“Quaderno d’inverno” su Border Liber
Quaderno d’inverno di José Luis Cancho
Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Quaderno d’inverno” di José Luis Cancho, Arkadia Edizioni, 2024
Attraversare, apprendere, meditare, scrivere. In questi quattro momenti diversi si compiono le poesie di José Luis Cancho. Il suo “Quaderno d’inverno” non è un viaggio negli abissi, ma una lucida conservazione della realtà, del percepito.
Le cose per ciò che sono, per ciò che rappresentano nel momento in cui ci appaiono davanti. Senza calcolare traiettorie possibili degli eventi, tenendo lontano il travestimento per mano dell’umano sentire: così si snodano questi versi. La prosa incede in una armoniosa opera di ricostruzione di ambienti e di personaggi. Parla ciò che è, non ciò che avrebbe potuto essere. “Quaderno d’inverno” si lascia interpretare nella materialità del tempo. La sostanza dell’accadimento è oggetto di riflessione, diventando qualcosa di immutabile, di dato e di incontrovertibile. Ogni cosa è qui inserita come un elemento autonomo che ha però la capacità di unirsi a ciò che gli è prossimo. Lo sguardo d’insieme è leggibile in una prosa poetica che si gusta come una narrazione di eventi. Non si avverte la necessità di puntare tutto su un unico dettaglio, ma è la capacità che ciascuno di essi ha di unirsi vicendevolmente che rende prezioso il componimento. In tal senso, la poesia di Cancho forma una struttura chimica che è rappresentazione di un pensiero che pone al centro la percezione. “Quaderno d’inverno” è quindi il diario di un osservatore, di un “io” che non si cala solo in snervanti introspezioni, ma che si dirige verso la valutazione dell’esperienza, della vita come attività tra gli altri. Più che esserci, veniamo trasportati in qualcosa di più ampio, ossia un “esistere nel mondo” che è sempre un faticoso e interminabile apprendistato. Il poeta scrive di ciò che ha conosciuto e di ciò che ha visto, sapendo di essere “ignorante”. Sfugge alla tentazione di misurare la grandezza dell’universo usando sé stesso come metro. In questa ricostruzione fedele, il quaderno dell’autore spagnolo è una raccolta di “epitaffi”, cioè le uniche, ultime e giuste parole che lui poteva scrivere sulla sua esperienza.
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