Questo romanzo è stata un’avventura che mi ha fatto sorridere ma nello stesso tempo piangere. L’autrice ci racconta la storia di Susanna, una donna sola, scontrosa, posseduta da due passioni: quella per il mangiare e quella per la scrittura. Scrive improbabili racconti che manda a qualche concorso e romanzi che nessun editore accetta di pubblicare, scrive lettere a personaggi celebri senza sperare in una risposta, vive vicende grottesche e infine sceglie di isolarsi dal resto del mondo. Dopo la morte della madre rimane sola in casa rinchiudendosi sempre di più nel suo mondo, a nulla servono un lavoro presso una casa editrice, le “incursioni” della vicina, le visite dell’amica Lorella e l’amicizia con Suor Maria Consolazione. Il mondo di Susanna si imprigiona sempre di più tra le mura domestiche, la forte attrazione per la scrittura la porta addirittura a vedere i suoi personaggi in casa e a confondere realtà e finzione. L’autrice affronta due dinamiche molto importanti, l’obesità e la difficoltà di far pubblicare un libro da parte di scrittori emergenti. La scrittura è molto semplice ed intensa, l’ho letto in due giorni, mi ha tenuta incollata fino alla fine. L’ho adorato! Ve lo consiglio!
Titti Pallante
Il link alla recensione su eMagNews: https://tinyurl.com/5evb433j
Non leggere “Forse un altro” di Michele Zatta, edito da Arkadia, è una chance sprecata, il destino ci riserva sempre un’opportunità da cogliere al volo, e questo libro e il suo protagonista Mike Raft – alter ego di Michele e non solo- è la possibilità di regalarci una lettura originale e alternativa.
“Chi decide delle nostre vite? Chi traccia le nostre traiettorie terrene intrecciandole in un inestricabile e incommensurabile disegno? Il Destino, figlio del Caos e ” della Notte”, Signore del Limbo, nonché proprietario di due ricevitorie del Lotto a Vigevano.»
«E dov’è? Perché non sta qui?»
«Oggi si è preso una mezza giornata. È all’ikea.”
“Forse un altro”, il cui arco narrativo, segue, in un certo senso, la tradizione delle commedie morali medievali con riferimento alla tentazione, alla caduta e alla redenzione di un protagonista, 2.0. Mike incontra sfide ed entra in contatto con connotazioni morali personificati quali la Vita, la Morte, il Destino e l’Amore, quest’ultimo causa del suo mal, in preda alla tentazione di farla finita dopo essere stato lasciato dalla sua amata, si ritroverà in bilico tra la Vita e la Morte, in un Limbo gestito dal signor Destino un ometto tipo ragioniere un po’ sprezzante e suscettibile.
La sua Vita invece è un po’ sfatta, un po’ stropicciata, un po’ barbona dal calzino bucato, rappresenta il suo vissuto, più Mike vive male, più si rende infelice, più la sua Vita ne risente.
“Dove siamo?»
«Nel Limbo.»
«Dove?»
«È il luogo tra la vita e la morte. Un po’ come la Svizzera a novembre.»
«Aspetta un attimo, ma allora questo significa che non sono ancora morto del tutto.»
«Non farti troppe illusioni, il tuo encefalogramma è piatto.”
Annunci
… e poi arriva la Morte nel suo ampio mantello nero brandendo l’immancabile falce con tanto di campane a lutto che introducono la sua voce carvernosa …
“ Tremate e piangete, abbracciatevi forte / Sono arrivato, sono la Morte! ”
Non poteva mancare nella scrittura di Zatta un linguaggio dalla struttura cinematografica: inquadrature, luci, frame, stacchi improvvisi, colpi di scena e soprattutto i dialoghi, ideati magistralmente, e infine una voce narrante fuori campo, la sua quella di Zatta, ironica e sferzante che coinvolge in tutta la sua semplicità il lettore regalando un libro ricco, vivace ma soprattutto intelligente. Saper sorridere anche nei momenti difficili, quelli che ci impongono delle scelte, perché la vita è anche questo, scegliere, sbagliare, ricominciare e riscattarsi. Forse un altro è tutto questo!
Michele Zatta ha creato personaggi indimenticabili che inevitabilmente mancheranno al lettore persino il capriccioso Destino, l’anziana Amore e la piccola e buffa bambina sorella della bella Giustizia.
Sono davvero lieta che “Forse un altro” non sia rimasto in fondo a un cassetto e che Michele Zatta non abbia aperto una tabaccheria nell’Alto Lazio, o una tabaccheria sull’isola di Sant’Elena e che nonostante la sua genesi dolorosa “Forse un altro” è un omaggio all’amore e alla vita!
…e una colonna sonora di grande ispirazione.
Everybody’s Got To Learn Sometimedei Korgis
Sugar baby Love’ dei Rubettes
Twilight Time dei Platters.
Tuca Tuca. di Raffaella Carrà
Michael Nyman The Infinite Complexities of Christmas
Loredana Cilento
Il link alla recensione su Mille Splendidi Libri e non solo: https://tinyurl.com/bd7p96a3
Il mare delle illusioni è un romanzo che racconta la scelta di Gregorio Boni d’isolarsi, e sospendersi quasi, in quel non-luogo per eccellenza che è l’hotel, un hotel affacciato sul mare di Viareggio. Nonostante l’apparente semplicità dello scritto e la piacevolezza della lettura continuamente sospensiva e dilatata, per l’autore scrivere è un atto coercitivo e poco rasserenante, anche se, non fosse un romanzo, sarebbe un ballo, una milonga forse. Il mare e la libertà: il destino di ognuno si confronta sempre con la disperata voglia di un futuro diverso, magari migliore e l’illusione, o la realtà, di credere che infondo, forse, nulla succede per caso…
#
Genesi e desiderio del tuo libro.
L’idea del romanzo nasce da una constatazione semplice, quasi infantile, che spesso mi coglie quando mi trovo in un luogo diverso dalla mia città, Parma. A dire il vero mi capita soprattutto nei posti di mare. Allora guardo le case, i palazzi, i condomini, gli alberghi; mi basta un angolo di giardino, una palma, un terrazzo affacciato su uno spicchio di mare, un tavolo e una sedia collocati nella giusta posizione, e penso: “ecco, qui mi potrei fermare, ci potrei anche vivere”. Questo, in fondo, è quanto è accaduto a Gregorio, un personaggio della mia storia. Sono sempre stato affascinato da quella che qualcuno ha definito la quotidianità nell’altrove.
Quando scrivi, godi?
Purtroppo no. Devo confessarti che per me scrivere è un grande sacrificio, una vera sofferenza.
Non ho mai compreso quelli che affermano che la scrittura sia un atto liberatorio, catartico o, addirittura, terapeutico. Scrivere per me è un atto innaturale, odioso, contrario all’agire, un conflitto statico, niente di rilassante, è costrizione, vincolo, coercizione all’interiorità. Allora perché lo faccio? In effetti me lo sono chiesto spesso, soprattutto dopo essermi reso conto di come funziona l’editoria, ma devo ammettere che, in un certo periodo dell’anno, è un impulso al quale non so resistere.
Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché?
Il Padre Eterno si è divertito a invertire di colpo gli orizzonti. Così, in una tarda mattina del quattro di settembre, i bagnini degli stabilimenti ora scrutano l’entroterra con le mani appoggiate sui fianchi e volgono le spalle al loro mare. I vacanzieri, in preda allo sgomento, saltellano qua e là come mosche sulla passeggiata pedonale del lungomare. I camerieri del Grand Hotel Principe di Piemonte dalla vista privilegiata della terrazza all’ultimo piano si convincono, immobili, che quel mostro prima o poi li possa raggiungere.
Una spiegazione non ce l’ho, ma l’incipit del romanzo mi ha tolto alcune notti di sonno. Non mi andava mai bene, ci tornavo sempre per rimaneggiarlo. Forse perché penso che un buon incipit debba suonare come un giro armonico o perché in esso il lettore deve trovare già tutto, l’atmosfera della storia, il suo respiro. Chissà se ci sono riuscito… Sono un appassionato di incipit di grandi scrittori, molti li ricordo a memoria.
Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?
Potrebbe essere un tango, una milonga forse. Di sicuro qualcosa che ha a che fare con un sala da ballo mezza vuota di una città qualsiasi dell’America Latina.
Che rapporto hai con la censura?
Mi vanto di essere un liberale, quindi avverso ogni forma di censura. Si dice che oggi la censura non esista, ma non sono del tutto d’accordo. Credo che oggi viga nell’arte qualcosa di altrettanto grave che è rappresentato dall’obbligo di dover per forza trattare certe tematiche sociali. Penso sia una pratica ipocrita e comunque contraria a ogni espressione artistica. In ogni caso un vincolo, quindi dannoso.
Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?
Scrivere non può essere un mestiere. Di sicuro non lo è per me, perché non mi da mangiare. Può essere un modo di contestare lo status quo sì, ma ritengo che la buona narrativa non debba inseguire la contemporaneità, semmai rivolgersi al passato o indagare il futuro. Solo in questo modo, credo, si possa lasciare una traccia sul presente.
Gianluca Garrapa
Il link all’intervista su Satisfiction: https://tinyurl.com/3yx43y6m
Massimiliano Scudeletti, La laguna dei sogni sbagliati, Arkadia edizioni, 2022, collana Senza Rotta.
#
Nel nuovo romanzo di Massimiliano Scudeletti ritorna il protagonista del precedente lavoro, Alessandro Onofri – rivelando, in questo modo, la vocazione alla serialità di una scrittura che non è esente da influenze realistiche, (Scudeletti è anche documentarista e videomaker) – e lo situa nella Venezia degli anni ’90, nell’infanzia sognante e tremenda di un orfano e dell’eccentrica e affettuosa zia, amante dell’esoterismo. Cronaca e finzione, mistero e critica ambientale, si amalgamano in una struttura narrativa originale influenzata da maestri come Umberto Eco, Mark Twain, Stephen King, E.F. Wallace fino alla musica dei Portishead. Volontà e inconscio, contrappunto che delinea la linea spezzettata e sinfonica dei personaggi. La scrittura di Massimiliano Scudeletti cerca di porsi oltre i generi e si lascia guidare dalle immagini della memoria, dalla musicalità, dalla voce di un desiderio costante…
#
Genesi e desiderio del tuo libro
La Laguna dei sogni sbagliati nasce dal bisogno di svincolarsi da un personaggio senza abbandonarlo.
Alessandro Onofri, dopo Little China Girl, sembrava avere tutte le caratteristiche per diventare un elemento seriale della mia scrittura. Per metterlo al suo posto, prima ho scritto Aiace alla spiaggia che è una sorta di biografia/romanzo epico su Gioacchino Cataldo – ultimo Rais, cioè capo e autorità spirituale dei tonnaroti di Favignana, una storia che con mafia cinese e il noir di Little China Girl ha ben poco cui spartire. Poi, ho deciso di riparlare di Onofri che è sempre rimasto un’oscura presenza nel mio orizzonte degli eventi. In una dizione meno letteraria aveva arti (marziali) e bagagli sul mio pianerottolo e ho sempre odiato gli sgomberi forzati.
Allora l’ho messo bambino in un romanzo di formazione che celebrasse coloro che ho amato, che mi hanno iniziato alla lettura e che mi hanno lasciato. Volevo per loro magia e non elegia, qualcosa che gli ricordasse gli autori che amavano. Soprattutto una riflessione sul male in cui mi ero imbattuto.
Negli anni ’90 la mia carriera di video maker era a una svolta, il lavoro che mi veniva offerto più spesso era di andare a girare nelle cupe vampe del conflitto jugoslavo. Da una parte, l’idea mi attraeva come un pozzo oscuro: la prima guerra europea, i grimoire razziali che emergevano dai secoli freschi come se fossero appena stati scritti, ma dall’altra temevo di bere quell’acqua perché sapevo che mi avrebbe avvelenato. Mi hanno chiesto se avessi paura. No, temevo mi piacesse vivere la guerra senza averne la responsabilità morale.
Proprio in quel periodo, la provincia italiana, sull’orlo della rivoluzione di Internet, era scossa da episodi che la stampa rubricava nel satanismo – i “bambini di Satana”, il caso di quelle due ragazzine che uccisero una suora asserendo che fosse stato il grande maligno a spingerle, la noiosissima querelle sulla musica satanista – e allora mi passò per la mente l’idea di un racconto dove membri di una congrega satanica s’imbattono in una pattuglia di disertori usciti dal massacro di Srebrenica. Forse questa è la genesi de La Laguna dei sogni sbagliati: è davvero necessario un male metafisico a fronte dell’umanissima malvagità? Il resto è Le avventure di Tom Sawyer, In viaggio con la zia, Il pendolo di Foucault, It, Zia Mame. E.F. Wallace che cerca il grande romanzo americano che non arriva, Junot Diaz che dopo averlo scritto, tace. Poi partono gli accordi dei Portishead e so di aver scritto dell’avventura di un ragazzino.
Quando scrivi, godi?
Pubblicare, far conoscere il tuo libro è uno sport di squadra. Scrivere, no. Sei con un asciugamano attorno al collo, con la testa appoggiata alla lamiera dell’armadietto, seduto su di una panca dello spogliatoio. Cerchi di svuotare la testa mentre le frasi si rincorrono. Ti affidi alla memoria muscolare dell’inconscio e speri che quella e il mestiere ti consentano di concludere l’incontro. Ti cali in quella determinazione che i cinesi chiamano ‘Ji’, intenzione. Poi saltelli, non saluti. Può arrivare il colpo a freddo della frase inappropriata che ti porterà a una giornata vuota. Oppure: ‘fatto’, come dice Féraud nel film I duellanti ferendo l’eterno avversario. Finisce in maniera veloce e quello che volevi dire è lì che ti guarda dallo schermo. Flawless KO. È finita e ti senti svuotato con quella sorta di languore post coitum dove tutto è un po’ malinconico. Più nel senso tedesco del Fernweh, del volersi trovare in un luogo dove non sei stato, più che lo struggersi per un passato.
Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché?
«Ma i fantasmi esistono?» Alessandro continuava sulla sua strada.
«Tutto intorno a noi c’è qualcosa d’invisibile che possiamo decidere come percepire».
«È come quando dici che dobbiamo vedere oltre, oltre l’aspetto delle cose?».
«Proprio così». Batté le mani soddisfatta: «Di una cosa magica si può dire che è strana, bella o misteriosa, e non solo se è vera o falsa. Per alcuni non è fondamentale. Quelli che scrutano le ombre non hanno niente a che vedere con gli zotici che dividono il mondo in vero o falso. Il vero cacciatore di ombre, il vero Schattenjäger, ricerca il lato inconsueto delle cose e alla certezza della luce del mezzogiorno preferisce il crepuscolo».
Un brano che potrei dire di aver scritto in piena trance agonistica per continuare il discorso di prima. Poi, sono poi venuti altri a dirmi che per loro era il senso del libro. Non me ne ero accorto.
Invece c’è un pezzo sulla determinazione a recuperare la memoria che contiene tutte le mie idee sulla scrittura d’avventura italiana che non deve scimmiottare quella anglosassone. Mi piacerebbe che si dicesse: “come scrive Scudeletti?”. Così:
Aveva poco da ricordare, Alessandro, poco. Il dramma vissuto aveva scavato un buco nero nei suoi ricordi. L’aveva sempre affascinato la teoria che la zia gli aveva raccontato una volta come se fosse una fiaba: la vecchia stella che, stanca di emettere luce, collassa al suo interno e si fa più piccola, attirando la sua massa mentre tempo e spazio perdono significato.
Così quel poco che aveva era stato inghiottito.
I suoi genitori non gli avrebbero raccontato se da neonato li lasciava dormire o meno, né quale fosse stata la sua prima parola o a che ora fosse nato. Tutte quelle cose che i bambini, gli altri bambini, si sentono ripetere per anni nel tedio delle giornate di festa, fino a che non diventano parte della loro vita e, ripetute, acquistano concretezza coagulandosi in qualcosa di più di un ricordo personale: in un uomo o una donna.
Del resto, anche di mamma e papà sapeva poco: qual era il loro film preferito? Com’erano prima che arrivasse lui nelle loro vite? Avevano ballato da soli, bevuto, e si erano seduti come se non esistesse il mondo intorno a loro?
Una cosa però la ricordava. In una sera come quella, una sera dagli stessi colori e profumi, mano nella mano in mezzo ai suoi genitori, si erano fermati davanti a un baracchino che vendeva libri usati e suo padre gli aveva detto: «Prendi quello che vuoi».
Il libraio era vecchio e stanco, stretto in un grembiule nero fuori dal tempo, come il custode di una scuola antica. Alessandro aveva scrutato quel mare di carta, di copertine, di colori come a cercare un orizzonte. Sillabava tra sé i titoli assaporandoli, come davanti al più grande dei misteri. Alla fine aveva deciso per un libro piccolo, quasi un giocattolo, La carica dei 101, con la cattivissima Crudelia che spiava i piccoli e grassi dalmata. In quel momento, nell’aria ferma, conduttrice che precede i temporali di fine estate, era echeggiato il fischio di un treno, come un avvertimento.
«Fra poco pioverà, l’autunno sta arrivando», disse suo padre, ma non ne ricordava bene la voce.
Nella felicità di quell’attimo, di quel tramonto, anzi di quell’inizio di notte, c’era un’aria viola e umida, con una vibrazione di freddo appena accennata che avrebbe ricordato per sempre. Quando l’avesse percepita di nuovo, d’ora in avanti avrebbe saputo che l’estate era finita. Certo, ci sarebbero state altre giornate di caldo impietoso, altre magliette, e pelle abbronzata ed esibita, ma sarebbe stata un’inutile lotta contro ciò che ormai era annunciato.
Eccolo il suo primo ricordo sensoriale, ed era struggente, perché era solo in mezzo al nulla.
Decise che quel nulla qualcuno avrebbe dovuto riempirlo. Loro glielo dovevano. Sapeva soltanto che lui doveva dire a sua madre e a suo padre quello che non aveva potuto.
Quindi non fu attirato con l’inganno, e non fu il coraggioso intento di salvare gli amici a spingerlo, ma la determinazione a evocarli. Era quella l’unica strada per tentare di ritrovare una carezza dei suoi.
E allora si allontanò da via dell’Ingegneria, trafficata da autobotti e camion simili a mostri preistorici. Svoltò per quella che era stata una strada di campagna, circondata dalla palude, dirigendosi verso un capannone abbandonato ancor prima di essere terminato. Era solo l’inizio della decadenza di tutta quell’area: un domani il ferro sarebbe arrugginito, il cemento sarebbe stato intaccato da una nuova lebbra e le strade si sarebbero spaccate rivelando macchie di terra contaminata. Vetri e plastica avrebbero invaso i dintorni, sparpagliati come rifiuti sulla spiaggia spinti dalla risacca dell’abbandono: ma tutto ciò ancora doveva accadere. Alessandro camminava e cantava a bocca chiusa. Era una nenia, una litania o una ninnananna che inconsciamente emergeva a proteggerlo?
A ogni passo, lui e il mondo circostante mutavano come nei fumetti della Marvel. L’erba virava di colore, gas azzurro usciva dalle zolle come fumo da comignoli piantati al centro della terra. Funghi grandi come tartarughe rilasciavano spore color zafferano. Fosgeni incolori e inquinanti purpurei si mescolavano nel suo corpo reagendo e, invece di avvelenarlo, gli conferivano i superpoteri che ogni bambino sogna.
Chiunque avrebbe tremato a sapersi lì da solo, ma in una condizione di malattia può irrompere un coraggio che si trasforma in epica alla faccia del buonsenso. E per Alessandro, vivere senza ricordi era più che un morbo, era un peccato mortale.
Non si era neppure chiesto se avesse un’alternativa. Battersi nel cortile della scuola, sconfiggere quei bulli dei ragazzi più grandi, affrontare il male minore e diventare uno di quelli che non si sono piegati, che hanno saldato i loro conti. Questo sarebbe stato più semplice da accettare per gli altri, ma lui avvertiva un’ambizione maggiore.
Era un’ambizione che, forse non gli era chiaro, poteva perderlo, dannarlo; poteva svuotare per sempre la sua vita. Ma in realtà, come sua zia aveva avvertito con una morsa gelida di consapevolezza al cuore, lui era già perso.
Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?
Io faccio cose per alcuni un po’ strane: per esempio scrivo sempre la fine di un romanzo prima del resto, non per scelta ma perché mi è chiara fin dall’inizio e ne ho la riprova. Tutti i romanzi di cui non ho scritto la fine sono ancora lì con quegli occhi da uccelli con l’ala spezzata. Altra cosa un po’ anomala è che io scrivo con la musica ad alto volume, ininterrottamente. Alcuni amici, scrittori sicuramenti più bravi di me, inorridiscono, ma è il mio innesco. Poi guardo moltissime immagini. Mi ricordo che per parlare del Petrolchimico di Porto Marghera avevo selezionato un centinaio d’immagino che facevo passare random sullo schermo ascoltando musica anni ’90: Una terra malata genera mostri. Preferisco non parlare di quello che ho dovuto fare per ricreare l’ambiente delle congreghe sataniche o l’esplorazione del Dark Web per un prossimo romanzo. Quindi, se non fosse un libro sarebbe una voce narrante sopra delle immagini che scorrono. Con una colonna sonora molto, molto rilevante.
Che rapporto hai con la censura?
A volte ho nostalgia di una censura chiara, prevedibile, come quella italiana della I Repubblica che colpiva Pasolini e Zavattini e costringeva a schierarsi, apertamente. Scherzo, ovviamente, ma in un viaggio in Iran di qualche anno fa, appena prima della vittoria dei conservatori che avrebbero portato alla rivolta in corso, mi resi conto – non ci voleva molto – che erano le donne l’anello debole della catena di controllo. Per i maschi tutto era peccato veniale, per le femmine mortale. Però molti comportamenti non censurati, i capelli che sfuggivano dal velo, la cura nel vestire, erano tollerati e quindi quasi sopportabili per le giovani generazioni. Poi, un giro di vite ha cambiato tutto ed è iniziata una nobile lotta dimenticata. La censura definisce il tuo agire, credo.
Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?
Fare il giornalista nelle Tv private e poi scrivere storyboard di documentari o video istituzionali, sceneggiature, mi ha fatto guadagnare bene. L’ho sempre ritenuta una fortuna: ero giovane e facevo una cosa che mi piaceva maledettamente. Oggi, scrivere è altro. Parlavo con Emilio Rentocchini, il poeta – parlavo è inesatto, pendevo dalle sue labbra – e lo sentivo affermare che la poesia è un affare da persone mature, che sei costretto a passare per il crogiolo degli anni perché la fionda della tua espressività ti scagli a bordeggiare il baratro. Da ragazzo mi sarei infuriato per questa generalizzazione, ma ora ne tengo di conto benché ami i giovani che provano a scrivere in questa società geriatrica. Contesto lo status quo? Finché non ne fai parte è semplice e quindi credo che la parte di bastian contrario mi calzerà a pennello a lungo.
Io odio i generi, credo con Pinketts che “i generi letterari siamo i bracci della morte della letteratura”. L’ha detto lui in maniera migliore di quanto io possa mai fare, perché girarci attorno?
Allora rimangono le mie storie dove si mescolano le periferie schiacciate dalle bellezze monumentali, le città da cartolina si arrotolano e ingialliscono, e i mari da agenzia turistica rivelano una fatica arcaica. La c aspirata del toscano si unisce al rotacismo cinese; il dramma del Petrolchimico di Marghera diventa paradigma di tutta la brutalità dell’aut-aut padronale: salute versus occupazione. La guerra di Jugoslavia la declinazione delle nuove guerre così identiche alle precedenti e in tutto questo rimane saldo solo il mio patto con il lettore: tu ascoltami e io t’intratterrò. È essere contro lo status quo?
Gianluca Garrapa
Il link all’intervista su Satisfiction: https://tinyurl.com/5cw2tyvd
All’inizio c’è un’auto che corre per le strade di Milano. E poi, quando l’auto si ferma, due personaggi che parlano: un uomo e una donna. Si salutano, rimane sospesa tra i due l’idea, per l’uomo, di scrivere un romanzo che racconti i fatti della notte che sta per finire, insieme a quelli che l’hanno preceduta. Quei fatti saranno poi il materiale di cui si compone Nonostante le apparenze, il nuovo romanzo di Massimo Cassani in uscita per l’editore Arkadia.
Abbandonata ormai da tempo la fortunata serie del commissario Micuzzi, Cassani ha trovato la sua dimensione in una narrativa che, pur conservando una forte componente di mistero, poco e niente ha a che fare con le forme del giallo classico. Sono, quelle di Cassani, storie che muovono da vite in apparenza spiegate e prive di segreti, vite ordinarie che rivelano d’improvviso insospettate zone d’ombra.
Il protagonista di Nonostante le apparenze si chiama Pietro Delleri e di mestiere produce e realizza documentari. L’avvio del romanzo lo coglie in un inconsapevole momento di transizione: la sua vita è lì lì per prendere una direzione inaspettata. Evento scatenante sarà l’incontro con Giulia, psicologa quarantenne, nipote dello scrittore Ettore Federico Bacca, scomparso senza lasciare traccia dieci anni prima. Proprio a Bacca è dedicato uno dei documentari che Rai Storia ha commissionato a Pietro, parte di una serie dedicata a grandi scrittori italiani dimenticati.
Quello che a un primo sguardo potrebbe sembrare il racconto di una ricerca, l’inseguimento, per così dire, dello scrittore scomparso, si rivela in realtà essere tutt’altro. Ciò che Nonostante le apparenze mette in scena è soprattutto la ragnatela di rapporti di cui la vita di Pietro è fatta. Il rapporto con la moglie Eva, innanzitutto; poi quello con Giaco, socio e migliore amico; e poi, via via, quello con suo padre, con Giulia, appena conosciuta, con Emma, vecchia amica ritrovata per caso. Ecco, il modo in cui tutti questi personaggi si incontrano e si scontrano, legati l’un l’altro da sotterranee e imprevedibili coincidenze, è il vero motore del romanzo. La scomparsa di Bacca, il mistero che quella scomparsa racchiude, è solo il sottofondo, il filo che attraversa l’intero racconto senza mai diventare davvero centrale.
Consumato conoscitore delle astuzie romanzesche, dei meccanismi che intrappolano il lettore in una storia, Cassani ha confezionato un romanzo teso e denso, sorretto da una prosa semplice, priva di inciampi, e da un grande, grandissimo senso del narrare.
#
25 settembre 2012.
Lo scrittore Ettore Federico Bacca quella mattina si era alzato molto presto.
Giulia, la nipote – abitava a Milano e avrebbe dovuto incontrare lo zio il giorno successivo, per pranzo –, dichiarò che si erano dati appuntamento poco prima di mezzogiorno a casa sua, nel quartiere di Casoretto.
Bacca sarebbe sceso in treno a Milano la sera precedente – le aveva detto –, avrebbe dormito nella vecchia casa di famiglia sul Naviglio della Martesana e, dopo mangiato, sarebbe rientrato in paese, un piccolo centro sulle Prealpi, poco meno di un migliaio di abitanti. Si era trasferito lassù agli inizi degli anni Settanta, dopo la pubblicazione del primo romanzo – Lo zaino vuoto – e il matrimonio con la moglie Chiara.
Dopo un silenzio durato fino al 1973, ricominciò a pubblicare circa un romanzo ogni due anni e tutti di ottimo o buon livello letterario, stando alla critica, e di discrete vendite, quel tanto che gli consentivano di vivere. Uno – Re senza regine, pubblicato nel 1975 – era stato anche oggetto di trasposizione cinematografica. Nessuna apparizione in pubblico, pochissime le interviste (tutte telefoniche); chi aveva seguito la carriera dello scrittore lo aveva definito “timido”, “riservato”.
Delle sue apparizioni televisive si conservano un breve filmato della rai, datato 1969, e uno per la Televisione della Svizzera Italiana, quasi quarant’anni dopo, nel 2008.
La prima intervista era stata registrata nello studio della vecchia casa sulla Martesana, l’altra nel grande parco della villa inizi Novecento – di proprietà della moglie Chiara – in mezzo al verde, sotto un gazebo di ferro battuto.
L’intervista per la rai è dedicata alle polemiche che il primo romanzo aveva suscitato: la visione critica della Resistenza e la descrizione della vita sessuale di un sacerdote di provincia avevano atti- rato sull’opera la disapprovazione, anche feroce, dell’intellighenzia marxista e del mondo cattolico; nonostante ciò – o forse proprio in virtù di ciò – il romanzo aveva venduto bene ed era stato tradotto e pubblicato all’estero, regalando a Bacca una notorietà improvvisa.
Per primo era stato il “Corriere della Sera”, guidato dall’allora neodirettore Giovanni Spadolini, a dare visibilità al romanzo e a ospitare – non senza furbizia – il dibattito che ne era scaturito.
La seconda intervista televisiva invece fa parte di un servizio più ampio – di carattere storico e di costume – dedicato agli incontri pugilistici a Milano negli anni Sessanta. Bacca racconta di aver con- dotto, a inizio carriera, una sorta di inchiesta e raccolto materiale sull’argomento per un progetto di romanzo mai realizzato: palestre, personaggi, ring intossicati da scommesse clandestine, piccoli eroi tutti muscoli e fame di riscatto.
Nel vecchio filmato della rai, Bacca appare intimorito; seduto dietro la scrivania dello studio, con alle spalle una libreria carica di volumi, risponde alle domande con voce incerta, sfuggendo con lo sguardo l’occhio della telecamera. Di sé dice poco, di amare la solitudine, i libri, soprattutto i classici, e racconta di abitare lì da solo, nella casa dei genitori, mentre le mani tormentano un pacchetto di sigarette morbido, non si legge la marca, ma si può dedurre siano Gauloises, le sue preferite. A fatica riesce a spiegare le motivazioni sottese al romanzo che stava infuocando le pagine culturali di quotidiani e riviste, e animando i cenacoli letterari. L’impressione è che avesse scritto il libro senza finalità ideologiche o velleità trasgressive e ora si trovava a gestire una situazione troppo pesante per il suo fisico minuto, barricato dietro la scrivania come se fosse quello di un bimbo malnutrito il primo giorno di scuola. Il viso è affilato magro, gli occhi enormi spersi, le orecchie grandi, le mani ossute; ha ventotto anni, ma ne dimostra meno, i capelli neri sono tagliati cortissimi; indossa una giacca scura troppo grande e una cravatta chiara a tinta unita, il nodo piccolo. Dalla laurea fino a quel momento aveva insegnato come supplente.
Al termine dell’intervista, Bacca si concede un sorriso tenue e ringrazia, finalmente guardando dritto nella telecamera. Ringrazia come un reo pentito può ringraziare il boia.
L’intervista non fu mai trasmessa.
Di tono differente il filmato del 2008. Il dialogo fra l’intervistatore e Bacca è inframmezzato da ampie inquadrature del vasto parco piantumato a tigli, betulle, pini silvestri e qualche insospettabile palma, colorato da ortensie blu e rosa come pennellate buttate lì a caso sul verde del prato. In fondo, verso il cancello, si scorge in prospettiva un viale costellato di rose. La villa, un po’ decadente, è impreziosita da una bella veranda chiusa da vetrate, con due poltrone e un divanetto di midollino, e sulla sinistra da un bow-window in stile vittoriano. La macchina da presa indaga tutti questi dettagli consegnando così, all’archivio della televisione, l’unica testimonianza dell’habitat in cui Bacca aveva deciso di vivere.
In questo filmato lo scrittore è ben diverso da quello che lo vede quasi scomparire nelle inquadrature del 1969: il viso è più pingue, i capelli sono del tutto imbiancati, solo gli occhi un po’ sfuggenti – annacquati – denunciano l’antica timidezza degli esordi. Parla di come ha conosciuto il mondo dei ring offrendo una narrazione in bianco e nero in una cornice che pare ispirata a Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori.
Bacca tiene a precisare di non aver nostalgia di quella Milano – «Non si viveva bene», dice, «se non si avevano i soldi o un buon la- voro» –, della nebbia, dello smog delle ciminiere, degli appartamenti mal riscaldati o addirittura gelidi, dei servizi igienici sui ballatoi. Ne parla come di una realtà vissuta e subita prima che il successo del primo romanzo lo strappasse alle rive della Martesana per regalargli il buen retiro in quella villa soffocata dal verde prealpino.
I primi giorni di quel settembre 2012 erano stati piovosi, il naviglio era gonfio scuro; le prime foglie ingiallite, rami, bottiglie e qualche sacchetto del supermercato galleggiavano sul tappeto sommerso e fluttuante dell’erba coltellina. Possiamo immaginare Bacca uscire dal bagno dopo essersi rasato, andare in camera, indossare pantaloni, camicia e giacca; aprire la finestra per scrutare il cielo, valutando la direzione delle nuvole.
Del suo viaggio a Milano fu testimone il tassista che lo aveva accompagnato la sera prima dalla villa alla piccola stazione ferroviaria della valle; lo scrittore aveva prenotato la corsa due giorni prima e aveva preso il treno delle sedici e zero quattro. Il tassista l’aveva visto salire sul convoglio e si era fermato davanti alla stazione, con la schiena appoggiata alla portiera dell’auto, fumando una sigaretta in attesa del treno proveniente da Milano. Sempre in taxi Bacca aveva raggiunto la casa sulla Martesana dalla Stazione Centrale di Milano verso le diciotto e trenta. Al termine della corsa lo scrittore aveva discusso – «Non animatamente», così raccontò il conducente del taxi – sul resto. Aveva un ombrello e una piccola valigia beige molto leggera, il tassista l’aveva sollevata per riporla nel bagagliaio dell’auto e poi l’aveva ripresa, una volta arrivati a destinazione.
Non è noto se e dove abbia cenato quella sera. Nessuno fra i gestori di trattorie o bar nei dintorni ricorda di averlo servito. Nella casa il frigorifero era vuoto, la spina staccata, niente cibo in dispensa, forse lo scrittore aveva saltato la cena, ma anche questa circostanza, fra le altre, è una semplice supposizione: in cucina non furono trovati resti di cibo, neppure nella pattumiera sotto il lavello. La piccola valigia beige era stata abbandonata sul letto, conteneva soltanto un sacchetto di plastica trasparente con dentro la biancheria sporca.
Verso le ventuno e trenta Bacca aveva chiamato la nipote da una cabina, dalle parti della fermata metropolitana di Turro, una telefonata breve di neppure un minuto.
L’ultima persona ad averlo visto fu la donna incaricata di fare le pulizie una volta al mese e di aerare i locali: abitava poco distante e l’aveva incontrato la mattina presto davanti al portone, ma lui non l’aveva notata; si era incamminato ingobbito, rasente ai muri delle case, senza valigia, solo con l’ombrello. Pareva di fretta. Verso le otto meno un quarto la nipote aveva ricevuto una nuova telefonata dallo zio: le aveva detto di aver avuto un impegno improvviso in pa- ese e doveva tornare. Non era entrato nei dettagli. Da quella mattina Bacca non fu più trovato.
Era il giorno del suo compleanno.
Edoardo Zambelli
Il link alla recensione su Satisfiction: https://tinyurl.com/2p8ndukk
Narrativa
Francesco Pecoraro, Solo vera è l’estate, Ponte alle Grazie
Antonella Lattanzi, Cose che non si raccontano, Einaudi
Rossella Milone, Gli analfabeti, Industria & Letteratura
Alberto Casadei, La suprema inchiesta, il Saggiatore
Lavinia Mannelli, L’amore è un atto senza importanza, 66thand2nd
Francesca Matteoni, Tundra e Peive, nottetempo
Annalena Benini, Annalena, Einaudi
Luca Ricci, I primaverili, La nave di Teseo
Gianmarco Perale, Amico mio, NN
Monica Acito, Uvaspina, Bompiani
Ezio Sinigaglia, Sillabario all’incontrario, TerraRossa
Marta Cai, Centomilioni, Einaudi
Pier Franco Brandimarte, La vampa, il Saggiatore
Paolo Nori, Vi avverto che vivo per l’ultima volta, Mondadori
Marianna Crasto, Il senso della fine, effequ
Filippo Tuena, In cerca di Pan, nottetempo
Michele Turazzi, Prima della rivolta, nottetempo
Igiaba Scego, Cassandra a Mogadiscio, Bompiani
Paolo Malaguti, Piero fa la Merica, Einaudi – Tommaso Giartosio, Tutto quello che non abbiamo visto, Einaudi – Tommaso Lisa, Il carabo di Napoleone, Exòrma
Benedetta Fallucchi, L’oro è giallo, Hacca – Lucio Besana, L’innocenza del buio, Sperling & Kupfer
Matteo Porru, Il dolore crea l’inverno, Garzanti
Alessio Torino, Cuori in piena, Mondadori
Maddalena Vaglio Tanet, Tornare dal Bosco, Marsilio – Michele Vaccari, Buio Padre, Marsilio – Piero Balzoni, La vita degli anfibi, Alter Ego
Greta Pavan, Quasi niente sbagliato, Bollati Boringhieri – Valerio Evangelisti, La fredda guerra dei mondi, Mondadori – Gaia Manzini, La via delle sorelle, Bompiani
Marino Magliani, Il bambino e le isole, 66thand2nd – Mattia Grigolo, Temevo dicessi l’amore, TerraRossa
Alberto Schiavone, Non esisto, Clichy – Fabio Stassi, Notturno francese, Sellerio
Francesco Zani, Parlami, Fazi – Graziano Gala, Ciabatteria Maffei, Tetra – Luigi Weber, Navi nel deserto, Il ramo e la foglia – Manuela Faccon, Vicolo Sant’Andrea 9, Feltrinelli – Massimiliano Parente, Giulia Bignami, Volevo essere Freddy Mercury, La nave di Teseo – Monica Coppola, Le bugie non salvano nessuno, Las Vegas – Monica Perosino, La neve di Mariupol, Paesi – Roger Munny, L’uomo che vedeva le mosche (e altre opere impresentabili), Ammodino – Sofia Pirandello, Bestie, round robin – Stefania Spanò, Nannina, Garzanti
Anna Maria Gehnyei, Il corpo nero, Fandango – Beatrice Salvioni, La Malnata, Einaudi Stile Libero – Daniele Petruccioli, Si vede che non era destino, TerraRossa – Elena Di Cioccio, Cattivo sangue, Vallardi – Gianluca Liguori, Vite di traverso, Alter Ego – Giorgia Bernardini, Area Piccola, Marsilio
Alberto Gozzi, Le scimmie di mare, Transeuropa – Alessandro Della Santunione, Poco mossi gli altri mari, Marcos y Marcos – Andrea Cappuccini, Grande nave che affonda, Atlantide – Andrej Longo, Mille giorni che non vieni, Sellerio – Beatrice Coppini, Il sospiro del mondo, S.E.F. – Bruno de Marco, Marcello Ciccarelli, Il mistero del Codice Fibonacci, Newton Compton
Chiara Galeazzi, Poverina, Blackie – Daniele Rielli, Il fuoco invisibile, Rizzoli – Diego Zandel, Eredità colpevole, Voland – Eleonora Mazzoni, Il cuore è un guazzabuglio, Einaudi – Francesca Capossele, L’abitudine sbagliata, Playground – Francesco Piccolo, La bella confusione, Einaudi – Gianna Manzini, Arca di Noè e altri racconti, Rina – Giulia Scomazzon, La paura ferisce come un coltello arrugginito, nottetempo – Marco Malvaldi, Oscura e celeste, Giunti – Marta Zura-Puntaroni, L’olivastro, effequ – Mauro Covacich, L’avventura terrestre, La nave di Teseo
Omar di Monopoli, In principio era la bestia, Feltrinelli
Rosella Locatelli, Il futuro, qualunque fosse, Electa – Stefano Massini, Manhattan project, Einaudi
Alessandro Barbero, Brick for stone, Sellerio – Alessia Principe, Stelle meccaniche, Moscabianca – Andrea Cappuccini, Grande nave che affonda, Atlantide – Anja Boato, Madama Matrioska, Accento – Arianna Montanari, Parole nascoste, Mondadori – Caro Gervasi, L’espropriazione, Eris – Carolina Crespi, La banda felice, Nutrimenti – Franco Stelzer, Stiratore di luce, Hopefulmonster – Gianfranco Vergoni, Il cielo d’erba, Longanesi – Gianluca Barbera, Se il diavolo, Polidoro – Giovanni Mariotti, I manoscritti dei morti viventi, La nave di Teseo – Giulia Maria Falzea, I cannibali, Perrone – Italo Bonera, Il male che fa bene, Calibano – Marco Marmeggi, Il respiro del dinosauro, Giunti – Marco Pontoni, Tra noi uomini, Nutrimenti – Simona Baldelli, Il pozzo delle bambole, Sellerio – Simone Perotti, Il quoziente umano, Mondadori – Uduvigio Atanagi, Palude, Eris
Saggistica
Giordano Meacci, Acchiappafantasmi, minimum fax
Lorenzo Tomasin, Prima lezione di romanistica, Laterza
Gianluigi Simonetti, Caccia allo Strega, nottetempo
Piero Cipriano, Ayahuasca e cura del mondo, Politi Seganfreddo
Giusi Marchetta, Principesse, ADD
Carlo Rovelli, Buchi bianchi, Adelphi
Chiara Valerio, La tecnologia è religione, Einaudi
Lorenzo Gasparrini, Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia, D Editore
Domenico Scarpa, Calvino fa la conchiglia, Hoepli
Barbara Bernardini, Dall’orto al mondo, nottetempo
Claudio Kulesko, Ecopessimismo, Piano B
Andrea Colamedici, Maura Gancitano, Ma chi me lo fa fare, HarperCollins
Giuseppe Lupo, La modernità malintesa, Marsilio
Vera Gheno, Parole d’altro genere, Rizzoli – Franco Bifo Berardi, Disertare, Timeo
Luca Buonaguidi, Poesia e psiche, Mille Gru – Marco Aime, La carovana del sultano, Einaudi
Selena Pastorino, Filosofia di Stranger Things, Il Melangolo – Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce. Edizione riveduta., Quodlibet
Italo Testa, Autorizzare la speranza, Interlinea
Luca Starita, Pensiero stupendo, effequ
Roberto Calasso, L’animale della foresta, Adelphi – Alessandra Sarchi, Vive!, HarperCollins
Michela Ponzani, Processo alla Resistenza, Einaudi – Mario Ferraguti, La lepre e la luna, Exòrma
Anna Ferrando, Adelphi. Le origini di una casa editrice., Carocci – Cesare Garboli, Scritti servili, minimum fax – Chiara Galeazzi, Poverina, Blackie – Clelia Romano Pellicano, Nuovo e vecchio mondo, le Plurali – Davide Piacenza, La correzione del mondo, Einaudi Stile Libero – Domenico Starnone, L’umanità è un tirocinio, Einaudi – Enrico Redaelli, Judith Butler, Feltrinelli – Fabio De Luca, Oh, oh, oh, oh, oh, nottetempo – Gennaro Sasso, Fra gli invidiosi, Sellerio – Giacomo Pezzano, Pensare la realtà nell’era digitale, Carocci – Giacomo Tinelli, L’io di carta, Verri – Giusi Palomba, La trama alternativa, minimum fax – Lidia Ravera, Age Pride, Einaudi – Lucia Tozzi, L’invenzione di Milano, Cronopio – Maurizio Ferraris, Ermeneutica di Proust, Rosenberg & Sellier – Paolo Lago, La natura ostile, Terracqua – Paolo Tortonese, L’uomo in azione. Letteratura e mimesis da Aristotele a Zola, Carocci – Riccardo Cesari, Hai nascosto queste cose ai sapienti, Giunti – Rosella Locatelli, Il futuro, qualunque fosse, Electa – Stefano Cavanna, Il suono del dolore, Tsunami – Stefano Zuffi, Il racconto dell’arte italiana, Hoepli – Vincenzo Marino, Sei vecchio, nottetempo – Vittorio Lingiardi, L’ombelico del sogno, Einaudi
Carlo Greppi, Un uomo di poche parole, Laterza
Ginox, Crypto bluff, Eris
Chiara Zamboni, Cristina Campo: il senso preciso delle cose tra visibile e invisibile, Mimesis – Eleonora Mazzoni, Il cuore è un guazzabuglio, Einaudi – Eugenio Borgna, Mitezza, Einaudi – Giacomo Moro Mauretto, Se pianto un albero posso mangiare una bistecca? Guida scientifica per un ambientalismo consapevole, Mondadori – Giorgio Agamben, Horkos, Quodlibet – Giorgio van Straten, Invasione di campo, Laterza – Laura Pigozzi, Amori tossici, Rizzoli – Luciano Canfora, Catilina, Laterza – Marco Ciriello, I villeggianti, Milieu – Maria Teresa Giaveri, Nei mari di Ulisse, Neri Pozza – Mario Barenghi, In extremis. Il tema funebre nella narrativa italiana del Novecento, Carocci – Paolo Lago, Gioacchino Toni, Alle radici di un nuovo immaginario. Alien, Blade Runner, La Cosa, Videodrome, Rogas – Roberto Cazzola, Un quarto di pera di Giulio Einaudi, Seb23 – Silvia Federici, Oltre la periferia della pelle, D – A regola d’arte, Anna Baldini, Quodlibet
Alessandro Giammei, Cose da maschi, Einaudi
Anna Toscano e Gianni Montieri, 111 luoghi di Venezia che devi proprio scoprire, Emons – Annalisa Dominoni Benedetto Quaquaro, Le città dell’universo, il Saggiatore – Franco Maresco, La mia Battaglia, il Saggiatore – Gabriele Balbi, Peppino Ortoleva, La comunicazione imperfetta, Einaudi – Marco Reggio, Cospirazione animale, Meltemi – Ottavio Fatica, Lost in translation, Adelphi – Piergiorgio Bellocchio, Diario del Novecento, il Saggiatore – Stefano Feltri, Inflazione, Utet – Valdo Gamberutti, La zanzara, Baldini+Castoldi
Poesia
Giorgiomaria Cornelio, La specie storta, Tlon
Federico Italiano, La grande nevicata, Donzelli
Andrea Donaera, Le estreme conseguenze, Le Lettere
Umberto Fiori, Autoritratto automatico, Garzanti
Elena Zuccaccia, Sotto i denti, Pietre Vive
Gilda Policastro, La distinzione, Perrone
Cristina Alzati, Quarantanove poesie e altri disturbi, Marcos y Marcos
Vanni Santoni, Altre stanze, Le Lettere
Viviana Viviani, La bambina impazzita, Arkadia
Carlo Michelstaedter, Poesie d’amore e d’altri mari, Interno Poesia
Enrico Testa, L’erba di nessuno, Einaudi – Luciano Mazziotta, Sonetti e specchi a Orfeo, Valigie Rosse
Pietro Cardelli, Tu devi prendere il potere, Interlinea
Stefano Simoncelli, Stazioni remote, Marcos y Marcos
Stefano Bottero, Notturno formale, Industria & Letteratura
Adelio Fusé, Mosaico del viandante, Book – Alberto Toni, Tempo d’opera, Il ramo e la foglia – Fausto Celeghin, Le flaneur, Puntoacapo – Francesco Brancati, L’assedio della gioia, Le Lettere – Rossella Pretto, La vita incauta, Scientifica – Simone Zafferani, L’ora delle verità, Pequod
Antonio Porchia, Voci, Argo – Francesca Mazzotta, Per non sparire, Industria & Letteratura – Francesco Filia, Nella fine, puntoacapo – Griselda Doka, Il leggero transito delle parole, Macabor – Marco Carretta, Per far vivere altro cadiamo, Industria & Letteratura – Sergio Pasquandrea, Lunario, Arcipelago Itaca – Umberto Bellintani, Nella grande pianura, Mondadori
Andrea Temporelli, L’amore e tutto il resto, Interlinea – Bianca Tarozzi, Imitazioni, Morellini – Francesco De Girolamo, Luci segrete, il ramo e la foglia – Gino Scartaghiande, Sonetti d’amore per King-Kong, Graphe
Fumetto
Alessandro Bilotta, Eternity vol.2, Bonelli
Nicoz Balboa, Transformer, Oblomov
Sarah Mazzetti, Elsa, Morandi e l’uovoverde, Canicola
Elisabetta Romagnoli, Guardati, Tunué
Aa.Vv., Fumetti di menare, In your face
Alice Milani, Sofia Kovalevskaja, Coconino
Elena Triolo, Turchina, Bao
Aa.Vv., La revue dessinée Italia vol.4, La revue dessinée Italia
Lorenzo Mò, Omnilith, Eris
Giancarlo Berardi, Lorenzo Calza, Claudio Piccoli, Julia vol.295 – Cercando Irma, Bonelli
Marco Taddei, Eleonora Antonioni, Alexander von Humboldt – Un mistero alla luce del giorno, Hoppipolla
Edoardo Massa, Tutti autistici?, Beccogiallo
Jacopo Starace, Essere montagna, Bao
Cammamoro, Il giorno perduto, Oblomov
Umberto Eco, Milo Manara, Il nome della rosa, Oblomov
Antonello Silverini, Edgar Allan Poe, La caduta della casa degli Usher, Fanucci Elena Milani, Sofia Kovalevskaja, Coconino Gabriella Contu-Giorgio Santucci, Dylan Dog vol.438 – La città senza nome, Bonelli Majid Bita, Nato in Iran, Canicola Marco Nucci, Bloom, BD Stefano Tamburini, Ranxerox. La genesi, Muscles
Lorenzo Palloni, L’ignobile Shermann, Saldapress Monica Fabbri, Reparto macelleria, Guanda
Davide Barzi, Il naso di Lombroso, Bonelli Luca Vanzella, Giorgio Pontrelli, Dylan Dog vol.440 – E poi non rimase nessuno, Bonelli Sara Colaone, Italo Calvino, Il barone rampante, Mondadori Simone Pace, Fiaba di cenere, BD
Emanuele Apostolidis, Elena Ghezzo, Michela Peloso, Paleo stories. Ossa misteriose, BeccoGiallo Jacopo Starace, Essere montagna, Bao Tommaso Renzoni e Raffaele Sorrentino, Fehida, minimum fax Wally Pain, Corpi, Feltrinelli
Il link alla segnalazione: https://tinyurl.com/4uxfuyrx
Indagine, “racconto di vita”, scontro tra bene e male si intrecciano in modo armonico, giocando sui fili di vite sospese.
Il nuovo romanzo di Elena Mearini usa la metafora della boxe e dello sport per raccontare la storia di tre personaggi (il protagonista, la compagna morta e la sorella di lei) che fuggono costantemente dal tempo. Ci sono romanzi che esercitano il classico potere ipnotico sprigionato dall’incastro e dal dispositivo (come in questo caso) concentrico che formulano la loro struttura sferragliante come un quieto ed efficiente motore elettrico: Corpo a corpo di Elena Mearini (Arkadia Sidekar, pagine 110, €14) rientra a buon diritto nella categoria. L’impatto iniziale è sorprendente: apprendiamo subito che “il tempo è tutto un errore”, e chi si pronuncia così: un fuggiasco, un ladro o forse un assassino, di certo è qualcuno che ha in mano tutte le chiavi della vicenda e del suo sbroglio e racconto, il protagonista io-narrante e attonito testimone. Due ingredienti iniziali subito avvolgenti e sempre più incalzanti: si sviluppano, si srotolano, compiono un percorso articolato e significativo, ma in più hanno la funzione, e il pregio, di tirare dentro molto altro. Sul fronte del tempo, secondo un’idea di simultaneità in cui spazio e tempo sono curvi e uguali, e in concomitanza con lo slittamento del punto di vista, viviamo la vertigine della sovrapponibilità dei momenti temporali, del loro essere contemporaneamente presenti alla coscienza dell’io-narrante nella concitazione del pugno d’ore che è il presente del romanzo (da notte fonda sino al pomeriggio-sera) nello stesso teatro, la palestra di boxe del maestro-allenatore Mario, in cui il nostro Virgilio tiene tutti i fili e prova a domare tutti i piani della vicenda che lo incastra. La macchina narrativa ha una sua regolarità circolare e concentrica, scandita dai dodici round degli incontri di boxe – il protagonista lascia solo allora il ring e ne ha buoni motivi, oltre a cedere a una necessità esterna direi di opportunità (o forse di opportunismo). Nell’intreccio, tenuto con briglie tese e agili dall’autrice, con mano ferma pronta a modularsi in accordo a strappi e allentamenti, ruotano tre cerchi concentrici: la fuga del protagonista/io-narrante, Stefano Santi, in seguito alla morte della giovane compagna; il diario di lei, Marta, che così è attrice attiva benché contumace; la breve vita della sorella di lei, Ada, che aleggia: a lei è riservato il posto dell’angelo,come recitava anni fa il titolo di un romanzo di Laura Pariani. Bisognerà tener conto poi dell’alfa e dell’omega di questa storia: il primo incidente di cui Stefano Santi, allora giovane promessa della boxe, in una impensabile notte balorda si rese autore, e questo recentissimo che lo ha messo in fuga. E si dovrà tener conto del contenitore in cui tutto l’intrico emerge: la conversazione con Mario, maestro irregolare e riluttante, involontario e refrattario, più ancora che per lo sport, per la vita – un vecchio saggio che inchioda Stefano, docente di Lettere e a sua volta allenatore amatoriale di boxe in quanto ex-promessa, a fronteggiare il suo avversario del momento (decisamente il destino) ricordando lo spirito della boxe: saper unire mente e cuore (metafora molto bella, questa dello sport, e della lealtà nel pugilato), ma anche a non dimenticare che pulizia e accuratezza, gestione e allenamento sono le chiavi per una pratica onesta e per un confronto aperto senza colpi bassi o “trucchi da quattro soldi”, avrebbe detto qui Carver. Punti di forza del romanzo risiedono certamente: nel tessuto della scrittura che incorpora echi dalla letteratura che ormai consideriamo classica e che non è, proverbialmente, obbligatorio riconoscere, purché il lettore o la lettrice troppo accorti non forzino troppo certe attribuzioni [a un certo punto, per dire, c’è il catino di Buck Mulligan (e ci viene naturale sentir vibrare nel nome del protagonista, Stefano Santi, l’eco dell’altro Stephen), poi in fondo c’è pure la prostituta sguarnita di “Non ti muovere”, o, spiccando un altro salto, il ben noto fallire ancora, fallire meglio – una linea irlandese, via]; e anche nella tradizione classica della boxe, nell’evocazione dei grandi campioni di cui Mario, l’allenatore/gestore della palestra (dove Stefano, forse braccato, si rifugia), tiene una sua personale galleria, esposta in un punto meno visibile della scena in cui questa vicenda viene raccontata analizzata espiata, così emergono figure come Joe Louis che sconfisse Schmeling, campione della Germania hitleriana, o James Walter Braddock, anche lui campione degli anni Trenta, e poi si evoca lo storico incontro tra George Foreman e Cassius Clay/Muhammed Alì, in cui Alì con tattica attendista smontò l’avversario semplicemente illudendolo di poter vincere e lasciandogli bruciare ogni energia nei primi due terzi dell’incontro per poi abbatterlo in un colpo. La metafora della boxe e dello sport è molto convincente in un romanzo in cui la regista occulta di molti destini è presente con la sua versione dei fatti riportata in corsivo e letta a voce alta al vecchio mentore dal protagonista, e questo espediente (definiamolo così) non solo sposta il baricentro della narrazione in un retroscena efficace a stravolgere l’andamento dei fatti ma fa di questa vicenda una specie di braccio di ferro in cui il più attivo dei due, anche perché l’unico dei due vivo, è l’unico a poter scrivere la pagina finale. L’efficacia della metafora sta nella semplice immagine del ring che non è solo un quadrato, ma è una cornice di regole e lealtà dentro cui siamo educati a tutelare l’esistenza come una faccenda da professionisti, non da viventi dilettanti, da umani della domenica. E poi ci aiuta a scoprire un’altra regoletta semplice ma ignorata dai più: il tempo “non sbaglia un colpo, è un picchiatore esemplare” – dopo che, lungo tutto il libro, del tempo è stato detto che, oltre a essere tutto un errore, è anche un gancio, un bastardo, o corre a ritroso. Il tempo, come lo spazio, istruisce un capovolgimento. Infine: Ada, sorella eccelsa e perfezionista, è in effetti amatissima, al punto che, per evitarle l’infelicità della perfetta prigionia di una vita senza difetti e sempre sotto i riflettori dell’ammirazione altrui, la soluzione è consistita nel sottrarla al tempo; poi avrei voluto cominciare con una certa scena questo breve saggio su un libro in cui la boxe è metafora e contenitore, tanto che a un certo punto si dice, “…è così che si diventa forti, tirando pugni al sacco e al vuoto”– la scena viene da “Lassù qualcuno mi ama”, film di Robert Wise del ’56, racconto della parabola umana e sportiva di Rocky Marciano: vediamo lui bambino, che suo padre già allena a picchiare tenendolo a distanza col braccio teso e la mano piazzata sulla fronte del ragazzo, in modo che il campione in erba tiri al vuoto senza poter colpire il padre/avversario mai. Qui impariamo che nella boxe si tiene la distanza mediante il corpo a corpo: immagine concreta del conflitto come l’altra ne comunica il disegno simbolico.
Daniela Matronola
Il link alla recensione su succedeoggi: https://bit.ly/3MgYbgm