Volevo soltanto salvare le mie parole
Prologo
Odio la luce delle stelle monotone
Un’auto procedeva a fari spenti lungo la strada deserta della circonvallazione est di Mosca.
Il rombo del motore mormorava nel silenzio.
A quell’ora, in piena notte, l’atmosfera era sinistra.
Strade dissestate.
Cumuli di rifiuti sui marciapiedi.
Buio pesto.
Un silenzio gelido.
Ogni presenza umana poteva essere percepita come una minaccia.
Qualche gatto randagio rovistava tra gli scarti in cerca di cibo.
Un ubriaco imprecava prendendo a pugni un portone, implorando l’ultimo goccio.
Nell’abitacolo dell’auto c’erano tre uomini: il conducente e due passeggeri.
Non parlavano.
Gesti d’intesa di quello seduto accanto all’autista che parevano ordini.
Percorsero l’ultimo tratto di strada con studiata lentezza.
Il cenno di accostare e l’auto arrestò subito.
Il conducente spense il motore e scese.
Un tipo alto, robusto, biondo, un viso arcigno, duro, abbottonò il giubbotto apprestandosi ad aprire la porta a quello seduto accanto che sembrava il capo.
L’altro, seduto dietro, scese contemporaneamente al collega e guardò a destra e sinistra, lungo la via deserta.
Aveva una faccia molto brutta, contratta da un tic persistente.
Sollevò il cappello per passarsi le dita curvate a pettine, poi sputò in una pozzanghera.
Dietro le facciate scrostate e danneggiate si trovavano caseggiati assediati da ragnatele di travi e impalcature dove, nelle pieghe dei rinforzi, avevano nidificato gli uccelli e i loro escrementi imbrattavano le pareti, i pipistrelli volteggiavano davanti alle finestre e i topi si aggiravano tra le macerie.
Uno squittio lieve, fugace, richiamò la loro attenzione.
Un grosso ratto sembrò guardarli per nulla spaventato dalla loro presenza.
Nella notte cupa e nera che avvolgeva il vicolo, i panni stesi dalle finestre pendevano come brandelli di vite tristi.
Infilarono le scale di un palazzo fatiscente, una struttura di quattro piani e si apprestarono a salire in fila indiana.
Silenzio.
Nell’atrio, quello che sembrava il capo e che precedeva gli altri due, impattò nel corpo di un mendicante che dormiva disteso sul pavimento.
Imprecando, a denti stretti, gli rifilò un calcio nel basso ventre.
L’uomo non si mosse, come se fosse senza vita.