Martedì 24 giugno a Sa Mandra ritorna Nàrami e ospiterà il libro ‘Grazia Deledda e il cibo, da Omero ai giorni nostri’ scritto da Giovanni Fancello e Sara Chessa
Martedì 24 giugno alle ore 19.00 a Sa Mandra ritorna Nàrami e ospiterà un libro che narra di cibo: Grazia Deledda e il cibo, da Omero ai giorni nostri, scritto da Giovanni Fancello e Sara Chessa, Arkadia Editore. Il libro è un viaggio avvincente nella produzione agricola, nell’allevamento, negli usi, nei riti, nelle abitudini, nelle contaminazioni culinarie di un’isola che è al centro del bacino del Mediterraneo. Dopo un intenso anno di presentazioni, al di là e al di qua del mare, questo peculiare racconto approda a Sa Mandra, convinto di trovare, in questa che era una casa colonica, oggi azienda agricola e rinomato agriturismo, la sua dimora ideale. Sarà Gianluigi Tiddia, ingegnere, influencer, esperto di comunicazione, a dialogare con gli autori. Giovanni Fancello e Sara Chessa hanno setacciato l’opera letteraria della Deledda e hanno selezionato i brani più significativi nei quali il premio Nobel racconta di tavole imbandite, di feste e cibi, ma hanno anche scelto, di riportare tutte quelle pagine colme di curiosità, di specifici aneddoti, dei tanti riti e rituali legati al cibo, che hanno fatto la storia gastronomica della gente di Sardegna. Una storia spesso ignorata, o osservata con superficialità, questo studio invece, ne dimostra la profondità culturale, le mille contaminazioni e gli innumerevoli incroci intrinsechi alla propria peculiarità e storia. Ad accompagnare la serata ci saranno: le letture, tratte dal libro, a cura di Stefano Resmini; i racconti di Fabrizio Murrocu, cresciuto nelle cucine di Sa Mandra, ora cuoco provetto, che racconterà dei dettagli sulla cucina emiliano-romagnola, in quanto Grazia Deledda, aveva una dimora a Cervia, dove era solita passare periodi di vacanza, e nei suoi scritti riporta dettagli sulla cucina emiliano-romagnola. Fabrizio Murrocu ha vissuto e studiato cucina in quel di Parma, e nella cena che seguirà, dopo la presentazione, esclusivamente su prenotazione, ci delizierà con alcune ricette emiliano-romagnole, selezionate in onore del Premio Nobel della letteratura italiana.
La segnalazione su Alghero Eco
Lo scrittore austriaco Simon Wiesenthal (1908-2005), superstite dell’Olocausto, dedicherà gran parte della sua vita a raccogliere informazioni sui nazisti in latitanza per poterli rintracciare e sottoporre a processo, tanto da guadagnarsi il soprannome di “cacciatore di nazisti”.
Eppure i colpevoli rintracciati resteranno un numero limitato. Il libro di Tonino ha come protagonisti gerarchi e scagnozzi del Terzo Reich all’indomani della sconfitta della guerra con la conseguente fuga dalla Germania occupata. L’autore indaga su una situazione che vede molti esponenti di alto livello, e ancor più gregari e fedelissimi del regime, approntarsi un dorato esilio, complici istituzioni, governi consenzienti, uomini di potere che per vari motivi lo permettono. Tonino prende in esame diversi casi raccontandoli, approfondendoli e mettendo così in luce un capitolo della nostra storia recente che peraltro nasconde ancora risvolti oscuri. Agli inizi del 1944 la situazione sembra ormai compromessa per i tedeschi e, con il trascorrere dei giorni, è sempre più evidente quello che si sarebbe presentato come il risultato finale, anche se non ha ancora una data certa.
L’epilogo del conflitto decreta la sconfitta del III Reich e la divisione della Germania, con il risultato che russi da un lato e Alleati dall’altro presentano il conto alla nomenclatura nazista per i crimini perpetrati. Alla fine del 1945 inizia così il primo processo di Norimberga in cui il Tribunale militare internazionale in circa un anno giudica e condanna i principali criminali di guerra. In seguito, tra 1946 e 1949, dodici altri processi tenuti da tribunali militari statunitensi – i cosiddetti Processi secondari di Norimberga – porranno sotto esame singoli gruppi di responsabili di crimini. Come mostra Tonino – sindacalista di livello regionale e nazionale, animatore e presidente di circoli culturali, ricercatore, autore di approfondimenti storici sulle vicende del confine orientale – si andrà però parecchio distanti dal processare tutti i responsabili sopravvissuti: e ciò nonostante una diffusa storiografia minimizzi il fenomeno della fuga dei criminali nazisti, benché tra questi figurino nomi di primo piano. Al di là di fantasie letterarie e cinematografiche, si può dire che i vincitori del secondo conflitto mondiale nel dopoguerra non si impegnino molto per dare la caccia ai criminali nazisti in fuga, che anzi in più casi verranno arruolati e utilizzati. La domanda è a questo punto sul ruolo che una rappresentanza piuttosto variegata di esponenti criminali del regime – scienziati, ingegneri, poliziotti, gerarchi, eccetera – sfuggiti alla giustizia avranno nella nuova società. Emerge così un tessuto di scomode verità che lasciano aperti interi capitoli. Per esempio sul ruolo della chiesa cattolica, che formalmente non fu sostegno ai nazisti anche se un certo numero di religiosi aiutarono concretamente i fuggiaschi. Sorgono due domande: modi ed efficacia di questa azione e suoi scopi diretti – carità cristiana o intento politico? Diversi storici indicano alcuni religiosi come delle figure chiave che aiutarono concretamente dei nazisti in fuga. Un personaggio di rilievo fu Alois Hudal, vescovo cattolico austriaco originario di Graz. Va però anche detto che Hudal non aderì e non prese parte all’attività del partito nazista.
Vari criminali nazisti, nonostante su di loro pendessero indagini giudiziarie, vissero per anni nel nostro paese. Nel suo racconto l’autore fa riferimento innanzitutto al caso eclatante di Karl Hass, maggiore delle SS responsabile delle attività di controspionaggio in Italia e coinvolto da Priebke durante il processo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine (335 persone uccise). Si parla di caso eclatante in quanto Hass verrà arruolato nel dopoguerra dai servizi segreti statunitensi come agente affidabile e competente. Altri documenti, conservati negli archivi USA, mostrano come Hass collabori anche con i servizi italiani. Nella sua ricerca accurata, Tonino rimarca anche un fattore cui non sempre è stata data la giusta importanza: l’enorme fiume d’oro e di denaro frutto delle razzie naziste in mezza Europa, servito anche a oliare i canali giusti per far chiudere gli occhi a chi di dovere.
Giorgio Bona
La recensione su Carmilla online
Sassari. Lungamente rimossa da istituzioni e politica, dopo secoli di storia, Sa Sarda Rivolutzione rientra in città dalla porta principale. Con il patrocinio del Comune di Sassari, il sostegno di diverse scuole cittadine e per la prima volta, la partecipazione del sindaco, la città si appresta a celebrare solennemente Sa Die de sa Sardigna. Dopo l’incontro con circa trecento studenti all’auditorium provinciale di via Monte Grappa e la rappresentazione teatrale a cura del Teatro S’Arza per le vie del centro storico, i festeggiamenti ufficiali di Sa Die de sa Sardigna, proseguono nella giornata simbolo dell’identità e della memoria storica del popolo sardo, con una cerimonia ufficiale presso il monumento dedicato agli otto Martiri della Sarda Rivoluzione. Alle 10, in via Quarto, nello slargo don Leonardo Carboni, il sindaco Giuseppe Mascia, a nome dell’Amministrazione comunale e della cittadinanza tutta, parteciperà alla commemorazione deponendo una corona di fiori in memoria dei patrioti sassaresi caduti. Il monumento, progettato dal docente del Figari Vittore Loriga e realizzato dall’artigiano Corrado Desole, fu inaugurato lo scorso anno nello stesso luogo storico, teatro tra Settecento e Ottocento delle esecuzioni degli otto rivoluzionari sardi che osarono sfidare feudalesimo e casa Savoia. Alla cerimonia interverranno anche gli studiosi Federico Francioni e Antonello Nasone, offrendo un contributo di riflessione storica su uno dei periodi più significativi della storia sarda. L’iniziativa è parte integrante di “Primavere Sarde”, rassegna promossa dal Teatro S’Arza, che in collaborazione con associazioni culturali e istituti scolastici – fra cui Sa Domo de Totus e Cobas Scuola Sardegna – e consolida un percorso di educazione civica e storica rivolto soprattutto alle giovani generazioni. «Per la prima volta Sa Die de sa Sardigna – spiega Cristiano Sabino, referente per il Liceo Artistico Figari del progetto – esce dai circuiti ristretti e sotterranei per diventare una vera festa insieme istituzionale e popolare. È un segnale di maturità collettiva: finalmente restituiamo piena dignità e lustro all’unica rivoluzione europea, coeva della Grande Rivoluzione, che seppe ribellarsi alla tirannia senza attendere le armate francesi. Celebrare Sa Die significa non solo fare memoria, ma assumersi l’impegno civile di riconnettere il nostro passato rivoluzionario alle battaglie presenti per la giustizia e la libertà del popolo sardo». Le celebrazioni proseguiranno nel pomeriggio, alle 17, nella sala Angioy della Provincia, con la presentazione del volume “Rivoluzionari sardi in Francia. Personaggi e documenti” della ricercatrice siciliana Adriana Valenti Sabouret, edito da Arkadia. Attraverso un prezioso lavoro d’archivio, l’autrice restituisce voce agli esuli sardi che trovarono rifugio nella Francia repubblicana dopo la repressione della Rivoluzione, tra cui spiccano figure straordinarie come Giovanni Maria Angioy, Francesco Sanna Corda e il sassarese Gioacchino Mundula di cui l’autrice ricostruisce le biografie pubblicando preziosi documenti inediti.
La segnalazione su SARdìes
Una celebrazione della memoria storica e culturale della Sardegna con Adriana Valenti Sabouret, autrice di un’opera fondamentale sulla partecipazione dei sardi alla rivoluzione francese.
Sa Die de sa Sardigna è più di una ricorrenza identitaria. È un momento di riflessione, memoria e riscoperta. Quest’anno, l’Assemblea Natzionale Sarda propone un’iniziativa culturale che punta a trasformare la celebrazione in un viaggio attraverso la storia sarda. Protagonista assoluta è Adriana Valenti Sabouret, con la sua opera dedicata al ruolo dei sardi nella rivoluzione francese. Questa ricerca, frutto di un lavoro accurato su fonti d’archivio, restituisce visibilità a uomini e donne sardi che tra fine Settecento e Ottocento hanno partecipato attivamente ai cambiamenti politici europei. Un contributo dimenticato che riaffiora oggi grazie a tre volumi fondamentali per comprendere il legame tra Sardegna, autodeterminazione e democrazia. Il tour prevede quattro tappe: Nuoro, Santu Lussurgiu, Aritzo e Carbonia. In ogni città, l’autrice dialogherà con studiosi locali, coinvolgendo il pubblico in una riflessione sul significato profondo di concetti come libertà, rivoluzione ed esilio. Sarà un’occasione unica per scoprire una Sardegna meno conosciuta, partecipe e attiva nei processi storici del continente. L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio. L’obiettivo è quello di rilanciare il valore della memoria come strumento di crescita collettiva. Attraverso la voce dell’autrice e il confronto con intellettuali sardi, ogni incontro diventerà uno spazio aperto alla partecipazione e alla consapevolezza. Valenti Sabouret racconta una Sardegna capace di pensiero critico, desiderosa di giustizia e protagonista oltre i confini dell’isola. Il suo lavoro, oltre a recuperare storie dimenticate, offre nuove chiavi per interpretare la nostra identità culturale. Sa Die de sa Sardigna, così, assume un valore nuovo: non solo festa, ma azione. Non solo ricordo, ma progetto. Una memoria attiva che diventa gesto politico, sguardo al passato e ponte verso il futuro.
Arianna Basciu
L’intervista su Unica Radio
Nuoro La speranza ultima era una soltanto: che Napoleone Bonaparte accettasse di liberare la Sardegna dal feudalesimo mantenuto in vita dal governo sabaudo, tenendo a battesimo, di contro, «una repubblica sarda sotto la protezione della Francia» sottolinea Adriana Valenti Sabouret. Scrittrice, storica, tra i massimi esperti di un capitolo tanto affascinante quanto ancora trascurato: quello dei sardi che, tra la fine del Settecento e l’Ottocento furono coinvolti nei moti rivoluzionari e nei grandi cambiamenti politici d’Oltralpe. Sì, perché non c’è soltanto Giovanni Maria Angioy, che pure è noto ai più, ma ci sono anche tanti altri sardi che lottarono nel Vecchio continente per l’uguaglianza sociale e il progresso dell’isola. I personaggi sardi che hanno contribuito a cambiare il volto dell’Europa sono davvero una miriade, tutti meritevoli di studio e di attenzione. Sono i “Rivoluzionari sardi in Francia”, questo il titolo della nuova fatica letteraria di Adriana Valenti Sabouret, già autrice di diversi contributi preziosi alla ricostruzione delle vicende storiche dei sardi e della Sardegna. Pubblicato lo scorso dicembre dall’editore cagliaritano Arkadia (collana: Historica), questo nuovo libro sarà al centro dei riflettori questa sera (martedì 22 aprile 2025) in città, da dove partirà in un tour di sei tappe. L’appuntamento di Nuoro, voluto dall’Ans, l’Assemblea natzionale sarda, in occasione di “Sa die de sa Sardigna”, cui seguiranno Santu Lussurgiu (domani), Aritzo (il 24 aprile), Sassari (il 28 aprile), Carbonia (il 29 aprile) e Serramanna (il 30 aprile), si terrà allo Spazio Ilisso, in via Brofferio (dalle 18,30), in collaborazione con l’Associazione folkloristica Santu Pedru: per l’occasione l’autrice Adriana Valenti Sabouret dialogherà con Omar Onnis. Forte di preziose fonti consultate direttamente, ma soprattutto di nuovi documenti ritrovati dopo lunghe ricerche, il saggio apre con un approfondimento illuminante e inedito. Tutto comincia con un memoriale «che abbiamo rinvenuto presso gli Archives du département du Rhône et de la métropole de Lyon, a Lione, in Francia» svela la stessa Valenti Sabouret. Un documento apparso tra gli incartamenti «del cardinale Joseph Fesch, arcivescovo della stessa città e zio di Napoleone Bonaparte». Uno scritto che «contribuisce a focalizzare la figura di Francesco Sanna Corda stimolando nuove considerazioni che arricchiscono gli studi già realizzati da non pochi storici». «Si tratta di un progetto di sbarco in Sardegna firmato François Louis Corda, Francesco Luigi Corda, nome francesizzato riconducibile a Francesco Sanna Corda, parroco di Torralba, figura non secondaria della Sarda rivoluzione (1793-1796): egli, evidentemente, correva molti rischi redigendolo ed esponendosi alle persecuzioni operate dai Savoia nei confronti di coloro che si opponevano al loro dominio. D’altra parte, francesizzare il proprio nome equivaleva a integrarsi nella cultura e nella società francese e a dimostrare di farne parte come un qualsiasi citoyen» sottolinea ancora Adriana Valenti Sabouret. Centrali, in queste vicende, sono le figure di Francesco Cillocco, Gioacchino Mundula, Michele Obino… non mancano, tuttavia, i personaggi non sardi ma comunque strettamente connessi alle vicende degli esuli isolani, evidenzia nella presentazione del saggio Omar Onnis, «dalla stessa Letizia Ramolino Bonaparte a Antoine Coffin (già console francese a Cagliari) e a Joseph Fesch (ecclesiastico di spicco nella Francia napoleonica)». «La ricostruzione del loro ruolo nelle vicende sarde arricchisce il quadro e ne precisa la complessa articolazione, restituendoci la vivacità di quegli anni».
Luciano Piras
L’articolo su La Nuova Sardegna