Non conosco nessuno che sappia raccontare Firenze – e non solo – parlando (anche) di sé con la stessa naturalezza di Paolo Ciampi. Sono numerosi i libri che lo testimoniano – penso ad esempio a Gli occhi di Firenze, L’ambasciatore delle foreste e Il maragià di Firenze –, ma forse questo nuovo testo lo fa meglio di tutti. Il babbo di Pinocchio racconta una passeggiata serale estiva in una Firenze torrida e sonnolenta insieme al “fantasma” di Carlo Lorenzini – «in arte Collodi», come l’autore ripete formularmente più volte nel corso del libro –, che lui incontra “per caso” nel centro storico della città, per poi iniziare una lunga conversazione alternata a significativi silenzi e soprattutto a tanti passi in diversi punti del capoluogo toscano. Un incontro e un percorso, quelli con lo scrittore che inventò il burattino più famoso del mondo, che nascono come una visione credibile, perché in definitiva plausibile, se è vero che tutti i grandi protagonisti della storia letteraria, sia pur esiliati – come Dante – o tardivamente riconosciuti – come lo stesso Lorenzini, che del successo di Pinocchio vide appena una scintilla, dato che morì nel 1890, sette anni dopo la pubblicazione e ben prima della consacrazione mondiale, con traduzioni in oltre 260 lingue – sono una sorta di “elementali” del loro luogo d’origine. Insomma, i grandi della letteratura sono creature formate dagli stessi elementi del territorio che li ha generati, anche quando lo criticano aspramente per come li ha trattati o ha trattato altre persone. E Collodi, in vita, da giornalista attento alle questioni sociali e dotato di stile ricco e assai elegante, non mancò certo di chiarezza e spirito pungente. Carattere burbero, non si sposò mai pur avendo avuto diverse amanti, partecipò alle lotte risorgimentali e fu anche tra i primi scrittori italiani di reportages di viaggio (ricordiamo Da Firenze a Livorno. Guida storico-umoristica). Anzi, forse è quest’ultima la ragione della speciale risonanza che il suo “spettro” trova con Paolo Ciampi, che ha nel viaggio il suo tema forte. Questa, e forse anche quella certa indole, che Paolo spesso si autoattribuisce, di “pigro indaffarato”. Ne risulta una conversazione credibile, gradevole e modulata secondo il ritmo della vita interiore dello stesso Ciampi, per cui, a proposito de Il babbo di Pinocchio, si può parlare in una certa misura di autofiction. Collodi insomma diventa per lui, per il breve (ma non così tanto) tratto di quella sera e quindi notte d’estate, una specie di fratello maggiore o di zio, con il quale non tanto identificarsi, quanto rapportarsi per cercare, in qualche modo, di approcciare l’indicibile: entrare, cioè, nel cuore e nella mente di un uomo solo e complesso e sforzarsi di vedere il mondo come lo vedeva lui. Esercizio quanto mai utile non solo perché scuole di empatia, ma perché la vera arte nasce precisamente da quella solitudine e da quella complessità. E solo a quel punto riesce, come un’artistica pietra filosofale, a trasformare non il piombo in oro, ma il legno in carne.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Paolo Ciampi, scrittore e giornalista, è autore di numerosi libri di viaggio e biografici. Direttore dell’Agenzia di informazione della Regione Toscana, ha pubblicato, tra le altre cose, L’uomo che ci regalò i numeri (Mursia), sulla figura del matematico di Leonardo Fibonacci, Un nome (Giuntina), sulla vita della scienziata vittima dell’Olocausto Enrica Calabresi, Il sogno delle mappe La terapia del bar (Ediciclo) e Cosa ne sai della Polonia (Fusta). Inoltre, ha pubblicato In compagnia di Re Artù (Mursia), Gli occhi di Firenze, Un popolo in cammino e La zingara di Montepulciano (Bottega Errante) e, per Arkadia, L’ambasciatore delle foreste e Il maragià di Firenze.
Giovanni Agnoloni
La recensione su Lankenauta: https://tinyurl.com/2vypmzku
Segnalazione
La segnalazione di questa settimana della redazione di Connesse.it è il libro uscito il 24 novembre 2023 di Paolo Ciampi, edito Arkadia, “Il babbo di Pinocchio”.
Un viaggio in una Firenze insolita, nell’esistenza del grande scrittore e della sua creatura, Pinocchio, capace di regalarci ancora oggi, in tempi così complicati, un esempio autentico di vita.
È la notte di San Lorenzo, una notte di festa nel cuore della torrida estate fiorentina, la città come sempre presa d’assalto dai turisti.
Due uomini si siedono sulla stessa panchina, osservano il mondo che passa intorno a loro, cominciano a chiacchierare. Chi parla è un giornalista dei nostri anni, che avrebbe preteso di più dal suo lavoro e comunque dalla vita. Ma possibile che l’altro sia Collodi? Perché no?
Sono tante le cose che possono succedere nella notte di San Lorenzo a Firenze, se si ha voglia di crederci. Soprattutto se si vagabonda fino all’alba, nei luoghi che furono di Collodi e poi di Pinocchio. Fino a scoprire la Firenze che era nella Firenze che è. Oppure l’uomo dietro lo pseudonimo Collodi, Carlo Lorenzini, una creatura fragile e notturna, segnata da innumerevoli delusioni annegate nell’alcol. Eppure capace di donare sorrisi e sogni, con il suo sguardo ironico e la battuta pronta che da sempre è nello spirito dei fiorentini.
Un viaggio in una Firenze insolita, nell’esistenza del grande scrittore e della sua creatura, Pinocchio, capace di regalarci ancora oggi, in tempi così complicati, un esempio autentico di vita.
COLLANA: Senza rotta
GENERE: NARRATIVA
L’autore
Paolo Ciampi è giornalista e scrittore fiorentino. Ha scritto una trentina di libri che hanno ricevuto diversi riconoscimenti e dai quali sono stati tratti alcuni adattamenti teatrali. È molto attivo nella promozione degli aspetti sociali della lettura e partecipa a numerose iniziative nelle scuole. Per Arkadia Editore ha pubblicato L’ambasciatore delle foreste (2018), romanzo candidato al Premio Strega 2019, terzo classificato al Premio Letterario Nazionale “Raffaele Crovi”, vincitore del premio speciale della giuria al “Casentino” (2019), a “Il litorale” (2019), al Premio Nazionale di Narrativa “Città di Grosseto” (2020), nonché al Premio Letterario Internazionale “Città di Cattolica”. Nel 2020, sempre per Arkadia, è uscito il romanzo Il maragià di Firenze (2020), in cui l’autore racconta la storia poco nota del principe indiano Rajaram Chuttraputti che, di ritorno dall’Inghilterra, morì giovanissimo nella città toscana.
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Raccontare un luogo può essere fatto in molti modi, mossi dal desiderio di esaurirli senza consumarli e questo è il senso della letteratura che li ama davvero senza approfittare della loro disponibilità assoluta
Fare del proprio luogo il luogo d’altri e dei luoghi d’altri il proprio è un po’ la via della letteratura di luogo – non parliamo di guide turistiche, quindi, anche se possono assolvere perfettamente alla funzione di viatico – o da altri detta “di viaggio” (espressione a cui preferisco la precedente perché… (il perché lo scoprirete da questa piccola rassegna di due titoli appena usciti, diversi ma contigui). Inizio dal libro di Mauro Francesco Minervino, Al monte analogo. Monte Cocuzzo. La montagna-arca (oligo) che parte da un esergo di George Gissing del 1889 e da una mappa fotografica (mappe e foto, letteralmente che l’autore chiama “prefazione visiva”) che offre da subito il campo del viaggio. Un viaggio spesso non è un andare in senso stretto ma uno stare che può essere compiuto anche da fermo. Gli scrittori di luogo lo sanno e spesso, come fa Minervino, più che passare, stanno, più che variare i luoghi, perecchianamente tentano di esaurirli. Per ogni scrittore – ed è questa la bellezza variabile del “genere” (se di genere possiamo parlare visto che è piuttosto un modo che insiste anche in libri e in autori non strettamente di luogo) – l’esaurimento del posto raccontato avviene per via di metafora ed è bello scoprire questo monte calabrese come Olimpo “che nutre ancora oggi sguardi, fantasie, illusioni” o Sainte-Victoire cezanniana (anche i pittori hanno spesso cercato di esaurire dei paesaggi) pur non avendo competenze per dipingerlo. E, anche questo, è un indizio: chi scrive veramente di luoghi usa tecniche non sue e con efficacia, pur non padroneggiandole, pur non desiderando farlo.
L’altro libro di cui volevo parlare intreccia una vita – quella dello scrittore Collodi – e un luogo. L’operazione è quindi antipodica rispetto a quella precedente. È come entrare nella cabina di regia del capolavoro Pinocchio attraverso l’autore e i suoi luoghi. Paolo Ciampi in Il babbo di Pinocchio (Arkadia editore), proseguendo in una felice linea di biografie su personaggi storici nei luoghi, ha dedicato un viaggio surreale a partire dalla prima lapide – “In questa casa nacque nel 1826 Carlo Lorenzini detto il Collodi, padre di Pinocchio” – trovata su “una via stretta, stirata per il lungo. Su un lato la mole cupa dell’ex convento di Sant’Orsola, in seguito manifattura dei tabacchi”. Dove? Ma sì a Firenze (il paese di Acchiappacitrulli?). Per la precisione Via Taddea, 21n. Insomma, se i luoghi per gli autori hanno un destino, non possono che averlo anche quelli in cui hanno vissuto (e quindi visto). In una medianica passeggiata, Ciampi ci accompagna nei luoghi fiorentini del Collodi tra i vari Caffè Michelangelo, I “palazzi severi” della “città sdegnosa, appartata” dei suoi tempi facendocela apprezzare ma senza perdere di vista il presente dell’autore. Raccontare un luogo, ci dicono questi due libri, può essere fatto in molti modi, mossi dal desiderio di esaurirli senza consumarli e questo è il senso della letteratura che li ama davvero senza approfittare della loro disponibilità assoluta.
Roberto Carvelli
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Negli ultimi mesi del 2023 sono usciti, a non molti giorni di distanza l’uno dall’altro, due libri che presentano una certa affinità, sia per la città di cui parlano, Firenze, sia per l’evidente affetto che gli autori, fiorentini entrambi, nutrono verso di essa, sia perché in ciascuno dei due la città è rappresentata attraverso gli occhi di altri due fiorentini illustri e grandi scrittori. Si tratta di Il babbo di Pinocchio, di Paolo Ciampi (Arkadia editore) e di A Firenze con Vasco Pratolini, di Valerio Aiolli (Giulio Perrone editore). Due lunghe passeggiate in una città ormai scomparsa, una città vivace e popolana, oggi consegnata mani e piedi ai turisti e privata, forse per sempre, della sua anima più autentica. Ma andiamo con ordine. Partiamo con Il babbo di Pinocchio: qui un giornalista che non ha voglia di andare a dormire, e nel quale riconosciamo l’alter ego dell’autore, Paolo Ciampi, nota una figura d’uomo dall’aspetto vagamente anacronistico seduta su una panchina di piazza San Lorenzo. Il giornalista non ci pensa su due volte e si mette a sedere accanto all’uomo: per un po’ stanno in silenzio, poi lo sconosciuto inizia a parlare, definendo Firenze come “la città di Acchiappacitrulli”. Un momento! La città di Acchiappacitrulli… chi è che ha coniato questo buffo nome? Possibile che… in poche parole, lo sconosciuto si rivela essere Carlo Lorenzini, per tutti Collodi, il padre di Pinocchio. I due, lo scrittore ottocentesco e il giornalista del XXI secolo, si fanno un giro per la città, ripercorrendo i luoghi di Lorenzini detto Collodi, facendo rivivere la Firenze di un tempo, confrontandola con la Firenze di oggi, così cambiata, così snaturata. La passeggiata è anche un pretesto per ricostruire la vita e l’attività letteraria di Carlo Collodi, pardon, Lorenzini, cui l’essere diventato famoso in tutto il mondo a causa del famoso burattino da lui creato va un po’ stretto. E, essendo Paolo Ciampi l’autore di questo delizioso racconto, non possono mancare le digressioni, le riflessioni, l’affabulazione caratteristica del suo modo di scrivere. Il lettore, nel mio caso la lettrice, si lascia portare in giro per la Firenze antica e moderna, si lascia sedurre dalla conversazione di questi due uomini che nel giro di una notte si fanno tutta la città a piedi, fermandosi di tanto in tanto in qualche bar a bere qualcosa. E rimane di stucco, la lettrice, specialmente se conosce Paolo Ciampi di persona e il suo sorriso disarmante, quando a un certo punto legge che a tutti quelli che lo lodano per il suo buonumore e per il suo viso sempre sorridente, il narratore replica con sarcasmo: dovrebbero vedermi a casa mia… rivelando l’indole malinconica che comunque la lettrice aveva già percepito leggendo le altre opere del Nostro. Anche Valerio Aiolli ci porta in giro per una Firenze d’altri tempi, anche se più vicina a noi rispetto a quella in cui è vissuto Lorenzini: la Firenze di Vasco Pratolini, il quartiere di Santa Croce, San Frediano, la mitica via del Corno, dove ha vissuto gli anni dell’adolescenza e dove è ambientata Cronaca di poveri amanti. Anche per Valerio Aiolli quella Firenze è svanita: «Posso darvi un consiglio?», scrive: «Non andateci, in via del Corno. Oggi via del Corno non esiste. O meglio esiste, ma non vive.» Anche in questo caso la rievocazione di una città che non c’è più, non quella dei monumenti abbaglianti per il loro splendore e dei fast food, dei negozi di vestiti e di souvenir, ma quella dei bottegai, degli artigiani, dei ragazzi che giocavano in strada. Una città amata e magistralmente ritratta da Vasco Pratolini, la cui vita e le cui opere vengono qui sapientemente riproposte al lettore, o alla lettrice, da Valerio Aiolli.
Nota dell’editore sull’immagine
Il Giardino di Boboli è un parco storico della città di Firenze. Nato come giardino granducale di Palazzo Pitti, è connesso anche al Forte di Belvedere, avamposto militare per la sicurezza del sovrano e la sua famiglia. Il giardino, che accoglie ogni anno oltre 800.000 visitatori, è uno dei più importanti esempi di giardino all’italiana al mondo ed è un vero e proprio museo all’aperto, per l’impostazione architettonico-paesaggistica e per la collezione di sculture, che vanno dalle antichità romane al XX secolo. Il giardino di Boboli è uno dei più famosi giardini della penisola. I giardini furono costruiti tra il XVI e il XIX secolo, dai Medici, poi dagli Asburgo-Lorena e dai Savoia, e occupano un’area di circa 45.000 m². Alla prima impostazione di stile tardo-rinascimentale, visibile nel nucleo più vicino al palazzo, si aggiunsero negli anni nuove porzioni con differenti impostazioni: lungo l’asse parallelo al palazzo nacquero l’asse prospettico del viottolone, dal quale si dipanano vialetti ricoperti di ghiaia che portano a laghetti, fontane, ninfei, tempietti e grotte. Notevole è l’importanza che nel giardino assumono le statue e gli edifici, come la settecentesca Kaffeehaus (raro esempio di gusto rococò in Toscana), che permette di godere del panorama sulla città, o la limonaia, ancora nell’originario color verde Lorena.
Marisa Salabelle
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PISTOIA – Giovedì 1 febbraio alle ore 17 nella Sala Manzini della biblioteca San Giorgio, presentazione del libro “Il babbo di Pinocchio” di Paolo Ciampi (Arkadia, 2023). Dialogano con l’autore, Rossella Chietti presidente dell’associazione Amici della San Giorgio e Giuseppe Previti. L’evento è stato curato dall’associazione Amici della San Giorgio, in collaborazione con Giallo Pistoia.
È la notte di San Lorenzo, una notte di festa nel cuore della torrida estate fiorentina, la città come sempre presa d’assalto dai turisti. Due uomini si siedono sulla stessa panchina, osservano il mondo che passa intorno a loro, cominciano a chiacchierare. Chi parla è un giornalista dei nostri anni, che avrebbe preteso di più dal suo lavoro e comunque dalla vita. Ma possibile che l’altro sia Collodi? Perché no? Sono tante le cose che possono succedere nella notte di San Lorenzo a Firenze, se si ha voglia di crederci. Soprattutto se si vagabonda fino all’alba, nei luoghi che furono di Collodi e poi di Pinocchio. Fino a scoprire la Firenze che era nella Firenze che è. Oppure l’uomo dietro lo pseudonimo Collodi, Carlo Lorenzini, una creatura fragile e notturna, segnata da innumerevoli delusioni annegate nell’alcol. Eppure capace di regalare sorrisi e sogni, con il suo sguardo ironico e la battuta pronta che da sempre è nello spirito dei fiorentini. Un viaggio in una Firenze insolita, nell’esistenza del grande scrittore e della sua principale creatura, Pinocchio, capace di regalarci ancora oggi, in tempi così complicati, un esempio autentico di vita.
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Notte di San Lorenzo, si festeggia nella consueta torrida estate fiorentina, ricca come sempre di chiasso e di turisti.
Due uomini, nel loro girovagare, capitano a far sosta sulla medesima panchina, e, mentre osservano la moltitudine di
gente che passa attorno a loro, cominciano a chiacchierare. La voce narrante è quella di un giornalista dei nostri
giorni, a cui il suo occasionale interlocutore sembra assomigliare a Collodi. Possibile che sia lui ? Tutto può accadere nella notte di San Lorenzo a Firenze, basta volerlo credere….§
Specie, se, si comincia a girare per Firenze e, massimamente, se si gira per quelli che furono i luoghi di Collodi e del suo Pinocchio, ed è quello che faranno i nostri nuovi amici. E così arriveranno a scoprire la Firenze che era nella Firenze che è! E anche chi è in verità quest’uomo di nome Carlo Lorenzini, in arte Collodi. Una creatura fragile e…notturna, segnata da tante delusioni….affogate nell’alcol. Ma anche capace di far sorridere e sognare. Uno sguardo sempre ironico, la battuta pronta e scanzonata dei fiorentini, mentre i due camminano per una Firenze insolita, nel segno del grande scrittore e della sua creatura, quel Pinocchio che ancora oggi resta un esempio di come si debba vivere. Un giornalista fa due passi per Firenze in una caldissima notte di Sal Lorenzo e si ferma su una panchina. Qui è seduto un omino un po’eccentrico nel vestire, che bofonchia qualcosa “Collodi, maledizione, ancora Collodi. Perché
non mi ricordano con il mio nome. Carlo. Carlo Lorenzini”. Già. colui che ha scritto uno dei libri più conosciuti
nel mondo, trentacinque milioni di copie vendute, “Le avventure di Pinocchio”.
PAOLO CIAMPI si immagina questo incontro e le relative conseguenze ne IL BABBO DI PINOCCHIO, dando a vedere di essersi palesemente divertito nello scriverlo, e tratteggiando una Firenze magica, dalle molte facce e quasi senza
tempo, pur nel trascorrere degli anni.
Conosciamo così un Collodi deluso perché si è sentito poco considerato , pur se ha venduto milioni di copie in tutto il mondo. Ma rivolgendosi al suo interlocutore si consola dicendo ” …del resto fu così anche per Dante…”
E così Lorenzini affoga i suoi rimpianti nell’alcol e inizia questo girovagare notturno tra Collodi e il giornalista
fiorentino Paolo Ciampi, con un continuo dialogare che ci fa entrare in due esistenze diverse, con un comune denominatore, Firenze, che, pur vista in tempi diversi, è pur sempre una sola.
E noi la vediamo attraverso gli occhi dei due protagonisti che ci illustrano la loro vita(particolarmente frustrato
anche nei rapporti familiari il Lorenzini)ma anche le piazze, i palazzi, le vie, i monumenti.
Questa di PAOLO CIAMPI sembra una favola che ci porta avanti e indietro nel tempo, magnificando intanto la città, che viene descritta con una passione e un amore infiniti, partendo da uno spunto, che già fa colpo di per se stesso. Due
interlocutori di secoli diversi si incontrano nella lunga notte di San Lorenzo, e Lorenzini ne appprofitta, in una sorta di…autointervista, per raccontare se stesso, la sua vita, il suo capolavoro.IL tutto in una serata ricca di
ricordi, pensieri, impressioni, che i due protagonisti si scambiano. Di Lorenzini apprendiamo tanti aspetti della sua
vita, con lui che si lamenta che sia stata sempre poco conosciuta e poco considerata. Una serata che interesserà e divertirà il lettore, raccontata con uno stile narrativo perfetto, e con la capacità di restituirci quella che era
la Firenze del Lorenzini.
Bravi Ciampi/Lorenzini per questa originale godibilissima lettura!
Il link alla recensione su Il blog di Giuseppe Previti: https://bitly.ws/3bq6x
Giuseppe Previti
Parla l’autore di un libro che racconta l’incontro in una notte fiorentina con un uomo che dice di essere (o forse è) Carlo Lorenzini. Mi chiedo talvolta cosa sarebbe stata la letteratura italiana se invece del Manzoni, o magari insieme ai Promessi Sposi, a scuola avessimo letto per un intero anno Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi, cioè Carlo Lorenzini. Me lo chiedo perché la nostra letteratura, che ancora mi pare moraleggiante e sempre un filino ideologica, sarebbe stata illuminata dall’invenzione fantastica del genio fiorentino che solo apparentemente parla ai “bambini” (certo pure lui moraleggiando, però al contrario). E comunque, la sua fortuna – soprattutto all’estero – sopravanza di gran lunga quasi tutto il resto delle nostre opere letterarie. Basti pensare che in un film sull’intelligenza artificiale del 2001, IA – Intelligenza artificiale, opera sorta in collaborazione involontaria tra Kubrick (deceduto) e Spielberg (regista effettivo), viene citato esplicitamente e offre alla trama la svolta della vicenda. E come dimenticare Pinocchio di Guillermo del Toro che è stata l’ultima – per ora – bellissima rivisitazione dell’opera e del personaggio? E compare anche in un bel romanzo recente tra quelli che abbiamo presentato nel Palazzo del Freddo a Roma, sede della Scuola Genius, Paquito e la Juma di Marco Rinaldi. Così, quando vedo un Pinocchio nuovo tra i libri, lo cerco subito. Quando è uscito Il babbo di Pinocchio di Paolo Ciampi (Arkadia 2023) l’ho letto con gran piacere. Ciampi è un giornalista e scrittore fiorentino che ha scritto una trentina di libri (alcuni candidati allo Strega) e che in questa sua opera immagina lo strano incontro tra un comune cittadino fiorentino e Carlo Lorenzini, ma non ai tempi del Pinocchio, bensì oggi. Sarà proprio lui quello che gli narra la sua esistenza non facile, uomo fragile e disilluso, oppure è un impostore, un poveretto fuori di testa? Sta al lettore scoprirlo, noi intanto ci facciamo una chiacchierata con Paolo Ciampi (che potete vedere nella foto di una sua suggestiva presentazione fiorentina).
Hai scelto di parlare dell’autore di Pinocchio perché lo consideri un capolavoro (come del resto molti di noi)?
Non direi che sia stata questa la molla. Il Pinocchio è certamente un capolavoro, direi anzi un libro universale, il più tradotto nel mondo assieme al Piccolo Principe e allo stesso tempo un libro per tutte le età. Ma io ero intrigato dall’uomo che c’è dietro al Pinocchio, tanto dietro che in effetti si è nascosto dietro uno pseudonimo. A Carlo Lorenzini, per tutti Collodi, peraltro c’ero arrivato per altra strada, inseguendo il suo straordinario lavoro di giornalista all’epoca di Firenze capitale.
La voce narrante di questa storia si rivolge a qualcuno, che si rivela solo alla fine. Perché questa scelta?
Premetto che non si tratta di una biografia, benché credo di essermi mantenuto fedele a ciò che della vita di Collodi è possibile conoscere: che poi non è moltissimo. Ma in ogni caso il libro è soprattutto la storia di un incontro tra la voce narrante e Collodi, in una notte d’estate a Firenze, incontro che consente di incrociare due vite e scoprire somiglianze e affinità. Tutto questo si fa racconto e quel ‘tu’ è figura importante per Collodi, per la voce narrante e anche per il sottoscritto.
Come hai lavorato nel romanzo sulla voce, sul linguaggio di Carlo Lorenzini?
Era inevitabile cercare di adoperare la voce di Carlo Lorenzini, in un libro che si interroga anche sul rapporto tra un autore e la sua opera. Ci ho provato assimilando prima ancora che la lingua del Pinocchio, la lingua del Collodi giornalista, con la sua penna sempre pronta alla battuta ma anche a mettere il dito nella piaga, da grande moralista capace come pochi di raccontare i vizi e le virtù della gente. Ci sono articoli che mantengono intatta la loro freschezza, a cui non aggiungerei o leverei nulla. Ci sono espressioni e invenzioni linguistiche memorabili come quelle che nel Novecento ci hanno consegnato Indro Montanelli o Gianni Brera. Di alcune mi sono appropriato per riconsegnarle al personaggio del mio libro.
Il tuo è anche un modo per parlare di Firenze?
Sì, racconto un vagabondaggio notturno che ridisegna una mappa di Firenze. Mi misuro con la città vetrina turistica, ma provo a rifugiarmi anche in una città meno conosciuta e frequentata. Sto nel presente ma mi aggancio alla Firenze dell’Ottocento, in un gioco di rimandi. Di sicuro questo è anche un atto di amore, ma alla fiorentina. E i fiorentini, si sa, devono parlare male di ciò a cui vogliono bene.
Che rapporto hai scoperto tra Carlo Lorenzini e Geppetto? C’è qualcosa che li accomuna?
In fondo entrambi hanno dato vita a un burattino. E il Pinocchio è un libro dove il tema della ricerca del padre è forte. Il rimando in questo caso è anche alla vita di Carlo Lorenzini stesso, uomo che ha perso presto il padre, ma che non ha potuto essere padre a sua volta: il burattino è il suo unico figlio.
E tu, dovendo scegliere, ti senti più Geppetto o Pinocchio?
Senz’altro Pinocchio, con la stessa inclinazione a resistere poco alle tentazioni che peraltro accomuna il Pinocchio a Oscar Wilde. Però Geppetto è un personaggio di una straordinaria tenerezza. Avremmo bisogno della sua umanità – incardinata nella modestia e nella dignità del lavoro – in questo nostro mondo.
Pinocchio è il simbolo del bugiardo, cosa pensi delle sue bugie?
Penso che tutti in fondo si costruiscono un’immagine di se stessi che ha più a che vedere con un intreccio di interessi, presunzioni e convincimenti assolutamente discutibili. E penso che in realtà la storia di Pinocchio non sia la storia di un bugiardo, ma la storia di un personaggio che riesce a diventare se stesso. Tanto che il burattino di legno alla fine diviene il bambino in carne e ossa.
E della bugia, in genere, cosa pensi? Ti fa ribrezzo o la giustifichi in certe occasioni? Da giornalista la usi mai, per esempio nelle interviste per raggiungere qualche scopo?
Sono convinto che l’intenzione valga sempre di più della parola. E il problema semmai è che tante volte la parola non è all’altezza dell’intenzione. Diffido dai fondamentalisti della verità a ogni costo, che poi in genere hanno da imporre solo la loro verità. Quanto al mio lavoro di giornalista, posso aver commesso sbagli, ma non adoperato bugie intenzionali. Piuttosto certe volte ho optato per il silenzio, che può essere una forma di delicatezza e rispetto. La deontologia professionale domanda giustamente di perseguire la verità, ma la verità poi non è mai una sola e non è mai data una volta per tutte. Alla fine è solo una questione di onestà, in primo luogo con se stessi. Diceva un grande reporter come Ryszard Kapuscinski: «Credo che per fare del buon giornalismo si debba innanzitutto essere degli uomini buoni». Ne sono convinto.
Non temi di poter essere accusato di passatismo? In fondo chi si occupa oggi di uno scrittore per bambini dell’Ottocento e dei suoi temi?
No, perché non credo a un’età dell’oro precedente, così come non ci credeva Collodi, che pure vagheggiava una “Firenze prima della decadenza”. Però dal passato si possono trarre buone indicazioni per il presente. Tanto più che certe questioni di allora sono sempre attuali. Così come lo sono tante questioni che ci sollecita la vita di Collodi. Un uomo, ricordiamo, che arrivò alla letteratura per l’infanzia perché a essa affidava l’unica speranza di cambiare in meglio il mondo. Grazie ai bambini, cioè agli adulti del futuro. Prima era stato tra coloro che avevano provato a fare l’Italia, solo che non gli era riuscita molto bene.
A un certo punto, parlando con Lorenzini, il tuo protagonista dice: “Solita miseria per gli scrittori, gli editori, i librai”, allora perché scrivere?
Meno male che non ci sono solo motivazione economiche. Per quanto mi riguarda sento che scrivere, e ancora di più leggere, mi fa bene. E poi un libro è anche un modo per sentirsi parte di una comunità che dà un senso alla parola e per cucire una rete di intenti e relazioni da cui, chissà, potrà scaturire qualcosa. L’importante è saper tenere a bada la propria vanità.
Paolo Restuccia
Il link all’intervista su Storygenius: https://bitly.ws/3a4t4
Incipit necessario: come sa chi mi segue da tempo scelgo di recensire, gratuitamente e solo per passione, solo i libri che hanno incontrato il mio gradimento altrimenti evito per non demolirli con una recensione negativa, il motivo più comune di non apprezzamento è la non conoscenza della sintassi, della concordanza temporale e dei sinonimi (sono da anni anche correttrice di bozze ed editor…)
Per il secondo anno consecutivo ho voluto elencare in dettaglio i titoli di tutti i libri da me recensiti perché possa essere un input, uno stimolo a leggerli…
Al Salone del Libro di Torino a maggio e al Book Pride qui a Genova ho conosciuto nuove case editrici che mi hanno poi fatto dono di loro opere, cartacee o in pdf, ne ho ritrovata qualcuna del passato e ne ho persa qualche altra per strada senza sapere perché…ognuna di loro ha un suo angolo nel mio sito, eccole:
https://danielaedintorni.com/category/arkadia-editore/
https://danielaedintorni.com/category/edizioni-le-assassine/
https://danielaedintorni.com/category/edizioni-leima/
https://danielaedintorni.com/category/fratelli-frilli-editori/
https://danielaedintorni.com/category/golem-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/graphofeel-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/iacobelli-editore/
https://danielaedintorni.com/category/mon-edizioni/
https://danielaedintorni.com/category/morellini-editore/
Moltissime/i autrice e autori, ormai fidelizzate/i come amo definirle/i, mi hanno proposto, nel corso di questo anno che sta per concludersi, le loro nuove opere perché hanno apprezzato le mie recensioni precedenti e ne desideravano un’altra, sempre grazie per la fiducia…
Come potete vedere dalla tabella sottostante da gennaio a dicembre 2023 ho recensito 140 libri, che fa una media di 1 recensione ogni 2,6 giorni; 91 di autrici, 43 di autori, 2 antologie e 4 scritti a due mani.
Il mese in cui ho recensito più libri e ebook è stato gennaio (ero ancora in convalescenza per l’operazione alla schiena…) con 17 recensioni e poi giugno, luglio, ottobre e novembre con 13.
Il mese in cui ho recensito più autori è stato giugno con 7, quello in cui ho recensito più autrici è stato gennaio con 14.
Quest’anno, su suggerimento di un’autrice, ho ricominciato a pubblicare le mie recensioni su Goodreads oltre che sul mio sito e su Amazon; purtroppo non sempre il libro da me recensito è presente su quella piattaforma.
mese
autrice
autore
antologia
Scritti a due mani
Numero di recensioni nel mese e media
Gennaio
1. La spada di ghiaccio, di Romina Resto
2. Annabella Abbondante, di Barbara Perna
3. La violenza, di Marise Ferro
4. la governante di Madame de Lempicka, di Clara Zennaro
5. Il mistero di Anna, di Simona Lo Iacono
6. La ragazza in giardino, di Marise Ferro
7. le colpe di Maria, di Silvana Meloni
8. la tigre di Noto, di Simona Lo Iacono
9. donne musulmane, di Giuliana Cacciapuoti
10. mondi à la carte, di Gabriella Vergari
11. sono coniglio, partigiano, di Elisabetta Violani
12. la tasca sul cuore, di Chiara Forlani
13. Le Romantiche, di Marise Ferro
14. Il procuratore muore, di Luisa Valenzuela
1. Gentilupo, fiaba di Simone Morini
2. Il ritorno di Virgilio, di Hermann Broch
3. io che da mio padre ho preso solo gli occhi chiari, di Massimo D’Aquino
17 recensioni in 31 giorni, una recensione ogni 1,8 giorni
Febbraio
1. vasi di alabastro, tappeti di Bukara, di Angelica Gorodischer
2. verso una nuova vita, di Silvana Sanna
3. il secondo piano, di Ritanna Armeni
4. la scrittrice obesa, di Maria Salabelle
5. la mentalità della sardina, di Olivia Crosio
1. Caruggi di piombo, di Marvin Menini
2. il grande Hans, di Daniele Grillo
3. favole per Irene, di Enrico Zoi
4. lo zampacchione giallo, di Enrico Zoi
9 recensioni in 28 giorni, 1 recensione ogni 3,1 giorni
Marzo
1. Trenta giorni e cento lire, di Ester Rizzo
2. Streuse, di Marinella Fiume
3. La portalettere, di Francesca Giannone
4. Versi mortali a Camogli, di Adelaide Barigozzi
5. il campo delle ossa, di Chiara Forlani
1. né il fiore né il baratro, di Giovanni Rossi
2. la banda delle figurine, di Mario Barale
3. il tesoro di Hitler, di Achille Maccapani
4. sotto le stelle di Genova, di Marco Di Tillo
5. aperitivo all’arsenico a Roma, di Dario Falleti
10 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,1 giorni
Aprile
1. ballata per galline vecchie, di Elisa Genghini
2. la donna emancipata, di Jenny d’Hèricourt
3. Indagine su Alda Merini, di Margherita Caravello
1. favole ciniche, di Han Ryner
2. longevità fatale, di Attilio De Pascalis
1. Morgana, di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri
6 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 5 giorni
Maggio
2. Ogni cosa torna, di Patrizia Gariffo
3. E’ madre chi…di Cinzia Pennati
4. Mi limitavo ad amare te, di Rosella Postorino
5. Stai zitta, di Judy Brown
6. qualcosa di me, di Isabella Nicora
7. la tela di cloto, di Monica Vanni
1. i due volti della verità, di Rocco Ballacchino
2. in viaggio con la zia Colomba, di Renzo Bistolfi
1. pioniere, di Pina Caporaso e Giulia Mirandola
10 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,4 giorni
Giugno
1. l’enigma svedese, di K. G. Silisso
2. l’hotel, di Dana Maria Stifren
3. un diamante rosso sangue, di Clara Negro
4. anime sperse, di Pina Ligas
5. la mia itaca, di Anna Valeria Frigerio
6. la prof Aglietti non era Robert Capa, di Gabriella Vergari
1. delitti al buio, di Emiliano Bezzon
2. c’era una volta all’Asinara, di Giampaolo Cassitta
3. la pagina più bella, di Luc Dietrich
4. Bacci Pagano, una storia da carruggi, di Bruno Morchio
5. Ghost Medical Team, di Vincenzo Carrozza
6. L’uomo che portava a spasso i libri, di Carston Henn
7. il professore di Kabul, di Mario Grasso
13 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 2,3 giorni
Luglio
1. la miniera maledetta, di Tyline Perry
2. melodia perfetta per note stonate, di Nora Brant
3. Ouessant, l’isola delle donne, di Annalisa Comes
4. giallo siciliano, di Nuccia Isgrò
5. la barbiera, di Antonietta Muscas Podda
6. la trama di Elena, di Francesca Sensini
7. la bellezza rimasta, di Roberta Zanzonico
8. la banda dei colpevoli, di Sarah Savioli
9. la carrozza della santa, di Cristina Cassar Scalia
10. il suono del vento, di Cristina Origone
11. il sussurro della pioggia, di Cristina Origone
1. i silenzi della Bassa, di Massimo Fagnoni
2. il rumeno di Porta Venezia, di Mauro Biagini
13 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni giorni
Agosto
1. i delitti di Varese, di Laura Veroni
2. il silenzio della terra, di Cristina Origone
3. Una felicità semplice, di Sara Rattaro
4. la ragazza dei colori, di Cristina Caboni
5. Umor Vitreo, d Paola Musa
6. la ragazza dell’Opera, di Adriana Valenti Sabouret
7. Il delitto di via Etnea, di Roberta Castelli
8. la traccia del pescatore, di Roberta Castelli
9. la bambina di cera, di Roberta Castelli
10. Pasticci di famiglia, di Daniela Graglia
1. perché la minestra si fredda, di Santiago Pumarola
2. Nero come la neve, di Marco Della Croce
12 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni giorni
Settembre
1. Folisca, di Miriam D’Ambrosio
2. Il tuo silenzio è di stella, di Alessandra Corrà
3. Soli tra le stelle, di Elena Biondo
4. telefona, qualche volta, di Maria Concetta Distefano
5. Nulla d’importante tranne i sogni, di Rosalia Messina
6. Il calzolaio di Milano, di Claudia Maria Bertola
7. sui tuoi fianchi, di Arianna Ciancaleoni
8. nove giorni e mezzo, di Sandra Bonzi
9. Nelle loro mani, di Hilda Lawrence
1. il mare delle illusioni, di Sebastiano Martini
2. Vino rosso sangue, di Fabrizio Borgio
3. il maresciallo Bonanno, di Roberto Mistretta
12 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni giorni
Ottobre
1. l’incastro perfetto, di Lavinia Brilli
2. Tunnel, di Maria Masella
3. I salmoni aspettano agosto, di Elena Panzera
4. Come pezzi di carta sull’acqua, di Sara Morchio
5. Verde mare, blu profondo, di Daniela Mencarelli Hofmann
6. La regina dei colori, di Valeria Corciolani
7. Bonnie Parker, di Arianna Destito Maffeo
8. Stella Benson, di Francesca Cosentino
9. Il dubbio dell’avvocato, di Laura P. Cavallo
10. Sono stata nella giungla, di Francesca Piazza
1. Nomi, cose, musiche e città, di Giovanni Granatelli
2. Vite senza gloria, di Giovanni Cacciatore e Giuseppe Pizzo
3. A Salina il vento cambia, di Giovanni Cacciatore e Raffaella Catalano
13 recensioni in 31 giorni, 1 recensione ogni 3,8 giorni
Novembre
1. Con te non ho paura, di Sara Rattaro
2. La stagione dei papaveri, di Flaminia Festuccia
3. Tonto, di Silvana Sanna
4. Ristretti nell’indifferenza, di Emma Zordan
5. L’anno dei destini incrociati, di Bea Buozzi
6. Tutte le cose che ho perso, di Katya Maugeri
7. Il fiore di Fahranaz, di YAPRAK ÖZ
1. Vite sbagliate, di Marco G. Dibenedetto
2. Il levarsi della luna, di Gian Luca Paganelli
3. Modus in rebus, di Riccardo Ferrazzi
4. Le ombre della sera, di Bruno Morchio
5. Bradipismi, di Stefano Serri
6. Due racconti, di Maurice Maeterlinck
13 recensioni in 30 giorni, 1 recensione ogni 2,5 giorni
Dicembre
1. Io sono Nannarella, di Carla Cucchiarelli
2. Come d’aria, di Ada D’Adamo
3. Scrivere per non morire, di Tommasina Soraci
4. La numismatica detective, di Linda Scaffidi
1. I delitti di Manfreda, di Roberto Mistretta
2. Avrai sempre una casa, di Piero Malagoli
3. Il canto dell’upupa, di Roberto Mistretta
4. Il babbo di Pinocchio, di Paolo Ciampi
5. Nel rimorso che proveremo, di Piero Malagoli
6. Rosario Livatino, di Roberto Mistretta
1. Accùra, antologia a cura di Roberto Mistretta
2. Natale a Genova, a cura di Sabrina De Bastiani e Daniele Cambiaso
12 recensioni su 31 giorni, 1 recensione ogni 2,6 giorni
91 autrici
43 autori
2 antologie
4 libri scritti a due mani
140 su 365 giorni, 1 recensione ogni 2,6 giorni
Daniela Domenici
Il link alla segnalazione su Daniela e Dintorni: https://bitly.ws/385hQ