4 editori, 26 appuntamenti letterari, omaggi ai “Visionari” e alle “Reinas” che hanno fatto grande la Sardegna
Laboratori per i ragazzi, un approfondimento sull’editoria e il concerto
“Il suono dei centenari” del Trio Megalitico di Gavino Murgia, Marcello Peghin e Daniele Russo con il maestro delle launeddas Luigi Lai.
MACOMER Dal 23 al 26 novembre Macomer si conferma centro culturale dell’isola grazie alla ventunesima edizione della Mostra regionale del libro edito in Sardegna, l’evento annuale più importante dell’editoria sarda, che dal 2000 fa incontrare negli accoglienti padiglioni Tamuli e Filigosa delle ex Caserme Mura editori, scrittori e lettori uniti dalla stessa passione per i libri. Filo conduttore quest’anno è “Sardegna Isola allo specchio”. Un tema ricco di spunti e suggestioni, voluto dagli organizzatori – l’amministrazione comunale di Macomer e l’AES Associazione editori sardi, insieme al Centro servizi culturali e alla Biblioteca comunale con il patrocinio della Regione Sardegna – in continuità con il tema scelto dalla Regione Sardegna ospite dell’ultimo Salone del libro di Torino, per sottolineare, come afferma la presidente AES Simonetta Castia, «la dimensione di solidarietà, sociale e civile, insita nei libri e il valore alto della cultura e della letteratura sarda, della sua socialità e del suo guardare oltre le apparenze per rappresentare un’isola che racchiude infinite storie tramandate nel tempo. L’editoria regionale sarda, che rappresenta, stando ai dati AIE, appena l’1 per cento della produzione nazionale, ha il compito di salvaguardare questo immenso patrimonio e va difesa e incoraggiata». Emblematico quindi il duplice ruolo della lettura: specchio per conoscere sé stessi, valorizzando la straordinaria identità culturale, geografica, antropologica dell’isola, e allo stesso tempo soglia da attraversare per incontrare l’altro e costruire un mondo nuovo, inclusivo, creativo. «L’importanza che la Mostra riveste nel panorama culturale regionale – sostiene l‘assessore alla Cultura del Comune di Macomer Fabiana Cugusi – è indubbia e certificata dal fatto che per la XXI edizione l’editoria sarda si ritrova a Macomer per promuovere il proprio straordinario patrimonio che rispecchia una parte importante della cultura regionale. La manifestazione ha un’importanza enorme anche per la città che quest’anno si è organizzata per accogliere al meglio gli editori, gli autori, gli operatori culturali e le scuole che parteciperanno. Va in questa direzione la scelta fortemente voluta dal Comune di riportare il cuore della manifestazione totalmente nella struttura del Centro servizi culturali che ospiterà l’esposizione degli editori di Aes e quella di inserire nei luoghi aperti alla Mostra anche il Cineteatro Costantino che sarà al centro di altri importanti eventi per il pubblico». Come sottolinea l’assessore alla Pubbica istruzione Andrea Biancareddu, «la Regione ha l’obiettivo di promuovere l’editoria sarda, e partecipa annualmente a fiere e mostre editoriali di rilevanza nazionale e internazionale e cura, anche in collaborazione con altri soggetti, la realizzazione di mostre editoriali in territorio regionale. La Fiera del Libro di Macomer è ormai una manifestazione consolidata e rappresenta un traino per l’intera editoria libraria della Sardegna. Bisogna sempre tener vivo il messaggio della lettura, specie tra i più giovani». Alla XXI edizione della Mostra del libro aderiscono 34 editori da tutta la Sardegna, tra associati e non associati AES, che esporranno il catalogo collettivo isolano nel Padiglione Tamuli. Nel ricco programma di quest’anno si alternano dalla mattina alla sera incontri con gli autori, reading, presentazioni di novità editoriali in italiano e in sardo, laboratori per le scuole, il concerto (al cineteatro Costantino) “Il suono dei centenari” del Trio Megalitico di Gavino Murgia, Marcello Peghin e Daniele Russo, con ospite d’eccezione il maestro delle launeddas Luigi Lai, che lo scorso febbraio ha ricevuto la laurea ad honorem dall’università Alma Mater di Bologna. Ben 26 gli appuntamenti letterari compresi nella consueta cornice “Tra Isola e Mondo”, tanti i focus tematici presenti e coerenti rispetto al tema proposto. Spiccano i tributi ai “Visionari” e alle “Reinas”, uomini e donne che hanno contribuito al progresso culturale della Sardegna. Tra questi Peppino Fiori (1923-2003), giornalista (Tg2, il Messaggero, l’Unità, Paese Sera), scrittore, senatore della Sinistra Indipendente dal 1979 al 1992, nel cui ricordo, nel centenario della nascita, la Mostra si apre giovedì 23 novembre alle 11 nel Padiglione Filigosa con un incontro – tributo a cui parteciperanno la figlia e giornalista Simonetta Fiori, i giornalisti Costantino Cossu e Jacopo Onnis, con testimonianze dirette, filmati, le letture di Azzurra Lochi e un videomessaggio di Salvatore Mereu, regista del film “Sonetaula”, tratto dall’omonimo romanzo di Fiori. Nella stessa giornata la Mostra dedica un tributo anche alla prima regista sarda Maria Pia Mossa, mentre nei giorni seguenti saranno omaggiati Francesco Salis, maestro e fondatore del Centro di cultura popolare per l’educazione permanente di Santo Lussurgiu, e il poeta nuorese “in limba” Pasquale Dessanai. Il patrimonio archeologico, storico e naturalistico della Sardegna è protagonista della sezione della Mostra intitolata “Sardegna per immagini”, con la presentazione dei volumi “Le case delle fate, l’incanto delle domus de janas” (Abbà Edizioni) di Nicola Castangia e Tonino Oppes; “Guida dell’Asinara” (Carlo Delfino) a cura di Vittorio Gazale, “Giardini e parchi storici della Sardegna” (Ilisso) di Mauro Ballero e Antonino Soddu Pirellas. Da segnalare per quanto riguarda l’archeoastronomia la presentazione della guida “Pranu Muttedu” (Mediando), per i miti e le credenze popolari “L’incanto del cielo stellato. Storia miti e credenze popolari della Sardegna” (Alfa) di Tonino Bussu, e per la musica tradizionale il volume “Canti di Sardegna” (Carlo Delfino) di Giulio Fara. Tanti gli scrittori che nei quattro giorni della mostra incontreranno i lettori. Alberto Capitta, appena tornato in libreria con “La tesina di S.V.” (Il Maetrale), Nicolò Migheli (“Il cavaliere senza onore”, Arkadia), Eliano Cau (“Cronache di anime erranti”, NOR), Ottavio Olita (“Il rifugio dell’assassino”, Isolapalma), Giuseppe Tirotto (“La stanza chiusa”, Catartica), Laura Abozzi (“Hina di Alavon”, La Città degli Dei), Giovanni Canu (“Omine”, Paolo Sorba Editore), Francesco Giorgioni (“Libero, il sardo che girò il mondo in bicicletta”, Edes), Matteo Manca (“L’eredità del male”, Taphros), Giuseppe Foderaro (“Se tutti diventassero re”, Arkadia), Nanni Falconi (“Su cantu de su ciddicoa”, silloge poetica “in limba” pubblicata da Archivi del Sud), Gianni Loy (“Eva e Petra”, Domus de Janas), Daniele Manca (“L’alba è già passata”, Condaghes), Paolo Cuccuru (“E la sorte è il vento. Novelle di Sardegna”, Maxottantotto), Ada Lai (“La signora dell’anello”, Edizioni della Torre). Gonaria Floris, professore associato di Letteratura italiana all’Università di Cagliari, presenterà la riedizione da lei curata e pubblicata da Ilisso del romanzo del 1922 “Aurora sarda” di Pietro Casu. Tra gli incontri letterari spicca anche “L’essenziale è invisibile agli occhi” a cura di Diego Corraine (Papiros), un viaggio alla riscoperta dei valori dell’amicizia e delle culture diverse, attraverso le traduzioni nelle varianti della lingua sarda e in altre lingue minoritarie de “Il piccolo principe” a ottant’anni dalla prima pubblicazione. Previsto uno spazio di approfondimento nel pomeriggio di domenica 26 novembre, sulle problematiche dell’editoria, aperto agli addetti ai lavori e al pubblico. La Mostra del libro dedica da sempre un’attenzione speciale ai lettori più giovani, con il progetto “Adotta un libro sardo” rivolto alle scuole primarie e secondarie della città e del territorio, con un’offerta di 20 proposte, tra laboratori e incontri, svolto d’intesa con il Centro servizi culturali e la collaborazione della Biblioteca di Macomer che proporranno anche iniziative collaterali e laboratori dedicate ai bambini e ai ragazzi dai 2 ai 18 anni. «Sono oltre 1900 – afferma Roberta Balestrucci del Centro servizi culturali – gli studenti provenienti non solo dai paesi del Marghine ma dalle scuole del Centro Sardegna che, dal 23 al 26 novembre, raggiungeranno la Mostra per partecipare alle numerose proposte in programma. Molti i laboratori inseriti come da tradizione a cui quest’anno se ne aggiungerà uno dedicato ai bambini dai 18 ai 24 mesi e ai loro genitori. Fra le ulteriori proposte dedicate al mondo della scuola e della formazione, un corso specificatamente dedicato ai docenti sull’utilizzo e sulla gestione dei social».
Giulia Mascia
Il link alla segnalazione su Sardegna Reporter: https://bitly.ws/32CzP
Dopo aver festeggiato i 20 anni di attività di Satisfiction insieme a scrittori come Enrico Remmert, Stephen King, Vitaliano Trevisan, Raul Montanari ed Enrique Vila Matas, in occasione dei 22 annni della rivista pubblichiamo i racconti di autori che da anni contribuiscono a creare Satisfiction.
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L’ispettore Roveda fissava Roberta con gli occhi di chi non può sbagliare. Bastava un movimento falso per farla scattare: la lunga lama nella mano destra o il cacciavite nella sinistra non avrebbero fatto differenza, da quella distanza. E dire che era andato a casa di Erica Nardi senza nemmeno un’arma, con una sola bottiglietta di cedrata, l’unico sostentamento di Roberta, l’unico amico che non la giudicava mai. Sapeva che quella era la chiave per la mente di Roberta, ma non pensava, Roveda, che avrebbe dovuto scassinare la porta di casa Nardi. Non pensava di trovare Roberta intenta a truccare la sua nuova bambolina. Lei credeva di doverle ripagare il favore, l’umiliazione di averla conciata di nuovo come una puttana, ma non capiva di essere una modella come le altre, niente di più. Dietro quelle sue mani ossute, armate e tremanti, Erica. Supina, addormentata, imbellettata. La valigetta dei miracoli di Roberta era diversa da quella della sua make-up artist: un punteruolo per kajal, un pugnale per rossetto, la pinza come un piegaciglia, una pialla portatile per cipria e fard. La bambolina senz’occhi, senza guance e senza labbra navigava in un mare di sangue, una ciocca di ricci rossi nella bocca. «Coraggio, è finita. Metti giù quelle cose». Ma la calma assertiva di Angelo Roveda non aveva nessun effetto su di lei. «Un solo passo e t’ammazzo. Lo faccio davvero. Non ho nulla da perdere», rispose. Davide poteva fregare Golia. Ma Golia aveva la fionda di Davide. «Ti ho portato la cedrata. Su, prendila, e poi me ne vado». Con lo sguardo fisso su di lui, fece scivolare il cacciavite lungo le esili gambe, per poi allungare il braccio. Era fatta: uno scatto secco e l’avrebbe immobilizzata. Ma Roberta era scaltra e fu lesta nello scostargli la mano e scagliare il coltello all’altezza del cuore. Due mosse e fu a terra, la spalla lussata. Era vivo, ma ci aveva rimesso la giacca.
Paolo Melissi
Il link alla recensione su Satisfiction: http://bitly.ws/PEr9
La prima cosa che mi viene in mente, dopo aver letto questo bel lavoro, è il prodigio dell’incontro. L’incontro con il partner, il riconoscimento dell’altro verso cui si orienta una scelta di vita, uscendo da uno schema predefinito di relazioni, non cedendo alle regole e affidandosi, come nel caso di Lypsia e Balthus, a un destino da sperimentare, seppure sovrinteso dagli Dei. Una pari di Sparta, la prima, un avveduto e sapiente mercante della Beozia l’altro. Un uomo e una donna dell’antichità che avevano nella mente e nel cuore una sorta di modello etico, fatto di conoscenza, determinazione, apprendimento. Ed è nell’ambito di simili valori morali che la conoscenza tra i due va evolvendosi fino a diventare progetto, sfida, futuro, non prima di essere passata attraverso un confronto, dove la valutazione dell’altro avviene tramite meccanismi che il tempo non può modificare, poiché appartengono all’istinto e alla ragione sin dai primordi dell’umanità. Resta difficile, in quest’ottica, non pensare agli “scansanti” contemporanei, a coloro, cioè, che in quest’epoca così complessa e per certi versi minima si difendono dal rischio di amare, rinunciando alla visione comune e al legame che ne scaturisce, preferendo, invece, la brevità e l’inconsistenza di un rapporto non arricchente e men che meno formativo. D’altronde, pare abbastanza chiaro che costruire il senso del “noi”, oggi, a ogni livello e non solo in coppia, resta un compito abbastanza arduo, considerato il dilagare di un egotismo sfrenato e poco coinvolgente, vero e proprio deterrente per ogni esperienza emotiva e di attrazione. Ecco perché, Se tutti diventassero re, edito da Arkadia, rappresenta, da un punto di vista meramente sentimentale, una chiara traccia che riconduce, con maestria e leggerezza, lo sguardo moderno verso la verità ancestrale delle forme amorose e di fascinazione, intrise evidentemente di positività assoluta, dove la condizione lamentosa e soffocante della relazione non trova ragioni di esistere. Lypsia e Balthus sembrano avere bene in mente che non è possibile cambiare il passato, ma possono fare in modo, attraverso l’esplorazione dell’esperienza, che questo non influenzi il presente e il futuro! E, quando a distanza di migliaia di anni, la loro vita, i loro gusti, la stessa dimora dove si è consumata la loro esistenza diventano un unicum di splendida antichità, a rappresentazione concreta dell’oggetto di studio di un divulgatore scientifico, la testimonianza materiale e immateriale che hanno lasciato sembra avere una sublimazione a cui la loro relazione era destinata come fine ultimo. Così, una villa di Taras, l’attuale Taranto, rende conto del mondo appartenuto ai suoi proprietari: il reperto che diventa motivo letterario e di congiunzione tra il mondo antico e quello moderno, dove Andrea Saverio Ronchi – e chi altri? – uno studioso dal passato misterioso e il futuro tutto da scoprire, si adopera da par suo per interpretare la simbologia di un mosaico rivelatore, sintomatico dell’identità di chi, tanti secoli addietro, lo ha voluto come ornamento distintivo della propria abitazione. L’interpretazione archeologica che diventa indagine letteraria è senz’altro un motivo suggestivo e avvincente, di cui l’autore ha fatto un uso magistrale e ben dosato, dimostrando uno stile proprio e una sua originalità, servendosi di un linguaggio fresco e presente ed evitando, in tal modo, di rincorrere il fantastico e il mistero di canonico richiamo, tipico di diversi maestri del passato, a partire da autori ottocenteschi come Nathaniel Hawthorne e Théophile Gautier, per arrivare al nostro Umberto Eco. È attraverso un processo di interpretazione che Foderaro costruisce il suo romanzo, dove descrive con spiccato senso della realtà un mondo eternamente attuale e possibile. L’autore sa perfettamente che un reperto archeologico è qualcosa di molto diverso da un’opera d’arte: non si presenta nella sua forma perfetta e usurata, non è integro e non è stato fatto per essere ammirato in un tempo che ha da venire, ma vissuto nella funzionalità del suo presente, e, infine, quando viene scoperto diventa una rovina. Passa da qui la decodificazione romanzesca delle identità di Lypsia e Balthus da parte dello specialista Ronchi, a cui lo scrittore ha affidato la visione del futuro, partendo dalla tangibile memoria di persone vissute nell’antichità.
Oscar Nicodemo
Il link alla recensione su Gli Stati Generali: http://bitly.ws/HHwZ
C’era una volta un uomo che ad ogni occasione gli si presentava prendeva in mano un libro, lo apriva, lo annusava, lo sfogliava per consentire al profumo di diffondersi, e lo leggeva, con passione, pur senza comprendere fino in fondo ciò che leggeva. Spesso. Oggi leggo ancora e con passione maggiore, e per fortuna qualcosa in più capisco. Leggere “Se tutti diventassero re”, scritto da Giuseppe Foderaro, e pubblicato da Arkadia Editore nella Collana Narratori Eclypse al n. 142, mi ha dato la gioia di comprendere che la scrittura di Giuseppe è cresciuta, è maturata, ha raggiunto livelli importanti. Ho percepito sicurezza nelle frasi, nei periodi, nella struttura del romanzo che non vacilla mai. Lo presento allora con grande soddisfazione, con grande gioia per lui ed il suo percorso di scrittore, sperando che molti decidano di godersi questa storia molto particolare, e caratterizzata ancora una volta da quella che io definisco una pacatezza speciale che l’autore possiede e diffonde con il suo sguardo, quando si ha la fortuna di incontrarlo, e ammantandone appunto le sue storie, pur se contengono fatti cruenti, graffianti, a loro modo provocatori, ma il tutto non scade mai in manifestazioni fuori controllo. Il romanzo è costituito da due vicende, ambientate in tempi molto lontani, in luoghi relativamente vicini, e unite dalla storia che tutti abbiamo studiato e dall’arte di cui godiamo la bellezza. I personaggi che si incontrano sono molti, ognuno caratterizzato con estrema precisione, collocandolo nella propria realtà a svolgere quello specifico ruolo pensato dall’autore, e vissuto dal personaggio nella vita della sua comunità. Il primo luogo in cui infatti ci troviamo, leggendo le prime pagine, è la comunità spartana, e nello specifico una grande famiglia di spartiati inserita nel preciso sistema di regole di un popolo fiero e coraggioso, ove ognuno ha compiti chiari, ma anche destini segnati, poche possibilità di un futuro sorprendente, inaspettato. Eppure tutto comincia con sorprese a profusione, fatti eclatanti che ci catapultano in un’epoca lontana dove Giuseppe Foderaro saprà farci stare molto bene e per molte pagine. La vicenda iniziale è un fatto drammatico e nello stesso tempo immensamente gioioso, un fatto dirompente, un evento che stravolge in un sol colpo la vita di almeno tre persone, regalando loro la gioia più grande, la gioia per la vita.
“Vedi che meraviglia la natura? Non sai mai quello che ti capita.”
Un uomo, una donna e un bambino, ci prendono per mano e ci accompagnano a scoprire e anche apprezzare l’originalità della loro vita quotidiana, insieme a riflessioni filosofiche molto puntuali, e considerazioni politiche che svelano sicuramente a tanti di noi realtà inaspettate. Sparta ed Atene, sembra non siano state proprio quelle che abbiamo conosciuto nei libri di scuola. La bellissima lezione di storia che attraversa la prima metà del romanzo, è perciò ulteriormente arricchita dalla concretezza degli usi e costumi quotidiani, regala momenti di lettura davvero piacevole, e a tal proposito vi segnalo alcune pagine per me davvero stupende, pagina 36, 74, 94 e 95. Per scriverle Giuseppe ha viaggiato molto, come Balthus, ha studiato ancor di più, ma ci ha messo molto del suo stile, del suo essere per regalarci pagine così belle.
“La gente dovrebbe tenere a freno la sua smania di giudicare chiunque solo per sentirsi importante o per vivere un attimo di gloria.”
Con questa considerazione di per sé quasi banale, ma di importanza capitale, il viaggio dei nostri spartiati fa un salto temporale di oltre 2.000 anni, ma continua ancora, ovvio con nuovi personaggi, che però mantengono elevatissimo il livello intellettuale di questo romanzo, e ci consentono di assistere ad una sorta di caccia al tesoro moderna, tra libri, studi, ricerche, alla scoperta del senso di un’opera potremmo dire, alla ricerca non tanto di un colpevole, ma del genio di un artista. Fantastico, meraviglioso questo percorso, che pur passando da tempi e luoghi che apparentemente non hanno nulla a che fare tra loro, mantiene inalterata la tensione positiva, la meraviglia, lo stupore della storia e dell’arte. Prosegue la lezione di storia del nostro autore, attraverso parole e considerazioni dei suoi personaggi, ma prosegue anche tra le righe e non troppo nascosta, una chiara lezione di vita.
“… perché non si poteva supporre… che un’opera d’arte, qualsiasi essa fosse, non venisse generata e commissionata solo per appagare il piacere personale del committente, o per suffragare il suo stato di benessere, né tantomeno con il solo scopo di impressionare i suoi contemporanei, quanto piuttosto per raccontare semplicemente una storia, capace magari di attraversare i secoli?”
Lasciare delle tracce, profonde, nette, visibili, diffondere messaggi e parole importanti, essere presenza viva e significativa nel breve passaggio terreno che ci viene concesso, non è un automatismo, non succede per caso, bisogna decidere di farlo e talvolta non funziona nonostante progetti, impegno e passione. Con questo nuovo lavoro, l’autore Giuseppe Foderaro, lascia segni e lancia segnali di grande rilevanza, e lo fa nel modo che gli riesce meglio, raccontando una storia, lunga, ricca, complessa, accattivante, bellissima e molto interessante, a mio modesto parere. E non è certo la prima volta. Bravo Giuseppe, ancora una volta un gran bel lavoro. “Le parole lanciate al vento con troppa leggerezza attiravano disgrazie come un cadavere richiamava gli avvoltoi.”
Claudio Della Pietà
Il link alla recensione su Senzaudio: https://bit.ly/3Nhf7nW
Apriamo il nostro appuntamento con le news letterarie con un libro che ben si allinea con le notizie delle ultime settimane (e giorni, anzi): Crypto Bluff di Ginox, uscito per Eris Edizioni. Un piccolo saggio, divertente e al tempo stesso molto acuto nell’analizzare la bolla delle criptovalute. Per Il Saggiatore invece esce un libro che è un invito a riscoprire il mondo all’aria aperta e ciò che offre la natura: Piccolo manuale illustrato per cercatori di fiori, con le bellissime illustrazioni di Marina Lombardi. Un libro in cui ogni capitolo, ogni personaggio, dà vita a quello successivo; un libro in cui mille fili si uniscono in molteplici vite. Parliamo di Madama Matrioska di Anja Boato, in libreria per Accento Edizioni. Sempre un gioco di incastri e intrecci troviamo in Se tutti diventassero re di Giuseppe Foderaro, in uscita per Arkadia Editore, dove passato e presente si intersecano magistralmente. La principessa, figura delle fiabe, da proteggere e salvare. Ma se le principesse riacquistassero la loro voce? Se mettessero in mostra limiti e gabbie del patriarcato? Lo racconta Giusi Marchetta in Principesse Eroine del passato, femministe di oggi, in libreria per add. Torna Mazo de la Roche, per Fazi Editore, con I frutti di Jalna, nuovo capitolo della saga familiare dei Whiteoak. Delle conseguenze del cambiamento climatico e condito da elementi noir parla invece Prima della rivolta, suggestivo romanzo di Michele Turazzi in uscita per nottetempo. Suggestivo è anche il romanzo di Daniele Petruccioli, in uscita per TerraRossa, Si vede che non era destino. Storia di una bambina, di una donna, di una vita speciale, quella di Maria. Sarajevo, 1992. Conosciamo bene il dramma, i fatti che portarono all’assedio e la tragedia. Damir Ovčina ripercorre con la memoria quei giorni dando vita a un formidabile esordio, Preghiera nell’assedio, il libreria per Keller. Ed infine per Morellini Editore troviamo L’aroma inconfondibile del tè, romanzo di spionaggio e di formazione di Maria Elisabetta Giudici ambientato nel medio oriente dell’Ottocento.
Il link alla segnalazione su The Bookish Explorer: https://bit.ly/42y5S8k