Maria Luigia d’Austria
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Chi era Maria Luisa?
A Parma non è difficile vivere,
a patto di saper dar ragione all’interlocutore
in una discussione a carattere musicale o gastronomico.
MASRIA LUISA D’ASBURGO-LORENA
La citazione che apre questo libro, riportata in un testo di Daniele Colombo, dedicato proprio alla duchessa di Parma, esprime in modo conciso, delicato ma anche ironico, la raffinata perspicacia di questo personaggio storico.
Mi sembrava doveroso, per l’affetto che nutro per questa donna bistrattata e riabilitata più volte, iniziare a raccontare di lei fotografando una sua considerazione formulata nel periodo della maturità. Il suo modo di esprimere una fine strategia politica, usando la leggerezza di una dama votata alla musica e alla buona tavola, ci lascia intuire molto della somma delle esperienze che l’hanno forgiata e trasformata nel personaggio storico che è diventato.
Chi era davvero Marie Louise Leopoldine Karoline Franziska Therese Josepha Lucia d’Asburgo-Lorena, figlia dell’ultimo imperatore del Sacro Romano Impero, lei stessa imperatrice consorte di Francia e duchessa regnante di Parma, Piacenza e Guastalla?
Sarà interessante scoprire cosa si cela oltre l’elenco di questi nomi e titoli che, sebbene altisonanti, non sono sufficienti a configurare la cifra della sua personalità. Con un avviso ai naviganti: questo percorso, alla scoperta della persona dietro il personaggio che possiamo giusto intravedere in controluce, attraverso i documenti che parlano di lei, non potrà mai essere un viaggio conclusivo. Troppi luoghi comuni le sono stati incollati addosso e ora è difficile scindere la realtà dallo scenario degno di un romanzo d’appendice che ha colorato i fatti in modo alquanto fantasioso. Molti riferimenti sono spuri, forse suggeriti da chi già a quel tempo partecipava alle campagne di gogna mediatica per affossarne la figura. È impossibile, a più di centosettant’anni dalla sua morte, conoscerne la vera essenza, possiamo solo seguire la scia del suo profumo, frugare dietro le pieghe dei suoi abiti, seguire le tracce dei solchi della carrozza che custodiva i suoi segreti
palpiti d’amore. E questo possiamo farlo utilizzando il suo sguardo analitico, tarato sul contesto storico e sociale nel quale è vissuta. La sua corrispondenza pubblica e privata è una fonte interessantissima per comprenderne il carattere. Maria Luisa d’Asburgo-Lorena amava scrivere; i diari che ci ha lasciato, vergati con una calligrafia ordinata e sottile, sono colmi di informazioni e particolari che ci permetteranno di sottrarla ai tanti stereotipi costruiti attorno alla sua figura.
Il suo carattere ubbidiente, marziale ma, al tempo stesso, spregiudicato e carico di pulsioni, che racchiude in sé caratteristiche sia da eroina romantica sia da fine diplomatica, richiede una disamina approfondita che va oltre lo sterile elenco di date e avvenimenti che hanno segnato la sua esistenza. L’arciduchessa d’Asburgo era bella sì, e con un pedigree di razza, ma era anche intelligente e calcolatrice. Queste caratteristiche, se catalizzate nel modo giusto, possono innescare una miscela incendiaria che, anche ai nostri giorni, crea panico, attrattiva e diffidenza.
A donne come lei si può perdonare una sola qualità alla volta, ma a chi ne possiede più di una i detrattori non faranno sconti. Alcuni haters dell’epoca l’hanno descritta come una femmina insulsa, altri come una vittima sacrificale nelle mani di quel maneggione di Metternich. Napoleone Bonaparte, suo primo marito, la definì l’utero del quale aveva bisogno, dovendo poi ricredersi dato che se ne innamorò follemente. Giuseppe Giusti, fine satirico e scrittore dell’epoca, giusto per bilanciare gli sberleffi, la congedò così: «Lei che l’esilio consolò del corso, d’austriache corna», sottintendendo alle facili infedeltà delle quali molti l’hanno accusata.
Purtroppo, la critica politica, sia dell’epoca sia successiva, è stata una giudice severa, serva del pensiero corrente e divisiva, non risparmiandole nulla. Eppure, i suoi sudditi, gli abitanti di quel Ducato di Parma ricevuto in premio dall’imperatore d’Austria come contropartita per le scelte politiche messe in atto, l’hanno amata in modo incondizionato. Forse per questo suo saper piegare e adattare la propria personalità alla bisogna, imparando a mediare e usare la sua sottile sagacia, in modo da persuadere le persone che la circondavano ad apprezzarne le sue doti sia come donna di governo sia come madre putativa. Il Ducato di Parma è stato il suo riscatto, un territorio che ha imparato ad amare, creando una connessione alchemica che è percepibile ancora oggi. Ma la strada per arrivare a questo binomio ben assortito non è stata affatto facile ed è quindi indispensabile percorrerla assieme a lei per poterne comprendere la portata.
Mentre ci apprestiamo a fare la sua conoscenza, non dimentichiamo che stiamo esaminando il carattere e la vita di una donna dalle mille sfaccettature, vissuta in un periodo di grandi sconvolgimenti politici per l’Europa. Un’epoca che ha segnato l’inizio di una nuova era, sia dal punto di vista industriale sia sociale. Maria Luisa ha saputo coglierne lo spirito, probabilmente senza rendersene conto pienamente, e usarlo a proprio vantaggio. Questo ci può far sospettare che, dietro le sue scelte, ci sia stata una strategia calcolata, ammorbidita da decine di stratificazioni emotive di quel suo essere donna in ogni accezione del termine. Analizzando il suo rapporto con la terra, intesa proprio come suolo, proprietà demaniale, non ho potuto fare a meno di pensare alla figura di un altro personaggio con caratteristiche molto simili alle sue, sebbene inventato dalla penna di Margaret Mitchell: Rossella O’Hara. Come questo ambiguo personaggio letterario, Maria Luisa ha lasciato ai posteri un’impronta da femme fatale ante litteram, vittima e dominatrice, in grado di stringere un pugno di terra nella mano, a indicare che la resa, per donne come lei, non è mai stata contemplata.
Per poter comprendere questo rapporto così uterino con il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, dovremo fare un passo indietro e analizzare il contesto che fa da sfondo agli anni della sua formazione e che sicuramente ha influenzato la sua vita, modellandone il carattere e le scelte. A partire dalla sua nemesi: il corso Napoleone Buonaparte. Scrivo il suo cognome con la “u” all’italiana anche se, durante la campagna d’Italia, lui stesso rinnegherà le sue origini trasformando il suo cognome in “Bonaparte” con buona pace dei suoi antenati. Sarà proprio l’incontro con questo uomo ambizioso e voltagabbana a cambiare il corso della vita della nostra protagonista.
Nel 1791, anno di nascita di Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, Bonaparte era un semplice luogotenente appena uscito dalla scuola militare di Parigi che odiava i nobili e la Francia (probabilmente più per invidia che per disprezzo). Ai tempi era un soldato spiantato che, nelle sue lettere al fratello, dava serenamente del coglione a Luigi XVI, in italiano ovviamente, perché è più difficile dimenticarsi delle proprie origini quando si impreca. Il re francese era sposato con Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena. Questo nome vi dice forse qualcosa? Conosciamo tutti la storia tragica di questa regina, ma forse non molti sanno che era zia di Maria Luisa, in quanto figlia di Maria Teresa d’Austria a sua volta bisnonna della futura duchessa di Parma.
Maria Antonietta è stata l’ultima regina dell’Ancien Régime. Travolte lei e la famiglia reale dalla rivoluzione del 1789, due anni dopo, e siamo nel 1791, i destini delle due Asburgo si incrociano. Maria Luisa a Vienna fa il suo trionfale esordio nel mondo, mentre Maria Antonetta a Parigi, a soli trentacinque anni, si sta incamminando verso il viale del tramonto, gravata dai sensi di colpa per una rivoluzione che non ha saputo e voluto comprendere. Proprio all’apprestarsi dell’estate di quell’anno, il 21 giugno, Luigi XVI e la moglie, considerati oramai traditori della nazione, tentano la fuga dalla Francia, con l’idea di riparare verso i Paesi Bassi austriaci. Nella fuga sono scortati dal conte svedese Hans Axel von Fersen, ma vengono catturati a Varennes.
Quel coglione, così sadicamente affibbiato dal giovane Napoleone al re francese, è dovuto al fatto che Fersen, considerato a tutti gli effetti l’amante di Maria Antonietta, non sia riuscito a salvare la regina e neppure il re, il povero Luigi XVI, che in sovrappiù fu umiliato da questa situazione e la cui reputazione toccò i minimi storici negli indici di gradimento francesi.
Queste le premesse dei futuri rapporti tra Napoleone e la casa reale d’Asburgo.
Per il momento, però, lasciamo il corso a maturare il proprio risentimento e i suoi grandiosi piani per il futuro e ci spostiamo a Vienna.