invece, puoi contare su di loro o decidere di non vederli, se non ti va”
“Mi sembra complicato. Tu stai sempre qui, per esempio, su questa panchina e stai da solo”
“Veramente in questo momento siamo in due e ci facciamo compagnia”
“Davvero?”
“Tu che dici?”
Ci pensai un istante
“Io dico di si”
Questo è Se/Dici di Massimo Granchi (Arkadia Editore) nato a Cagliari nel 1974. Granchi vive a Siena ed è specializzato in Comunicazione e Media, storia e cittadinanza. Personaggio molto attivo nella vita culturale e artistica sia senese che toscana.
È sempre difficile, a mio avviso, recensire le “raccolte” rispetto ad un romanzo in cui si ha la certezza dei personaggi e un filo conduttore che lega tutto dal principio alla fine. Questo perchè ogni storia, più o meno breve che sia, ha i suoi personaggi, il suo narratore e la sua trama e meriterebbe una sua propria recensione, cosa ovviamente non possibile. Se/Dici è una raccolta di sedici racconti, tutti scollegati tra loro eccetto due, tutti con la voglia di far riflettere e toccare interiormente il proprio lettore. Piccoli sprazzi di vita raccontati in prima persona dai protagonisti, giovani, anziani, donne e uomini che ricordano un momento del passato o si interrogano su uno del presente magari con un occhio al futuro.
“Cicino era seduto tra gli altri due e li guardava con gravità. Era combattuto dal trasporto che quei bambini alimentavano in lui e l’imbarazzo che ancora aveva per aver confuso la famiglia del suo nuovo amico con dei kosovari. Non perchè ci fosse qualcosa di male nell’essere kosovaro, ma perchè lui si reputava in grado di distinguere le differenze. Studiava Storia e Geografia e a scuola era bravo, per le lingue aveva orecchio, seguiva il telegiornale con suo padre e non si capacitava di aver fallito l’opportunità di dimostrare a se stesso di avere sensibilità per le diverse culture.”
Il titolo della raccolta con lo slash ( / ) tra le parole Se Dici può essere interpretato in modo ambivalente a seconda di come lo si legge, ovvero, se letto come unica parola sta ad indicare il numero dei racconti di cui si compone, se letto separatamente indica lo stile narrativo, se dici, se lo dici, se lo racconti lo stai vivendo. Le storie sono semplici, ma intense, qualcuna mi ha profondamente commosso.
“Non gli rimane che attendere. Si sente molto stanco e ha un gran mal di testa. Da lunedì non sente i sapori, non sente gli odori, però la musica gli arriva, forte e chiara, quella dell’Inno di Mameli che sta per finire e che in qualche modo gli infonde un pò di coraggio.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.”
Marina Sembiante
Il link alla recensione su PuntoZip: https://bit.ly/3ojPVzB
C’è del minimalismo voluto ed esibito negli incipit dei racconti di Massimo Granchi. Tranne pochissimi casi, infatti, i singoli testi che compongono “Se/dici” si fanno incontro al lettore ostentando essenzialità e brevità: “Ho aiutato i miei figli che si preparavano a uscire”, “Zia Carmela è anziana e corpulenta”, “In estate fa molto caldo”, “Novembre è trascorso velocemente”, “L’aurora schiariva i profili dei palazzi”, “’Ragazzino! Lanciami la palla’, mi urlò”. Quasi a voler suggerire, fin da subito, che nulla di superfluo o di accessorio può trovare posto tra queste pagine, in queste pagine. Inoltre, un secondo elemento che colpisce di “Se/dici” è la vastità posseduta dall’area semantica del “ricordo”, del “ricordare”, oltre che dalla sapiente dialettica verbale destinata a tracciare esatte linee di demarcazione non soltanto tra il presente e il futuro o il presente e il passato, ma anche all’interno dello stesso piano del “praeteritum tempus” (passato prossimo, passato remoto, trapassato prossimo). Infine, di grande rilievo appare anche un terzo elemento, al secondo strettamente connesso, costituito dalla costante presenza sulla scena o di personaggi di età differente (adolescenti, giovani, donne e uomini maturi, anziani) o di un personaggio del quale di scorcio sono narrati momenti diversi e tra di loro lontani dell’esistenza. Nel primo caso, però, quando, cioè, a interagire sono uomini e donne di età differente, non tutti sembrano possedere la stessa importanza dal punto di vista del significato complessivo del racconto. Intendo dire che la figura dell’anziano ha un rilievo che né quella dei giovani né quella delle persone di una certa età mostrano. Non si tratta, naturalmente, di un giudizio estetico. Non intendo affatto affermare, cioè, che Carmela e Ulderico siano artisticamente più riusciti di Mauro o Teodoro. Massimo Granchi, infatti, sa sempre dare vita, nonostante la misura contenuta del racconto, a personaggi credibili, verosimili, riconoscibili. Carmela e a Ulderico (i “senes”), però, e non Mauro, non Teodoro, sono portatori anche di un messaggio, nel quale a me pare consistere il senso del libro. E qual è questo messaggio? Non è un insegnamento, non è un paradigma di condotta, né pratico né etico. È una constatazione, è il risultato di un’osservazione attenta, prolungata, affettuosa, è l’esperienza di vita dello stesso autore, che gli rivela che soltanto in punto di morte o in prossimità della morte, quando il “tempus” (il tempo) possiede ormai l’aspetto del “praeteritum tempus” (del tempo trascorso), è possibile, perfino doveroso, esprimere un giudizio sull’esistenza, la quale, a quel punto, si rivela a ciascuno per quello che è: una esistenza mancata. E può dirsi fortunato chi ha ancora accanto a sé una persona che lo ama, e che con lui calpesta quotidianamente la strada ingombra di speranze deluse e di progetti mai realizzati. Il passo che segue è tratto dal racconto si apertura, intitolato “Buon compleanno. Minestra di pane”.
“Ho aiutato i miei figli che si preparavano a uscire. Ho cercato nei loro occhi la ragione che mi ha allontanato da mio padre per molti anni. Ho indugiato su di loro come se dovessero svelarmi il motivo di tanta trascuratezza. Perché è successo? Non è il mio unico interrogativo. Ce ne sarebbero molti altri cui vorrei rispondere, ma sono confuso e stanco. Mi sono accorto di avere tenuto un piglio rigido troppo a lungo. Perché a un certo punto i miei ragazzi hanno arricciato le sopracciglia presagendo i miei pensieri. Non è mia abitudine guardarli in quel modo. Io li riempio sempre di attenzioni amorevoli senza oppressione, ma ero sofferente di un male gretto e totale e provavo un dolore fisico. “Babbo?”, mi hanno detto per scuotermi e ho ricordato di avere aria nei polmoni. Così ho respirato. L’ho rigettata e quasi mi saliva il pianto rimasto aggrappato alla gola. Che idiota! L’ho ricacciata dentro senza dargli sfogo, come facevo da bambino nei momenti d’impotenza, e mi sono spaventato all’idea di essere un adulto. Ho intercettato mia moglie. Come un’infermiera discreta, si muoveva nella stanza, mi porgeva le calze, le scarpe e il portafoglio. L’ho vista solo all’ultimo momento. L’ho abbracciata per ancorarmi a un porto sicuro. Ho visto la luce dei suoi occhi come fossero un faro in uno spazio buio”.
Francesco Ricci
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Con grande piacere parlo oggi di questo bel libro. Massimo Granchi scrive una storia ambientata tra la fine degli anni ’90 e il primo decennio del 2000; si tratta delle vicende di un ragazzo nel periodo dell’adolescenza e dell’affacciarsi all’età adulta. Edoardo narra in prima persona ma con grande misura, dando la sensazione che i dubbi e lo spaesamento che egli prova, lo portino a una certa distanza dallo stesso suo sentire. In un quadro famigliare che si scopre precario e costruito su evidenti fragilità, si fa ardua la ricerca di sicurezze da parte del protagonista. L’autore, nel tessere le relazioni tra i caratteri, sembra tenere in conto un sistema valoriale più antico e legato alla “terra dei padri”: fulcro e riferimento nodale della storia è infatti nonna Carmela. Anche da un’altra dimensione ella resta in connessione con Edoardo attraverso visitazioni oniriche, spesso capaci di provocare nel nostro protagonista prese di coscienza. Il mondo di lui, di sua madre e suo fratello, del padre, della tata Ninnina, degli ambienti che ruotano intorno alla vita quotidiana della famiglia in una Cagliari scarna e nello stesso tempo inondata di luce, è privo di clamori, di segni particolari. La storia è quella di persone comuni, e sono i sentimenti e le emozioni, l’introspezione e la ricerca di sé a essere in primo piano, così come il forte dolore esistenziale che attanaglia il ragazzo alla resa dei conti di un complicato processo di crescita. Il Principe che dà il nome al romanzo ha una forte valenza simbolica ed emozionale, e si lascia al lettore di scoprirne di più, e di carpirne il fascino. La qualità particolare della narrazione di Granchi è nella delicatezza con cui ci si accosta all’interiorità di chi cerca il suo posto sicuro nel mondo, con una capacità notevole di calarsi nel personaggio sia esso femminile o maschile. Persino l’amore di Edoardo per Barbara, tenero e intenso, sembra venir trascinato nelle sabbie mobili. I legami trovano nuova forza nell’abolizione del giudizio, nell’accettazione, che pare la chiave di lettura di questo affresco. La storia tiene nelle sue spire, e si sviluppa con tensione adeguata.
Una storia affascinante e avvolgente, che lascio raccontare a Francesco Baldi nel Playbook costruito per Il Principe delle Arene Candide, e che trovate a questo link: https://youtu.be/wMf-6u4lGMg. Oltre alla lettura interpretata di un brano del libro vi troverete notizie sul suo autore. Auguro a tutti buona visione e lettura!
Anna Bertini
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